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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    LA RELIGIONE CHE UCCISE L'EUROPA
    by Gianluca Freda (14/03/2010 - 01:47)


    VERITA’, STORIA E INTEGRITA’
    di Gilad Atzmon
    dal sito Squarespace - System Unavailable
    traduzione di Gianluca Freda

    Nel 2007, la nota organizzazione di destra ebraico-americana ADL (Anti-Defamation League) annunciò di riconoscere come “genocidio” gli eventi che avevano portato al massacro di circa 1.5 milioni di armeni. Il direttore nazionale della ADL, Abraham Foxman, disse più volte di aver preso questa decisione dopo aver discusso del problema con alcuni “storici”. Per qualche ragione egli non si curò di specificare chi fossero questi “storici”, né fece alcun riferimento alla loro credibilità, al loro campo di competenze o alle loro qualifiche accademiche. In tutti i modi, Foxman si consultò anche con un sopravvissuto dell’olocausto, il quale approvò la decisione. Si trattava di Elie Wiesel, non certo noto per essere un esperto mondiale del calvario armeno.
    L’idea che un’organizzazione sionista potesse mostrarsi sinceramente preoccupata, e perfino leggermente commossa, per la sofferenza di altri popoli, avrebbe rappresentato davvero un momento di trasformazione monumentale per la storia ebraica. Tuttavia abbiamo appreso questa settimana che l’ADL si trova nuovamente in preda al dilemma per ciò che riguarda le sofferenze degli armeni. Non è più convinta che gli armeni abbiano sofferto poi così tanto. Ora sta facendo pressioni sul Congresso americano per non far riconoscere come “genocidio” il massacro degli armeni. Proprio questa settimana la ADL “si è espressa contro il riconoscimento congressuale del genocidio armeno ed ha invece richiesto alla Turchia l’istituzione di una commissione storica per indagare sugli eventi”.
    Come mai un evento verificatosi un secolo fa sta scatenando un simile putiferio? Un giorno esso viene genericamente classificato come “genocidio”, il giorno dopo viene destituito ad ordinaria casistica di violenza dell’uomo contro l’uomo. Forse sulla scrivania di Abe Foxman è spuntato dal nulla un qualche “documento storico”? E’ stato l’emergere di nuove evidenze di fatto a determinare questo drammatico dietrofont? Io non lo credo.
    L’atteggiamento della ADL ci offre uno scorcio sull’idea che gli ebrei hanno della storia e sulla loro concezione del passato. Per ogni ebreo politico e nazionalista la storia è una narrazione pragmatica, un resoconto flessibile. Essa rifugge dall’applicazione di ogni metodo scientifico o accademico. La storia ebraica trascende la fattualità degli eventi, la loro veridicità e le norme di corrispondenza tra i fatti e una data visione della realtà. Essa ripudia anche l’etica e l’integrità morale. Preferisce di gran lunga la totale sottomissione, piuttosto che il pensiero critico e creativo. La storia ebraica è un racconto di fantasia che ha lo scopo di rendere felici gli ebrei e di costringere i goyim a comportarsi bene. Esiste per servire gli interessi di una tribù e di quella tribù soltanto. In sostanza, da una prospettiva ebraica, decidere se vi sia stato o no un genocidio armeno significa decidere sugli interessi degli ebrei: se esso sia oppure no vantaggioso per gli ebrei o per Israele.
    E’ interessante notare che la storia non è esattamente una “specialità ebraica”. E’ un dato di fatto che non un singolo testo di storia ebraico sia mai stato scritto tra il 1° secolo (Josephus Flavius) e gli inizi del 19° secolo (Isaac Markus Jost). Per quasi 2000 anni gli ebrei non si sono mostrati interessati al proprio passato o a quello di chiunque altro, perlomeno non abbastanza da redigerne una cronaca. A livello di opportunità, un’indagine minuziosa sul passato non è mai stata la preoccupazione primaria della tradizione rabbinica. Una delle ragioni sta probabilmente nel fatto che non vi era necessità di un tale sforzo metodico. Per gli ebrei vissuti tra l’età antica e il medio evo, i contenuti della Bibbia erano sufficienti a rispondere alle domande più importanti sulla vita quotidiana, sul significato degli ebrei e sul loro destino. Per dirla con lo storico israeliano Shlomo Sand, “una periodizzazione laica sarebbe stata estranea alla “cronologia della Diaspora”, forgiata sull’attesa dell’avvento del Messia”.
    Comunque, verso la metà del 19° secolo, a seguito dei processi di secolarizzazione, urbanizzazione, emancipazione e per il progressivo deteriorarsi dell’autorità dei capi rabbinici, fra i risvegliati ebrei d’Europa sorse il bisogno crescente di una causa alternativa in cui credere. Tutt’a un tratto, l’ebreo emancipato si trovava a dover decidere chi egli fosse e da dove provenisse. Iniziò anche a speculare riguardo al proprio ruolo all’interno di una società occidentale in rapida apertura.
    Fu in questo momento che venne inventata la storia ebraica nella sua accezione moderna. Fu sempre in questo momento che il giudaismo, da religione universale, si trasformò in “appartenenza territoriale”, con alcune devastanti implicazioni di stampo razzista ed espansionista. Com’è noto, la definizione fornita da Shlomo Sand della “Nazione Ebraica” come invenzione di fantasia non è mai stata confutata sul piano accademico. In ogni caso, il rifiuto dei fatti e dell’aderenza alla veridicità storica risulta sintomatico in qualunque forma di ideologia collettiva o politica identitaria dell’ebraismo contemporaneo. Il modo in cui l’ADL ha trattato la questione armena non è che un esempio. Il disconoscimento da parte dei sionisti dell’esistenza di un passato e di una tradizione palestinese è un esempio ulteriore. Ma la realtà è che qualunque visione collettiva del passato è per gli ebrei squisitamente giudeo-centrica e svincolata da qualsiasi procedura scientifica o accademica.

    Quando ero giovane
    Quando ero giovane e ingenuo vedevo la storia come una seria questione accademica. Da quanto ne capivo, la storia aveva a che fare con la ricerca della verità, con i documenti, con la cronologia e con i fatti. Ero convinto che la storia mirasse a fornire un preciso resoconto del passato costruito sulla ricerca metodica. Credevo anche che essa si fondasse sull’assunto che la comprensione del passato contribuisce a far luce sul presente e ci aiuta a definire una prospettiva per un futuro migliore. Sono cresciuto nello stato ebraico e mi ci è voluto un po’ di tempo per rendermi conto che la narrazione storica degli ebrei è qualcosa di molto diverso. Nel ghetto intellettuale ebraico, ci si limita a stabilire come dovrebbe essere il futuro, e poi si costruisce “un passato” su questa falsariga. E’ interessante notare come questo identico metodo sia quello prevalente tra i marxisti. Essi danno forma al passato in modo che esso si accordi perfettamente alla loro visione del futuro. Come recita una vecchia barzelletta russa, “quando i fatti non si adeguano all’ideologia marxista, i progettisti sociali del Comunismo emendano i fatti (piuttosto che correggere la teoria)”.
    Quando ero giovane, non credevo che la storia fosse un problema di decisioni politiche o accordi tra una fanatica lobby sionista e il suo sopravvissuto dell’olocausto preferito. Vedevo gli storici come studiosi che si dedicavano a ricerche imparziali seguendo procedure rigorose. Quando ero giovane avevo anche preso in considerazione l’idea di diventare uno storico.
    Quando ero giovane e ingenuo, credevo anche che ciò che ci avevano raccontato sul nostro passato ebraico “collettivo” fosse realmente accaduto. Credevo a tutto, al Regno di Davide, a Masada, perfino all’Olocausto: il sapone, i paralumi in pelle umana*, le marce della morte, i sei milioni.
    In effetti, mi ci vollero molti anni per capire che l’Olocausto, il credo di base della religione ebraica contemporanea, non era affatto una verità storica, perché le verità storiche non hanno bisogno di essere tutelate dalla legge e dai politici. Mi ci vollero anni per comprendere che la mia bisnonna non era stata trasformata in una saponetta o in un paralume*. Probabilmente era morta di stenti, di tifo, forse anche per una fucilazione di massa. Era certamente una cosa triste e tragica, ma non molto diversa dal destino di molti milioni di ucraini, i quali impararono a proprie spese cosa realmente fosse il Comunismo. “Alcuni dei più spietati assassini di massa della storia erano ebrei”, scrive il sionista Sever Plocker sul sito israeliano Ynet, svelando i segreti dell’Holodomor e della partecipazione degli ebrei a questo crimine colossale, probabilmente il crimine più grande del 20° secolo. Il destino della mia bisnonna non fu diverso da quello di centinaia di migliaia di civili tedeschi, che morirono in bombardamenti orchestrati e indiscriminati soltanto perché erano tedeschi. Allo stesso modo, gli abitanti di Hiroshima morirono soltanto perché erano giapponesi. Un milione di vietnamiti morirono perché erano vietnamiti e 1,3 milioni di irakeni sono morti perché erano irakeni. In parole povere, le tragiche circostanze in cui morì la mia bisnonna non erano, in fondo, così speciali.

    Non ha senso
    Mi ci vollero anni per accettare che la storia dell’Olocausto, nella sua forma attuale, è del tutto priva di senso dal punto di vista storico. Ecco un piccolo aneddoto su cui riflettere:
    Ad esempio, se davvero i nazisti volevano gli ebrei fuori dal loro Reich (Judenrein – libero dagli ebrei), oppure morti, come insiste ad affermare la narrativa sionista, come mai alla fine della guerra fecero marciare migliaia di loro verso lo stesso Reich? Ho meditato per un bel po’ di tempo su questa semplice domanda. Alla fine ho deciso di svolgere un’indagine storica sull’argomento e ho saputo per caso dal professor Israel Gutman, storico israeliano dell’Olocausto, che i prigionieri ebrei parteciparono volontariamente a quella marcia. Ecco una testimonianza tratta dal libro di Gutman:
    “Uno degli amici e parenti che avevo nel campo venne da me la sera prima dell’evacuazione e mi propose di andare con lui in un nascondiglio collettivo che si trovava da qualche parte sulla strada che conduceva dal campo alla fabbrica. […] L’intenzione era quella di uscire dal campo con uno dei convogli e di fuggire poi in prossimità dei cancelli, sfruttando le tenebre che credevamo ci avrebbero permesso di allontanarci un bel po’ dal campo. La tentazione era forte. Eppure, dopo aver considerato tutto, decisi di unirmi [alla marcia] insieme agli altri detenuti e di condividere il loro destino”.
    (Israel Gutman [curatore], People and Ashes: Book Auschwitz - Birkenau, Merhavia 1957).

