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  1. #11
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    E' stato l'emblema di quel mondo occidentale contemporaneo che, in delirio di supponenza, di suo si ritiene perfetto e privo di pecche, e che qualunque stortura, pericolo, negatività, discostamento dal verbo assoluto progressista, viene relegata non allo stesso, incapace da se di produrre alcunché di negativo, ma a rigurgiti di un' ideologia del secolo scorso elevata ad una sorta di Lucifero secolarizzato. L'estendere il più possibile la "nebulosa fascista" che, secondo lo stesso scaturisce da patologie individuali e/o sociali, quindi elementi malati della migliore possibile delle società, ha proprio il compito di inglobare ogni stortura possibile, siamo di fronte ad un contenitore estendibile di comodo all' infinito a seconda delle circostanze, ma che nulla ha a che vedere con qualsivoglia contributo storico.

  2. #12
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da sandro.mcm Visualizza Messaggio
    E' stato l'emblema di quel mondo occidentale contemporaneo che, in delirio di supponenza, di suo si ritiene perfetto e privo di pecche, e che qualunque stortura, pericolo, negatività, discostamento dal verbo assoluto progressista, viene relegata non allo stesso, incapace da se di produrre alcunché di negativo, ma a rigurgiti di un' ideologia del secolo scorso elevata ad una sorta di Lucifero secolarizzato. L'estendere il più possibile la "nebulosa fascista" che, secondo lo stesso scaturisce da patologie individuali e/o sociali, quindi elementi malati della migliore possibile delle società, ha proprio il compito di inglobare ogni stortura possibile, siamo di fronte ad un contenitore estendibile di comodo all' infinito a seconda delle circostanze, ma che nulla ha a che vedere con qualsivoglia contributo storico.
    Ottimamente detto, mi piace l'espressione "nebulosa fascista".
    Dicono che viaggiare sviluppa l'intelligenza. Ma si dimentica sempre di dire che l'intelligenza bisogna averla già prima.-.G. K. Chesterton

  3. #13
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Sotto la coltre delle demonizzazione, il discorso di Eco sull'ur-fascismo ha quanto meno il pregio di far intuire, se non capire, cos'è che il mondo dell'intellettualità di sinistra teme davvero del fascismo. Cioè che, anche dopo il razionalismo filosofico e la rivoluzione del 1789, sia ancora possibile la riproposizione di principi e di miti che contrastano con il preteso "senso della storia", così come inteso da illuministi e loro succedanei. Se prendiamo la prima parte della Dottrina del fascismo del 1932, pubblicata sulla Treccani, troviamo in queste righe quell'aspetto che più repelle, a mio avviso, ai frutti del connubio fra la cultura azionista e quella di derivazione gramsciana:

    «Così il fascismo non s'intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.

    Dunque concezione spiritualistica, sorta anch'essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in genere le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta, pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme (arte, religione, scienza), e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).

    Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita "comoda".

    Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero».

    Certo, queste righe per essere bene intese in alcuni passaggi meriterebbero (e meritano) delle precisazioni o delle riserve. Ciò nonostante, penso che sia ugualmente chiaro dove si vada a parare.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  4. #14
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Sotto la coltre delle demonizzazione, il discorso di Eco sull'ur-fascismo ha quanto meno il pregio di far intuire, se non capire, cos'è che il mondo dell'intellettualità di sinistra teme davvero del fascismo. Cioè che, anche dopo il razionalismo filosofico e la rivoluzione del 1789, sia ancora possibile la riproposizione di principi e di miti che contrastano con il preteso "senso della storia", così come inteso da illuministi e loro succedanei. Se prendiamo la prima parte della Dottrina del fascismo del 1932, pubblicata sulla Treccani, troviamo in queste righe quell'aspetto che più repelle, a mio avviso, ai frutti del connubio fra la cultura azionista e quella di derivazione gramsciana:

    «Così il fascismo non s'intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.

    Dunque concezione spiritualistica, sorta anch'essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in genere le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta, pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme (arte, religione, scienza), e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).

    Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita "comoda".

    Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero».

    Certo, queste righe per essere bene intese in alcuni passaggi meriterebbero (e meritano) delle precisazioni o delle riserve. Ciò nonostante, penso che sia ugualmente chiaro dove si vada a parare.
    Grande Giò, un post che ricorda il capitolo sul culto del Duce della biografia di Mussolini di Nicholas Farrell.

  5. #15
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da vanni fucci Visualizza Messaggio
    Grande Giò, un post che ricorda il capitolo sul culto del Duce della biografia di Mussolini di Nicholas Farrell.
    Confesso di non averla mai letta. Che cosa dice in merito?
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  6. #16
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero».

    Faccio il rompiscatole ma se fosse stata una vera concezione religiosa spirituale, e non materialmente orientata, avrebbe dovuto mettersi al servizio della Monarchia (e del Papa).

    Su questo la Sinistra liberal, con Eco, è tattica: tenere viva la paura del fascismo come ostacolo alla Rivoluzione culturale, quando non è più un ostacolo alla Rivoluzione comunista. Se la Rivoluzione Francese ha due frutti, la Rivoluzione illumunista e la Rivoluzione giacobina, la sinistra liberal è il prodotto di decomposizione della Rivoluzione illuminista ed è logico che questa cerchi di regolare i conti con il suo alter ego giacobino.

    Purtroppo, secondo me, il Fascismo è stata l'altra faccia della Rivoluzione giacobina, argomento approfondito dal De Felice per il quale il «misticismo rivoluzionario apocalittico» è stata la vera essenza comune di giacobinismo e fascismo. Entrambe contro Trono e Altare, la prima con la violenza della Mano Sinistra (secondo il metodo secco della francomassoneria, ateista), la seconda con la ordinata progressione della Mano Destra (secondo il metodo umido della massoneria scozzese, deista).

    Quindi sovrapporre fascismo e tradizionalismo è veramente scorretto.
    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE! BASTA ECOFOLLIE GREEN!


    “Sorgi, Dio, difendi la tua causa.”
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


  7. #17
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Faccio il rompiscatole ma se fosse stata una vera concezione religiosa spirituale, e non materialmente orientata, avrebbe dovuto mettersi al servizio della Monarchia
    L'affermazione è gratuita: ti ricordo che in Italia la monarchia era quella dei Savoia, dinastia messa sul trono della penisola da un moto d'unificazione guidato e voluto da politici liberali e massoni, avvenuto in spregio dei diritti sovrani degli Stati italiani dell'epoca (incluso lo Stato pontificio). Non era di certo un esempio di monarchia cattolica come quella dell'Impero carolingio o dei re di Francia d'epoca medievale o dei re "cattolicissimi" della Spagna. Oltre tutto, quando Mussolini volle intavolare le trattative per la conclusione dei Patti lateranensi, fu proprio re Vittorio Emanuele III ad esprimere forti perplessità, che solo il Duce fu in grado di superare. Del resto, tu sai bene che "la Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini" (Leone XIII, Enc. Libertas, 20 giugno 1888) e che, pertanto, non v'è alcun obbligo ad essere monarchici.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    (e del Papa).
    È inutile che elenchi le benemerenze di Mussolini nei confronti della Chiesa Cattolica perché sono ampiamente note a te, a me e probabilmente alla maggioranza di chi ci legge. Faccio notare che la natura non fa salti. Rimproverare che in un'Italia dalla classe politica e dirigente laicizzata, forgiata dagli e negli ideali risorgimentali, Mussolini non fosse un Garcia Moreno è privo di senso. Sarebbe stato meglio se avesse avuto personalmente la fede che aveva un Dollfuss o un Salazar o un Franco? Certamente. Ma in Italia un uomo del genere che potesse ambire ad ottenere il potere politico non esisteva e non è mai emerso. Il massimo che il mondo cattolico italiano dell'epoca ci regalò fu don Sturzo. Che è tutto dire (in senso negativo). Il regime fascista non poteva essere considerato un punto d'arrivo ovviamente, bensì un punto di partenza. Ciò non toglie che esso avesse molte potenzialità restauratrici: alcune di queste passarono dalla potenza all'atto nel corso del ventennio, altre purtroppo rimasero inespresse o allo stato latente, altre ancora furono frustate od ostacolate. Se molti uomini di Chiesa, inclusi due Papi, videro la possibilità di cristianizzare integralmente la rivoluzione fascista (o perlomeno quanto era scaturito da essa) significa che tali potenzialità c'erano sul serio.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Su questo la Sinistra liberal, con Eco, è tattica: tenere viva la paura del fascismo come ostacolo alla Rivoluzione culturale, quando non è più un ostacolo alla Rivoluzione comunista. Se la Rivoluzione Francese ha due frutti, la Rivoluzione illumunista e la Rivoluzione giacobina, la sinistra liberal è il prodotto di decomposizione della Rivoluzione illuminista ed è logico che questa cerchi di regolare i conti con il suo alter ego giacobino.

