Mense
Adoravo le mense, le amavo con tutto il mio cuore.
Prima di tutto amavo i profumi di cibo buono, erano così invitanti, mi davano una gioia immensa.
Il profumo intenso di cibo mi “diceva” che tutto va bene, che ogni cosa può essere cambiata, che nulla è perso, che il mondo va avanti.
A casa nostra c’era poco cibo e spesso sempre lo stesso, invece nelle mense c’era di tutto.
Pranzare in mensa costava meno che fare il pranzo, però si doveva stare attenti a non spendere troppo.
Non stavamo attenti e andavamo a mangiare in mensa.
Nella nostra via c’erano due mense e un ristorante.
I profumi più gustosi erano vicono al ristorante, una cosa spaziale.
Andavamo lì anche solo per sentire i profumi celestiali e a volte anche per sbirciare la gente.
Erano vestiti di festa, gli uomini erano in giacca e cravatta, tutti galanti e premurosi, le donne belle e allegre, alcune avevano vestiti lunghi.
Alcuni fumavano e tutti bevevano lo champagne.
Molti erano disinteressati al cibo, lasciavano portar via i piatti con bistecche e torte.
Non capivo come si possa fare una casa del genere.
In quel ristorante sono stata una volta sola, ma questa è un’altra storia.
Il profumo del cibo mi donava buon umore, mi rendeva allegra, mi metteva in attesa di qualcosa di bello, di memorabile.
Credo che mi collegava a un qualcosa che “sapeva” di felicità.
La prima mensa era praticamente di fronte alla casa.
Spesso c’era la fila, ma noi eravamo pazienti.
Durante l’attesa pensavamo ai piatti che avremmo mangiato.
Io di solito prendevo una minestra, patate, riso o maccheroni con tanto sugo, chiedevo la doppia porzione di sugo.
Lo chiedevo molto gentilmente e spesso ottenevo anche la tripla porzione di sugo.
Ero contenta, il sugo di carne era così buono.
Aveva color marroncino chiaro, era denso e aveva tanti cerchi di grasso sulla superficie, super appetitosi.
Poi quel sugo lo mescolavo con la pasta e così nasceva la favola.
Il sugo era gratis.
Prendevo anche un bicchiere di kompot di mele secche.
Era buono, ma era troppo dolce, ma ovviamente “il troppo dolce” non mi ha mai fermato.
La carne la prendevamo di rado, costava troppo.
Ogni tanto prendevamo pesce, costava meno di carne.
Prendevo un’insalata di cappuccio, mi piaceva tanto, era tagliata finissima ed era così ben condita con sale, aceto e olio.
Prendevo sempre due fette di pane per raccogliere il sugo e per saziarmi di più.
Per anni ho avuto questa abitudine di mangiare tutto con il pane, anche la pasta o il riso.
La seconda mensa era un po’ lontana, era un po’ più costosa ed era anche più frequentata della prima.
Aveva il pregio di aver cibi dietetici, per questo la gente ci andava lì.
Bastava dire il numero della dieta ( Tavolo №…) e ti davano solo pietanze adatte.
Facevano delle zuppe eccezionali, dense e profumate, anche il gulasch era stra buono.
Mi ricordo che dopo averlo assaggiato lo volevo sempre, ma potevo prenderlo perché costava come un pranzo intero.
Accanto alla seconda mensa c’era una bella pasticceria, dove vendevano dolci squisiti.
Che bontà. Mi ricordo che a volte dopo la mensa la mamma ci comprava un dolcetto.
Aspettavamo questo momento con gioia.
Certi bambini si accontentano di poco, noi eravamo quei bambini.
Quando ho assaggiato per la prima volta Zefir al cioccolato e la torta Karpaty, mi sono catapultata nel Paradiso dei Sensi.
Ho camminato nella Allea dei Sapori.
Mentre scrivo, ogni tanto chiudo gli occhi per rivivere da vicino quei dolci ricordi.
A vote mangiavamo in una caffetteria in pieno centro, dove mia mamma ha lavorato per qualche anno, faceva la lavapiatti, un lavoro difficile e molto faticoso, lavava centinaia di piatti, bicchieri, tazzine, posate, coppette al giorno, tutto a mano, tutto con l’acqua quasi bollette e tutta l’acqua sporca doveva portarla via lei cin i secchi.
Tornava a casa con le mani rosse e gonfie.
Non so come abbia fatto.
Sono stata nella cucina più volte, era un posto lugubre, buio, brutto, totalmente inospitale, con due lavabi pieni di piatti e posate.
Aveva una lampadina pallida, una piccola finestra sporca di polvere secolare.
La porta esterna era sempre aperta, perché non era possibile aprirla ogni volta con due secchi pieni di acqua in mano.
Le condizioni di lavoro erano tremende.
In quella caffetteria noi mangiavamo i würstel.
Buonissimi, stra gustosi.
Li servivano bollenti, accompagnati da un morbido panino, ketchup e senape.
Noi prendevamo anche il succo di pomodoro, un connubio fantastico tra il caldo e il freddo, tra il giusto morbido di würstel caldo, ciccio e succoso e il succo di pomodoro leggermente aspro e fresco.
Al primo morso il würstel faceva un simpatico kroc.
Per anni ho amato i würstel con senape e succo di pompelmo, quel kroc allegro, quei cibo stupendo.
Ogni tanto la sera andavano dalla mamma.
La signora che vendeva gelato si chiamava Frida, era un nome insolito.
Aveva fatto qualche anno di galera per aver fregato i clienti pensando male i gelati.
Ma con noi era gentile.
Ogni tanto ci offriva un gelato.
Mi ricordo ancora quella bella coppetta di acciaio opaco che anni fa era lucido con due palline di gelato alla panna con una generosa spolverata di cacao.
Aspettavo che il gelato iniziasse a sciogliersi e solo dopo cominciavo a mangiarlo, mi piaceva il gelato leggermente morbido, che non lotta con il cucchiaino.
Che bei momenti.
La mensa più chic, diciamo così, era molto lontana dalla casa, ci andavamo solo ogni tanto e solo di domenica.
Facevano polpette stupende e anche le bistecche impanate erano buone.
Povera mia mammina, lei voleva mangiare la carne, ma non voleva spendere e ogni volta che decideva di prenderla si giustificava a voce: - “Penso di prendere una polpetta ( bistecca, gulasch ecc), perché lavoro sodo, devo avere le forze”.
Noi le dicevamo di prendere la carne, ma noi non capivamo nulla delle spese, delle sue preoccupazioni quotidiane e dei suoi problemi esistenziali.
Quella mensa si trovava in una bellissima zona, molto tranquilla, lì c’erano alcuni dei condomini degli anni ‘40 e ‘50, li guardavamo curiosi, erano così maestosi e particolari, avevano cupolette e terrazze sui tetti.
Ogni volta che li guardavo, pienavo di come sarebbe bello entrarci lì per vedere come voce quella gente felice.
Non avevo dubbi che loro fossero assolutamente felici.
Il pranzo in mensa non costava tanto se prendevi solo il promo, contorno, pane e kompot, forse 30, 40 kopejki.
Se prendevi anche la carne e un dolcetto costava circa un rublo per persona, mia mamma prendeva circa 2.50 -3 rubli al giorno.
Questo mio ricordo delle mense è ancora così forte, provo un’immensa dolcezza.
Erano momenti belli e spensierati.
Ricordo ancora molti profumi, tutti così meravigliosi, i profumi così non esistono più.