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  2. #22
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?


  3. #23
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?

    La figura del serial killer
    Parlare di serial killer prevede l’affrontare il tema della psicopatia in quanto è il disturbo mentale che si riscontra più di frequente in questi assassini
    Pubblicato il: 04 ottobre 2022
    di Sara Cutrale

    Criminologi e psicologi sono d’accordo nell’affermare che, di solito, il comportamento di un serial killer è esito di un grave trauma, o una serie di esperienze traumatiche, vissute durante l’infanzia o l’età preadolescenziale e proseguite negli anni.

    L’omicidio, ma anche la tortura, si trovano in cima agli atti antisociali che l’uomo può commettere, eppure non tutti i soggetti omicidi mostrano una personalità antisociale. Tale personalità, se confrontata con la popolazione generale, è significativamente rappresentata in qualsiasi campione di criminali che commettono un omicidio (Vitale, 2015).

    Dagli anni ’50 sono state distinte varie forme di omicidio. Il National Institute of Justice, nel 1988, ha elaborato una prima descrizione del concetto di omicidio seriale: ovvero l’assassinio di due o più soggetti, commessi in maniera separata e, di solito, da un unico autore. I crimini possono essere messi in atto in un intervallo che può variare da solo poche ore a diversi anni, e il movente è da ricercare nella soddisfazione di un solo bisogno psicologico dell’assassino. Le caratteristiche della scena del delitto, il comportamento omicida, il rapporto con la vittima e la violenza utilizzata, riflettono le componenti caratteristiche dell’autore (Lucarelli e Picozzi, 2015).

    Il termine serial killer venne usato per la prima volta intorno agli anni ‘70 da due profiler, membri dell’FBI, Ressler e Douglas. Venne coniato per distinguere chi uccide ripetutamente nel tempo, intervallato da pause (cooling off time), dai soggetti che commettono i cosiddetti massacri (mass murderer). La prima volta che si parlò di killer seriali negli Stati Uniti fu per casi come quelli di Ted Bundy, il figlio di Sam (David Berkowitz) e altri casi emblematici (Douglas et al., 2008).

    Inoltre, Ressler e Douglas, insieme alla psichiatra Ann Burgess, pubblicarono il Crime Classification Manual, ovvero un trattato sui delitti violenti, dove la classificazione di tali delitti si basa sul movente del criminale (Douglas et al., 2008).

    Il passato del serial killer
    Il pluriomicida non è un normale cittadino o il vicino di casa che un giorno decide, improvvisamente, di iniziare a uccidere. Criminologi e psicologi sono d’accordo nell’affermare che, di solito, il comportamento di un serial killer può essere esito di un grave trauma, o una serie di esperienze traumatiche, vissute durante l’infanzia o l’età preadolescenziale e proseguite negli anni. A tal proposito, per spiegare il manifestarsi del comportamento del serial killer, risultano essere molto importanti i traumi subiti dall’individuo in ambito familiare ed extrafamiliare durante la giovane età.

    Alle spalle dell’omicida, soprattutto di quello seriale, possono nascondersi genitori violenti o poco presenti, ma anche famiglie disgregate e spesso violente, dove i ruoli non sono ben definiti. Di solito, la famiglia dell’assassino seriale viene vista come una “famiglia multiproblematica”.

    Quindi, alcuni assassini seriali hanno subito maltrattamenti psicologici e fisici, abusi sessuali, e altre esperienze traumatiche; altri, invece, possono essere semplicemente predisposti alla violenza, che è presente in loro fin dalla nascita. Tuttavia, tipicamente è intorno al trauma subito che si struttura la personalità di un futuro serial killer (Lucarelli e Picozzi, 2015).

    Serial killer e psicopatia
    Parlare di serial killer prevede l’affrontare il tema della psicopatia, che ricopre un ruolo importante, in quanto è il disturbo mentale che –come abbiamo già detto– si può riscontrare più di frequente in questi assassini. L’individuo psicopatico è descritto come: intelligente, razionale e tranquillo. Inoltre, egli è incapace di provare vergogna o rimorso per le proprie azioni e risulta essere inaffidabile. È incapace di amare, infatti risulta freddo e indifferente ai sentimenti di fiducia e gentilezza. Di solito è iper-reattivo agli effetti dell’alcool, ha tendenze suicide, ha relazioni sessuali vissute in modo impersonale, è incapace di porsi obiettivi a lungo termine e mostra comportamenti antisociali immotivati (Chiung, 2018).