    Qui sono rimasto un po’ perplesso. Se davvero i nazisti ad Auschwitz-Birkenau gestivano una fabbrica della morte, perché mai i prigionieri ebrei avrebbero dovuto voler andare con loro alla fine della guerra? Perché gli ebrei non si sono limitati ad aspettare i loro liberatori Rossi?
    Penso che a 65 anni dalla liberazione di Auschwitz avremmo diritto di iniziare a porre le necessarie domande. Dovremmo richiedere prove e argomentazioni storiche inoppugnabili anziché andar dietro a leggende religiose sostenute soltanto dalle pressioni politiche e dalla legislazione. Dovremmo strappare all’olocausto il suo carattere di giudeo-centrica eccezionalità e trattarlo come un qualunque capitolo di storia pertinente ad un dato tempo e ad un dato luogo.
    65 anni dopo la liberazione di Auschwitz dovremmo iniziare a reclamare la nostra storia e a chiederci: perché? Perché gli ebrei erano così odiati? Perché i popoli europei se la presero con i propri vicini? Perché gli ebrei sono odiati anche in Medio Oriente, dove avevano certamente avuto la possibilità di aprire una nuova pagina della loro storia tormentata? E se sinceramente pensavano di farlo, come dichiaravano i primi sionisti, perché hanno fallito? Perché l’America rese più rigide le proprie leggi sull’immigrazione di fronte al pericolo che incombeva sugli ebrei d’Europa? Dovremmo anche chiederci: a quale scopo sono state promulgate le leggi contro la negazione dell’Olocausto? Cosa cerca di nascondere questa religione dell’Olocausto? Finché rifiuteremo di porci domande, saremo sottomessi ai sionisti e ai piani dei loro agenti Neocon. Continueremo a uccidere in nome della sofferenza degli ebrei. Manterremo la nostra complicità nei crimini imperialisti dell’Occidente contro l’umanità.
    Per quanto devastante possa essere stato, ad un certo punto questo orribile capitolo della storia ha finito per acquisire un eccezionale status metastorico. I suoi “elementi di fatto” sono stati cristallizzati da leggi draconiane e il dibattito su di esso viene oggi garantito da apposite prescrizioni politiche e sociali. L’Olocausto è divenuto la nuova religione dell’Occidente. Sfortunatamente, si tratta della religione più sinistra che l’uomo abbia mai conosciuto. E’ una licenza di uccidere, di radere al suolo, di nuclearizzare, di cancellare, di stuprare, di depredare e di provvedere alla pulizia etnica. Ha trasformato la rivalsa e la vendetta in valori dell’Occidente. Ma la cosa più preoccupante è che esso priva l’umanità delle proprie tradizioni, esiste al solo scopo di impedirci di guardare con dignità al nostro passato. La religione dell’Olocausto ruba all’umanità la sua umanità. In nome della pace e delle generazioni future, l’olocausto deve essere privato immediatamente del suo status di eccezionalità. Deve assoggettarsi ad un’accurata disamina storica. La verità e la ricerca della verità sono elementari attività umane. Esse devono prevalere.

    *Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale fu ampiamente diffusa la convinzione che con i corpi delle vittime ebree si fabbricassero saponette e paralumi. Solo in anni recenti il Museo Israeliano dell’Olocausto ha ammesso che in tali accuse non vi era il minimo fondamento di verità.

    Sciò, sciò, scioà! - Gianluca Freda BLOGGHETE!!
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  2. #22
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Le camere a gas e le testimonianze.
    La verità fluida delle camere a gas.

    Secondo quanto sostengono attualmente gli storici ufficiali dell' Olocausto, i campi di concentramento forniti di camere a gas furono solamente quelli dell' est. Prima si credeva che anche i campi dell' ovest fossero funzionati come campi di sterminio con le gassazioni e si avevano anche testimonianze giurate e memorie, sino a quando Martin Broznat, direttore dell' Istituto di Storia Contemporanea di Monaco, nel 1960 con una lettera al Die Zeit, ne negò l' esistenza. Questa clamorosa azione fu dovuta principalmente al frutto incontestabile delle ricerche del padre del revisionismo olocaustico Paul Rassinier. Socialista e Medaglia d' oro della Resistenza, prima di essere deportato Rassinier era professore di storia al Collège d'Enseignement Général alla Belfort Academie de Besancon. Nel 1943 in seguito alla sua attività nella Resistenza Francese fu deportato prima a Buchenwald, poi a Dachau. Tornato lesse nelle memorie dei sopravvissuti storie di camere a gas e gassazioni che sarebbero avvenuti nei campi in cui lui stesso era stato internato. Tutte queste storie si rivelarono poi delle pure invenzioni come confermato anche dall' ufficiale Istituto di Monaco. Rassinier indagò su The Other Kingdom di David Rousset, Chaines et Lumieres dell' abate Jean Paul Renard, The Women's Camp of Death di Denise Dufournier: gli autori pur descrivendo precisamente il funzionamento, dicevano di aver parlato per sentito dire(delle cose che poi si sono rivelate menzognere). Paul Rassinier estese poi la sua ricerca alle memorie su Auschwitz, paradossalmente anche qui non si trovò nessuno ad aver visto di prima persona le camere a gas. Se l' esistenza delle camere a gas a Dachau e Buckenwald ,sostenuta da memorie e testimonianze, si è rivelata falsa, il fatto che ci sono testimonianze per le camere a gas di Treblinka, Chelmno, Belzec, Maidanek e Sobibor e Auschwitz dovrebbe essere analizzato attentamente. Il problema delle camere a gas è simile a quello della decisione della Soluzione Finale: anche per le camere a gas, come per il progetto di Soluzione finale, non esistono documenti di costruzione come invece esistono per i forni crematori. La costruzione e il funzionamento avrebbe richiesto un numero non indifferente di documenti che non avrebbero potuto essere tutti distrutti.

    La scienza contro le testimonianze
    Ernst Zundel, un piccolo editore, fu processato in Canada per aver pubblicato il libro di Harwood Did six million really died. Al processo di appello che si tenne nel 1988 Zundel decise di interpellare un ingegnere chimico Fred Leuchter per dimostrare che ad Auschwitz le camere a gas non hanno funzionato. Leuchter, consulente del governo degli Stati Uniti per le esecuzioni capitali, partì per Auschwitz, dove prese dei campioni sia dalle presunte camere a gas, sia dalle stanze che servivano a disinfettare i vestiti, sia dalle stanze dove dormivano gli internati. Si potrebbe contestare alla perizia di essere di parte; i campioni prelevati però furono analizzati da un istituto chimico indipendente che non sapeva niente della provenienza dei campioni. Il Museo di Auschwitz ordinò una contro-perizia che non è stata mai rivelata al pubblico, forse perchè le conclusioni a cui arriva sono simili a quelle di Leuchter. Il rapporto Leuchter stilato in circa 300 pagine, dimostra che la quantita di acido cianidrico presente sulle pareti delle presunte camere a gas è minima, praticamente nulla se confrontata con le camere di disinfestazione di Birkenau, che pure dovevano avere un contenuto uguale. Lo Zyklon-B forma un composto stabile con il materiale con cui è a contatto e le pareti delle camere a gas avrebbero dovuto conservare ancora dei residui come per altro hanno fatto le stanze di disinfestazione di Auschwitz-Birkenau. Il fatto dell' assenza di residui di Zyklon-B risulta inspiegabile se si considera che i Krema II e III di Auschwitz hanno una ventilazione mediocre e sono costituiti da un cemento assorbente e alcalino. Il rapporto Leuchter si concentra anche sulla costruzione tecnica delle camere a gas: le camere a gas non sono fornite di buchi e di aperture, oltre alla porta non si capisce quindi in che modo si poteva introdurre lo Zyklon-B (la questione delle docce è stata rifiutata anche dagli storici ufficili). Le camere a gas, Krema II e Krema III sono vicino ai forni crematori: ciò avrebbe esposto sia gli aguzzini sia le vittime a un rischio pericolosissimo e continuo di esplosione poichè lo Zyklon-B è facilmente infiammabile. In sintesi il rapporto Leuchter conclude che le camere a gas così come sono non hanno potuto funzionare rilevando la mancanza di buchi di introduzione, non hanno potuto funzionare per la posizione e per l' attuale mancanza di dati scientifici che confortino l' ipotesi del funzionamento. Inoltre le camere a gas di Auschwitz mancano completamente di un sistema di ventilazione. Nel 1996 Germar Rudolph, chimico dell' Istituto Max-Plank scrisse un libro di conferma del Rapporto Leuchter. Walter Luftl presidente dell' ordine degli ingegneri austriaci confermò le conclusioni di Leuchter.

    Immagine1: una camera a gas usata per esecuzione capitali di un solo prigioniero negli Stati Uniti, foto degli anni '30
    Per ingrandire l'immagine cliccateci sopra.



    Immagine 2: il Krema I di Auschwitz, camera a gas in cui sarebbero stati gassati centinaia di migliaia di internati ebrei anche diverse decine alla volte. Non c'è nessuna chiusura ermetica e la porta si apre all' interno(dovrebbe essere stata allora sempre bloccata dai cadaveri e avrebbe impedito il recupero dei corpi).
    Per ingrandire l'immagine cliccateci sopra.