    Purtroppo, secondo me, il Fascismo è stata l'altra faccia della Rivoluzione giacobina, argomento approfondito dal De Felice per il quale il «misticismo rivoluzionario apocalittico» è stata la vera essenza comune di giacobinismo e fascismo. Entrambe contro Trono e Altare, la prima con la violenza della Mano Sinistra (secondo il metodo secco della francomassoneria, ateista), la seconda con la ordinata progressione della Mano Destra (secondo il metodo umido della massoneria scozzese, deista).

    Quindi sovrapporre fascismo e tradizionalismo è veramente scorretto.
    Sono d'accordo sul fatto che stabilire un rapporto d'identità fra fascismo e tradizionalismo è scorretto, ma ribadisco che la descrizione dell'ur-fascismo fatta da Eco fa capire ciò che la sinistra (intesa in senso lato) odia del fascismo. E questo può essere utile anche a noi. La sinistra non teme o non rimprovera gli aspetti che potremmo definire immanentisti o, con una certa approssimazione, "progressisti", ma quegli aspetti del fascismo che, in profondità o in superficie, lo ricollegano ad una visione in cui la religione è riconosciuta come vincolo morale e spirituale tra Dio e gli uomini; l'uomo è concepito come essere, che non è solo materia ma anche spirito, inserito in un contesto comunitario articolato, all'interno del quale realizza se stesso; la storia umana non è determinata in modo necessitante o esclusivo dalla struttura economica; lo sforzo ed il sacrificio individuali per un fine più alto sono ritenuti fondamentali per l'uomo e la società; è compiendo il suo dovere che la persona umana raggiunge il proprio scopo e si libera dalla schiavitù delle passioni, dei piaceri e degli interessi meschini. Dovere, peraltro, che non viene dedotto da una massima umana che l'individuo stesso può eventualmente volere come legge universale, come sarebbe nella visione kantiana, ma che scaturisce da "una legge superiore" determinata da "una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare".

    Quanto al rapporto tra giacobinismo e fascismo, va precisata qual è l'interpretazione di Renzo De Felice in merito e per farlo bisogna leggere quanto lo storico reatino disse a Michael Ledeen nel famoso testo "Intervista sul fascismo". De Felice spiega a Ledeen che il suo lavoro di ricercatore lo ha portato dai giacobini italiani al fascismo perché ha sempre avuto un "certo interesse psicologico e umano per un determinato tipo di personaggio dalla coerenza fosca e luciferina, ma, a suo modo, disinteressata" (Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, 1997, p. 6). Ma per capire qual è la reale posizione dello storico reatino sul nesso tra fascismo e giacobinismo bisogna porre attenzione soprattutto a questa frase: "(...) fra i miei giacobini, i miei illuminati, e un certo tipo di fascismo - riferendomi in particolare al fascismo delle origini, e a certi personaggi del fascismo - c'è un quid inafferrabile in comune, falso storiograficamente, ma vero psicologicamente" (ibidem). Quindi si parla di un nesso di natura psicologica, non storica. Ma andiamo oltre. È vero che De Felice riviene in Mussolini l'idea "che lo Stato, attraverso l'educazione, possa creare un nuovo tipo di cittadino" e la giudica "una idea tipicamente democratica, classica dell'illuminismo, una manifestazione di carattere rousseauiano" (p. 41). Tuttavia, l'analisi defeliciana non si esaurisce qui. De Felice infatti formula la distinzione tra "fascismo-movimento" e "fascismo-regime". Per lui, il fascismo-movimento "è quel tanto di velleità rinnovatrice, di interpretazione di certe esigenze, di certi stimoli, di certi motivi di rinnovamento; è quel tanto di rivoluzionarismo che c'è nel fascismo stesso, e che tende a costruire qualcosa di nuovo" (p. 22), mentre invece il fascismo-regime "è il progressivo sovrapporsi, su questi, di altri motivi, molteplici, di tipo tradizionalista, di totalitarismo di destra, di tipo cattolico, ecc." (p. 78). Secondo De Felice, il fascismo come "manifestazione di quel totalitarismo di sinistra di cui parla Talmon" (il riferimento è al testo di Jacob Talmon "Le origini della democrazia totalitaria") è sostanzialmente riconducibile al fascismo-movimento, non al fascismo-regime. Visto l'argomento che stiamo trattando, merita di essere citato anche un altro giudizio dello storico reatino, che riguarda le conseguenze della stipulazione dei Patti lateranensi sull'evoluzione del fascismo-regime: "(...) l'allargamento delle base e del consenso che essi [i Patti lateranensi, nota mia] portarono al regime rafforzò notevolmente il carattere «nazionale», cioè moderato e «tradizionale», del regime stesso a tutto danno delle posizioni «intransigenti» (e, in parte, anche di quelle «liberali») del fascismo stesso che dalla Conciliazione uscirono politicamente battute e diminuite di peso, in quanto sempre meno decisive ai fini della «difesa» della «rivoluzione fascista» (o, nel caso di quelle liberali», di una mediazione tra forze opposte)" (Renzo De Felice, Mussolini il fascista. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Einaudi, 1968, p. 383).

    Ho ricostruito per esteso l'interpretazione defeliciana sul rapporto tra giacobinismo e fascismo perché negli ambienti "non conformi" si tende a citarla (o in senso positivo o in senso negativo, a seconda delle prospettive) a sproposito oppure non cogliendone appieno né la portata né l'ambito circoscritto entro il quale va inserita. Non perché voglia farla mia (non integralmente, quanto meno), bensì perché reputo erroneo portarla a sostegno di una tesi d'altro genere, qual è ad esempio la tua @emv.

    Riguardo a ciò che sostieni tu, posso riperti quanto ti ho detto in un'altra recente discussione:

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Sarebbe intellettualmente disonesto e non corrispondente al vero negare che all'interno del fascismo ci fossero componenti ideologicamente spurie o addirittura perniciose. Idem se si volesse negare o sminuire che quel minimo comun denominatore dottrinale che Mussolini, attraverso diversi suoi discorsi e suoi scritti (non tutti, va ammesso), diede al fascismo fu sufficientemente e pragmaticamente elastico per consentire a queste componenti di "vivere" all'interno della realtà del regime, disseminando i loro errori, pur frenati dall'equilibrio, dal buon senso o - va ammesso - dal vivo senso dell'opportunità del Duce del fascismo. Tuttavia, non sarebbe corretto nemmeno trattare il fascismo come se fosse stato, per citare un'espressione hegeliana ma efficace, "una notte scura in cui tutte le vacche sono nere". Bisogna invece riconoscere che il fascismo, almeno nei suoi tratti generali, ebbe - come idea politica e concezione del mondo - un'apertura sincera alla trascendenza che, se sviluppata adeguatamente e correttamente, avrebbe molto probabilmente portato ad un approdo più coerentemente ed univocamente cattolico di quanto fu la sua effettiva esperienza storica. Come ti ho scritto in questo intervento, la comprensione della religione come centro propulsore della personalità dell'uomo e non come forma dello spirito accanto ad altre, da parte del fascismo, pose il fascismo di fronte ad un bivio: da un lato, la strada della piena cattolicizzazione, dall'altro, quella della tentazione di essere e/o farsi "religione" a sé. Quale avrebbe definitivamente imboccato? È una domanda che resta aperta. A noi, come cattolici, il compito di separare evangelicamente il grano dal loglio, riconoscere e valorizzare quanto vi fu di buono - sia nelle affermazioni teoriche che nelle azioni -, dare il giusto senso a quanto fu ambiguo o ambivalente, denunciare e criticare le storture, ammettere la buona fede laddove vi fu anche nell'errore o nell'imperfezione, evitare nostalgismi sterili, esaltazioni ed idolatrie.
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  8. #18
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    L'affermazione è gratuita: ti ricordo che in Italia la monarchia era quella dei Savoia, dinastia messa sul trono della penisola da un moto d'unificazione guidato e voluto da politici liberali e massoni, avvenuto in spregio dei diritti sovrani degli Stati italiani dell'epoca (incluso lo Stato pontificio). Non era di certo un esempio di monarchia cattolica come quella dell'Impero carolingio o dei re di Francia d'epoca medievale o dei re "cattolicissimi" della Spagna.
    Certo, se uno vuole dire seriamente come stanno le cose, il Regno d’Italia Sabaudo stesso è illegittimo poichè spettava a un discendente degli Este-Asburgo.
    Ma ad una monarchia si risponde con un’altra monarchia, non con la repubblica o con presidenzialismo autoritario che gli faccia concorrenza. E una monarchia la si serve, anche se indegnamente rappresentata da una famiglia reale posticcia, perché rappresenta la struttura gerarchica celeste in terra (volutamente dico “celeste” come il Tenno). E’ un discorso speculare a quello della visibilità della Chiesa, così come quello del legittimismo in monarchia lo è per la successione apostolica. Su due piani si riflette il medesimo ordine.
    Sai che il Duca D’Aosta era più favorevole a Mussolini, tanto che questi gli avrebbe promesso di aiutarlo a diventare Re. Il Duce avrebbe dovuto lavorare a questo fine. Poteva essere il suo modo per essere come Franco.


