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  1. #1
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    Predefinito Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Mia mamma

    Mia mamma era molto credente, lei ci credeva in Dio per davvero, la sua Fede era Fede dalla F maiuscola.

    Mi ricordo che le sono stati negati diversi lavori, niente di che, tutti usuranti e fisicamente molto pesanti, perché lei nel questionario sulla fede rispondeva sempre Credente.

    Spesso il lavoro non glielo davano, il che era strano, stranissimo.

    Abbiamo passato mesi o forse anni tremendi.

    Mia mamma non sapeva cosa fare.

    Io ero piccola, non ricordo tutto, ma mi ricordo che pregava ogni notte per la salute e per il lavoro.

    Mi ricordo che a casa c’erano solo fagioli da mangiare, pane e semi di girasole.

    Mi ricordo che si scusava con con noi, dicendo “abbiamo di nuovo solo fagioli per pranzo”.

    In casa i soldi non c’erano mai.

    Mio padre pagava gli alimenti, quando pagava, ma erano pochi, tipo 30 o 40 rubli al mese.

    Mio mamma andava al mercato per raccogliere le legna delle cassette di frutta rotte, poi nel cortile tirava fuori i chiodi, poi bruciava la legna nella stufa.

    So che raccoglieva anche la frutta e verdura buttata dai contadini, poi la curava a casa, una metà via, l’altra metà nella pentola o sul tavolo.

    Ha dovuto vendere tutto, anzi, svendere per poter comprare da mangiare.

    Aveva delle bellissime stoffe, le ha vendute, due vestiti di seta, venduti anche quelli.

    Lei quando lavorava risparmiava su tutto, anche sulle alici in salamoia.

    Prima di sposarsi aiutava a suo nipote, perché sua madre andava in giro e si curava poco del figlio.

    La mia non è una critica, anche mia zia ha avuto una vita difficile, ha dovuto smettere di volare, è rimasta vedova con due bambini piccoli ai tempi di guerra.

    Mia mamma portava a Ivan ( suo nipote) le alici, pane o patate.

    Era cibo molto prezioso a quei tempi.

    Mia mamma sapeva fare dei bellissimi fiori di carta, chiedeva un po’ di rubli in prestito ai vicini, quella volta la gente prestava volentieri, comprava il materiale necessario e faceva fiori di notte.

    Poi li vendeva al mercato.

    Noi bambini, sapendo delle enormi difficoltà economiche, le chiedevamo sempre non appena tornava a casa: “Mamma, hai venduto i fiori”?

    Lei diceva sì oppure pochi.

    Se la vendita era proficua - 3 o 5 rubli -, portava a casa patate, cipolle e l’immancabile testa di maiale, di cui faceva lo strutto e non mi ricordo cosa.

    Costava pochissimo, non poteva permettersi le bistecche.

    Lo strutto lo mangiavano con pane, sale e cipolle stufate, oppure con le patate lesse.

    Raramente prendeva un fegatino di coniglio.

    Costava tantissimo, ma si diceva che era un ricostituente, noi eravamo magri e pallidi.

    E sempre affamati.

    Il cibo semplice non ci mancava, avevamo fagioli, semi di girasole, pane, strutto, tè, zucchero, una minestra di patate, ma noi volevamo qualcos’altro.

    I vicini cucinavano carne o pesce, pel’meni, golubzy, spezzatino, noi sentivamo quei buonissimi profumi e avevamo l’acquolina in bocca.

    Delle volte andavamo sentire i profumi di cibo buono vicino al ristorante che distava circa 80 metri da casa.

    Che profumi! Che piatti buoni!

    Sbirciavamo nelle finestre, guardavamo tutta quella gente ben vestita, sentivamo la musica, guardavamo i piatti pieni di ogni ben di Dio.

    Ci stupivamo sempre del fatto che la gente lasciava bistecche e torte nei piatti.