    Le ricerche di Carlo Mattogno sui forni crematori
    Carlo Mattogno, aiutato da 2 ingegneri, cercò di fare una stima di quanti corpi i forni crematori di Auschwitz avrebbero potuto cremare. Considerò la quantità di carbone portata ad Auschwitz che ci è nota dai documenti. La sua ricerca comunque si basa sull' ipotesi che i forni crematori abbiano sempre funzionato al massimo della loro potenzialità, che non siano mai stati riparati e che abbiano funzionato per tutto il tempo. Basandosi sui documenti disponibili e su analisi tecniche arriva alla conclusione che ad Auschwitz potevano essere stati cremati al massimo 160.000.

    Se questa è una testimonianza
    Il libro di Primo Levi “Se questo è un uomo”, pubblicato nel 1947, è considerato un libro di memorie molto importante e particolarmente affidabile dagli storici che troverebbero la conferma della realtà storica dello sterminio e delle gassazioni. In realtà l' autore dice di non aver mai messo piede ad Auschwitz-Birkenau, il campo in cui ci sarebbero dovute essere le camere a gas, poiché lavorò solo a Buna-Monowitz come chimico. Nella prima edizione del romanzo menziona solo 6 volte una camera a gas(sempre al singolare) e in termini vaghi. Nell' edizione del 1976 però le camere a gas compaiono e ne è spiegato anche il funzionamento: stanze cammuffate da doccie che avevano lo scopo di distruggere vite umane; viene anche azzardata la cifra di 24.000 uccisioni con il gas in un solo giorno per tutto il mese di Agosto 1944. Esempi come questo sono la regola nella letteratura concentrazionaria: l' autore parla per sentito dire e la sua testimonianza viene accettata come certa. In genere le testimonianze sulle gassazioni o si contraddicono ad un esame incrociato come quelle di Rudolph Vrba, uno dei primi a parlare di camere a gas ad Auschwitz, e di Arnold Friedman oppure vengono confutate direttamente con i dati scientifici o storici acquisiti; Rudolph Hoss, Comandante di Auschwitz dall' inizio del 1940 al novembre del 1943 , affermò che ad Auschwitz furono gassati 2,5 milioni di ebrei. La testimonianza fu scritta dai comunisti polacchi e solo dopo firmata da Hoss: questa testimonianza contrasta sia con la storia ufficiale sia con la scienza. Secondo una autobiografia successiva di Hoss i Kapò rimuovevano i corpi dalle camere a gas a mani nude dopo pochi minuti mangiando o fumando. Questa storia viene ripetuta da molte testimonianze. Tutto ciò è impossibile: lo Zyklon-B è infiammabile e una sigaretta sarebbe bastata a far esplodere tutta la costruzione della camera a gas; il fatto che i Kapò prendessero i corpi a mani nude, e poi senza nessuna maschera antigas è impossibile; il tempo di attesa di pochi minuti è inconciliabile con la durata della ventilazione di una camera a gas che può durare anche 24 ore. La testimonianza di Hoss fu prodotta come prova a Norimberga e costituisce una delle prove più citate dagli sterminazionisti.

    La letteratura olocaustica fantastica.
    Oltre che con le camere a gas, i nazisti sono accusati di molti altri crimini che sono stati poi apertamente rifiutati dalla storiografia ufficiale. Sapone di grasso umano, martelli pneumatici, bagni elettrici, elettroscosse, bombe atomiche, bruciati vivi, motori, con l' aspirazione di tutta l' aria da camere della morte, stanze con soffitto che si abbassava, acido, bolliti nell' acqua. Tutti questi metodi sono confortati da un buon numero di testimonianze che però sono chiaramente false. Ernst Nolte, storico revisionista ma contrario al negazionismo, dice che è impossibile che ogni testimone rielabori le proprio memorie indipendentemente da quelle degli altri. Nolte conclude però che dato il numero di memorie sulle camere a gas la storia deve contenere un minimo di verità. Il ragionamento di Nolte però porterebbe alla conseguenza che poichè molti accusavano e concordavano nelle testimonianze sulle streghe, allora le streghe sono esistite.

    Conclusione
    Gli storici sterminazionisti non sono riusciti ancora a dimostrare attraverso la scienza l' effettivo uso delle camere a gas. Le uniche prove del funzionamento di questi strumenti di morte sono le testimonianze dei sopravvissuti che spesso si sono rivelate inconsistenti o apertamente false.

    www.ilras.tk - Revisionismo olocaustico
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Le Statistiche e i numeri dell' Olocausto
    Quegli elusivi 6 milioni

    La cifra di 6 milioni non è una cifra calcolata scientificamente ma un numero simbolico.
    La cifra è basata sulle deposizioni a Norimberga di 2 oscuri ufficiali delle SS, la testimonianza scritta di Hottl e quella orale di Wisliceney: entrambi affermarono di aver avuto notizia della cifra da Eichmann il quale in seguito al processo in Israele non confermò nulla.
    La cifra di 6 milioni di morti nei campi di concentramento nazista non venne alla luce per la prima volta a Norimberga ma circolava già durante la guerra: nel giugno 1945 immediatamente dopo la fine delle ostilità alcuni leader sionisti parlavano di sei milioni di vittime, Ilya Ehrenburg, capo della propaganda sovietica, 4 mesi prima della fine della guerra pubblicizzò il numero di 6 milioni, nel 1936 Chaim Weizmann davanti alla Commissione Peel afferma che 6 milioni di ebrei sotto il governo nazista erano imprigionati. Alla fine della prima Guerra Mondiale il giornale The American Hebrew del 31 ottobre 1919 diceva che 6 milioni di ebrei erano morti in un olocausto sul fronte dell' Est, anche il New York Times riportò indagini su “milioni di ebrei” morti ad Est.
    Nel suo libro sulle pratiche e le leggende ebraiche, The Secret of Hebrew Words, Benjamin Blech parla di una profezia ebraica secondo cui “Gli ebrei torneranno nella terra promessa quando perderanno 6 milioni del loro numero”. Questa potrebbe essere la spiegazione per la ricorrenza del numero.

    Hildberg e Davidowicz: chi ha ragione?
    Gli storici concordano che la maggiore e più importante opera storica e statistica sull' Olocausto è “La Distruzione Degli Ebrei D' Europa” dell' Ebreo americano Raul Hildberg che vi ha dedicato tutta la vita. Le altre opere standard sull' Olocausto sono La guerra contro gli Ebrei di Lucy Davidowicz, le opere storiche di Poliakov e quelle statistiche di Reitlinger. Tutti questi storici arrivano alla conclusione che tra 5 e 6 millioni di ebrei sono morti durante la guerra.
    Hildberg arriva alla conclusione che 2 milioni e mezzo di ebrei su un totale di 5 milioni, sono morti nei 6 campi di sterminio tedeschi. Davidowicz conclude che 5 milioni su un totale di 6 milioni, trovarono la morte in “6 industrie della morte”. I maggiori studiosi dell' Olocausto offrono così interpretazioni divergenti già dall' inizio.

    Indagini statistiche scientifiche condotte su dati incerti
    Il problema della determinazione delle perdite del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale è dovuta sia alla intrinseca difficoltà della definizione di Ebreo ( per nascita o per religione) e dei diversi gradi di discriminazione introdotti dalle Leggi di Norimberga ( gli ebrei-per-metà e gli ebrei-per-un-quarto non erano sottoposti alle stesse punizioni degli ebrei), sia al fatto che se per la popolazione ebraica mondiale possediamo gli studi scientifici della statista ebreo Arthur Ruppin del 1939 secondo cui gli ebrei nel mondo erano, nel 1938, 16.717.000, per il dopoguerra abbiamo solo statistiche fornite da giornali, riviste e fonti non ufficiali. Gli studi demografici e statistici scientifici si basano su fonti non scientifiche che ne annulano quindi la pretesa di obbiettività. I numeri divergono in modo sostanziale e in pratica utilizzando le fonti che si vuole si può arrivare alla conferma delle tesi degli storici sterminazionisti o alla confutazione. Esempio: usando come fonti il World Almanac del 1949 (quelli del 47 e del 48 portavano le cifre di 16 milioni prima della guerra e 15 dopo), secondo cui la popolazione ebraica era di 16.6 milioni mentre nel 1947 era solo di 11.2, l' Olocausto c'è stato, usando come fonte il New York Times del 22 febbraio 1948 dove Baldwin, un esperto militare, parlando della guerra imminente tra Arabi ed Ebrei quantificava seguendo fonti ebraiche la popolazione ebraica mondiale “tra 15 e 18 milioni”, o seguendo l' influente giornale indipendente svizzero Baseler Nachrichten del 12 giugno 1946 che quantifica le vittime ebree durante la guerra in 1,5 milioni escludendo, basandosi sul rapporto della Croce Rossa, un genocidio pianificato, l' Olocausto non c'è stato. Come dimostrato quindi il problema demografico dell' Olocausto è ben lungi dall' essere risolto e anche le autorità storiche riconosciute sono discordi tra di loro.

    Altri esempi della precisione statistica sull' Olocausto
    -Auschwitz 1, Auschwitz 2
    L' immagine , una targhetta che si trovava ad Auschwitz, basata su documenti sovietici prodotti come prova a Norimberga, sino al 1995, afferma che nel campo tra il 1940 e il 1945 trovarono la morte 4 milioni di ebrei.



    L' immagine è il monumento ai morti di Auschwitz aggiornato al 1995: non 4 milioni ma 1.5 milioni.



    Quindi se prima con 4 milioni il totale era di 6 milioni, diminuendo i morti ad Auschwitz non sarebbero dovuti diminuire anche i sei milioni?