    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Oltre tutto, quando Mussolini volle intavolare le trattative per la conclusione dei Patti lateranensi, fu proprio re Vittorio Emanuele III ad esprimere forti perplessità, che solo il Duce fu in grado di superare.
    Qui si trattava solo di contrapposti ego politici, poi un servizio alla Chiesa fu comunque reso ma non invertirei mezzi e fini.
    Certo, la resistenza di VEIII si inquadra nella famosa profezia di Don Bosco sulla fine infausta della loro monarchia. Chissà che si dice sia la profezia di Padre Pio sul Duca d’Aosta non possa realizzarsi.


    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Del resto, tu sai bene che "la Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini" (Leone XIII, Enc. Libertas, 20 giugno 1888) e che, pertanto, non v'è alcun obbligo ad essere monarchici.
    Nella logica del male minore.

    Il problema della Repubblica è che squilibra il rapporto gerarchico uomo-Dio, se è autoritaria in favore di un gruppo ristetto di uomini, se è democratica in favore di una moltitudine.

    Comunque è chiaro, questa è la farina con cui dobbiamo fare il pane oggi.






    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    È inutile che elenchi le benemerenze di Mussolini nei confronti della Chiesa Cattolica perché sono ampiamente note a te, a me e probabilmente alla maggioranza di chi ci legge. Faccio notare che la natura non fa salti. Rimproverare che in un'Italia dalla classe politica e dirigente laicizzata, forgiata dagli e negli ideali risorgimentali, Mussolini non fosse un Garcia Moreno è privo di senso. Sarebbe stato meglio se avesse avuto personalmente la fede che aveva un Dollfuss o un Salazar o un Franco? Certamente. Ma in Italia un uomo del genere che potesse ambire ad ottenere il potere politico non esisteva e non è mai emerso. Il massimo che il mondo cattolico italiano dell'epoca ci regalò fu don Sturzo. Che è tutto dire (in senso negativo). Il regime fascista non poteva essere considerato un punto d'arrivo ovviamente, bensì un punto di partenza. Ciò non toglie che esso avesse molte potenzialità restauratrici: alcune di queste passarono dalla potenza all'atto nel corso del ventennio, altre purtroppo rimasero inespresse o allo stato latente, altre ancora furono frustate od ostacolate. Se molti uomini di Chiesa, inclusi due Papi, videro la possibilità di cristianizzare integralmente la rivoluzione fascista (o perlomeno quanto era scaturito da essa) significa che tali potenzialità c'erano sul serio.
    Condivido la disanima che avesse molte potenzialità restauratrici. Sarei curioso di conoscere la tua opinione su Ciano. Alla fine è chi era meno assolutista che avrebbe dato modo di sviluppare le potenzialità restauratrici. Avrai capito che intendo un fascismo senza Mussolini



    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Sono d'accordo sul fatto che stabilire un rapporto d'identità fra fascismo e tradizionalismo è scorretto, ma ribadisco che la descrizione dell'ur-fascismo fatta da Eco fa capire ciò che la sinistra (intesa in senso lato) odia del fascismo. E questo può essere utile anche a noi. La sinistra non teme o non rimprovera gli aspetti che potremmo definire immanentisti o, con una certa approssimazione, "progressisti", ma quegli aspetti del fascismo che, in profondità o in superficie, lo ricollegano ad una visione in cui la religione è riconosciuta come vincolo morale e spirituale tra Dio e gli uomini; l'uomo è concepito come essere, che non è solo materia ma anche spirito, inserito in un contesto comunitario articolato, all'interno del quale realizza se stesso; la storia umana non è determinata in modo necessitante o esclusivo dalla struttura economica; lo sforzo ed il sacrificio individuali per un fine più alto sono ritenuti fondamentali per l'uomo e la società; è compiendo il suo dovere che la persona umana raggiunge il proprio scopo e si libera dalla schiavitù delle passioni, dei piaceri e degli interessi meschini. Dovere, peraltro, che non viene dedotto da una massima umana che l'individuo stesso può eventualmente volere come legge universale, come sarebbe nella visione kantiana, ma che scaturisce da "una legge superiore" determinata da "una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare".
    Nel discorso sostituirei solo “religione” con “religiosità”. E’ certamente l’afflato religioso (quello della religione naturale), che viene dall’uomo, a sussistere nell’ ur-fascismo. Ma manca la Religione che è rivelata sa Dio. Quel cordone ombelicale spirituale è reciso dalle idee della Rivoluzione. Che fede è? Fede nell’uomo.

    Ma chi è quell’uomo che ha lasciato Ur per seguire una voce che gli ha comandato di mollare tutto e andarsene verso il paese che gli avrebbe indicato?







    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Quanto al rapporto tra giacobinismo e fascismo, va precisata qual è l'interpretazione di Renzo De Felice in merito e per farlo bisogna leggere quanto lo storico reatino disse a Michael Ledeen nel famoso testo "Intervista sul fascismo". De Felice spiega a Ledeen che il suo lavoro di ricercatore lo ha portato dai giacobini italiani al fascismo perché ha sempre avuto un "certo interesse psicologico e umano per un determinato tipo di personaggio dalla coerenza fosca e luciferina, ma, a suo modo, disinteressata" (Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, 1997, p. 6). Ma per capire qual è la reale posizione dello storico reatino sul nesso tra fascismo e giacobinismo bisogna porre attenzione soprattutto a questa frase: "(...) fra i miei giacobini, i miei illuminati, e un certo tipo di fascismo - riferendomi in particolare al fascismo delle origini, e a certi personaggi del fascismo - c'è un quid inafferrabile in comune, falso storiograficamente, ma vero psicologicamente" (ibidem). Quindi si parla di un nesso di natura psicologica, non storica. Ma andiamo oltre. È vero che De Felice riviene in Mussolini l'idea "che lo Stato, attraverso l'educazione, possa creare un nuovo tipo di cittadino" e la giudica "una idea tipicamente democratica, classica dell'illuminismo, una manifestazione di carattere rousseauiano" (p. 41). Tuttavia, l'analisi defeliciana non si esaurisce qui. De Felice infatti formula la distinzione tra "fascismo-movimento" e "fascismo-regime". Per lui, il fascismo-movimento "è quel tanto di velleità rinnovatrice, di interpretazione di certe esigenze, di certi stimoli, di certi motivi di rinnovamento; è quel tanto di rivoluzionarismo che c'è nel fascismo stesso, e che tende a costruire qualcosa di nuovo" (p. 22), mentre invece il fascismo-regime "è il progressivo sovrapporsi, su questi, di altri motivi, molteplici, di tipo tradizionalista, di totalitarismo di destra, di tipo cattolico, ecc." (p. 78). Secondo De Felice, il fascismo come "manifestazione di quel totalitarismo di sinistra di cui parla Talmon" (il riferimento è al testo di Jacob Talmon "Le origini della democrazia totalitaria") è sostanzialmente riconducibile al fascismo-movimento, non al fascismo-regime. Visto l'argomento che stiamo trattando, merita di essere citato anche un altro giudizio dello storico reatino, che riguarda le conseguenze della stipulazione dei Patti lateranensi sull'evoluzione del fascismo-regime: "(...) l'allargamento delle base e del consenso che essi [i Patti lateranensi, nota mia] portarono al regime rafforzò notevolmente il carattere «nazionale», cioè moderato e «tradizionale», del regime stesso a tutto danno delle posizioni «intransigenti» (e, in parte, anche di quelle «liberali») del fascismo stesso che dalla Conciliazione uscirono politicamente battute e diminuite di peso, in quanto sempre meno decisive ai fini della «difesa» della «rivoluzione fascista» (o, nel caso di quelle liberali», di una mediazione tra forze opposte)" (Renzo De Felice, Mussolini il fascista. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Einaudi, 1968, p. 383).