    La sessualità nei serial killer
    Per quanto riguarda invece le ricerche incentrate sulla sessualità dei serial killer, le loro preferenze e perversioni sono cresciute moltissimo. Si presume, infatti, che la motivazione che possa innescare comportamenti antisociali nel serial killer sia anche sessuale. È stato osservato che gli assassini seriali riferiscono tassi maggiori di parafilia rispetto a coloro che uccidono una sola volta, soprattutto quando si tratta di feticismo e travestitismo (Bruzzone, 2007).

    Possibili segnali precoci del futuro serial killer
    In generale, sono stati ipotizzati alcuni segni premonitori del comportamento omicidiario seriale, quali: isolamento sociale, difficoltà di apprendimento, comportamento irregolare, problemi di autocontrollo e con le autorità, attività sessuale precoce e bizzarra, ossessione per il fuoco, il sangue e la morte. Difatti, alcuni serial killer durante l’infanzia esibiscono uno o più segnali di pericolo e avvertimento noti come triade di MacDonald o triade omicida, cioè: piromania, crudeltà verso gli animali (zoosadismo) ed enuresi notturna. Questi sono una serie di indicatori (i cosiddetti red flags) di una probabile futura condotta fortemente deviante, che si manifestano durante il periodo evolutivo (Ressler et al., 1988).

    Tale triade, però, è stata recentemente messa in discussione, in quanto è risaputo come bambini e adolescenti spesso accendano fuochi o uccidano animali per diversi motivi (noia, frustrazione, desiderabilità sociale o curiosità). Pertanto, è difficile affermare che queste variabili siano realmente correlate all’eziologia dei serial killer.

    https://www.stateofmind.it/2022/10/s...sicopatologia/

  4. #24
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?

    Citazione Originariamente Scritto da Xenu Visualizza Messaggio
    E finire sulle prime pagine di tutti i giornali?
    Con serie TV che dopo decenni ancora parlano di te?
    Pensi che se una piccola cosa non fosse andata in una certa direzione, in un preciso momento della tua vita, adesso saresti responsabile di un numero imprecisato di efferati omicidi?

    non credo... da Italiano è improbabile. Siamo in una rete sociale dove chi ha pensieri strani prende un buffetto dietro la testa.
    "The gods that we've made are exactly the gods you'd expect to be made by a species that's about half a chromosome away from being chimpanzee." ~ Christopher Hitchens

  5. #25
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?

    Citazione Originariamente Scritto da Xenu Visualizza Messaggio
    Jeffrey Dahmer non è solo un problema di pessimi genitori, è anche un problema di omosessualità repressa e di polizia inetta.
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  6. #26
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?

    Citazione Originariamente Scritto da Mike Suburro Visualizza Messaggio
    Jeffrey Dahmer non è solo un problema di pessimi genitori, è anche un problema di omosessualità repressa e di polizia inetta.
    Vedendo questi video i genitori sembrano rappresentare una delle innumerevoli coppie che si sfasciano, niente di particolare.
    Un quattordicenne scappò dall'appartamento di Dahmer e la polizia lo riconsegnò a lui che poi lo uccise, quindi inetti sicuramente.
    Per l'omosessualità repressa lui andava nei locali gay e quindi faceva la sua vita sessuale da omosessuale, a meno che tu non intenda che non si accettasse in quanto gay.
    Però c'è questo aspetto presente da adolescente del piacere che provava nello squartare gli animali morti conservandone gli organi interni, cosa che poi ha trasferito sugli uomini, questa credo fosse l'ossessione scatenante.

  7. #27
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?


  8. #28
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?


  9. #29
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  10. #30
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    Predefinito Re: Ti sarebbe piaciuto essere un killer psicopatico?

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    Edmund Kemper: serial killer e Disturbo Borderline di Personalità

    Nell’approfondimento precedente è stato analizzato il Disturbo Antisociale di Personalità in relazione alla probabilità di commissione di un reato e di quanto questo disturbo incida sulla carriera criminale di un soggetto. Il Disturbo Antisociale non è l’unico disturbo psicopatologico che può concorrere alla commissione di reati e per questo approfondimento verrà analizzato il Disturbo Borderline di Personalità, di cui abbiamo sentito spesso parlare nell’ultimo periodo.

    Il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM 5) inserisce questo disturbo nel Cluster B dei disturbi di personalità insieme al Disturbo Antisociale, al Disturbo Narcisistico e al Disturbo Istrionico di personalità.