    -I morti di Auschwitz
    Ecco una lista dei i numeri che sono stati ipotizzati per Auschwitz:
    9.000.000 Documentario Francese Notte e Nebbia
    8.000.000 Ufficio dei Crimini di Guerra Francese
    6.000.000 Miklos Nyiszli, medico internato ad Auschwitz
    5.000.000 memorie di Rudolf Hess
    4.000.000 proposta dai Sovietici, accettato a Norimberga
    2.000.000 Leon Poliakov, Lucy Dawidowicz
    1.250.000(1.000.000 ebrei) Raul Hildberg
    (continua cfr. nota)
    73.137 New York Times 3 Marzo 1991

    Walter Sanning e l' emigrazione ebraica
    Nel 1983 Walter Sanning pubblicò il libro “La dissoluzione degli Ebrei dell' Est”. Lo scopo di Sanning era quello di dimostrare la massiccia emigrazione ebraica dai territori europei sotto il controllo dei nazisti, usando solo fonti ebraiche e tedesche, solo quando apertamente anti-naziste. La conclusione a cui giunse Sanning fu che non bisogna ammettere un programma di sterminio per spiegare la diminuzione( o la quasi completa sparizione come nel caso della Polonia) della popolazione ebraica in Europa: la maggior parte degli ebrei degli ebrei polacchi e del Baltico viveva ad Est in un territorio che durante la guerra fu all' inizio controllato dall' URSS. I vertici militari e politici (molti commissari politici comunisti erano ebrei), evacuarono la popolazione ebraica all' interno dell' immenso territorio dell' URSS. L' emigrazione ebraica, incoraggiata dai nazisti prima e durante la guerra fu massiccia e contribuì a diminuire di molto il numero degli ebrei sotto il controllo del Terzo Reich. Il numero di decessi tra la popolazione ebraica durante la seconda guerra mondiale viene quantificato da Sanning intorno al milione e mezzo. A questo numero si devono sottrarre gli ebrei caduti combattendo con l' Armata Rossa e quelli rinchiusi nei Gulag, giungendo così alla cifra di 300.000 decessi nei territori controllati dai nazisti.

    Carl Nordling e l' Enciclopedia Giudaica
    Carl Nordling, un professore svedese di statistica, ha pensato di stabilire il destino degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale indagando il destino di tutti coloro che erano citati nell' Enciclopedia Ebraica, che nel 1939 vivevano o in nazioni sotto il controllo dei nazisti o in nazioni che con lo scoppio della Guerra lo sarebbero diventate. Il metodo non è propriamente scientifico ma potrebbe fornire indizi indicativi sulla popolazione ebraica durante la Guerra. Nordling giunse alla conclusione che, riguardo a tutte le persone prese come campione statistico, quasi 800, il 44% era emigrato prima del 1941, il 35% si era disperso in qualche modo e aveva fatto perdere le sue tracce all' interno delle nazioni di origine, l' 8% era stato internato nei campi di concentramento ma era sopravvissuto alla guerra e il 13% era morto. Il 13% di morti esclude categoricamente una politica di sterminio considerando che durante la guerra civile nei campi di concentramento nordisti di Rock Island e Camp Douglas la mortalità era del 10% e durante la guerra boera, la percentuale di mortalità tra gli internati boeri nei campi inglesi era del 34%.

    I documenti tedeschi: i campi di concentramento
    I documenti tedeschi ufficiali che registrano il numero di internati esistono, sono conservati e riportano i nomi di 450.000 morti riguardo a tutto il sistema concentrazionario nazista ( su questa fonte concordano anche gli sterminazionisti come Wolfgang Sosky). Si può giudicare questo dato incerto ma si deve anche ammettere che su tutta la popolazione concentrazionaria solo una parte era ebrea poiché era internati anche zingari, partigiani, omosessuali, obiettori di coscienza e criminali comuni (nel campo di Stutthof su 26.000 prigionieri 8.000 erano ebrei). Gli sterminazionisti dicono che solo una parte di prigionieri era registrata mentre gli altri erano gassati o uccisi in altro modo. A ciò i revisionisti rispondono facendo notare che molti campi servivano da transito e che quindi i prigionieri venivano poi registrati in altro luogo. Gli storici che sostengono la realtà dell' Olocausto possono quindi fare tranquillamente a meno dei documenti .

    I documenti tedeschi: le Einsatzgruppen in Russia
    Le Einsantzgruppen (un totale di solo 3.000) erano gruppi speciali mandati in Russia con il compito di stroncare la resistenza comunista e le azioni di guerriglia partigiana. Esse hanno un posto centrale nella storia dell' Olocausto poiché secondo Raul Hildberg e Reitlinger perseguivano una politica di sterminio nei confronti degli ebrei russi e effettivamente ne sterminarono 2 milioni. Il dato statistico si sulla testimonianza del capo delle Einsantzgruppen C, il generale Ohlendorf, a Norimberga (che parlò di un presunto ordine orale di Hitler di sterminare tutti gli ebrei russi e di stragi perpretate dai suoi soldati) e, diversamente dal solito, su documenti tedeschi, i “Rapporti di campo” delle Einsatzgruppen. Riguardo alla confessione di Ohlendorf essa è probabilmente falsa: Ohlendorf ricevette un processo “normale” solo nel 1948, dove negò tutte le sue confessioni precedenti affermando che erano state estorte sotto tortura. Riguardo ai “Rapporti di Campo” essi erano stilati dai soldati semplici ed erano poi inviati direttamente a Berlino,è quindi molto probabile essi ingigantissero le azioni di ritorsione per impressionare il comando centrale che poi non poteva verificare. Questa affermazione è confermata dal rapporto che descrive il massacro di Babi Yar vicino a Kiev. Secondo il Rapporto le Einsantzgruppen avrebbero eliminato il 29 settembre 1941 a Babi Yar, un passo di montagna,33,711 ebrei rastrellati a Kiev e nelle zona. Tutto il rapporto è però confutato dalle foto aeree della Luftwaffe del 1943 effettuate subito dopo la riconquista sovietica dell' Ucraina. Si vede che Babi Yar è una zona disabitata, senza strade, senza fosse dove dovrebbero essere stati seppelliti i cadaveri e la vegetazione non è modificata da nessun intervento umano. Questo episodio dovrebbe quindi far dubitare o revisionare tutti i rapporti delle Einsatzgruppen su cui si basano le amplificazione delle atrocità naziste in Russia.

    Conclusione
    La storiografia ufficiale dimostra tutta la sua approssimazione nel definire il numero di ebrei morti nei campi di concentramento, ignorando deliberatamente la politica di emigrazione perseguita dai tedeschi e l' effettiva emigrazione che ebbe luogo prima e poi in misura minore dopo la guerra. Come dimostrato dalle ricerche di Sanning e di Nordling circa 300.000 ebrei persero la vita nei campi di concentramento. Questo numero esclude categoricamente il perseguimento di una politica di sterminio.

    www.ilras.tk - Revisionismo olocaustico
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  4. #24
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Sei in grado di mostrarmelo?
    Hitler stesso aveva ipotizzato la soluzione finale nei suoi scritti e nei suoi discorsi, è inutile nasconderlo, con che modalità e con quali risultati a me sinceramente non interessa
    Hitler non ha mai amato il suo popolo, men che meno il suo paese natale (Austria) ed è stato disposto a portare alla distruzione anche tutti i tedeschi "ariani" accecato com'era dalla sua follia
    Hitler e il nazismo sono la cosa peggiore che poteva capitare alla Germania
    Ultima modifica di sciadurel; 23-10-10 alle 21:20

  5. #25
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Quando la storia viene presentata come la lotta del 'bene' contro il 'male'


    AUTORE: Mauro MANNO


    Un recente articolo del Sunday Times ci informa che Adolf Eichmann, considerato il principale responsabile dell’olocausto, salvò 800 ebrei tenendoli segretamente al sicuro in un ospedale di Berlino Secondo l’articolo, “questi ebrei sopravvissuti erano collaboratori, spie o le mogli di tedeschi influenti sotto alta protezione nazista. Altri ebrei costituivano il personale dell’ospedale, incaricati da Eichmann di curare i malati”.

    La storia della seconda guerra mondiale è presentata da USA e Israele come la lotta tra il bene e il male, tra i più crudeli carnefici di tutti i tempi, i nazisti, e le eterne vittime della violenza razzista, gli ebrei. Secondo i dogmi della religione dell’Olocausto, nella presentazione del secondo conflitto mondiale, da una parte, vengono fatte scomparire le vittime non ebraiche, ben più numerose, dall’altra, viene taciuta la documentata e continuativa collaborazione tra una parte degli ebrei, i sionisti, e tutti gli antisemiti europei, in particolare i nazisti. Questa collaborazione sembrerebbe innaturale ma non lo è affatto. Discende dal comune interesse di nazisti e sionisti di operare, in tutta Europa, per la separazione tra non ebrei ed ebrei ed il trasferimento di questi ultimi lontano dagli stati del continente europeo verso altri continenti. Possiamo illustrare questa strategia con le parole di un sionista, tra tanti, che collaborò strettamente col nazismo:

    “Per molti anni ho ritenuto che la completa separazione delle attività culturali dei due popoli sia la condizione per rendere possibile una collaborazione pacifica (…) a condizione che essa si basi sul rispetto della nazione straniera [gli ebrei]. Le Leggi di Norimberga (…) mi sembrano, se si escludono le disposizioni legali, conformarsi interamente con il desiderio di una vita separata sulla base del mutuo rispetto”. [1]

    Questo signore si chiamava Georg Karesky e concluse la sua vergognosa esistenza nello stato ebraico, da lui desiderato e fondato assieme ai suoi simili separatori di “razze”. I palestinesi, vittime di questa operazione congiunta di sionisti e antisemiti, rappresentavano per i colonizzatori ancora un’altra “razza” da cui essi volevano separarsi. Per questo, in concomitanza della fondazione del loro stato (1948), provvidero a cacciarli dalla Palestina con una enorme operazione di pulizia etnico-razziale.

