Invio il seguente testo, per la conservazione della autentica tradizione linguistica e legislativa italiana:
Si è parlato tanto di 'femminicidio', si è trattato il termine come la necessaria integrazione dell'altro, l'omicidio, ma in realtà quest'ultimo già contiene in sé il significato del primo, assieme a quest'altro: 'maschicidio', a torto non usato, perché se si ha fatta la specificazione sulle femmine, la si deve fare anche sui maschi...
La legge italiana tuttavia che io sappia ha menzionato il delitto aggiungendo specificazione per entrambi i generi, senza ricorrere ad altro termine che il generale.
Dalla sperequazione linguistica del 'femminicidio' si deduce che un vasto ambiente sogna provvedimenti iniqui, sostenendo un femminismo a oltranza che va oltre ogni possibile diritto... Questo ambiente per ora ha avuto in sorte solo un linguaggio che lo rende a suo modo involontariamente sincero...
L'attuale legge, nonostante la ossessione linguistica che ho descritto, tutela i maschi ugualmente alle femmine; l'ossessione invece è indice di una società matriarcale emersa dalla clandestinità e che non conosce vero senso di uguaglianza tra i sessi. Questa società, intromessa anche nell'autentico dialogo politico, è sostenuta dal cattivo giornalismo, che manifesta anche le cortesie eccessive del vecchio maschilismo, il quale si sente in colpa per le sue prepotenze e finisce col desiderare concessioni eccessive.
Si rivelano insomma in questa vicenda un femminismo e un maschilismo inaccettabili da una vera democrazia e che sono sostenuti da moltitudini massificate, che continuano ad organizzarsi mediante concetti non del tutto dichiarati, evidentemente incompatibili con il minimo senso di uguaglianza necessario alle vere moltitudini democratiche.
Queste massificazioni sono ostili alla vera politica perché non sostengono vere idee, che potrebbero rappresentare qualcosa in politica; la idea tradizionale patriarcale ne è distinta e quella progressista-femminista ne è altra cosa...
Si tratta di fenomeni di massa che sono ostili anche ad un corretto uso della lingua italiana e che a ben vedere sono per impulsività e irriflessività costituiti da un primitivismo alieno dalla vera civiltà italiana, ancor di più alieno dalla eredità civile greca, quella che ci proviene direttamente dai tempi antichi e che non è estranea all'Italia né alla sua cultura tipica.
Infatti questo primitivismo non ha alcuna coerenza naturale.
MAURO PASTORE