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  1. #21
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    Predefinito Re: le leggi razziali del 1938 in italia - storia

    Citazione Originariamente Scritto da spq Visualizza Messaggio
    Vorrei che prevalesse la storia.
    Chiedo scusa per avere aperto nel forum sbagliato.
    Invito @Dario a spostare.
    Invito i forumisti a rileggere il post #1.
    OK.
    Cum Feris Ferus

  2. #22
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    Predefinito Re: le leggi razziali del 1938 in italia - storia

    Ricominciamo dunque da capo. Qui parleremo di STORIA.

    Replico quindi il mio post #1.

    La prima delle leggi razziali voleva «la difesa della razza nella scuola fascista», e per questo escludeva dalle scuole, praticamente con effetto immediato, gli alunni e gli insegnanti definiti «di razza ebraica»; definendo all’articolo 6 di razza ebraica «colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica».
    Questa definizione è evidentemente ricorsiva, rimandando la definizione "di razza ebraica" a quella di "genitori entrambi di razza ebraica".

    Mi sono a volte chiesto se nessuno abbia mai contestato l'applicazione a sé stesso di limitazioni di diritti civili negando la propria inclusione nella "razza ebraica", negando che ci fossero inclusi entrambi i suoi genitori, quindi i quattro suoi antenati di seconda generazione, quindi gli otto di terza, quindi...
    Questa obiezione sarebbe stata certamente difficile da superare in un processo civile, in quanto nessuna legge avrebbe potuto contenere una definizione oggettiva e inoppugnabile di "razza ebraica", a meno di collegarla alla pratica religiosa, che comunque è impossibile da controllare per persone già defunte.

    La domanda storica che propongo è quindi: come hanno potuto essere applicate leggi che non avevano nessun fondamento giuridico?

  3. #23
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    Predefinito Re: le leggi razziali del 1938 in italia - storia

    Citazione Originariamente Scritto da spq Visualizza Messaggio
    Ricominciamo dunque da capo. Qui parleremo di STORIA.

    Replico quindi il mio post #1.

    La prima delle leggi razziali voleva «la difesa della razza nella scuola fascista», e per questo escludeva dalle scuole, praticamente con effetto immediato, gli alunni e gli insegnanti definiti «di razza ebraica»; definendo all’articolo 6 di razza ebraica «colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica».
    Questa definizione è evidentemente ricorsiva, rimandando la definizione "di razza ebraica" a quella di "genitori entrambi di razza ebraica".

    Mi sono a volte chiesto se nessuno abbia mai contestato l'applicazione a sé stesso di limitazioni di diritti civili negando la propria inclusione nella "razza ebraica", negando che ci fossero inclusi entrambi i suoi genitori, quindi i quattro suoi antenati di seconda generazione, quindi gli otto di terza, quindi...
    Questa obiezione sarebbe stata certamente difficile da superare in un processo civile, in quanto nessuna legge avrebbe potuto contenere una definizione oggettiva e inoppugnabile di "razza ebraica", a meno di collegarla alla pratica religiosa, che comunque è impossibile da controllare per persone già defunte.

    La domanda storica che propongo è quindi: come hanno potuto essere applicate leggi che non avevano nessun fondamento giuridico?
    A dire il vero, applicando lo stesso criterio, anche la definizione di cittadino italiano come "colui che è nato da genitori entrambi di cittadinanza italiana" potrebbe essere considerata ricorsiva. Nondimeno, penso che nessuno considererebbe priva di fondamento giuridico una legge che stabilisse che la cittadinanza italiana spetti solo a chi è nato da genitori entrambi in possesso di cittadinanza italiana.

    Per tornare alle leggi razziali del '38, bisogna dire che le comunità ebraiche avevano propri registri a cui erano iscritti i rispettivi fedeli. L'iscrizione agli elenchi delle comunità ebraiche ed il pagamento del relativo contributo erano considerate prove dell'ebraicità del soggetto.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

 

 
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