    Ho ricostruito per esteso l'interpretazione defeliciana sul rapporto tra giacobinismo e fascismo perché negli ambienti "non conformi" si tende a citarla (o in senso positivo o in senso negativo, a seconda delle prospettive) a sproposito oppure non cogliendone appieno né la portata né l'ambito circoscritto entro il quale va inserita. Non perché voglia farla mia (non integralmente, quanto meno), bensì perché reputo erroneo portarla a sostegno di una tesi d'altro genere, qual è ad esempio la tua @emv.
    È chiaro qui che è proprio soggettivo il peso che si dà alle parole. Se De Felice parla di coerenza “luciferina” e “disinteressata” e non prometeica, come avrebbe potuto fare (stabilendo immediatamente una connessione col paganesimo massonico della Rivoluzione Francese e Marx, che ne fa un famoso elogio ad inizio della suo percorso di teorico) non è un caso. Sta parlando alla coscienza cattolica…

    Il quid “inafferrabile in comune, falso storiograficamente, ma vero psicologicamente” a me dice tantissimo. Non derubrica la tesi del giacobinismo ma la rafforza! Indicando caso mai, da storico, che manca un maggior approfondimento su cosa sia il giacobinismo. Ed è cosa sottesa proprio in quel termine luciferino il cui senso si dischiude se usiamo il termine prometeico. Manca un lavoro storiografico sulla connessione tra giacobinismo e società segrete.

    La contrapposizione fascismo-movimento fascismo-regime con questa definizione del primo: “quel tanto di velleità rinnovatrice, di interpretazione di certe esigenze, di certi stimoli, di certi motivi di rinnovamento; è quel tanto di rivoluzionarismo che c'è nel fascismo stesso, e che tende a costruire qualcosa di nuovo" mi sembra che si possa tradurre con “So’ giovani…” o con il Dionisio che gioca… e allora la contrapposizione assume la rilevanza del dionisiaco-apollineo.



    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Riguardo a ciò che sostieni tu, posso riperti quanto ti ho detto in un'altra recente discussione:

    Sarebbe intellettualmente disonesto e non corrispondente al vero negare che all'interno del fascismo ci fossero componenti ideologicamente spurie o addirittura perniciose. Idem se si volesse negare o sminuire che quel minimo comun denominatore dottrinale che Mussolini, attraverso diversi suoi discorsi e suoi scritti (non tutti, va ammesso), diede al fascismo fu sufficientemente e pragmaticamente elastico per consentire a queste componenti di "vivere" all'interno della realtà del regime, disseminando i loro errori, pur frenati dall'equilibrio, dal buon senso o - va ammesso - dal vivo senso dell'opportunità del Duce del fascismo. Tuttavia, non sarebbe corretto nemmeno trattare il fascismo come se fosse stato, per citare un'espressione hegeliana ma efficace, "una notte scura in cui tutte le vacche sono nere". Bisogna invece riconoscere che il fascismo, almeno nei suoi tratti generali, ebbe - come idea politica e concezione del mondo - un'apertura sincera alla trascendenza che, se sviluppata adeguatamente e correttamente, avrebbe molto probabilmente portato ad un approdo più coerentemente ed univocamente cattolico di quanto fu la sua effettiva esperienza storica. Come ti ho scritto in questo intervento, la comprensione della religione come centro propulsore della personalità dell'uomo e non come forma dello spirito accanto ad altre, da parte del fascismo, pose il fascismo di fronte ad un bivio: da un lato, la strada della piena cattolicizzazione, dall'altro, quella della tentazione di essere e/o farsi "religione" a sé. Quale avrebbe definitivamente imboccato? È una domanda che resta aperta. A noi, come cattolici, il compito di separare evangelicamente il grano dal loglio, riconoscere e valorizzare quanto vi fu di buono - sia nelle affermazioni teoriche che nelle azioni -, dare il giusto senso a quanto fu ambiguo o ambivalente, denunciare e criticare le storture, ammettere la buona fede laddove vi fu anche nell'errore o nell'imperfezione, evitare nostalgismi sterili, esaltazioni ed idolatrie.
    Nella vita religiosa ci sono dati i santi. E in questo campo un Franco andrebbe preso ad esempio. Ad es. Ciano quando compila la lista del molibdeno operava, verso Hitler, come fece il Caudillo, santamente.
    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Certo, se uno vuole dire seriamente come stanno le cose, il Regno d’Italia Sabaudo stesso è illegittimo poichè spettava a un discendente degli Este-Asburgo.
    Se vogliamo dire seriamente le cose come stanno, la nascita del Regno d'Italia fu illegittima non perché esso sarebbe spettato ad un discendente degli Este-Asburgo (?), bensì perché venne fondato sull'espansionismo del Regno di Sardegna, che sottrasse ai legittimi regnanti i propri territori e ai singoli Stati italiani la propria autonomia ed indipendenza sovrana senza che vi fosse una giusta causa di intervento militare. Con il passare degli anni, il Regno d'Italia si stabilizzò sempre di più ed una restaurazione dello status quo ante divenne vieppiù impossibile: se non fisicamente, almeno moralmente. Motivo per cui i Pontefici passarono dal non expedit di Pio IX alla sua abolizione con Benedetto XV e cercarono la soluzione della questione romana in un'intesa con lo Stato italiano, ormai divenuto giuridicamente legittimo.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Ma ad una monarchia si risponde con un’altra monarchia, non con la repubblica o con presidenzialismo autoritario che gli faccia concorrenza. E una monarchia la si serve, anche se indegnamente rappresentata da una famiglia reale posticcia, perché rappresenta la struttura gerarchica celeste in terra (volutamente dico “celeste” come il Tenno). E’ un discorso speculare a quello della visibilità della Chiesa, così come quello del legittimismo in monarchia lo è per la successione apostolica. Su due piani si riflette il medesimo ordine.
    Sai che il Duca D’Aosta era più favorevole a Mussolini, tanto che questi gli avrebbe promesso di aiutarlo a diventare Re. Il Duce avrebbe dovuto lavorare a questo fine. Poteva essere il suo modo per essere come Franco.
    Ti ricordo che Mussolini non è andato al governo detronizzando re Vittorio Emanuele III, ma conservando l'istituzione monarchica e lasciando a Casa Savoia il trono. Fece a meno della monarchia sabauda solo dopo l'infame ed infausto armistizio dell'8 settembre '43. Quindi non si capisce dove tu voglia andare a parare a riguardo. Poi che ci sia un obbligo morale di "rispondere" ad una monarchia con un'altra monarchia di tipo dinastico è semplicemente falso. Non confondere le tue preferenze personali - legittime ovviamente, ma opinabili - con ciò che è eticamente doveroso.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Qui si trattava solo di contrapposti ego politici, poi un servizio alla Chiesa fu comunque reso ma non invertirei mezzi e fini.
    Certo, la resistenza di VEIII si inquadra nella famosa profezia di Don Bosco sulla fine infausta della loro monarchia. Chissà che si dice sia la profezia di Padre Pio sul Duca d’Aosta non possa realizzarsi.
    Quando nel 1926 l'allora governo fascista procedette ad una riforma della legislazione ecclesiastica, da parte vaticana si reagì elogiando i miglioramenti che il regime s'apportava a compiere ma ricordò che, non essendo ancora stata data soluzione alla questione romana, la Santa Sede non poteva che denunciare il carattere unilaterale della predetta legislazione. Mussolini ebbe in merito uno scambio epistolare con l'allora ministro Rocco, coinvolto nella riforma della legislazione ecclesiastica. Nella lettera di Mussolini a Rocco, che fu resa pubblica solo diversi anni dopo, è possibile leggere quanto segue: "Il regime fascista, superando in questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberalismo, ha ripudiato così il principio dell'agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia. Con profonda fede nella missione religiosa e cattolica del popolo italiano, il Governo Fascista ha proceduto metodicamente, con una serie di atti amministrativi e di provvedimenti legislativi, a restituire allo Stato e alla Nazione italiana quel carattere di Stato cattolico e di Nazione cattolica, che la politica liberale si era sforzata, durante lunghi anni, di cancellare. E ciò il regime fascista ha fatto con piena spontaneità e con assoluto disinteresse, senza esitazioni né deviazioni, anche quando i suoi sforzi erano misconosciuti o scarsamente riconosciuti, solo come adempimento di un alto dovere, non come strumento o, peggio ancora, come espediente politico. È logico pertanto che il Governo Fascista giudichi con piena serenità le attuali manifestazioni della Santa Sede e le reputi degne della più attenta considerazione. Non si può certo negare a priori la possibilità di un migliore assetto giuridico dei rapporti tra la Santa Sede, considerata come organo centrale e supernazionale della Chiesa Cattolica, e lo Stato italiano, allo scopo di meglio garantirne la libertà e l'indipendenza, anche per via di accordi bilaterali, e anche se da tali accordi dovesse derivare una revisione della legge delle guarantigie. Questa sistemazione non potrebbe avere in via pregiudiziale altri limiti che quelli della esclusione di ogni straniera ingerenza nei rapporti tra la Santa Sede e l'Italia, e il rispetto della unità nazionale e della integrità dello Stato. (...) Ho sempre ritenuto il dissidio tra la Chiesa e lo Stato funesto per entrambi, e storicamente fatale, in un tempo più o meno lontano, il suo componimento. Se le notizie che stai per ricevere lo annunzieranno prossimo, ne avrò profonda gioia. Se altrimenti fosse, continueremo, in attesa di tempi migliori, a compiere, come per l'innanzi, con ferma coscienza, il nostro dovere di italiani e di cattolici" (Roma, 4 maggio 1926). Dopo che le trattative per la stipulazione dei Patti Lateranensi furono concluse, dalle memorie di Edvige Mussolini, sorella del Duce, sappiamo che Benito disse a sua nipote Rosetta Mancini: "Quando leggerai sui giornali la notizia dei Patti tra lo Stato italiano e la Chiesa, ricordati del segno della Croce che mia madre, tua nonna, mi tracciava sul capo ogni sera, mentre io mi addormentavo nella nostra povera casa di Dovia". Stante ciò, ti domando: come fai ad essere tanto sicuro che si trattasse "solo" di ego politici contrapposti e non di convinzioni differenti che si confrontavano e, in una certa misura, scontravano?