    La storia delle varie soluzioni territoriali per la costituzione di uno stato ebraico è ormai abbastanza nota. Gli inglesi, prima della Dichiarazione Balfour (1917), proposero a Herzl il trasferimento degli ebrei in Uganda. Alcuni sionisti, contestualmente, proponevano uno stato ebraico in Argentina. Il sionista Zangwil proponeva il trasferimento in America del Nord. I sionistiche contavano, in particolare i sionisti “socialisti”, rigettarono decisamente queste soluzioni e insistettero per la costituzione di uno stato ebraico in Palestina. Contro questa “soluzione” avevano messo in guardia due importanti personalità ebraiche vissute prima della nascita ufficiale del sionismo (primo congresso sionista di Basilea, 1896). Ahad ha-Am, avvertiva i sionisti che la Palestina era popolata dai palestinesi e che la costituzione di uno stato ebraico su quella terra avrebbe richiesto l’eliminazione del popolo palestinese. Egli proponeva quindi, la fondazione, non di uno stato, ma di un centro religioso e culturale ebraico a Gerusalemme, per la conservazione dell’ebraismo più che degli ebrei, una specie di Vaticano ebraico. Ispirati da questo centro, gli ebrei della diaspora avrebbero dovuto restare nei paesi in cui vivevano, mantenendo viva la loro religione. Il secondo personaggio, Leo Pinsker, proponeva un raggruppamento ebraico in una parte della Russia meridionale, intorno ad Odessa, dove già gli ebrei erano numerosi. Non in uno stato, ma in una comunità indipendente, all’interno dell’impero zarista.
    Altra soluzione territoriale fu proposta da Stalin, il quale pressato dai sionisti col mal di mare, cioè quelli che temevano il viaggio verso la Palestina, alla fine concesse agli ebrei una terra, il Birobijan, nell’estremo Oriente russo, perché vi costruissero una repubblica ebraica all’intero dell’Unione Sovietica. Molti ebrei sovietici ed altri provenienti da diversi paesi emigrarono in Birobijan, per costituire uno stato ebraico progressista. I sionisti che non soffrivano di mal di mare e che si erano trasferiti o si stavano trasferendo in Palestina, condannarono con forza questa idea, perché il Birobijan avrebbe rappresentato una alternativa, una soluzione concorrenziale.
    I nazisti tra il 1933 e il 1940 accettarono la proposta sionista di trasferire gli ebrei tedeschi in Palestina e solo in Palestina. Si stabilì quindi una proficua collaborazione tra sionisti e nazisti a questo fine. Karesky è solo un esempio di questa collaborazione. I sionisti accettarono con entusiasmo le leggi razziali di Norimberga, perché esse rappresentarono un sostanziale passo in avanti nel loro progetto di stato ebraico in Medio Oriente. Questa naturale collaborazione, fondata sull’idea della separazione degli “ariani” dagli ebrei, vide anche la firma di un patto economico, noto come Ha’avara. Secondo questo patto, i tedeschi incoraggiavano l’emigrazione degli ebrei in Palestina e gli ebrei, in cambio, acquistavano macchinari e materiale agricolo tedesco. Fu costituita una banca comune, sionistico-nazista, in cui gli emigranti tedeschi, prima di emigrare, depositavano i loro denari che i nazisti incameravano come compenso per i macchinari, i pezzi di ricambio, i concimi, ecc., esportati. A pagamento della “merce” ebraica acquistata dai sionisti dalla Palestina, i nazisti ricevevano pure agrumi e altri prodotti agricoli della colonia sionista.
    Subito dopo l’inizio del secondo conflitto mondiale, i nazisti capirono che l’emigrazione ebraica in Palestina li danneggiava. Essa rafforzava l’Impero Britannico e rendeva impossibile una politica di apertura, in funzione anti-inglese, verso gli arabi. Interruppero quindi il patto economico Ha’avara, e l’ “esportazione” di ebrei in Palestina. Cercarono di conseguenza un’altra soluzione territoriale alla questione ebraica. In collaborazione con la Francia di Vichy, proposero agli alleati che si permettesse l’emigrazione degli ebrei europei in una colonia francese, questa volta in Africa: il Madagascar. Gli alleati rifiutarono e non se ne fece nulla. La partecipazione degli alleati a questa soluzione era indispensabile perché la flotta inglese, come quella statunitense, controllava gli oceani. L’Inghilterra controllava pure i territori africani da cui si poteva accedere al Madagascar.
    Mussolini, da parte sua, dopo aver appoggiato il sionismo e favorito, con una linea marittima diretta tra Trieste e Haifa, l’emigrazione sionista in Palestina, iniziata la guerra, propose che gli ebrei costituissero una specie di stato all’interno della colonia etiopica, di recente conquista. Questo stato all’interno dello stato coloniale etiopico doveva sorgere nella regione dei Falascià, popolazione etiopica semi-ebraizzata. La solita politica del divide et impera con gli ebrei a guardia dei neri africani, “razza” ancora più in basso della “razza” ebraica. Mussolini aveva anche capito che per il controllo del Mediterraneo a cui aspirava, una politica aperta verso gli arabi era indispensabile. Anche in questo caso, comunque, i sionisti rifiutarono.
    Fallita l’operazione Madagascar, per mancata collaborazione dei britannici (e dei sionisti), i nazisti, essendo ormai iniziata la guerra contro l’Unione Sovietica, pensarono ad un’altra soluzione territoriale: la Siberia. Intanto gli ebrei sottomessi ai nazisti erano diventati milioni. La maggior parte di essi infatti si trovava nei paesi baltici, in Bielorussia e nella parte di Russia conquistata. I nazisti pensarono che dopo la guerra e la sconfitta dell’Unione Sovietica, tutti gli ebrei d’Europa potevano essere trasferiti oltre gli Urali, dove potevano costruire il loro stato, sottomesso al III Reich. Ma l’Unione Sovietica non fu sconfitta e tutti gli ebrei raccolti nei campi di concentramento furono usati come forza lavoro praticamente gratuita. La stessa sorte toccò a milioni di non ebrei, i soldati polacchi e russi fatti prigionieri ma anche gli italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 e considerati disertori perché non aderivano alla Repubblica Sociale Italiana.
    Verso la fine della guerra, con i bombardamenti alleati e la distruzione delle città tedesche, le condizioni dei campi peggiorarono. Né si può immaginare che ciò non accadesse, dal momento che lo stesso popolo tedesco viveva ormai nella miseria, nella fame e nella violenza. La tragica fine di tanti ebrei nei campi non può essere separata dalla morte di milioni di non ebrei e dalla stessa morte dei tedeschi nelle città rase al suolo. Solo nel bombardamento di Dresda da parte degli anglo-americani morirono 180 000 civili tedeschi, in meno di 48 ore.

    A noi continuano a dirci che i nazisti volevano l’eliminazione dei soli ebrei. Non ci hanno detto nulla delle altre vittime del nazismo. Il ‘giorno della memoria’ è il giorno della memoria ebraica. Per gli altri ci sono stati decenni di oblio, di cancellazione, di silenzio. Non ci hanno detto che nella ricerca di una soluzione territoriale i nazisti trovarono la fattiva collaborazione dei sionisti. Non ci hanno detto che, perfino nei campi di concentramento, furono molti gli ebrei che collaboravano con i tedeschi. Ne fa testimonianza il libro (poco o per niente pubblicizzato) della storica ebrea Idith Zertal: Israele e la shoah, la nazione e il culto della tragedia [2]. Nel suo racconto, riporta gran parte dei processi ai collaboratori, emigrati in Israele dopo la guerra e riconosciuti come torturatori e assassini di altri ebrei.
    Nei primi anni ’50, lo stato ebraico fu costretto ad emanare una legge che permettesse, senza suscitare troppo clamore, di giudicare questi criminali.

    “Tutti i processati in base a questa legge, -- afferma la Zertal – sino al processo di Adolf Eichmann celebrato nel 1961, furono cittadini ebrei di recente immigrazione, individui miserabili e meschini, sopravvissuti alla Shoah, che, al loro arrivo in Israele, furono riconosciuti, talvolta casualmente, da altri sopravvissuti e denunciati alle autorità di polizia. Il sistema giuridico israeliano li processò in base alla stessa legge che, circa dieci anni dopo, sarebbe servita per perseguire l’alto ufficiale delle SS Adolf Eichmann”. [3]

    Ironia della storia: sapevate che con la stessa legge sono stati perseguiti Eichmann e i tanti ebrei collaborazionisti?
    Ma la vergogna non finisce qui.
    Simon Wiesenthal, il ‘cacciatori dei nazisti’, è morto onorato e riverito nel suo letto. Un altro ebreo, meno noto, tale Solomon Morel, vive ancora in Israele. Questi due signori, non lo si dice mai, si sono macchiati di crimini orrendi e di crimini contro l’umanità. Wiesenthal, in un primo momento, raccontò di essere stato partigiano comunista nel 1943, di essere stato poi catturato dai nazisti ma di aver salvato la pelle. Come partigiano (ebreo) sarebbe stato immediatamente fucilato, ma si salvò ‘miracolosamente’. Successivamente, nella sua autobiografia, raccontò di aver tentato il suicidio ma di essere stato salvato dai tedeschi. Raccontò anche di aver ricevuto, nel periodo di prigionia, “doppia razione di cibo”. La verità è che egli collaborò con la Gestapo, denunciando comunisti e altre persone coinvolte nella resistenza. Morel dal suo canto è oggi ricercato dalla giustizia polacca per crimini contro l’umanità ma viene protetto dal governo di Tel Aviv, che naturalmente si guarda bene dal consegnarlo. Morel fu a capo di un campo di concentramento per tedeschi. Il campo di Schwientochlowitz funzionò dalla primavera del 1945 alla fine di quello stesso anno. I prigionieri non erano nazisti, ma semplicemente tedeschi etnici, gente i cui antenati avevano vissuto da secoli in Slesia, Prussia orientale, Pomerania e che aveva l’unica colpa di trovarsi sulle terre che i vincitori avevano assegnato alla Polonia dopo la guerra. Nel campo della morte da lui comandato, Morel con gli altri guardiani, quasi tutti ebrei polacchi, si dimostrò più crudele dei nazisti. Maltrattò, torturò e uccise con le sue mani centinaia di detenuti. Gli altri guardiani cercarono di emularlo e così migliaia di tedeschi, colpevoli solo della loro origine etnica, furono uccisi. La storia di Morel e del suo campo di sterminio è narrata nel libro Occhio per occhio del giornalista ebreo americano John Sack, il quale ha affermato che scriverlo gli è costato vergogna e dolore [4].

