L'evento è stato 2 giorni fa a Venezia, in preparazione al convegno di settembre (v https://www.venezia2022.it/)
Qùi riporto introdùzione e altri link
L’ecologia è entrata da tempo nel pensiero marxista - basti qui ricordare la rivista Capitalismo natura socialismo. Per contro il marxismo ha fatto propria la critica ecologista all’economia politica.
Del resto – pur tra molti distinguo e sfumature – i “rossi” e i “verdi”, la sinistra politica e gli ambientalisti si sono trovati fianco a fianco in una infinità di movimenti concreti in difesa delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni esposte alla violenza predatrice del mercato.
Non c’è chi non veda che la possibilità di una effettiva trasformazione della società debba passare attraverso una riconnessione della lotta per l’emancipazione sociale delle classi subalterne in un quadro di sostenibilità ecosistemica.
Lo stesso papa, che dice di venire “dalla fine del mondo”, Bergoglio, ha invitato più volte i movimenti popolari a considerare assieme “il grido della terra e quello dei poveri”.
In altre parole, il percorso di liberazione delle donne e degli uomini dal dominio delle forze eteronome del capitale passa attraverso il riconoscimento dell’inviolabilità del mondo vivente nel suo insieme.
O così, o il dilemma “lavoro/natura” si riproporrà all’infinito.
O, per meglio dire, fino alla sopravvenuta inabitabilità dello spazio vitale.
In questo contesto, la proposta di un progetto radicale capace di mettere in discussione le basi stesse della produzione sociale e del suo valore economico, potrebbe essere incentrato proprio sulla decrescita dei fattori antropici che devastano il pianeta.
La decrescita potrebbe fornire un quadro di senso unitario e condiviso tra tutte e tutti coloro che aspirano ad un mondo sano e giusto.
Per quanto assurdo possa sembrare a prima vista, il più avanzato pensiero politico umanista, razionale e “scientifico” che sia mai stato concepito, quale è quello marxista, potrebbe trovare proprio nella più radicale corrente del pensiero ecologista, antiutilitarista – qual è quella della decrescita – un punto di incontro e dar vita ad una cosmovisione bio-umanistica e a una politica eco-sociale.
Insomma, ci chiediamo se sia possibile immaginare una decrescita ecosocialista, come scrivono Michael Löwy, Bengi Akbulut, Sabrina Fernandes, Giorgos Kallis sul Global Ecosocialist Network (GEN) e su Monthly Review Per una decrescita ecosocialista (https://www.decrescita.it/per-una-de...ecosocialista/
Joel Kovel; H. Pena-Ruiz, Karl Marx penseur de l’écologie, Seuil, Paris 2018
K. Saïto, La nature contre le capital. L’écologie de Marx dans sa critique inachevée du capital, Syllepse, Parigi 2021; e altri
E la questione è ben presente anche in Italia da tempo. Basti pensare a figure come Laura Conti, a Giorgio Nebbia e a Marino Badiale che più di dieci anni fa, assieme a Bontempelli, scrisse il fondamentale Marx e la decrescita.
Altri documenti di approfondimento sono disponibili qùi https://drive.google.com/drive/folde...cJw1NAs4LmIMhI
qùi l'intevento di Badiale che contiene ùlteriore bibliografia:
http://www.badiale-tringali.it/2022/...-marxismo.html
cito solo la conclùsione:
siamo ormai entrati nei primi stadi di una fase storica nella quale vivremo (o vivranno i nostri figli) il collasso delle società attuali, e non si vede nessuna forza sociale che sia realmente interessata o capace di agire per prevenire tale collasso nel tempo molto ridotto che ci resta. La tematica del “collasso di civiltà” è anch’essa ben studiata nella letteratura internazionale, sia in riferimento al crollo di civiltà passate, sia in riferimento ai pericoli che sovrastano la civiltà attuale. Il cambiamento climatico è ovviamente il primo riferimento che viene in mente, ma non è l’unico. Il punto fondamentale, a mio avviso, è che la drammatica crisi ambientale, nei suoi vari aspetti, si intreccia con le crisi sociali e geopolitiche in modi che rendono impossibile sperare che la prima possa essere efficacemente affrontata (cosa che sarebbe comunque un’impresa non banale). Per fare solo un esempio (simbolico), basti pensare al fatto che Draghi, in risposta alla guerra in Ucraina, ha prospettato la riapertura delle centrali a carbone. Il punto è che, per parlare solo del cambiamento climatico, l’abbandono dell’energia fossile implica un drastico cambiamento di ogni aspetto dell’attività produttiva di un paese: e si tratta di un cambiamento che comporta rischi e costi, con esiti non chiaramente prevedibili. Ma nessuna potenza vorrà mai impegnarsi seriamente in un’impresa così rischiosa, nel momento in cui è coinvolta in uno scontro con altre potenze per l’egemonia mondiale. Non c’è quindi da sperare che le attuali potenze mondiali facciano passi decisivi nella direzione della fuoriuscita dal “capitalismo fossile" (A.Malm). Il cambiamento climatico, di cui già subiamo i primi effetti, proseguirà nella sostanza indisturbato, sommandosi a tutti gli altri fattori di crisi.