    Per me era incomprensibile, non riuscivo a capire come si fa a non voler mangiare, di buttare via la bistecca o un bel pezzo di torta.

    Questa mancanza di cibo buono, i pensieri costanti di cibo, giochi legati al cibo, attesa di cibo, racconti di mia mamma delle carestie mi hanno creato un trauma, io sono dipendente dal cibo, non mangio tanto, ma penso al cibo in continuazione, la cosa che mi preoccupa di più è una possibile assenza di cibo, carestia, cose così.

    Mia mamma è rimasta senza lavoro per tanto tempo.

    Era anche depressa.

    Andava a curarsi al fiume di notte, diceva che l’acqua fredda cura i nervi.

    Girava con le maniche corte in autunno.

    Diceva che aveva caldo.

    Pregava sempre.

    Ci diceva che tutto andrà bene, ma lo diceva con una faccia triste.

    Di domenica andava a messa, la chiesa principale era a due passi da casa nostra, dopo ci portava al parco, mio fratello era felicissimo, gli piacevano le giostre.

    Un biglietto costava 5 kopejki per 5 minuti.

    Avevamo un’antica moneta d’oro, molto rara e molto preziosa, valeva tantissimo.

    Nei momenti più bui mia mamma voleva venderla per 100 rubli.

    Povera mia mammina, quella moneta valeva come un appartamento, ma lei non lo sapeva, era così pura, così ingenua e così onesta.

    Poi la moneta è sparita, qualcuno ce l’ha rubata.

    Nessuno di noi è stato fortunato con i soldi o con averi, specialmente mia mamma e mio fratello.

    Erano talmente distaccati da tutto il materiale, io no, perché ho capito sin da bambina che con i soldi mangi, compri cose, ti danno la libertà.

    Però nemmeno io sono stata fortunata in modo particolare, a parte qualche vestito carino preso in sconto o qualche paio di scarpe non ho niente.

    Ho investito molti soldi in attrezzature di cucina, ma mi sono state sottratte tutte.

    Avevo tanti libri, non ci sono nemmeno quelli.

    Non sono riuscita a comprarmi nemmeno una casa di 30m2, non riesco ad aiutare a mia figlia.

    Credo che sono incapace a fare certe cose o forse nella mia situazione nessuno riuscirebbe a comprare le case.
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  2. #2
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Attività commerciali

    Da quel che ne so tutto era organizzato dallo stato, almeno fino al 1988.

    So che dopo il crollo dell’URSS alcune mie amiche che facevano le parrucchiere hanno comprato/affittato la poltrona in un salone e hanno cominciato a lavorare per conto loro.

    Se fossi rimasta in URSS credo che anch’io avrei fatto così.

    Però anche quando era l’URSS si poteva lo stesso lavorare per se stessi.

    Ad esempio, mia mamma sapeva fare dei bellissimi fiori di carta, è un lavoro molto laborioso e di precisone.

    Ogni tanto li vendeva al mercato cittadino e non doveva pagare nulla allo stato.

    Pagava solo il posto, se non erro un metro di banco costava 60 kopejki.

    Gli idraulici, muratori, elettricisti erano molto richiesti, lavoravano dopo il lavoro principale per un rublo, due o tre, aggiustavano qualcosa nelle case private.

    Erano bei soldi.

    Anche per le case private si poteva rivolgersi a chi sapeva costruire.

    Anche gli imbianchini erano molto richiesti.

    Però molti uomini/donne sapevano fare tutto da soli/e.

    Chi lavorava in nero non dovevano dare nulla allo stato.

    Non so come erano inquadrati i venditori di frutta, salumi, latte ecc.

    Ogni estate c’erano tantissimi venditori delle angurie, meloni, arance, limoni, fragole, pomodori che arrivavano dalle regioni del Sud.

    Non ho idea per chi lavorassero.

    In città c’era un mercato fantastico, fornitissimo, c’erano un sacco di gente.