    Adesso apprendiamo che il ‘maggiore rappresentante del male assoluto’, Eichmann, salvò 800 ebrei. Alcuni di essi erano effettivamente collaboratori e spie dei nazisti del tipo di Karesky e Wiesenthal, altri erano semplicemente medici, infermieri o donne ebree sposate con tedeschi.
    La storia del II conflitto mondiale non è la storia della lotta tra il ‘bene’ e il ‘male’. Se poi la si vuole assolutamente presentare a questo modo, allora nel campo del male bisogna annoverare il sionismo e tanti ebrei che collaborarono con i nazisti o che commisero orrendi crimini contro l’umanità subito dopo la guerra. E c’entrerebbero di diritto anche i responsabili anglo-americani della distruzione di intere città tedesche, con oltre un milione di vittime civili, e di Hiroshima e Nagasaki
    La religione dell’olocausto e la presentazione semplicistica e unilaterale della II Guerra Mondiale serve perfettamente, oggi, a Israele e alla lobby ebraica per giustificare e nascondere i loro crimini in Palestina e in Medio Oriente. Agli americani serve per mantenere il loro traballante impero.
    Nella più recente versione della religione olocaustica, Israele e gli Stati Uniti hanno sostituito i nazisti con gli arabi o gli islamici, per la conduzione di una guerra di civiltà che sta già causando milioni di morti, in Iraq, in Palestina, in Libano.


    NOTE:
    [1] Georg Karesky Approves of Ghetto Laws - Interview in Dr Goebbels’ Angriff, (Georg Karesky approva le Leggi Razziali – Intervista riportata nel giornale del Dr. Goebbels, Angriff), Jewish Chronicle, 3 gennaio 1936, p. 16.
    [2] Idith Zertal: Israele e la shoah, la nazione e il culto della tragedia, Einaudi, Torino, 2002.
    [3] Op. Cit, p. 63.
    [4] John Sack, Occhio per occhio, Asti, Baldini Castoldi Dalai, 1995.





    --------------------------------------------------------------------------------

    Press TV - 16 Mar 2008

    L’architetto dell’olocausto salvò 800 ebrei?

    Un articolo recente sostiene che il tanto odiato dirigente nazista, conosciuto come la mente pianificatrice dell’olocausto, salvò circa 800 ebrei durante la II guerra mondiale.

    Secondo un articolo del Sunday Times, il famigerato dirigente nazista Adolf Eichmann, tenne al sicuro segretamente centinaia di ebrei in un ospedale di Berlino, dove non furono toccati.

    L’articolo afferma che questi ebrei sopravvissuti erano collaboratori, spie o le mogli di tedeschi influenti sotto alta protezione nazista. Altri ebrei costituivano il personale dell’ospedale, incaricati da Eichmann di curare i malati.

    Secondo l’articolo, “vista l’esistenza di un ospedale ebraico che continuò a funzionare durante la guerra, vista la presenza di dottori ed infermiere ebrei che si occuparono dei malati, risulta possibile diffondere la menzogna che Hitler non intendesse sterminare gli ebrei tedeschi”.

    Karl Adolf Eichmann (1906-1962) è stato spesso definito “l’architetto dell’Olocausto” e fu condannato e impiccato dagli israeliani dopo essere stato accusato di crimini contro l’umanità.

    L’articolo ha sollevato interrogativi sulle tanto propagandate camere a gas, di cui si dice che i nazisti fecero uso per assassinare gli ebrei durante la seconda guerra mondiale.

    © Press TV 2007.

    TLAXCALA : Quando la storia viene presentata come la lotta del 'bene' contro il 'male'
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  6. #26
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Sionismo e Terzo Reich (prima parte)
    Mark Weber 10 Giugno 2010