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Nella logica del male minore.

    Il problema della Repubblica è che squilibra il rapporto gerarchico uomo-Dio, se è autoritaria in favore di un gruppo ristetto di uomini, se è democratica in favore di una moltitudine.

    Comunque è chiaro, questa è la farina con cui dobbiamo fare il pane oggi.
    No: la logica del male minore sarebbe ritenere una determinata forma di governo illegittima ma da sopportare quel tanto che basta per evitare mali più gravi di quella stessa forma di governo. Qui invece si parla di legittimità morale e giuridica. Ricorda le parole di Pio XII in un noto discorso del 20 febbraio 1949: "La Chiesa di Cristo segue il cammino tracciatole dal divin Redentore. Essa si sente eterna; sa che non potrà perire, che le più violente tempeste non varranno a sommergerla. Essa non mendica favori; le minacce e la disgrazia delle potestà terrene non la intimoriscono. Essa non s’immischia in questioni meramente politiche od economiche, né si cura di disputare sulla utilità o il danno dell’una o dell’altra forma di governo. Sempre bramosa, per quanto da lei dipende, di aver pace con tutti (cfr. Rom. 12, 18), essa dà a Cesare ciò che gli compete secondo il diritto, ma non può tradire né abbandonare ciò che è di Dio". Alla Chiesa non interessa la forma di governo che un popolo si dà. Alla Chiesa interessa che questa forma di governo non menomi i diritti della Chiesa, della famiglia, dei corpi intermedi e degli individui, a prescindere dal fatto che essa sia monarchica, aristocratica o democratica. Questo non toglie che è lecito preferire una certa forma di governo ad un'altra - tant'è che lo stesso San Tommaso d'Aquino disse più volte che la monarchia tra le forme di governo "pure" era la migliore ed espresse il suo gradimento per la cosiddetta "monarchia temperata". Ma un conto è esprimere una preferenza tra diverse opzioni legittime, mentre un conto è ritenere la monarchia la sola forma di governo "buona" o "legittima" che dir si voglia.

    Tale principio va applicato anche quando si tratta dei regimi autoritari e/o totalitari. Lo Stato totalitario (o autoritario) antireligioso non può essere accettato in via di principio dalla Chiesa perché menoma i suoi diritti e si fonda su presupposti incompatibili con il diritto naturale ed il diritto divino-positivo. Nemmeno può essere accettato in via di principio quando, pur non negando direttamente i diritti della Chiesa, annulla (o tende ad annullare) i diritti fondamentali della persona umana, delle formazioni sociali intermedie e delle famiglie in quelli dello Stato, che peraltro in tal modo vengono deformati ed estesi in modo eccessivo. Un totalitarismo che assorbe completamente o quasi la persona umana, così come un autoritarismo che traccia un solco profondo tra dominatori e dominati (coi primi che finiscono per opprimere i secondi) non sono legittimi. Ma quando uno Stato totalitario e/o autoritario riconosce a se stesso dei limiti e non fa altro che attuare un regime in cui l'autorità politica ha una certa preponderanza, per quanto significativa, sulle libertà democratiche la Chiesa non ha motivo di opporsi.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Condivido la disanima che avesse molte potenzialità restauratrici. Sarei curioso di conoscere la tua opinione su Ciano. Alla fine è chi era meno assolutista che avrebbe dato modo di sviluppare le potenzialità restauratrici. Avrai capito che intendo un fascismo senza Mussolini
    Ciano è una figura che ha diverse luci, ma anche molte ombre. Quella di Bottai invece, a mio avviso, fu una figura più disinteressata.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Nel discorso sostituirei solo “religione” con “religiosità”. E’ certamente l’afflato religioso (quello della religione naturale), che viene dall’uomo, a sussistere nell’ ur-fascismo. Ma manca la Religione che è rivelata sa Dio. Quel cordone ombelicale spirituale è reciso dalle idee della Rivoluzione. Che fede è? Fede nell’uomo.

    Ma chi è quell’uomo che ha lasciato Ur per seguire una voce che gli ha comandato di mollare tutto e andarsene verso il paese che gli avrebbe indicato?
    Nella descrizione dell'ur-fascismo fatta da Eco "manca la religione che è rivelata da Dio" perché ne viene negato il presupposto stesso, che è ciò che tu correttamente chiami "religione naturale". Eco si pone nel solco di quella negazione del soprannaturale tipica del razionalismo moderno. Il fascismo, invece, riconosce esplicitamente la dipendenza della creatura (l'uomo) dal Creatore (Dio) e riconosce che da tale dipendenza scaturiscono, per l'uomo stesso, dei doveri da ottemperare con il culto e con le opere. Siamo ben al di fuori dell'ateismo. È proprio questo uno degli aspetti che gli eredi della "modernità ideologica" più non possono tollerare del fascismo. Se in più ci aggiungi il fatto che, storicamente, il fascismo italiano non solo respinse l'ateismo, ma evitò lo scoglio dell'indifferentismo religioso dichiarando il cattolicesimo "quella religione ch'è dei nostri padri e nella quale crediamo" (Benito Mussolini, discorso pronunciato a Villa Glori, a Roma, il 28 marzo 1926 in occasione del settimo anniversario della fondazione dei Fasci), capirai perché l'accanimento verso il fascismo da parte delle forze politiche sovversive persiste.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    È chiaro qui che è proprio soggettivo il peso che si dà alle parole. Se De Felice parla di coerenza “luciferina” e “disinteressata” e non prometeica, come avrebbe potuto fare (stabilendo immediatamente una connessione col paganesimo massonico della Rivoluzione Francese e Marx, che ne fa un famoso elogio ad inizio della suo percorso di teorico) non è un caso. Sta parlando alla coscienza cattolica…

    Il quid “inafferrabile in comune, falso storiograficamente, ma vero psicologicamente” a me dice tantissimo. Non derubrica la tesi del giacobinismo ma la rafforza! Indicando caso mai, da storico, che manca un maggior approfondimento su cosa sia il giacobinismo. Ed è cosa sottesa proprio in quel termine luciferino il cui senso si dischiude se usiamo il termine prometeico. Manca un lavoro storiografico sulla connessione tra giacobinismo e società segrete.