    Si vendeva tutto: salame fatto in casa, conserve casalinghe, latte appena munto, carne, polli ruspanti, uova di casa, panna acida buonissima, burro fatto in casa, ricotta fatta in casa, riazhenka ( bontà divina, non esiste l’analogo), prosciutto cotto fantastico, salame nello strutto, strutto, grasso d’anatra, cetrioli in agrodolci e quelli delle botti in legno, pomodoro nei vasi, insalate nei vasi, mele, pere nei vasi, compot di fritta nei vasi, marmellate fatte in casa, crauti profumatissimi, lardo stra buono, olio di girasole artigianale stra profumato, conigli e fegato di coniglio che era considerato il top.

    Anche le fragoline di bosco. Profumatissime, buonissime.

    Vendevano anche ll miele fantastico, mi piaceva un sacco.

    Moltissime cose si potevano assaggiare prima dell’acquisto.

    Si vendevano anche i cesti fatti a mano, ne ho uno, ha due manici, e adatto anche per far la spesa.

    Lapti fatti a mano, ne ho anche quelli, mai messi.

    Foulard/fazzoletto di lana, molto caldi, ma alcuni beccavano, perché erano fatto di pura lana grezza, vendevano pelo di cane per scopi curativi, propoli, erbe medicinali.

    Vendevano anche oggetti diventati inutili, alcuni molto belli, vendevano cimeli di guerra.

    Mi ricordo che nel 1992 vidi una fisarmonica bellissima nuova a un prezzo ridicolo.

    Noi compravamo poche cose: strutto, carote, patate, pomodori in sconto per la minestra ( borsch), miele, un erba medicinale.

    Ogni tanto mia mamma comprava il fegato di coniglio, si diceva che era un ottimo ricostituente.

    Credo che sia vero.

    Costava 1 rublo e 50 kopejki l’uno.

    Era molto caro.

    Noi eravamo sempre molto curiosi, adoravo andare al mercato.

    La sera sognavo di essere ricca per comprarmi tutte quelle cose.

    Ero bambina, ma ero così precisa nei miei desideri, me li ricordo ancora.

    Sono da sempre attratta dal cibo e da ciò che gira intorno a esso.
    Originariamente Scritto da …:
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  3. #3
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Viaggio in Kalmykia

    Ultimamente penso tanto, specialmente la sera o all’alba.

    Spesso mi viene in mente la mia infanzia, alcuni eventi riaffiorano ogni tanto, scivolano via dalle porte socchiuse della memoria, dando via ricordi spezzati o intrecciati.

    Ieri sera mi è venuta in mente un posto desolato, freddo e inospetale.

    Quel scemo di mio padre è riuscito a convincere mia mamma di trasferirsi in Kalmykia.

    Diceva che lì c’era lavoro, davano case agli operai, c’erano asili, scuole.

    Peccato che subito dopo il trasferimento ha capito che la Kalmykia non era per lui, quindi è tornato in patria.

    Da solo. Ci ha lasciati senza soldi, in un posto sconosciuto, ostile, triste e cupo.

    Abitavamo in una piccola stanza senza finestra, c’era il vetro sulla porta, da dove entrava un pò di luce.

    Mia mamma ha dovuto cercarsi un lavoro, andava pulire gli uffici.

    Ogni mattina all’alba mi svegliava per andare al lavoro, non si fidava di lasciarmi da sola, perché anche se ero piccolissima, ero molto sveglia, curiosissima, parlavo tantissimo.

    Mio fratello lo lasciava da solo, ogni tanto la vicina di stanza gli dava un’occhiata.

    Uscivamo al buio, dovevamo attraversare un pezzo del paese e un grande campo, dove soffiava sempre un forte vento, era pieno di rotolacampo e di citelli.

    Il vento era gelido e secco, non so com’ero vestita, ma credo come tutte le bambine sovietiche, specialmente quelle povere: valenki, galoscii, portianki, un grande fazzoletto di lana, intrecciato sul davanti e legato sulla schiena.

