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IL MERAVIGLIOSO MONDO DELLE GIGANTESCHE RISERVE DI PETROLIO DELL'ALBERTA- CANADA'
Impatti ambientali delle sabbie bituminose
La gran parte del combustibile grezzo viene ricavata tramite miniere a cielo aperto, scavate raschiando il terreno fino a creare enormi crateri profondi 40-60 metri. È un procedimento meno costoso dell’estrazione in situ, grazie al fatto che il bitume affiora in superficie mischiato ad argilla e sabbia. Tuttavia, circa il 90% delle risorse in Canada e il 100% in Venezuela, si trovano a profondità tali da non permettere il cosiddetto surface mining.
Il processo, in entrambi i casi, richiede tuttavia un maggior apporto di energia e di acqua rispetto agli idrocarburi convenzionali. Si impiegano circa tre barili di acqua per estrarre un barile di petrolio da sabbie bituminose. Più del 90%, finisce scaricata in pozze enormi che contengono sostanze cancerogene come il cianuro. Secondo Friends of the Earth, le popolazioni che vivono a valle di questi bacini mostrerebbe alti tassi di tumori rari, insufficienza renale, lupus e ipertiroidismo. Inoltre, sia per quanto riguarda l’Alberta, sia nel caso del Venezuela, i maggiori giacimenti di sabbie bituminose si trovano vicino a importanti fiumi: l’Orinoco nel Paese sudamericano, l’Athabasca nella provincia canadese. Questo ha fatto emergere problemi quali la deformità della fauna acquatica e presenza di composti cancerogeni nell’acqua.
Il bitume è ricco anche di metalli pesanti. Uno studio del dicembre 2013 ha scoperto un’area di 12 mila chilometri quadrati contaminata dal mercurio, così come livelli di arsenico di molto superiori alla norma sono stati trovati nelle alci. Intorno a Fort McMurray, in Alberta, i livelli di acido solfidrico (H2S) nell’aria hanno sforato più volte i parametri, costringendo il governo locale ad intervenire.
Vi è poi la questione climatica: secondo uno studio del Congressional Research Service del 2014, le emissioni delle tar sands possono superare quelle del petrolio anche del 20%. Una ricerca della Stanford University commissionata dall’Unione europea nel 2011, valutava tale quota al 22%.
informarsi prima di parlare e' sempre un bel proponimento