    Agli inizi del 1935, una nave passeggeri diretta ad Haifa in Palestina lasciava il porto tedesco di Bremerhaven. Sulla poppa portava le lettere ebraiche per il suo nome «Tel Aviv,» mentre uno stendardo con lo swastika svolazzava dall’albero. Sebbene la nave fosse di proprietà sionista, il suo capitano era un membro del partito nazionalsocialista. Moti anni dopo un passeggero della nave, richiamò alla memoria questa combinazione simbolica come una «assurdità metafisica» (1)
    Assurda o meno che fosse, questa è solo una delle vignette di un capitolo della storia poco noto: la vasta collaborazione tra il Sionismo e il Terzo Reich di Hitler.
    Scopi Comuni
    Negli anni, gli individui di diversi Paesi hanno lottato con la «questione ebraica», ovvero quale è il vero ruolo degli Ebrei in una società non ebrea?
    Negli anni ‘30, i Sionisti Ebrei e Nazionalsocialisti Tedeschi condividevano visioni simili sul come gestire tale imbarazzante questione. Concordavano su come Ebrei e Tedeschi fossero distintamente due nazionalità differenti e come gli Ebrei non appartenessero alla Germania.
    Gli Ebrei che vivevano nel Reich, quindi, dovevano essere considerati non come «tedeschi di fede ebraica», ma piuttosto membri di una separata comunità nazionale. Il Sionismo (il nazionalismo ebreo) implicava anche un obbligo da parte degli Ebrei sionisti: quello di insediarsi in Palestina, la patria «ebrea».
    Se allo stesso tempo avessero rivendicato eguali diritti in Germania o in ogni altro paese «straniero», non avrebbero potuto considerarsi sinceri Sionisti.
    Theodor Herzl (1860-1904), il fondatore del sionismo moderno, sostenne che l’antisemitismo non era una aberrazione, ma una risposta naturale e completamente comprensibile da parte di non Ebrei, verso atteggiamenti e comportamenti ebrei estranei.
    L’unica soluzione- commentava- era che gli Ebrei riconoscessero la realtà e vivessero per conto loro in uno stato separato.
    «La questione ebrea esiste ovunque vivano Ebrei in numero notevole» scriveva nel suo lavoro più influente, The Jewish State (Lo Stato Ebreo).
    «Laddove non esista, viene portata da Ebrei in arrivo … Credo di comprendere l’antisemitismo, che è un fenomeno molto complesso. Come Ebreo considero questo sviluppo, senza odio, né paura».
    La questione ebrea, sosteneva, non è sociale o religiosa. «E’ una questione nazionale. Per risolverla, dobbiamo, soprattutto, farne una questione politica internazionale …»
    » Indipendentemente dalla loro cittadinanza, insisteva Herzl, gli Ebrei non costituiscono semplicemente una comunità religiosa, ma una nazionalità, un popolo, un Volk». (2)
    Il Sionismo, scriveva Herzl, offriva al mondo una benvenuta «soluzione finale della questione Ebrea». (3)
    Sei mesi dopo l’ascesa di Hitler al potere, la Federazione Sionista della Germania (allora il più grande gruppo sionista nel Paese) sottopose un dettagliato memorandum al nuovo governo che rivide le relazioni germanico-ebree e formalmente offrì supporto sionista nel risolvere la irritante «questione ebrea» . Il primo passo, suggeriva, doveva essere un franco riconoscimento delle differenze nazionali fondamentali: (4)
    «Il Sionismo non ha illusioni in merito alla difficoltà della condizione ebrea, che consiste soprattutto in uno schema abnorme di occupazione e nell’errore di una postura morale e intellettuale radicata nella propria tradizione. Decenni fa il Sionismo riconobbe che si sarebbero potuti vedere sintomi di deterioramento come risultato della tendenza all’»assimilazionismo» …
    Il Sionismo crede che la rinascita della vita nazionale di un popolo, cosa che ora sta accadendo in Germania attraverso l’enfasi sul suo carattere cristiano e nazionale, debba anche verificarsi nel gruppo nazionale ebreo.
    Poichè anche per il popolo ebreo, l’origine nazionale, la religione, il destino comune ed il senso della sua unicità, devono essere di decisiva importanza nel forgiare la sua esistenza. Questo significa che l’individualismo egoico dell’era liberale deve essere superato e sostituito da un senso di comunità e di responsabilità collettiva…
    Crediamo che sia precisamente la nuova Germania [Nazionalsocialista] che, attraverso una coraggiosa risolutezza nel trattare la questione Ebrea, possa fare un passo decisivo verso il superamento di un problema che, in verità, più parte dei popoli europei dovrà trattare …
    Il nostro riconoscimento di nazionalità ebrea procura una relazione chiara e sincera con il popolo tedesco e le sue realtà nazionali e razziali.
    Precisamente perché non vogliamo falsificare questi fondamenti , perchè anche noi siamo contro il matrimonio misto, e siamo per mantenere la purezza del gruppo ebreo e respingiamo ogni trasgressione nel dominio culturale; noi – essendo stati cresciuti nella cultura e lingua tedesche – possiamo mostrare un interesse nelle opere e nei valori della cultura tedesca con ammirazione e solidarietà interna.
    Per i suoi scopi pratici, il Sionismo spera di essere in grado di guadagnarsi la collaborazione persino di un governo fondamentalmente ostile agli Ebrei, perché nel trattare la questione ebrea, non sono implicati dei sentimentalismi ma un reale problema, la cui soluzione interessa tutte le persone e al presente soprattutto i Tedeschi.
    …Boicottare la propaganda — così come ora in molti modi è portata avanti contro la Germania- è essenzialmente non-sionista, perché il Sionismo vuole non fare battaglia ma convincere e costruire…
    Non siamo ciechi al fatto che la questione ebrea esista e continuerà ad esistere. Data l’abnorme situazione degli Ebrei, ne conseguono seri svantaggi per loro, ma anche condizioni scarsamente tollerabili per altri popoli».
    Il documento della Federazione, il Jüdische Rundschau (»rassegna ebraica», ndt), proclamò lo stesso messaggio: «Il Sionismo riconosce l’esistenza di un problema ebreo e desidera una soluzione costruttiva e di vasta portata. Per questa ragione il Sionismo si augura di ottenere l’assistenza di tutti i popoli, siano essi pro o anti ebrei, perché, nella sua visione, qui si tratta di un problema concreto e non sentimentale, alla cui soluzione tutte le genti sono interessate». (5)
    Un giovane rabbino berlinese, Joachim Prinz, che successivamente si stanziò negli Stati Uniti e divenne il capo dell’American Jewish Congress (Congresso ebreo-americano), nel suo libro del
    1934 scrisse: Wir Juden (»noi Ebrei» ndt), che la rivoluzione nazionalsocialista in Germania intese come «Jewry for the Jews.», comunità ebrea per gli Ebrei.
    Spiegò: «Nessun sotterfugio ci può ora salvare. Al posto della assimilazione desideriamo un nuovo concetto: riconoscimento della nazione ebrea e della razza ebrea» (6)
    Collaborazione attiva
    Sulla base delle loro ideologie simili sulla etnicità e nazionalità, i Nazionalsocialisti e i Sionisti lavorarono insieme per ciò che ogni gruppo credeva fosse nel proprio interesse nazionale.
    Come risultato, il governo di Hitler sostenne vigorosamente il Sionismo e la emigrazione ebrea in Palestina dal 1933 fino al 1940-1941, quando la Seconda Guerra Mondiale impedì una vasta collaborazione.
    Persino quando il Terzo Reich divenne più trincerato, molti Ebrei tedeschi, probabilmente la maggioranza, continuarono a considerarsi, spesso con considerevole orgoglio, prima di tutto Tedeschi.
    Pochi erano entusiasti di strapparsi le radici e iniziare una nuova vita nella lontana Palestina. Tuttavia sempre più Ebrei Tedeschi divennero Sionisti durante questo periodo.
    Fino a fine 1938, il movimento sionista fiorì in Germania e sotto Hitler. Jüdische Rundschau – il bisettimanale della Federazione sionista- aumentò considerevolmente. Si pubblicarono molti libri sionisti. L’opera sionista impazzava in Germania in quegli anni, nota la Encyclopaedia Judaica
    Un congresso sionista tenutosi a Berlino nel 1936 rispecchiava «nella sua composizione, la vigorosa vita partitica dei Sionisti tedeschi». (7)
    Le SS erano particolarmente entusiaste nel sostenere il Sionismo. Un documento interno delle SS del giugno 1934 incalzava un sostegno attivo ed ampio al Sionismo da parte del governo e del Partito come miglior modo per incoraggiare l’emigrazione degli Ebrei della Germania verso la Palestina. Questo avrebbe aumentato l’autoconsapevolezza ebrea. (8)
    (…) L’ufficiale SS Leopold von Mildenstein e l’ufficiale della Federazione Sionista Kurt Tuchler fecero insieme un giro di 6 mesi in Palestina per fare degli accertamenti (fiscali, direbbe la parola ndt) per uno sviluppo Sionista in tal luogo.
    Sulla base di queste osservazioni di prima mano, von Mildenstein scrisse una serie di 12 articoli illustrati per l’importante quotidiano berlinese « Der Angriff» (=l’Attacco ndt) che apparve alla fine del 1934 sotto il titolo di «Viaggi Nazi in Palestina». Le serie espresse grande ammirazione per lo spirito pionieristico e per le conquiste dei coloni ebrei.
    L’autosviluppo sionista, scrisse von Mildenstein, aveva prodotto un nuovo tipo di Ebreo. Questi lodava il Sionismo come un grande beneficio sia per gli Ebrei che per il mondo intero.
    Una patria ebrea in Palestina, scrisse nel suo articolo conclusivo: «indicava la via per curare una ferita vecchia di secoli sul corpo del mondo: la questione ebraica».
    » Der Angriff emise una medaglia speciale con uno Swastika da un lato e la Stella di Davide dall’altro per commemorare la visita congiunta SS-Sionisti.
    Alcuni mesi dopo la comparsa degli articoli, von Mildenstein fu promosso a capo del dipartimento degli affari ebrei del servizio di sicurezza SS, per poter sostenere più efficacemente la migrazione sionista e il suo sviluppo. (9)
    Il giornale ufficiale delle SS, Das Schwarze Korps (=il corpo nero, ndt), proclamò il suo sostegno per il Sionismo nel maggio 1935 nell’editoriale di prima pagina: «il tempo potrebbe non essere lontano in cui la Palestina sarà ancora in grado di ricevere i suoi figli che le sono stati mancanti per oltre 1000 anni. Vanno a loro i nostri buoni auspici, insieme alla buona volontà ufficiale» (10)
    4 mesi dopo un simile articolo apparve nel documento SS: (11)
    Il riconoscimento della comunità ebraica come comunità razziale basata sul sangue e non sulla religione porta il governo Tedesco a garantire senza riserva la separatività razziale di questa comunità. Il governo si trova in totale accordo con il grande movimento spirituale all’interno della comunità ebraica, il cosiddetto Sionismo, con il suo riconoscimento della solidarietà della comunità ebraica nel mondo e il suo rifiuto di nozioni assimilazioniste.
    Su questa base la Germania intraprende misure che giocheranno sicuramente un ruolo significativo in futuro nella gestione del problema ebreo nel mondo.
    Una importante compagnia navale tedesca diede inizio ad un servizio navale da Amburgo ad Haifa, in Palestina, nell’ ottobre 1933 fornendo «cibo strettamente kosher sulle sue navi, sotto la supervisone del rabbinato di Amburgo.» (12)
    Avendo ufficialità alle spalle, i Sionisti lavorarono in modo indefesso per «rieducare» gli Ebrei Tedeschi. Come lo storico Americano Francis Nicosia disse nella sua indagine del 1985, The Third Reich and the Palestine Question (il Terzo Reich e la questione Palestinese): « I sionisti venivano incoraggiati a portare il loro messaggio alla comunità ebraica, a raccogliere denaro, mostrare film sulla Palestina ed educare in senso generale gli Ebrei sulla Palestina. Ci fu una considerevole pressione ad insegnare agli Ebrei in Germania a cessare di identificarsi come Tedeschi e a risvegliare in loro una nuova identità nazionale ebrea.» (13)
    In una intervista dopo la guerra, l’ex capo della Federazione Sionista della Germania, Dr. Hans Friedenthal, riassunse la situazione: «La Gestapo fece di tutto in quei giorni per promuovere l’emigrazione, particolarmente in Palestina. Spesso ricevemmo il loro aiuto quando richiedevamo qualsiasi cosa da altre autorità in merito alle preparazioni per la emigrazione». (14)
    Al Congresso del Partito Nazionalsocialista, nel settembre del 1935, il Reichstag (=parlamento, diremmo oggi ndt) adottò le cosiddette leggi di Norimberga «Nuremberg laws» che proibivano matrimoni e relazioni sessuali tra Ebrei e Tedeschi ed in effetti proclamò gli Ebrei una nazionalità minoritaria estranea.
    Alcuni giorni dopo, la sionista Jüdische Rundschau (v.sopra = organo della Federazione Sionista, ndt) fece un editoriale di benvenuto alle nuove misure: (15)
    La Germania sta andando incontro … alle richieste del Congresso Sionista Mondiale quando dichiara che gli Ebrei che ora vivono in Germania sono una minoranza nazionale. Una volta che gli Ebrei sono stati bollati come minoranza nazionale è di nuovo possibile stabilire relazioni normali tra la nazione Tedesca e la comunità Ebraica.
    Le nuove leggi danno alla minoranza ebrea in Germania la sua propria vita culturale, la sua propria vita nazionale. In futuro le sarà possibile dar forma a proprie scuole, teatro, associazioni sportive. In breve può creare il proprio futuro in tutti gli aspetti della vita nazionale.
    La Germania ha dato alla minoranza ebrea l’opportunità di vivere per se stessa e sta offrendo una protezione statale per questa vita separata della minoranza ebrea: il processo di crescita della comunità ebraica in una nazione sarà quindi incoraggiato e verrà fatto un contributo al sistema dirigente relativamente alle relazioni più tollerabili tra le due nazioni.
    Georg Kareski, il capo sia del «Revisionist» , l’Organizzazione Statale Sionista e della Lega Culturale Ebraica ed ex capo della comunità ebraica di Berlino, dichiarò in una intervista al quotidiano berlinese «Der Angriff «, alla fine del 1935: (16)
    «Per molti anni ho considerato una totale separazione degli affari culturali dei due popoli [Ebrei e Tedeschi] come un prerequisito per vivere insieme senza conflitto… Ho sostenuto a lungo una tale separazione, a patto che sia fondata sul rispetto per la nazionalità estranea. Le Leggi di Norimberga, The Nuremberg Laws, … a parte i loro provvedimenti legali, mi sembrano conformarsi interamente a questo desiderio di una vita separata basata sul mutuo rispetto … Questa interruzione del processo di dissoluzione in molte comunità ebraiche, che è stato promosso attraverso matrimoni misti, è perciò dal punto di vista ebraico, totalmente benvenuto».
    I capi sionisti in altri Paesi fecero eco a queste visioni. Stephen S. Wise, presidente del Congresso Ebreo Americano e del Congresso Ebreo Mondiale, disse in un comizio di New York nel giugno 1938: «Non sono un cittadino americano di fede ebrea, sono un Ebreo… Hitler aveva ragione in una cosa. Chiama gli Ebrei una razza a noi siamo una razza.» (17)
    Lo specialista degli affari Ebrei del Ministero degli Interni , Dr. Bernhard Lösener, espresse sostegno al Sionismo in un articolo che apparve nel numero di novembre 1935 del Reichsverwaltungsblatt ( il foglio di amministrazione del Reich, ndt) ufficiale: (18)
    «Se gli Ebrei avessero già il loro stato in cui la maggioranza di loro fosse insediata, allora la questione ebraica potrebbe essere considerata oggi come totalmente risolta, anche per gli Ebrei stessi. I Sionisti hanno mostrato una minima opposizione alle idee sottostanti le Leggi di Norimberga, poichè si rendono conto improvvisamente che queste leggi rappresentano la sola soluzione corretta anche per il popolo ebreo. Poiché ogni nazione deve avere il suo stato, come espressione esterna della sua particolare nazionalità.
    In cooperazione con le autorità tedesche, i gruppi sionisti organizzarono un network di ca 40 campi e centri agricoli attraverso la Germania dove probabili coloni venivano istruiti per la loro nuova vita in Palestina.
    Sebbene le Leggi di Norimberga, proibissero agli Ebrei di dispiegare la bandiera tedesca, venne loro specificatamente garantito il diritto di mostrare lo stendardo nazionale ebreo, blu e bianco. La bandiera che un giorno sarebbe stata adottata da Israele, veniva fatta sventolare nei campi sionisti e nei centri nella Germania di Hitler. (19)
    Il servizio di sicurezza di Himmler cooperò con l’Haganah, l’organizzazione sionista militare in Palestina. L’Ente delle SS pagò l’ufficiale della Haganah, Feivel Polkes per informazioni riguardo alla situazione in Palestina e per l’aiuto nel dirigere l’emigrazione ebraica verso quel Paese.
    Nel frattempo, l’ Haganah veniva tenuto ben informato sui piani tedesch, da una spia che fu in grado di insediarsi nei quartier generali berlinesi delle SS. (20)
    La collaborazione tra l’Haganah e le SS includeva persino consegne segrete di armi tedesche a coloni ebrei per usarle nelle lotte con gli Arabi palestinesi. (21)
    Nel periodo immediatamente seguente, nel novembre 1938, quando scoppiò la «Kristallnacht» (notte dei cristalli) con violenza e distruzione, le the SS aiutarono velocemente l’organizzazione sionista a rimettersi in piedi e continuare il suo lavoro in Germania, sebbene ora con una maggiore e più ristretta supervisione. (22)
    Riserve ufficiali
    Il sostegno tedesco al Sionismo non fu illimitato. Sia il governo che gli ufficiali del partito erano molto consapevoli della continua campagna di potenti comunità ebraiche negli Stati Uniti, Gran Bretagna ed altri Paesi, volta a mobilizzare i «loro» governi e seguire i cittadini contro la Germania.
    Fintanto che la parola «comunità ebraica» rimaneva implacabilmente ostile verso il Nazionalsocialismo tedesco e fintanto che la grande maggioranza di Ebrei nel mondo era poco bramosa di stanziarsi nella terra promessa sionista, uno stato sovrano ebraico in Palestina, non avrebbe veramente risolto la questione ebraica internazionale.
    Invece, considerarono gli ufficiali tedeschi, esso avrebbe rafforzato immensamente questa campagna pericolosamente anti-tedesca. Una copertura tedesca al Sionismo era perciò limitata a sostenere una patria ebrea in Palestina, sotto il controllo britannico, non uno stato sovrano ebreo. (23)
    Uno Stato ebraico in Palestina, disse ai diplomatici il Ministro degli Affari Esteri nel giugno 1937, non sarebbe stato nell’interesse della Germania perché non sarebbe stato in grado di assorbire tutti gli Ebrei del mondo, ma sarebbe servito solo come base di potere aggiuntivo per la comunità ebraica internazionale, nello stesso modo in cui Mosca serviva come base per il comunismo internazionale. (24)
    Mostrando un certo spostamento nella politica ufficiale, la stampa tedesca espresse molta più solidarietà nel 1937 per la resistenza Arabo palestinese nei confronti delle ambizioni sioniste, in un tempo in cui la tensione e il conflitto tra Ebrei e Arabi in Palestina stava drasticamente aumentando. (25)
    Una circolare del Ministero degli Esteri del 22 giugno 1937, mise in guardia invece a sostenere l’insediamento ebreo in Palestina,
    Una circolare del Ministero degli Esteri del 22 giugno 1937, espresse cautela invece sul sostegno per l’insediamento ebreo in Palestina: «sarebbe nonostante tutto un errore dedurre che la Germania sostenga la formazione di una struttura statale in Palestina, sotto una qualche forma di controllo ebreo. Nell’ottica della agitazione anti-Germania della comunità ebraica internazionale, La Germania non può essere d’accordo sul fatto che la formazione di uno stato ebreo in Palestina aiuterebbe lo sviluppo pacifico delle nazioni del mondo». (26)
    «La proclamazione di uno stato ebraico, o di una Palestina amministrata da Ebrei, ammoniva un memorandum della sezione affari ebraici delle SS, «creerebbe per la Germania un nuovo nemico, uno che avrebbe una profonda influenza sullo sviluppo del vicino oriente».
    Un’altra agenzia SS predisse che uno stato ebraico «lavorerebbe per portare una protezione speciale di minoranza agli Ebrei in ogni Paese, dando quindi una protezione legale alla attività di sfruttamento della comunità ebraica del mondo» (27)
    Nel gennaio 1939, il nuovo Ministro degli Esteri di Hitler, Joachim von Ribbentrop, ammonì parimenti in un’altra circolare che «la Germania deve considerare pericolosa la formazione di uno stato ebraico» perché « porterebbe ad un aumento internazionale del potere della comunità ebraica mondiale» (28)
    Lo stesso Hitler rivedette tutta la questione nei primi del 1938 e decise di sostenere la migrazione ebraica verso la Palestina in modo ancor più vigoroso, nonostante il suo scetticismo di lungo corso sulle ambizioni dei Sionisti e cattivi presentimenti sul fatto che le sue politiche potessero contribuire alla formazione di uno stato ebraico. La prospettiva che la Germania si sbarazzasse dei suoi Ebrei, concluse, aveva maggior peso che i possibili pericoli. (29)
    Nel frattempo il governo britannico, impose ancora più drastiche restrizioni sulle immigrazioni ebree in Palestina nel 1937, 1938 e 1939. In risposta, il servizio di sicurezza delle SS concluse una alleanza segreta con l’organismo sionista clandestino Mossad le-Aliya Bet per mandare di nascosto Ebrei illegalmente in Palestina.
    Come risultato di questa intense collaborazione, molti convogli di nave poterono raggiungere la Palestina passando vicino a cannoniere britanniche. La migrazione ebraica, sia legale che illegale, dalla Germania (inclusa l’Austria) alla Palestina crebbe enormemente nel 1938 e 1939.
    Altri 10.000 Ebrei erano registrati per partire in ottobre 1939, ma lo scoppio della guerra in
    settembre pose fine allo sforzo. Comunque le autorità tedesche continuarono a promuovere una emigrazione indiretta ebrea verso la Palestina durante il 1940 e 1941. (30)
    Persino nel tardo marzo 1942, almeno uno dei campi di formazione «kibbutz» ufficialmente autorizzati dal Sionismo per potenziali emigranti, continuò ad operare nella Germania di Hitler. (31)
    (fine prima parte)
    By Mark Weber

