Ci sono poche persone al mondo che possono permettersi di parlare di fascismo e nazismo con la stessa autorevolezza di Marek Halter. Lo scrittore ebreo-polacco fuggì infatti nel 1940 dal ghetto di Varsavia trovando rifugio in Unione Sovietica, prima di trasferirsi a Parigi nel 1950. Oggi Halter smonta pezzo per pezzo la narrazione di una sinistra senza idee sullo spauracchio del ritorno del fascismo - in assenza di fascismo - che anima anche la campagna elettorale italiana. Emergenza che, magicamente, riaffora immancabilmente ad ogni tornata elettorale, che si tratta di Giorgia Meloni o di Marine Le Pen in Francia, passando per i Paesi di Visegrad, demonizzati o decantati a seconda delle contigenze del momento (basti ricordare a come il coro del pensiero unico si riferiva alla Polonia prima e dopo l'invasione russa dell'Ucraina). Perché la sinistra contemporanea sembra avere bisogno di un nemico da demonizzare per sopravvivere.
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