Tensione tra Usa e Cina su Taiwan, lo Stato insulare nel mar delle Filippine di cui Pechino reclama il controllo. In visita a Tokyo, nella conferenza stampa successiva all’incontro con il premier giapponese Fumio Kishida, Joe Biden ha detto di essere pronto a un intervento militare in sostegno dell’isola nel caso di un’invasione cinese (da alcuni giudicata più probabile dopo la campagna russa in Ucraina). “Sì. Questo è un impegno che abbiamo preso”, ha detto il capo della Casa Bianca in risposta a precisa domanda. Aggiungendo che nonostante gli Usa abbiano sottoscritto la politica dell'”unica Cina” promossa da Pechino contro l’indipendentismo dell’isola, “questo non vuol dire che la Cina può prendere Taiwan con la forza”, e che il governo di Xi Jinping “sta giocando col fuoco“. Un’azione di forza, ha avvertito, sarebbe “inappropriata” e porterebbe l’intera regione “in uno scenario simile” a “quanto sta accadendo in Ucraina”.
Posizione a cui la Cina reagisce esprimendo “forte insoddisfazione e risoluta opposizione” e chiarendo di essere pronta a difendere i propri interessi nazionali su Taiwan: “Sulle questioni relative alla sovranità e all’integrità territoriale, la Cina non ha spazio per compromessi o concessioni. Nessuno dovrebbe sottovalutare la determinazione del popolo cinese”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Yi, Wang Wenbin. Pechino, specifica, “intraprenderà un’azione decisa per salvaguardare la propria sovranità e gli interessi di sicurezza” e chiede a Washington di “rispettare il principio di una sola Cina e i tre comunicati congiunti Cina-Usa, di onorare il proprio impegno a non sostenere l’indipendenza di Taiwan, a fare attenzione con parole e azioni sulla questione di Taiwan e a non inviare segnali sbagliati alle forze separatiste che cercano l’indipendenza di Taiwan”.
Le parole di Biden riflettono le crescenti preoccupazioni per l’assertività della Cina nella regione: il governo americano ha finora mantenuto la cosiddetta “ambiguità strategica” sull’uso della forza militare in risposta a eventuale un attacco cinese contro Taiwan, adottata dal 1979 dopo che Washington ha trasferito la sede diplomatica da Taipei a Pechino, mantenendo con l’isola rapporti solo ufficiosi. L'”ambiguità strategica” ha lo scopo non solo di dissuadere la Cina dall’usare la forza contro Taiwan, ma anche di dissuadere Taiwan dal cercare l’indipendenza, poiché né Pechino né Taipei possono sentirsi certi che gli Stati Uniti interverrebbero per difendere l’isola in caso di conflitto.
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