    Fonte > Institute for Historical Review
    Traduzione Cristina Bassi (The Living Spirits :: Un modo naturale e spirituale di vedere la Vita, il Futuro, la Salute)

    http://www.effedieffe.com/index.phpo...&Itemid=100021
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  7. #27
    phasing out
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    L' immagine è il monumento ai morti di Auschwitz aggiornato al 1995: non 4 milioni ma 1.5 milioni.
    Allora proprio bene: evviva zio Adolfo! Eridano, tu sei il ritratto vivente e deambulante della nostra sconfitta. Senza gente come te saremmo un popolo libero. Grazie a gente come te impiegheremo 150 anni per risollevarci dalla vergogna in cui è sprofondato il padanismo.
    L'occasione fa l'uomo italiano

  8. #28
    email non funzionante
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Citazione Originariamente Scritto da sciadurel Visualizza Messaggio
    nonostante tutto l'amore che ho per la cultura, la storia, la musica, la letteratura, la lingua, la filosofia, la capacità organizzativa, il senso civico, ecc... dei popoli tedeschi, è impossibile negare l'inesistenza di un piano per l'eliminazione degli ebrei ideato da Hitler (piano che lui stesso ha consegnato alla storia dai suoi discorsi e dai suoi scritti)

    p.s. sono comunque contrario a qualsiasi legge bavaglio
    da un punto di vista storico tutte le " virtu'" tedesche cedono davanti al fatto che politicamente sono dei megapirla ( direi, appena meno dei padani ..)

    si sono accaniti a ripetizione in uno scontro frontale con gli slavi ricevendone solo bastonate e si sono fatti fottere a ripetizione dagli "inglesi " ( e ancora non gli basta ..)
    vulgus vult decipi

  9. #29
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Citazione Originariamente Scritto da larth Visualizza Messaggio
    da un punto di vista storico tutte le " virtu'" tedesche cedono davanti al fatto che politicamente sono dei megapirla ( direi, appena meno dei padani ..)

    si sono accaniti a ripetizione in uno scontro frontale con gli slavi ricevendone solo bastonate e si sono fatti fottere a ripetizione dagli "inglesi " ( e ancora non gli basta ..)

    si, politicamente assomigliano molto ai Lombardi

  10. #30
    birra al popolo
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    Predefinito Rif: Il bavaglio prossimo venturo

    Gli ebrei si sono messi in testa di essere il popolo eletto, che cosa dovrebbero fare se non cercare di dominare il mondo?
    Comunque ogni legge liberticida che impedisce la possibilità di ricerca storica a 360 gradi vuol dire che il sistema ha qualcosa da nascondere.

 

 
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