La Sirenetta nera della Disney riaccende le polemiche sui social: dibattito sulla distorsione iconografica
Ennesima polemica su un certo zelo woke dell’industria globale dello spettacolo. La Disney, infatti, manda nei cinema una Sirenetta impersonata da un’ attrice di colore. Suscitando le prime azioni sdegnate sui social e l’avvio del dibattito di fronte all’ennesima distorsione iconografica a beneficio di un egualitarismo diventato ideologia. La Sirenetta, infatti, è una creazione dell’autore di fiabe Hans Christian Andersen, danese. Di questo personaggio che ha fatto sognare generazioni di bambini vi è una statua in bronzo proprio a Copenaghen e appartiene a una sfera letteraria nord europea. E’ vero che l’arte è universale, ma distorcere i contenuti e i tratti delle sue espressioni, significa violarne l’anima e la tradizione che essa allaccia lungo le generazioni.
Erano gli anni ’90 e andava nei cinema Aladdin, riadattamento animato da una novella delle Mille e Una Notte.
Nell’opera Disney gli attori avevano, giustamente, fattezze arabe, perché la storia raccontata proveniva dalla cultura medio orientale (in realtà, ad essere ancor più precisi, nel racconto originario Aladdin era cinese). E nessuno si sarebbe mai sognato di obiettare.
Così come, sempre la Disney, ha portato sugli schermi Pocahontas, rivisitazione di una storia (realmente accaduta) di un’indigena che salvò la vita ad un colono nel XVII secolo. La protagonista, correttamente, aveva le sembianze di una nativa americana. Questo a dimostrare che il novero delle molteplici culture che animano il mondo racchiude storie in cui ogni cultura, e ogni etnia, può sentirsi pienamente rappresentata, e ogni bambino di qualsiasi colore della pelle può identificarsi. Senza inutili forzature.
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