Il mio intento, in questo intervento, è di determinare quale potrebbe essere il ruolo della DR nella lotta che segnerà la fine del capitalismo. Ci arrivo con una meta-critica della DR, intendo la critica di quest'ultima, presa qui come oggetto della critica e non come suo punto di vista.
Gli strumenti di questa critica più adeguati sono che quelli legati alla teoria immanente alla lotta della classe dei tanti contro la classe dei pochi. Condizione necessaria perché proprio questo scontro costituisce la base del movimento storico - mentre la negazione di questo processo costituisce invece la base immateriale della fuffa cattivista, cioè dell'ideologia che vede nella vittoria e nella pratica abituale della classe dei pochi un dato naturale della condizione umana.
Un elemento più circostanziato che motiva mio intervento è la scoperta - leggendo proprio la sezione DR - di una "rete dei patrioti" quale ultimo prodotto ideologico di una lotta sedicente portata "da destra" contro il potere dei pochi. Leggendo il manifesto di questa rete, si scopre non una critica "radicale" del mondo anti-tradizionale ma una critica riformista dello stato borghese italiano. Cioè il nulla, o una variante forse appena più giovane e vogliosa del melonismo elettorale.
Allora secondo me questo vuoto critica della destra, e più in generale la fatica che sommerge tutte le espressioni "radicali" della destra, si deve spiegare nel quadro analitico sopra indicato. Evitando in questo modo di dare una spiegazione ideologica al fatto non solamente ideologico della fine della critica (ideologica) di destra.
Quando la lotta della classe dei tanti andava verso il suo tramonto, restava comunque nella gioventù viva l'idea che il mondo poteva essere altro che quel che andava diventando. Questo era il prezioso lascito del movimento operaio internazionale. Siamo negli anni della fine del boom economico, si profila lo smantellamento dello stato provvidenziale, e sempre più chiaramente si fa strada, nelle testoline smarrite del movimento storico, l'idea che il lavoro è un valore assoluto, è una fonte di dignità, è la via reale verso un vero e compiuto statuto di cittadinanza. (Mentre esisteva all'interno del movimento una dialettica che portava alla negazione del lavoro e quindi del capitale.)
Parliamo qui ovviamente del lavoro sotto il capitale, vale a dire del lavoro senza qualità destinato all'uomo senza qualità .
Essendo la dequalificazione l'opposto della tradizione dove tutto è qualitativo, era normale che - sia pure in modo confuso - la destra (e intendo qui la vera destra, che comincia ben oltre il melonismo) si opponesse anch'essa al capitale.
Il dramma è che mancando del tutto il senso del divenire storico, e quindi del carattere mortale dei valori, per cui dell'altro non sarebbe "destra", anche la destra andò a pensare che il lavoro è Valore. Il lavoro sotto il capitale essendo in questo modo naturalizzato, è venuto a mancare quel che doveva formare il bersaglio principale della critica "radicale". Da qui in poi la destra si è specializzata nella critica delle manifestazioni societali del capitalismo tardivo, lasciando nell'ombra il cuore del male e cioè la presupposizione di una umanità dequalificata adatta al lavoro senza qualità .
Di conseguenza non si vide più, neanche, la lotta che si radica nel rifiuto di questa umanità di questa sua situazione, e che prende storicamente la forme di una lotta dei tanti contro i pochi. Aggiungo per prevenire le solite, sterile polemiche, che questo movimento di rifiuto si radica non in una generica condizione umana, ma nella condizione specifica dello sfruttamento capitalistico. Soltanto in secondo luogo si ha una riscoperta et riappropriazione del contenuto umano della lotta : l'uomo è un animale sociale.
Finito prima il movimento operaio, finita poi la critica idealista al capitale dal punto della destra anti-anti-tradizionale ma - disgraziatamente - non anti-capitalista (quando il capitalismo non è nient'altro che la forma fenomenale attuale dell'anti-tradizione), ci siamo trovati nel mezzo del deserto della critica.
Situazione interessante perché, scaduti i vecchi reparti ideologici, si possono avere configurazioni nuove ed esplosive. Queste ripartono dal dato centrale della condizione individuale, e cioè la necessità di vendersi - contro i robot, e contro i venditori importati da altre zone del mercato mondiale del bestiame da lavoro. Situazione che inclina in un primo tempo al corporativismo nazionale, etnico, campanilistico. Situazione che inclina anche, in un secondo tempo, alla contestazione del dato fondamentale dello sfruttamento e quindi alla divisione dell’umanità . Questo porta a vedere in questa divisione il nucleo dei tanti problemi dei nostri tempi.
Anticipando il divenire della lotta, la sua maturazione rivoluzionaria, credo che sono riuscito a spiegarmi, e forse anche a spiegare, la ragione del mio interesse alla DR, e anche il perché di un intervento insolito su queste pagine : il lascito della lotta mancata della DR, è questa dimensione individualista - eroica - idealista che si afferma in modo eclatante in alcune individualità . Il credersi appartenente ad una aristocrazia di altri mondi sociale conferisce quella spregiudicatezza necessaria alla messa a fuoco della prateria. (dovrei precisare questo punto, forse in un altro intervento)
Ricordiamo la storia melancolica dei vecchi cavalli stanchi di una vita di lavoro, nella Terra di lavoro, che i padroni davano alla libertà sulla fine della loro carriera. Se ne andavano prima timidi e increduli, poi passato il guado, sempre più veloci, verso il mare o i monti. Una corsa finale verso la vera vita, una corsa da pazzi morenti. Una corsa verso la libertà . Ma loro credevano di galoppare verso il paradiso dei cavalli. Cosi per il comunismo, con le teste matte e perdute, soldati infelici di nessuna guerra, senza tradizione : di corsa verso la libertà , nel mezzo di un illusione : almeno i vecchi cavalli non si credono lupi, aquile o leoni.
Trionfo degli animali piccoli, e sociali, sotto le apparenze di altri trionfi. L'uomo non è grande. La specie è tutto. Trionfo paradossale dell'eroismo, che oggi non esiste se non, negativamente, nel rifiuto del regime lavorativo. Domani, però, tutti eroi.