Ho parlato dell'aspetto riproduttivo perché ne hai fatto cenno tu come elemento per valutare la sensatezza o meno di porre in discussione l'appartenenza al genere umano degli individui nati storpi. Qui mi limitavo ad un discorso "descrittivo". Valutare se la possibilità di assumere ormoni e di effettuare un'operazione renda anche lecito farlo, perlomeno in determinati casi, ci fa entrare in una questione morale. E preliminarmente dobbiamo chiederci se ed entro quali limiti, nonché per quali fini, noi possiamo disporre legittimamente del nostro corpo. Sulla base delle premesse dalle quali parto, posso dirti che alla liceità morale dell'operazione osta il fatto che sia una forma di mutilazione del corpo atta non alla conservazione della vita o alla preservazione di funzioni più necessarie di quelle delle quali ci si priva, bensì a dare un sollievo psicologico di dubbia efficacia e sotto certi aspetti ingannevole.
Sicuramente c'è un limite alla "plasmabilità" della psiche umana, tuttavia nel mio caso parliamo di una persona in cui è "tutto allineato", mentre invece nel caso dell'uomo che si sente donna no. Quindi il paragone risulta più difficile: chi dice che quel fattore di carente mascolinizzazione del cervello in fase prenatale, presente nell'uomo che si sente donna, sia un limite di per sé infrangibile ad una terapia che lo conduca ad accettare la propria mascolinità?
Quindi è possibile che la carente mascolinizzazione del cervello sia un fattore che favorisce la disforia di genere negli uomini, senza determinarla, o che un uomo possa sentirsi donna anche senza aver subito tale carente mascolinizzazione del cervello in fase prenatale.