    Una volta arrivati negli uffici, mia mamma mi lasciava su un grande vecchio divano di pelle consumata, ma io, nonostante fossi stanca, non riuscivo a dormire per via delle luci accese e rumori.

    Questi ricordi sono i miei primi ricordi credo, o sono tra i primi.

    Mi ricordo che vicino alla casa c’erano tanti sassi ed erano enormi e sotto vivevano le rane.

    I ragazzi più grandi giocavano con loro.

    Ogni volta che penso a quel posto, mi assale una tristissima tristezza, ero piccolissima, ma capivo molte cose.

    Dopo un pò di tempo, si tratta di mesi credo, mia mamma è riuscita a guadagnare i soldi per i biglietti e siamo tornati in patria.

    Ma questo ultimo fatto me l’ha raccontato lei.
    Originariamente Scritto da …:
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  4. #4
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Un ricordo del passato

    Ero felice quando ero fuori di casa, perché facevo cose interessanti e divertenti, avevo molti amici, giocavamo tutti insieme, piccoli e grandi, ma quando ero a casa ero infelice, triste e irrequieta.

    Solo libri mi davano gioia e pochi giochi.

    A casa non c’era nulla che mi piaceva: una stanza di 16m2 altra 4,16 metri, molto umida, buia, povera, freddissima.

    Era una casa triste, senza gioie.

    Era una casa muta.

    Le mura di casa hanno assorbito i nostri umori, preoccupazioni, dolori, sogni non avverati, le notti insonni di mia mamma, i suoi passi alle tre di notte.

    Lei aveva i reumatizmi, le sue ginocchia si gonfiavano e le facevano molto male, prima di andare al lavoro doveva camminare molto per far sì che le gambe la tenessero.

    Le mura hanno assorbito anche la sua gravissima depressione e le lacrime di mio fratello perché lui era l’unico del palazzo che non aveva un papà e lo desiderava più di ogni cosa al mondo.

    La casa aveva pochi mobili, tutti vecchi.

    Non avevamo frigo, né la tv, né la radio, niente.

    Quando non potevamo uscire giocavamo insieme: io ero la principessa, lui era un povero cavalliere.

    Io non ho mai interpretato la parte della povera.

    Anni dopo mi pentii di questa mia scelta, forse anche a mio fratello sarebbe piaciuto di essere un nobile o ricco almeno per gioco.

    A volte lui gocava con i soldatini di ferro o faceva qualcosa con la plastilina, oppure era impegnato con le costruzioni, aveva delle bellissime costrizioni di alluminio.

    Io giocavo con una piccola bambola, si chiamava pupsik in russo, gli cucivo i vestitini, scarpette, aveva un lettino con cuscino, coperta e lenzuola.

    Abitavamo in centro storico, vicino a casa nostra c’era un negozio di stoffe, in cui c’era il servizio di taglio e cucito, le sarte ci regalano piccoli ritagli di stoffa, spesso bellissimi e noi, bambine, eravamo felici.

    Poi facevamo le gare, quale bambolina era vestita meglio.

    Io non vincevo mai, perché la nonna di una mia amica faceva i vestitini con i ferri, bellissimi, non potevo di certo competere.

    Avevo anche un’altra bambola, nevaliashka, una bambola che non cadeva mai, restava sempre dritta.

    Ogni tanto giocavamo a scacchi, ma sia io che mio fratello eravamo alle prime armi.

    Lui era più forte di me. Amava giocare a scacchi.

    Giocavamo anche a carte, io ero bravissima, ma non esiste un gioco simile in Italia.

    Adesso nemmeno ricordo come si gioca.

    La sera, ma solo la sera, giocavamo a un gioco speciale, si chiamava “Cosa porteresti con te se dovessi andare al Nord?”

