L'Ombra delle Reti



Il Cyberspazio Come "Non Luogo"


Proponiamo l'ipotesi di considerare il cyberspazio un "non luogo" inteso nel senso che la letteratura sociologica ha dato a questo termine, cioè come uno spazio virtuale in cui, introiettate alcune semplici regole di comportamento, il soggetto vive una gratificante esperienza di libertà. Ci riferiamo in particolare alle chat rooms, e ai siti delle comunità virtuali declinati con linguaggi HTML e VRML.
Tuttavia prima di analizzare le caratteristiche del cyberspazio che ne farebbero un "non luogo", intendiamo chiarire la nostra definizione degli agenti che vi sono implicati, in base alla ricerca psicoanalitica, in particolare vogliamo enunciare come intendiamo il soggetto, l'Io e l'Altro.

Il soggetto

Nella letteratura sul cyberspazio si argomenta spesso attorno al soggetto virtuale, ma non è ancora emersa una definizione chiara e condivisibile di quale soggetto tratti. Nella ricerca psicoanalitica il termine soggetto indica una pluralità di configurazioni a cominciare da quel "soggetto di superficie" che è l'Io, con le sue declinazioni anagrafiche, giuridiche e le sue implicazioni socio-politiche ed economiche; a tale soggetto si oppone il "soggetto di profondità" cioè il soggetto dell'inconscio che secondo Freud ha una radicale alterità rispetto all'Io.
Il soggetto di superfice riveste ruoli diversi a seconda della posizione che assume nel discorso, attraverso la parola, e delle intezionalità latenti o manifeste che motivano la scelta comunicativa operata all'interno della gamma delle funzioni linguistiche.
Infine altre declinazioni del soggetto emergono a seconda che l'essere comunicante si ponga nella relazione mediante registri immaginari, come le passioni, oppure simbolici, come la parola e gli altri codici socialmente legittimati, oppure mediante il "silenzio" del sintomo psicosomatico.
La nuova soggettività che si va costituendo nel cyberspazio appare innanzitutto attinente il soggetto declinato nelle funzioni linguistiche e liberato dalle connotazioni dei ruoli sociali. Si tratta dunque di un soggetto comunicativo e desiderante, liberato dall'obbligo delle "certificazioni" necessarie nella comunità sociale di superfice e dal riferimento a una identità corporea, disponibile dunque a esercitare tutte le possibili proiezioni immaginarie sull'Altro.

L'Io virtuale

Nella ricerca psicoanalitica le identità assunte dall'Io sono considerate configurazioni virtuali poiché acquistano consistenza attraverso il meccanismo di identificazione immaginaria condensabile nel mito di Narciso. In tale identificazione simbolica noi troviamo il primigenio ancoraggio all'essere nel mondo e a dare senso al mondo. Tuttavia ciò che orienta le identificazioni dell'Io, lo scenario che le motiva, è legato al soggetto inconscio nel quale l'amore convive con l'odio. Il nostro tempo vede la caduta delle grandi narrazioni e l'essere umano si trova di fronte alla possibilità di accedere ad una propria singolare narrazione, come soggetto del proprio desiderio, ma questo crea anche un conflitto con il bisogno di identità certa dell'Io che non accetta di buon grado le incertezze del suo statuto.
Nel cyberspazio l'Io sperimenta tutta una gamma di identificazioni immaginarie differenziate. Il virtuale tecnologico consente giochi di ruolo e performances che danno all'Io il senso della sua potenza e l'effervescenza della libertà. Normalmente l'esaltazione dell'Io va a scapito della soggettività inconscia perché il dominio dell'Io tende a rimuoverla. Ci chiediamo allora se questa dinamica dell'Io si riproduce anche nel cyberspazio, attraverso il nostro clone virtuale "on line".
Certamente la realizzazione della virtualità dell'Io che il cyberspazio consente rappresentano anche qualche cosa di altro e diverso; ad esempio esse sono affini ai meccanismi psichici del "aufhebrung" in cui Freud volle leggere il "sollevarsi del velo" rispetto ai contenuti inconsci rimossi, negati su noi stessi, ma proiettati all'esterno. Si profila quindi, nello scenario del cyberspazio, la possibilità di un feed-back positivo per la nostra soggettività che consiste nel prendere coscienza, e quindi nell'accettare, la virtualità costitutiva del nostro Io. Tale presa di coscienza conduce a cambiare le categorie attraverso le quali pensiamo la nostra identità e le nostre relazioni. Tuttavia in tale dinamica di rispecchiamento c'è anche il rischio che il soggetto imploda se si fa prendere troppo dal "gioco trasformista" delle figure dell'Io.

L'Altro

Nell'incontro con l'Altro, se la diversità è tale da rappresentare un attentato alla identità personale, scatta un meccanismo di difesa su basi affettive. Questo meccanismo è considerato comune e normale per tutti gli esseri umani; l'incontro tra esseri parlanti che si appellano a ideali morali, politici, etici e religiosi incompatibili, non può avvenire se non è presente in ciascun singolo la consapevolezza di essere lui stesso abitato dalla eterogeneità.
In questo senso ci illudiamo di poterci liberare di noi stessi, evitando il "diverso". L'ipotesi che formuliamo è che nel cyberspazio si possano identificare degli scenari simbolici in cui il soggetto dialoghi con l'eterogeneità propria e dell'Altro, nella consapevolezza della virtualità della nostra proiezione immaginaria dell'alterità e, nel contempo della virtualità del nostro rapporto con noi stessi.

I non luoghi

La globalizzazione ha costretto alla convivenza comunità eterogenee e soggetti che non si appellano agli stessi padri. Narrazioni spesso incompatibili rendono ostili ed estranei gruppi sociali che pur condividono la stessa comunità di superfice ( metropoli, nazione ect.) e il superamento del conflitto ideologico non ha eliminato la violenza nel mondo reale.
Nelle zone identificabili come "non luoghi", secondo la definizione di Augé, è possibile creare una identità condivisa intorno a comportamenti minimali la cui codificazione è accessibile ed evidente (supermarket, palestre, aereoporti).
Il cyberspazio si presenta con alcune caratteristiche del non luogo poiché consente di stabilire legami all'interno dell'eterogeneo umano più radicale in modo non costrittivo; nel cyberspazio lo scopo minimo comune è la navigazione on line che tuttavia può aprirsi ad altri scambi.
Nel cyberspazio il nostro riferimento identitario al corpo viene sospeso e la pertinenza allo spazio-tempo della comunità di superfice si dissolve nell'ubiquità e nella simultaneità implicite della navigazione on line; inoltre i riti del cyberspazio si svolgono senza il vincolo della certificazione sociale che regola la comunità di superfice. Questa analisi porta a concludere che nel cyberspazio avviene una interazione desiderante che ha libero corso grazie ad una sospensione del conflitto per la spartizione delle risorse materiali e quindi per la sopravvivenza. In questo contesto l'avatar, il nostro clone virtuale, costituisce più un avamposto del confronto nell'alterità che una "fuga dalla realtà". Il clone virtuale, iscritto in una genealogia orizzontale, incarna il desiderio di poter rinunciare a un "padre sicuro" (psichiatra, sacerdote, sciamano) e quindi di poter costruire un mondo a misura di soggetto, cioè un mondo in cui ciascuno implementa la propria soggettiva narrazione in una dimensiona dialogica con l'Altro.

Torino, febbraio-marzo 1997

Gruppo di discussione
sull'Io virtuale