    La contrapposizione fascismo-movimento fascismo-regime con questa definizione del primo: “quel tanto di velleità rinnovatrice, di interpretazione di certe esigenze, di certi stimoli, di certi motivi di rinnovamento; è quel tanto di rivoluzionarismo che c'è nel fascismo stesso, e che tende a costruire qualcosa di nuovo" mi sembra che si possa tradurre con “So’ giovani…” o con il Dionisio che gioca… e allora la contrapposizione assume la rilevanza del dionisiaco-apollineo.
    A mio avviso, ci sono diversi elementi che impediscono di collegare fascismo e giacobinismo sul piano dei contenuti. Nel giacobinismo l'idea di nazione è concepita in termini democratico-plebiscitari, mentre nel fascismo il concetto di nazione è assunto e declinato secondo i termini dell'organicismo politico-sociale. Nel giacobinismo lo Stato è comunque espressione di un contratto sociale che presuppone individui originariamente isolati fra loro che s'accordano per vivere assieme, mentre nel fascismo è riconosciuto come società necessaria al di fuori della quale non è possibile alcuna convivenza civile. Ma la differenza ancora più profonda e significativa è data dal fatto che il giacobinismo pretende di rinnovare la società facendo piazza pulita delle tradizioni storiche e di larga parte del vissuto precedente del popolo, collocandosi su un piano utopico, mentre invece il fascismo, pur dicendo di voler forgiare l'italiano nuovo, intende innovare mantenendo una continuità col passato, seppur senza accettarlo acriticamente, e rispettando i limiti dati dalla realtà oggettivamente conosciuta. Ne abbiamo diverse prove anche da varie citazioni di Mussolini. Ecco alcuni esempi:

    - nel discorso di Ferrara del 4 aprile 1921, disse: "(...) noi fascisti diciamo che, al di sopra di competizioni e dissidi, c'è una realtà unica, comune a tutti quanti, ed è la realtà della nazione, ed è la realtà della patria, alla quale siamo tutti legati come l'albero attraverso le sue radici è legato alla terra che lo ha fecondato";

    - "Domandiamo: che cosa significa originale? Una cosa, forse, mai detta, mai vista, mai pensata, mai fatta? Allora di originale nell'universo non c'è che la creazione ordinata da Dio, secondo si legge nella Genesi. Tutto il resto è derivato. Dopo tre o quattro millenni d civiltà, è difficile essere originali in politica, in arte, in filosofia, in matematica e in tutto il resto. L'adagio latino Nihil sub sole... è una sintesi di saggezza. E il nuovo dovrebbe essere costituito dal programma fascista? Per quanto orgogliosi, non giungiamo a simili aberrazioni. Non intendiamo di avere scoperto l'America e nemmeno la polvere. Non abbiamo voluto dar fondo allo scibile. Non abbiamo la pretesa grottesca di considerarci gli apportatori di un nuovo vangelo per la salvezza degli italiani. Abbiamo il senso del limite, il senso delle possibilità e rifuggiamo dai deliri di grandezza" - così in un articolo pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 14 ottobre 1921;

    - nel discorso al Senato del 27 novembre 1922, il Duce disse: "Non intendo improvvisare del nuovo: l'esempio delle altre rivoluzioni m'insegna appunto che non si può dar fondo all'universo e che ci sono dei punti fondamentali nella vita dei popoli che conviene rispettare";

    - in un discorso al popolo di Perugia, dichiarò: "Forse noi siamo i portatori di un nuovo sistema politico; siamo i portatori di un nuovo tipo di civiltà e questo tipo di civiltà parte da presupposti lapidari, infrangibili e fondamentali in tutte le società umane" (5 ottobre 1926);

    - nel settimo capitolo della sua autobiografia, uscita nel 1928, dichiarò che "non esiste una rivoluzione che possa cambiare la natura degli uomini";

    - nella seconda parte della Dottrina del Fascismo (1932), Mussolini scrisse che lo Stato fascista "non crea un suo dio così come volle fare a un certo momento nei delirî estremi della Convenzione, Robespierre né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo. Il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio così com'è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo".

    Nella prima citazione viene espresso il concetto che siamo tutti legati dalla patria comune e che nessuna progettualità politica può prescindervi; nella seconda è respinta ogni pretesa di originalità assoluta; nella terza si prende atto degli esempi del passato per trarne la conclusione che, oltre un certo limite, non si può cambiare la società; nella quarta si dice che il nuovo tipo di civiltà voluto dal fascismo parte da premesse essenziali ad ogni società, dalle quali nessuno può prescindere; nella quinta è escluso che una rivoluzione politica possa avere un valore palingenitico tale da mutare la natura degli esseri umani; la sesta citazione non necessita di molte spiegazioni, essendo sufficientemente chiara.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Nella vita religiosa ci sono dati i santi. E in questo campo un Franco andrebbe preso ad esempio. Ad es. Ciano quando compila la lista del molibdeno operava, verso Hitler, come fece il Caudillo, santamente.
    @emv, per quanto si possa stimare Franco, non possiamo ignorare che con la sua morte, di fatto, la Spagna si trovò nuovamente in preda alle forze della sovversione. Ciò non avvenne per caso, ma perché il decesso del Caudillo provocò la crisi pressoché irreversibile dei delicati equilibri e dei compromessi su cui si fondava il regime franchista.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

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  10. #20
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    Predefinito Re: Umberto Eco ha fatto anche cose buone? (Discussione sull'UR Fascismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Se vogliamo dire seriamente le cose come stanno, la nascita del Regno d'Italia fu illegittima non perché esso sarebbe spettato ad un discendente degli Este-Asburgo (?), bensì perché venne fondato sull'espansionismo del Regno di Sardegna, che sottrasse ai legittimi regnanti i propri territori e ai singoli Stati italiani la propria autonomia ed indipendenza sovrana senza che vi fosse una giusta causa di intervento militare. Con il passare degli anni, il Regno d'Italia si stabilizzò sempre di più ed una restaurazione dello status quo ante divenne vieppiù impossibile: se non fisicamente, almeno moralmente. Motivo per cui i Pontefici passarono dal non expedit di Pio IX alla sua abolizione con Benedetto XV e cercarono la soluzione della questione romana in un'intesa con lo Stato italiano, ormai divenuto giuridicamente legittimo.

    Il fatto che il Regno d’Italia dei Savoia sia diventato giuridicamente legittimo perchè realtà di fatto non legittima certo la cosa agli occhi di Dio. A cui la politica che si vuol dire Tradizionale va sempre riportata. Mi riferisco al Legittimismo che comprende non solo la Legittimità d’origine (la politica di Restaurazione del Congresso di Vienna) ma anche la Legittimità d’esercizio. Il concetto che l’autorità regale è di emanazione divina ha effetti che sono analoghi a quelli dell’autorità del Papa. Ne deriva il concetto della legittimità d’esercizio che va perduta se il sovrano pur legittimo d’origine, non mostra di voler esercitare la sua regalità come divina e se attua politiche scellerate liberali come ad es. quella di Carlo Alberto caduto nell’illegittimo esercizio con il suo appoggio ai protestanti svizzeri, la sua politica di espansione ai danni degli Stati italiani per rovesciare legittime monarchie sacre in monarchie costituzionali.