    Il Nord era proprio Nord, la Siberia, dove c’è freddo, gelo, burrasche, tanta neve.

    Qui la nostra immaginazione non aveva limiti, portavamo tutto, ma proprio tutto, le descrizioni erano lunghe e precise, ma proprio quello era il divertimento: staccare dalla realtà, rendere la nostra vita più ricca e gustosa.

    Mi ricordo che eravamo nei nostri letti, fuori c’era la burrasca, il vento cantava le sue solite canzoni e noi parlavamo/sognavamo l’abbondanza, qualcosa di caldo, di molto gustoso, di irraggiungibile.

    Ecco, quei momenti mi piacevano tanto, perché non erano reali, erano un sogno, un gioco inventato da due bambini che cercavano in ogni modo do addolcire la loro vita, un tocco gentile per l’anima.

    Penso molto spesso a quella casa, ora credo di amarla in un certo modo, fa parte di me, senza di lei non sarei io.

    Ma il mio passatempo principale erano i libri, i libri mi hanno salvata, ne sono certa.

    Ho imparato a leggere prestissimo, a 4 anni. Ero molto sveglia e intelligente.

    Divoravo i libri, andavo in biblioteca da sola già a 5 anni, facevo complimenti goffi alle bibliotecarie perché così mi davano più libri da portare a casa, perché c’era un limite.

    Mia mamma mi sgridava, diceva che sforzo troppo gli occhi, aveva ragione, ma io non potevo resistere ai libri, leggevo tutto ciò che mi capitava.
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

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  5. #5
    So di non sapere
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Sei una brava persona, Mary, e hai vissuto esperienze che quasi tutti qui non immaginano neanche e che dileggiano solo perchè non riescono a comprenderle appieno.
    Un abbraccio forte e un in bocca al llupo a te e a tutta la tua famiglia

  6. #6
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Citazione Originariamente Scritto da -Socrate- Visualizza Messaggio
    Sei una brava persona, Mary, e hai vissuto esperienze che quasi tutti qui non immaginano neanche e che dileggiano solo perchè non riescono a comprenderle appieno.
    Un abbraccio forte e un in bocca al llupo a te e a tutta la tua famiglia
    Grazie @Socrate!

    Un forte abbraccio.
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

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  7. #7
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    La città

    Abitavamo in una città di circa 300mila abitanti.

    Era una bellissima città, mi piaceva un sacco.

    C’erano tanti parchi, tanti alberi, tanti aiuole di fuori di tutti i colori.

    C’era il fiume che divideva la città in due e dove la gente andava a fare il bagno.

    Si poteva affittare una barca a remi e fare un giretto sul fiume passando sotto gli alberi.

    L’acqua del fiume era verde, non so perché, me la ricordo così.

    Le barche si poteva noleggiare nel parco cittadino, se non erro il prezzo era di 1 rublo all’ora.

    Nelle domeniche estive il fiume era pieno di barchette che andavano su e giù.

    Il parco era molto grande e ben attrezzato per le passeggiate, c’erano panchine dappertutto, c’erano le giostre che però lavoravano solo nei mesi estivi.

    C’era una pista da ballo.

    Io e mio fratello eravamo molto curiosi della gente che ballava, si trattava più che altro di balli americani o qualche lento, eravamo incollati al recinto, ma a mia mamma quei balli moderni non piacevano affatto.

    Mio fratello amava andare alle giostre, gli piacevano in modo particolare le barchette che andavano su e giù.

    Lui voleva andare sempre più in alto e noi, io e mia mamma, gli dicevamo “ma non hai paura?” ed lui si sforzava ancora di più per volare più n alto.

    Era così felice in quei momenti.

    Noi aspettavamo sempre domenica per andare al parco.

    Ricordo che litigavamo per chi deve tenere la mano destra di mia mamma, chissà perché crediamo che fosse più importante.

