@mary ann, dai continua con la narrativa fino al arrivare al crollo del sistema sovietico, in particolare i mesi immediatamente precedenti.*
Mi piacerebbe avere la testimonianza di una che ha vissuto quel periodo; ne ho parlato con dei russi, ma io non parlo russo, loro poco inglese o italiano così non ho potuto approfondire più di tanto.
Grazie.
*Ma fallo gradualmente rispettando la cronologia, cioè ci hai lasciati che avevi 12 anni.. non saltare ai 25.
Com'era la scuola in URSS?
@Antony The Tripe
Ho lasciato il paese nel 1988.
Non ho vissuto il crollo in diretta.
Veramente il racconto della mia casa è arrivato a miei 12 anni per essere completo.
Cercherò di rispettare la cronologia, ma non posso promettertelo, se mi viene in mente qualcosa di interessante, lo scriverò, poi magari chiedo alla moderazione di spostare il post.
Ti risponderò in un altro thread, quello sull’URSS, ok?
Originariamente Scritto da …:
“Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.
https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108
Da quel che leggo non sei interessato alla comodità, cibo buono, alle novità/curiosità gastronomiche, ai negozi, alle cose costose, ma durature.
Secondo me faresti un viaggio di 10 ore in bus se è a gratis o super scontato e mangeresti in piedi se il pranzo offre la ditta.
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Viaggiare in autobus mi piace molto, mi permette di scoprire la gente locale e guardare i paesaggi, lo scorso agosto ho fatto Vilinius-Riga (5 ore in bus), Riga-Tartu (altre 5 ore) Tartu Narva (3 ore) e in treno da Narva a Tallin (3 ore), non sono tirchio sul cibo ma è proprio che mi piacciono le cose ultrasemplici e avere la possibilità di farle spesso, che serve se devo spendere tanto e andare via ogni 3 anni, come fanno tanti?, io ogni due mesi faccio un viaggio, dal 26 ottobre al 1 novembre sono di nuovo in viaggio
Incidente
Prima faccio una premessa.
Io e mio fratello eravamo due bambini pallidi, deboli e deperiti.
Il medico ci ha consigliato un’alimentazione ricca, nutriente e varia.
Mia mamma non aveva soldi per nutrirci bene.
In città c’era una scuola materna con i pasti rinforzati, ma era difficile entrarci lì, c’era solo un solo posto nel,gruppo dei grandi e allora hanno preso me.
Mio fratello ha avuto un posto nella scuola materna che si trovava dall’altra parte della città.
Mia mamma faceva i salti mortali per poter portare noi in due asili diversi con i mezzi pubblici strapieni e arrivare al lavoro in tempo.
Lavorava in una fabbrica, faceva tubi di alluminio bucati per una specie di sdrai.
Fine della premessa.
Avevo 5 o 6 anni, mio fratello 3 anni e mezzo o 4 anni e mezzo.
Era una giornata come tutte le altre: svegliarsi, lavare la faccia, vestirsi velocemente e correre alla fermata del filobus sperando di entrare nel primo mezzo pubblico, che a volte erano così pieni che nemmeno si fermavano alle fermate.
Era l’inverno, faceva molto freddo, le strade erano innevate e molto scivolose.
Per prendere il filobus dovevamo fare una discesa, piuttosto ripida, molto scivolosa, bisognava stare attenti per non cadere, ma c’era sempre qualcuno che cadeva e, non potendo alzarsi sulla discesa, scivolava giù e si ferma al ciglio della strada.
Mia mamma scendeva lentamente, di lato, tenendoci per mano.
Alla fine della discesa vide il filobus, prese mio fratello in braccio e iniziò a correre.
L’autista del filobus non riuscì a fermare il mezzo per via della strada ghiacciata, prosegui un po’ oltre alla fermata, lei scivolò e scomparve sotto il filobus.
L’ultima cosa che lei riuscì a fare è gettare mio fratello nel cumulo della neve che c’era di fronte.
Mi ricordo tutto.
Io rimasi ferma davanti il filobus, mio fratello stava seduto davanti a quel cumulo di neve, vicino a una casa di mattoni scuri.
Dopo la frenata rumorosa e un urlo - mi pare - cadde il silenzio.
La folla immensa stava zitta.
Piano piano si fermavano le rare macchine.
Si avvicinavano i passanti.
La folla diventava sempre più numerosa.
L’autista uscì fuori dal mezzo.
La sua faccia era rossa, a macchie, sì, proprio a macchie.
Stava lì e non diceva niente e faceva niente.
La folla si è svegliata di colpo e ha iniziato a gridare.
Dicevano di tutto all’autista.
Non capivo tutte le parole, le ho capite dopo.
L’autista non diceva nulla, stava lì, accanto al mezzo e non si muoveva.
Nemmeno io mi sono mossa, nemmeno di un millimetro.
Mio fratello invece è stato tirato su e una donna lo teneva per mano.
Poco dopo vidi una testa a spuntare fuori dal di sotto del filobus, poi le spalle, poi tutto il corpo.
Era mia mamma.
Uscì fuori, ci prese per le mani, zittì la folla inferocita e si mise a camminare in silenzio verso un’altra fermata.
Non si fece niente, mi pare, ma non sono sicura, mi ricordo che camminavamo più lentamente del solito.
Una volta saliti sull’autobus, una signora le disse che aveva il cappotto tutto sporco dietro, al che mia mamma le rispose che era caduta.
La signora la guardò e le disse che lei ha visto la sua caduta…
La sera mia mamma ha raccontato alla vicina di casa dell’accaduto, forse lei gliel’ha chiesto, perché la cosa era successa a 100 metri da casa nostra e forse qualche vicina ha visto l’incidente e voleva sapere i particolari.
La mamma le ha detto che d’un tratto si trovò sotto il filobus.
Era lucida, sapeva cosa le è successo.
Ha iniziato a pensare come uscire da lì.
Strisciare in avanti era più comodo anche se la strada era più lunga.
So che in quel giorno lei arrivò al lavoro con parecchio ritardo.
Il cappotto lo dovette buttare, mi pare, non riuscì a ripulire la macchia, era una grande macchia di benzina o di grasso scuro che le si rovesciò sul cappotto mentre era sotto il filobus.
Poco dopo l’incidente lei smise di lavorare perché non riusciva a portarci nelle scuole materne così distanti, doveva camminare e prendere diversi mezzi pubblici per portarci alle scuole materne e poi altrettanti mezzi per tornare indietro e altri mezzi per arrivare al lavoro.
Spesso non riusciva ad arrivare in orario.
Ha provato a cercare un altro lavoro e non l’ha trovato, credo per via della fede.
Le dicevano di no.
Ma forse c’erano anche altri problemi.
Era diventata molto triste e silenziosa.
Si è ammalata di depressione.
Ma questa è un’altra storia.
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