    Il Principe di Modena Francesco d’Este-Austria (ramo cadetto degli Asburgo), futuro Francesco V, riteneva il progetto unitario pernicioso perché contrario alla legittimità e ai diritti dei Sovrani d'Italia e pertanto aveva il desiderio di costituire una Confederazione Italiana degli stessi. Il progetto, con una presidenza dell’Imperatore d’Austria, era all’unanimità condiviso dai principi e trovò l’unica opposizione in Italia nello Stato sabaudo di Carlo Alberto.

    Il fatto che Benedetto XV abbia tolto il Non expedit ho dei dubbi che sia stata una buona mossa.

    Come anche il rifiuto di Pio VII di partecipare al progetto mistico di Santa alleanza, dello Zar Alessandro I: non avrebbe potuto salvare lo Stato Pontificio dall'invasione?

    Pio XII si riferisce alla Chiesa che non ha preferenze, d’altronde la Chiesa ha abbandonato dal Medioevo la dottrina dell’azione diretta nella politica, preferendo l’azione indiretta. Forse queste mosse sono state funzionali la salvare la Chiesa e farla giungere fino ai nostri giorni, dobbiamo pensare che sia così. Ma come dici tu stesso possiamo, noi non chierici, avere preferenze. Ora io sto riflettendo sulla questione del Legittimismo. Sono lecite preferenze diverse da quella della Monarchia sacra tradizionale?





    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio

    Ti ricordo che Mussolini non è andato al governo detronizzando re Vittorio Emanuele III, ma conservando l'istituzione monarchica e lasciando a Casa Savoia il trono. Fece a meno della monarchia sabauda solo dopo l'infame ed infausto armistizio dell'8 settembre '43. Quindi non si capisce dove tu voglia andare a parare a riguardo. Poi che ci sia un obbligo morale di "rispondere" ad una monarchia con un'altra monarchia di tipo dinastico è semplicemente falso. Non confondere le tue preferenze personali - legittime ovviamente, ma opinabili - con ciò che è eticamente doveroso.
    Se la Chiesa ci deve essere maestra possiamo dedurre dal suo esempio che sia giusto fare quello che è possibile appoggiando le forme meno peggiori che la politica ci offre. Questo con la testa, ma con il cuore si dovrebbe monarchici sacri. Perché se non ci è possibile perseguire la Monarchia sacra in politica, visto che oggi come oggi una monarchia costituzionale è pura utopia e una legittima monarchia sacra è roba da universi paralleli, va bene ma il vero ideale rimane quello: ciò che ci è possibile oggi è solo una monarchia spirituale. Ciò che non possibile oggi un giorno lo sarà. Ho votato ma non potrò mai amare chi ho dovuto votare.

    Lo Stato Italiano dal 1870 è oggettivamente illegittimo in tutte le sue forme e ciò è vero come è vero che esiste il Peccato originale.
    Ma è tutto il mondo ad essere illegittimo. Questo non vuol dire che non gli si debba obbedire perchè anche se indegne le forme statuali odierne sono pur sempre l'immagine dell'autorità paterna divina.





    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio

    Quando nel 1926 l'allora governo fascista procedette ad una riforma della legislazione ecclesiastica, da parte vaticana si reagì elogiando i miglioramenti che il regime s'apportava a compiere ma ricordò che, non essendo ancora stata data soluzione alla questione romana, la Santa Sede non poteva che denunciare il carattere unilaterale della predetta legislazione. Mussolini ebbe in merito uno scambio epistolare con l'allora ministro Rocco, coinvolto nella riforma della legislazione ecclesiastica. Nella lettera di Mussolini a Rocco, che fu resa pubblica solo diversi anni dopo, è possibile leggere quanto segue: "Il regime fascista, superando in questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberalismo, ha ripudiato così il principio dell'agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia. Con profonda fede nella missione religiosa e cattolica del popolo italiano, il Governo Fascista ha proceduto metodicamente, con una serie di atti amministrativi e di provvedimenti legislativi, a restituire allo Stato e alla Nazione italiana quel carattere di Stato cattolico e di Nazione cattolica, che la politica liberale si era sforzata, durante lunghi anni, di cancellare. E ciò il regime fascista ha fatto con piena spontaneità e con assoluto disinteresse, senza esitazioni né deviazioni, anche quando i suoi sforzi erano misconosciuti o scarsamente riconosciuti, solo come adempimento di un alto dovere, non come strumento o, peggio ancora, come espediente politico. È logico pertanto che il Governo Fascista giudichi con piena serenità le attuali manifestazioni della Santa Sede e le reputi degne della più attenta considerazione. Non si può certo negare a priori la possibilità di un migliore assetto giuridico dei rapporti tra la Santa Sede, considerata come organo centrale e supernazionale della Chiesa Cattolica, e lo Stato italiano, allo scopo di meglio garantirne la libertà e l'indipendenza, anche per via di accordi bilaterali, e anche se da tali accordi dovesse derivare una revisione della legge delle guarantigie. Questa sistemazione non potrebbe avere in via pregiudiziale altri limiti che quelli della esclusione di ogni straniera ingerenza nei rapporti tra la Santa Sede e l'Italia, e il rispetto della unità nazionale e della integrità dello Stato. (...) Ho sempre ritenuto il dissidio tra la Chiesa e lo Stato funesto per entrambi, e storicamente fatale, in un tempo più o meno lontano, il suo componimento. Se le notizie che stai per ricevere lo annunzieranno prossimo, ne avrò profonda gioia. Se altrimenti fosse, continueremo, in attesa di tempi migliori, a compiere, come per l'innanzi, con ferma coscienza, il nostro dovere di italiani e di cattolici" (Roma, 4 maggio 1926). Dopo che le trattative per la stipulazione dei Patti Lateranensi furono concluse, dalle memorie di Edvige Mussolini, sorella del Duce, sappiamo che Benito disse a sua nipote Rosetta Mancini: "Quando leggerai sui giornali la notizia dei Patti tra lo Stato italiano e la Chiesa, ricordati del segno della Croce che mia madre, tua nonna, mi tracciava sul capo ogni sera, mentre io mi addormentavo nella nostra povera casa di Dovia". Stante ciò, ti domando: come fai ad essere tanto sicuro che si trattasse "solo" di ego politici contrapposti e non di convinzioni differenti che si confrontavano e, in una certa misura, scontravano?



    No: la logica del male minore sarebbe ritenere una determinata forma di governo illegittima ma da sopportare quel tanto che basta per evitare mali più gravi di quella stessa forma di governo. Qui invece si parla di legittimità morale e giuridica. Ricorda le parole di Pio XII in un noto discorso del 20 febbraio 1949: "La Chiesa di Cristo segue il cammino tracciatole dal divin Redentore. Essa si sente eterna; sa che non potrà perire, che le più violente tempeste non varranno a sommergerla. Essa non mendica favori; le minacce e la disgrazia delle potestà terrene non la intimoriscono. Essa non s’immischia in questioni meramente politiche od economiche, né si cura di disputare sulla utilità o il danno dell’una o dell’altra forma di governo. Sempre bramosa, per quanto da lei dipende, di aver pace con tutti (cfr. Rom. 12, 18), essa dà a Cesare ciò che gli compete secondo il diritto, ma non può tradire né abbandonare ciò che è di Dio". Alla Chiesa non interessa la forma di governo che un popolo si dà. Alla Chiesa interessa che questa forma di governo non menomi i diritti della Chiesa, della famiglia, dei corpi intermedi e degli individui, a prescindere dal fatto che essa sia monarchica, aristocratica o democratica. Questo non toglie che è lecito preferire una certa forma di governo ad un'altra - tant'è che lo stesso San Tommaso d'Aquino disse più volte che la monarchia tra le forme di governo "pure" era la migliore ed espresse il suo gradimento per la cosiddetta "monarchia temperata". Ma un conto è esprimere una preferenza tra diverse opzioni legittime, mentre un conto è ritenere la monarchia la sola forma di governo "buona" o "legittima" che dir si voglia.