    Una volta mia mamma ci disse che la sua mano destra era di tutti e due e dovevamo usarla a turno e così i litigi cessarono di colpo.

    Intorno a casa nostra c’erano tanti negozi, più che altro alimentari dove fino a metà degli anni ‘70 si trovavano parecchi cose buone: pane, burro, panna acida, latte fresco, ricotta, diversi tipi di salumi, lardo, olio, succhi di frutta, limonata, caramelle, cioccolatini, biscotti.

    Nelle vicinanze avevamo tre grandi negozi alimentari, ognuno lo chiamavano con i nomignoli inventati.

    Quello più triste era quello all’angolo, lo chiamavamo spesso con un numero, ma me lo sono scordata.

    Era un grande negozio di soli alimentari, dove c’era sempre folla per comprare la vodka.

    Una folla di uomini che facevano fila.

    Mi ricordo ancora quella folla, chiasso, la gente che spingeva, il pavimento bagnato, il rumore delle casse, donne con le borse.

    Io andavo lì per comprare pane, latte, lo scatolame, burro e olio.

    Delle volte andavo anche alle 10 sera e così mi armavo, portavo con me una grande forchetta.

    Facevo lo stesso una corsetta, perché la strada, nonostante trovasse in centro, era deserta, perché non c’erano i negozi lì, solo un albergo all’inizio della strada.

    Che ingenua che ero, pensavo di salvarmi da un uomo malintenzionato grazie a una forchetta.

    Volendo potevo passare per i cortili per spuntare poi sulla strada principale, piena di gente, ma erano talmente bui e pieni di vecchi bagni fatiscenti che mi facevano più paura del breve percorso deserto.

    Continua…
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  8. #8
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    La città (seconda parte)

    La via in cui abitavamo era una via centrale, ma molto tranquilla.

    Le macchine erano pochissime, i mezzi pubblici c’erano solo sulla via principale, le bici e moto praticamente non esistevano, la gente si muoveva principalmente a piedi.

    La via era lunga forse 200-250 metri in tutto, i servizi offerti erano tanti.

    Un negozio di alimentari abbastanza grande alla fine della strada, di fronte c’entra una mensa e una pasticceria, dove vendevano dolci squisiti: Karpaty e Zefir, ma noi li compravamo molto raramente e solo un pezzetto.

    Ma io andavo a curiosare lo stesso, anche senza comprare, mi piaceva guardare i dolci nelle vetrine.

    Mi piace guardarli anche adesso.

    C’era un ufficio postale, una filiale della banca, proprio di fronte a casa nostra, un’altra mensa e c’era anche un albergo con il ristorante.

    Nella viuzza di fronte che portava alla via principale c’era un negozio di cancelleria, il calzolaio, un piccolo negozio di penne, il fotografo.

    Dietro l’angolo c’era io negozio di stoffe, dove io con le mie amiche andavano a chiede i ritagli e un salone di parrucchiera per i bimbi.

    Dal lato opposto della viuzza c’era una grande discesa e anche nella via parallela alla nostra c’erano tanti negozi, ma la cosa più bella era il mercato contadino.

    Se chiudo gli occhi lo vedo chiaramente, con i colori dell’epoca, tanti banchi coperti e tante donne a vendere i prodotti dei loro orti.

    Invitavano i clienti ad assaggiare la merce: semi di girasole tostati, semi di zucca, cetrioli in salamoia, krauti.

    A me piaceva andare lì il sabato pomeriggio verso la chiusura.

    C’era un’aria silenziosa e nostalgica, avvolta in un specie di aura dorata, dovuta forse al calare del sole, ogni movimento lo “vedo” al rallentatore.

    L’aria era tiepida, ma non bollente, non cera vento, i raggi del sole dopo aver perso la loro forza micidiale scaldavano dolcemente, le donne contadine erano lì, più serene che al mattino, anche gli ultimi clienti si muovevano lenti, come se volessero assaporare il resto della giornata, trattenerla in sé per sé e per i posteri.

    Le trattative erano meno accese, i venditori volvevano concludere per non tornare a casa con la merce non venduta, mentre gli acquirenti compravano volentieri la merce scontata.

    Non c’era chiasso, né folla del mattino.

    Amavo quelle giornate, amavo curiosare tra i banchi, guardavo lunghe trecce di cipolle, enormi pomodori rosa che arrivavano da Krasnodar.

    Amavo la mia infanzia.

    Mi mancano tantissimo quei momenti, c’era mia mamma e mio fratello a casa, tanti amici sempre pronti a giocare, c’erano tante cose da fare, mille progetti così belli, ingenui, e tanti sogni in cui solo bambini possono credere.
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  9. #9
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    La città ( terza parte )

    La via principale era bellissima.

    Siccome abitavamo a due passi dal centro giravano lì ogni giorno per necessità e per diletto.

    La via cominciava con un incrocio, era lunga circa due metri.

    Era molto vivace.

    Per alcuni anni la strada era percorribile con i veicoli, dopo l’hanno fatta pedonale.

    All’angolo c’era un grande negozio di alimentari, accanto c’era un panificio, di fronte c’era una grande libreria, una sala da tè, una gelateria per asporto.

    Di fronte c’era il cinema dove io andavo molto volentieri, c’era un locale dove si poteva mangiare qualcosa, in cui mia mamma lavorò per anni come lavapiatti.

    Di fronte c’era la mia scuola.

    L’edificio era molto bello, prima della rivoluzione ospitava il ginnasio femminile.

    Era un palazzo bellissimo, molto imponente, con una enorme porta di legno.

    Le aule erano enormi, i corridoi erano enormi.

    Credo la nascita di mia poesia Corridoi si deve anche quei corridoi larghi, alti e lunghi, dove ho passato tantissimo tempo.

    Io amavo quei corridoi.

    Erano così maestosi, così regali.

    I soffitti erano così alti.

    Quanta gente era passata per lì…

    Di fronte alla scuola c’era un bel giardinetto con un monumento, tante aiuole bellissime, nel futuro fatte anche da mia mamma.

    C’erano tanti panchine dove la gente si fermava per leggere un libro, per fare due chiacchiere o per mangiare il gelato.

    C’era anche un piccolo parchetto, dove andavo a raccogliere le foglie cadute.

    Non so perché, ma la gente raccoglieva spesso le foglie gialle più belle.

    Accanto alla scuola c’era un altro edificio vecchio, dove c’erano i vari corsi per i bambini.

    Io ne ho frequentati tre: quello di cucina, fotografia e scacchi.

    Do fronte c’era un negozio sportivo, ma non era ben fornito, mai visto lì le scarpe da ginnastica.

    Accanto c’era un bellissimo negozio di oro, argento, diamanti, altre pietre preziose.

    Vendevano anche gli orologi.

    Da adolescente e da adulta andavo spesso lì a guardare i diamanti, mi piacevano tantissimo, ero incantata dalla loro purezza, brillantezza, mille sfumature lucenti.

    C’era sempre tantissima gente, i sovietici ne andavano pazzi per l’oro e pietre preziose.

    Di fronte all’oreficeria c’era un piccolo negozio di frutta e verdura, pessimo, c’erano poche cose lì: rape rosse, patate, verze qualche volta, carote, vasellame.

    Se vendevano arance o pesche ( rarissimamente) si formava una fila lunga un chilometro.

    Accanto al negozio c’era una discesa per andare al fiume, piena di lillà.

    Bellissima. Amavo quella strada con tutto il mio cuore.

    L’amavo per il suo forte profumo, silenzio, la discesa/salita, per la sua lentezza, ero la sua antichità, e rimasta intatta per decenni.

    Era un posto fantastico, mi ricordo di come mi sentivo, mi ricordo ancora i colori dei miei pensieri.