    Tale principio va applicato anche quando si tratta dei regimi autoritari e/o totalitari. Lo Stato totalitario (o autoritario) antireligioso non può essere accettato in via di principio dalla Chiesa perché menoma i suoi diritti e si fonda su presupposti incompatibili con il diritto naturale ed il diritto divino-positivo. Nemmeno può essere accettato in via di principio quando, pur non negando direttamente i diritti della Chiesa, annulla (o tende ad annullare) i diritti fondamentali della persona umana, delle formazioni sociali intermedie e delle famiglie in quelli dello Stato, che peraltro in tal modo vengono deformati ed estesi in modo eccessivo. Un totalitarismo che assorbe completamente o quasi la persona umana, così come un autoritarismo che traccia un solco profondo tra dominatori e dominati (coi primi che finiscono per opprimere i secondi) non sono legittimi. Ma quando uno Stato totalitario e/o autoritario riconosce a se stesso dei limiti e non fa altro che attuare un regime in cui l'autorità politica ha una certa preponderanza, per quanto significativa, sulle libertà democratiche la Chiesa non ha motivo di opporsi.



    Ciano è una figura che ha diverse luci, ma anche molte ombre. Quella di Bottai invece, a mio avviso, fu una figura più disinteressata.



    Nella descrizione dell'ur-fascismo fatta da Eco "manca la religione che è rivelata da Dio" perché ne viene negato il presupposto stesso, che è ciò che tu correttamente chiami "religione naturale". Eco si pone nel solco di quella negazione del soprannaturale tipica del razionalismo moderno. Il fascismo, invece, riconosce esplicitamente la dipendenza della creatura (l'uomo) dal Creatore (Dio) e riconosce che da tale dipendenza scaturiscono, per l'uomo stesso, dei doveri da ottemperare con il culto e con le opere. Siamo ben al di fuori dell'ateismo. È proprio questo uno degli aspetti che gli eredi della "modernità ideologica" più non possono tollerare del fascismo. Se in più ci aggiungi il fatto che, storicamente, il fascismo italiano non solo respinse l'ateismo, ma evitò lo scoglio dell'indifferentismo religioso dichiarando il cattolicesimo "quella religione ch'è dei nostri padri e nella quale crediamo" (Benito Mussolini, discorso pronunciato a Villa Glori, a Roma, il 28 marzo 1926 in occasione del settimo anniversario della fondazione dei Fasci), capirai perché l'accanimento verso il fascismo da parte delle forze politiche sovversive persiste.



    A mio avviso, ci sono diversi elementi che impediscono di collegare fascismo e giacobinismo sul piano dei contenuti. Nel giacobinismo l'idea di nazione è concepita in termini democratico-plebiscitari, mentre nel fascismo il concetto di nazione è assunto e declinato secondo i termini dell'organicismo politico-sociale. Nel giacobinismo lo Stato è comunque espressione di un contratto sociale che presuppone individui originariamente isolati fra loro che s'accordano per vivere assieme, mentre nel fascismo è riconosciuto come società necessaria al di fuori della quale non è possibile alcuna convivenza civile. Ma la differenza ancora più profonda e significativa è data dal fatto che il giacobinismo pretende di rinnovare la società facendo piazza pulita delle tradizioni storiche e di larga parte del vissuto precedente del popolo, collocandosi su un piano utopico, mentre invece il fascismo, pur dicendo di voler forgiare l'italiano nuovo, intende innovare mantenendo una continuità col passato, seppur senza accettarlo acriticamente, e rispettando i limiti dati dalla realtà oggettivamente conosciuta. Ne abbiamo diverse prove anche da varie citazioni di Mussolini. Ecco alcuni esempi:

    - nel discorso di Ferrara del 4 aprile 1921, disse: "(...) noi fascisti diciamo che, al di sopra di competizioni e dissidi, c'è una realtà unica, comune a tutti quanti, ed è la realtà della nazione, ed è la realtà della patria, alla quale siamo tutti legati come l'albero attraverso le sue radici è legato alla terra che lo ha fecondato";

    - "Domandiamo: che cosa significa originale? Una cosa, forse, mai detta, mai vista, mai pensata, mai fatta? Allora di originale nell'universo non c'è che la creazione ordinata da Dio, secondo si legge nella Genesi. Tutto il resto è derivato. Dopo tre o quattro millenni d civiltà, è difficile essere originali in politica, in arte, in filosofia, in matematica e in tutto il resto. L'adagio latino Nihil sub sole... è una sintesi di saggezza. E il nuovo dovrebbe essere costituito dal programma fascista? Per quanto orgogliosi, non giungiamo a simili aberrazioni. Non intendiamo di avere scoperto l'America e nemmeno la polvere. Non abbiamo voluto dar fondo allo scibile. Non abbiamo la pretesa grottesca di considerarci gli apportatori di un nuovo vangelo per la salvezza degli italiani. Abbiamo il senso del limite, il senso delle possibilità e rifuggiamo dai deliri di grandezza" - così in un articolo pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 14 ottobre 1921;

    - nel discorso al Senato del 27 novembre 1922, il Duce disse: "Non intendo improvvisare del nuovo: l'esempio delle altre rivoluzioni m'insegna appunto che non si può dar fondo all'universo e che ci sono dei punti fondamentali nella vita dei popoli che conviene rispettare";

    - in un discorso al popolo di Perugia, dichiarò: "Forse noi siamo i portatori di un nuovo sistema politico; siamo i portatori di un nuovo tipo di civiltà e questo tipo di civiltà parte da presupposti lapidari, infrangibili e fondamentali in tutte le società umane" (5 ottobre 1926);

    - nel settimo capitolo della sua autobiografia, uscita nel 1928, dichiarò che "non esiste una rivoluzione che possa cambiare la natura degli uomini";

    - nella seconda parte della Dottrina del Fascismo (1932), Mussolini scrisse che lo Stato fascista "non crea un suo dio così come volle fare a un certo momento nei delirî estremi della Convenzione, Robespierre né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo. Il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio così com'è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo".

    Nella prima citazione viene espresso il concetto che siamo tutti legati dalla patria comune e che nessuna progettualità politica può prescindervi; nella seconda è respinta ogni pretesa di originalità assoluta; nella terza si prende atto degli esempi del passato per trarne la conclusione che, oltre un certo limite, non si può cambiare la società; nella quarta si dice che il nuovo tipo di civiltà voluto dal fascismo parte da premesse essenziali ad ogni società, dalle quali nessuno può prescindere; nella quinta è escluso che una rivoluzione politica possa avere un valore palingenitico tale da mutare la natura degli esseri umani; la sesta citazione non necessita di molte spiegazioni, essendo sufficientemente chiara.



    Sono tutti veri gli argomenti che hai portato con dovizia di particolari ma poi c’è il calendario dell’Era fascista, quell’istituto per cui sui documenti ufficiali e sugli edifici si metteva insieme l’anno laico dalla marcia su Roma e l’anno cristiano. Non è questo un osare mettere sullo stesso piano i due poteri? Non richiama, certo anche in misura minore, il calendario giacobino?
    E pare che in qualche libro fosse stato utilizzato da solo senza più l’anno cristiano.

    Ecco io credo che, per il valore simbolico enorme, ciò dimostri che il Fascismo in nuce aveva questa tendenza e solo dover condividere la casa Italia l'abbia indotto a moderati consigli.




    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    @emv, per quanto si possa stimare Franco, non possiamo ignorare che con la sua morte, di fatto, la Spagna si trovò nuovamente in preda alle forze della sovversione. Ciò non avvenne per caso, ma perché il decesso del Caudillo provocò la crisi pressoché irreversibile dei delicati equilibri e dei compromessi su cui si fondava il regime franchista.

    Franco fece quello che poteva al meglio, non andò oltre i suoi limiti. Rimise il potere alla monarchia, purtroppo nessun principe ormai vuole esercitare la sua legittimità, contattò anche il Principe d'Asburgo-Austria Ottone ma nulla da fare. La Spagna aveva il suo antico problema del Carlismo ed Alfonsismo, il primo problema di legittimità in Europa. Il Caudillo pensò di affidare la corona all'illegittimo Juan Carlos perchè meno liberale, in ciò dimostrò il coraggio di cercare di rifondare la monarchia sacra e legittima.
    Penso che abbia fatto il massimo che poteva. Cerco gli equilibri erano faragginosi, perché il suo sistema era retto da uomini non da un'ideologia totalitaria o un burocratico statalismo.
    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE! BASTA ECOFOLLIE GREEN!


    “Sorgi, Dio, difendi la tua causa.”
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


 

 
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