    Accanto all’oreficeria c’era quel negozio di stoffe, di cui vi ho parlato, dove io e le mie amiche andavamo a chiedere i ritagli.

    Le commesse erano gentili e ce li davano volentieri.

    Si infilavamo sotto un grande tavolo e rovistavamo nelle scatole, invidiando a chi trovava un pezzo di stoffa più bello o più insolito.

    Di fronte c’era la chiesa principale della città, molto bella.

    Ma non mi soffermerò sulla sua descrizione, lo farò più avanti.

    Di fronte alla chiesa cera il negozio di parrucchiere per i bambini che faceva l’angolo e una piccola viuzza che portava direttamente a casa mia.

    Dopo c’era un negozio di profumi, mi ricordo che proprio lì comprai il mio primo profumo per 55 kopejki.

    Accanto c’era un negozio di vestito, un po particolare, dove ho comprato due o tre vestito, uno ce l’ho ancora.

    Di fronte c’era un bellissimo negozio di dolci, molto grande.

    Anche lì andavo spesso, mi compravo un caramella su un bastoncino di legno di zucchero bruciato.

    Sceglievo sempre il gallo. Che buona che era. Costava 5 kopejki.

    Quando vendevano una torta speciale c’era sempre la fila.

    La vendevano molto raramente.

    Era buonissima.

    Mi ricordo che la mamma mi comprò quella tornata per i miei dieci anni, ho invitato tre amiche e loro l’hanno toccata appena.

    Mia mamma restò male ed io pure, non riuscivo a capire come si fa a non voler mangiare una torta del genere.

    L’abbiamo conservata sul davanzale dove c’era sempre freddo.

    Mi ricordo che il giorno dopo mi svegliai con il pensiero “C’è la torta!” e la mia giornata cominciò con dolcezza.

    Di fronte al negozio di dolci c’era un’altro negozio di profumi e cosmetici, molto più grande e subito dopo un negozio di parrucchiere.

    Lì lavorava la mamma di una mia compagna di classe.

    Era una famiglia molto benestante, ma erano gente buona, hanno preso in simpatia mia mamma e ogni tanto ci invitavano a pranzo.

    Avevano una casa loro con l’orto e giardino, era così bella per me.

    I pranzi erano così ricchi e così gustosi. Una favola.

    Il cibo era così abbondante.

    Avevano anche un bel giardino pieno di alberi da frutto.

    Avevano anche lamponi che noi mangiavamo direttamente dal cespuglio.

    Di fronte alla profumeria c’era un grande negozio di alimentari, strapieno negli anni ‘70.

    Mi ricordo le vetrine piene di chili di burro classico e quello al cioccolato.

    Era di una bontà divina.

    Lo compravamo raramente e poco, giusto per fare un panino: due fette di pane caldo e un bel strato di burro al cioccolato nel mezzo.

    Felicità pura. Felicità a chili. E poi subito a giocare.

    Accanto al supermercato c’era un atelier, dove si poteva cucire i vestiti su misura.

    Gli ultimi due palazzi erano bellissimi, si chiamavano “stalinka”, perché i palazzi costruiti in quell’epoca erano maestosi, con mura spesse e solide, avevano locali grandi, soffitti alti, bagni con la finestra, un piccolo terrazzino in ferro battuto.

    Belli belli belli.

    La via principale finiva lì.

    Quanti ricordi legati a quella via, quanti ricordi legati a quei ricordi.
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  10. #10
    iperbannatiSSimo
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    Predefinito Re: Ricordi sparsi: bianchi, grigi, neri, verdi

    Grazie Mary Ann per condividere parte della tua vita qua dentro... mi associo a Socrate: anch'io credo che tu sia una brava persona... e meriti molto di più di quello che la vita ti ha riservato fin'ora.
    When history comes to you enforced by law, only one thing is certain: IT'S A LIE!
    "Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme." (Charles Bukowsky)

 

 
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