    Nello specifico secondo il DSM-5 il Disturbo Borderline di Personalità è caratterizzato da un pattern pervasivo di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti (DSM-5, 2014).

    I soggetti con questo disturbo cercano in tutti i modi di evitare un abbandono reale o immaginario anche mettendo in atto comportamenti suicidari o automutilanti, provano sentimenti cronici di vuoto e possono presentare un’ ideazione paranoide.

    La paura dell’abbandono può scatenare in loro una rabbia incontrollata che può sfociare in comportamenti aggressivi anche verso gli altri.

    Alcuni studi hanno cercato di analizzare le possibili cause per lo sviluppo in età adulta del disturbo Borderline focalizzandosi sulla relazione di attaccamento con i caregiver. Comportamenti di trascuratezza, ad esempio, sono stati associati ad un aumento non solo dei sintomi del Disturbo Borderline, ma anche di altri disturbi di personalità (Johnson et al., 1999). Anche aver subito maltrattamenti durante l’infanzia può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo, infatti nel Collaborative Longitudinal Personality Disorder Study di Battle e colleghi (2004), sono state analizzate storie infantili di 600 adulti con disturbi di personalità e tra le altre cose è emerso come la diagnosi di DBP sia maggiormente associata a maltrattamenti subiti durante l’infanzia.

    In ambito criminologico quanto può incidere il Disturbo Borderline di Personalità nella commissione di reati?

    Ci sono serial killer ai quali è stato diagnosticato questo disturbo, uno di questi è Edmund Kemper conosciuto ai molti anche perché presente nella serie televisiva Mindhunter.

    Edmund, chiamato da tutti Big Ed per la sua statura e corporatura, nasce il 18 Dicembre del 1948 in California e cresce con due sorelle. I genitori si separano quando ha 9 anni dopo ripetute liti violente che portano il padre ad abbandonare la famiglia andando via di casa, avvenimento che segnò molto Edmund. Il rapporto con la madre era molto conflittuale, lei era violenta, lo picchiava, insultava e lo faceva dormire in cantina da solo perché aveva timore che potesse fare qualcosa alle sorelle.

    Fin da piccolo, mostra tendenze particolari: gli piace giocare con le sorelle simulando un’esecuzione sulla sedia elettrica, seppellisce vivo il gatto di famiglia e ne decapita un altro. È particolarmente attratto dalla decapitazione e la userà molto spesso sulle sue vittime.

    Durante l’adolescenza, a causa dei rapporti burrascosi con la mamma, Ed va a vivere dal padre, ma neanche li trova la tranquillità; il padre, infatti, lo manda dai nonni in una fattoria. Agli occhi di tutti Ed appare un ragazzo tranquillo, intelligente e calmo, ma quello che in realtà non sanno è come passa il tempo quel ragazzone; quello che fa è sparare a tutti gli animali che incontra nei campi. Anche con la nonna ha un rapporto burrascoso tanto che lei gli ricorda molto sua madre e sarà proprio la nonna la sua prima vittima seguita dal nonno, omicidio a cui aveva pensato molte volte. Il 27 agosto 1964 Edmund spara alla nonna tre volte, attende poi il rientro del nonno e spara anche a lui. Confessa immediatamente e la motivazione che da è quella di averlo fatto per capire cosa si provava ad uccidere. In carcere minorile viene giudicato non perseguibile perché paranoico e psicopatico e viene quindi condotto nel manicomio criminale di Atascadero dove resta per 5 anni. In questo periodo Ed si dimostra collaborativo, trovando anche un lavoro nella struttura e quando gli viene concessa la libertà si iscrive al college per diventare un poliziotto. Un sogno che però verrà subito infranto in quanto è troppo alto per entrare in polizia. In ogni caso Edmund, per i giudici del tribunale è cambiato e può tornare alla sua vita ed è quello che fa; va a vivere dalla mamma a Sant Cruz, si inserisce nella comunità, è conosciuto e ben visto da tutti anche dallo stesso sceriffo che gli consente di uscire con sua figlia.

    È il 1972 quando Ed ricomincia ad uccidere, questa volta lo fa in maniera diversa scegliendo le sue vittime meticolosamente: ragazze belle, ben vestite, con le quali (secondo lui) non avrebbe una chance se non da morte. È sua madre che gli ha sempre detto di non avere possibilità con questo tipo di ragazze, che per l’aspetto esteriore sono proprio come lei ed è per questo che Ed le sceglie.

    Le ragazze che uccide fanno tutte l’autostop, le prime due le porta in un posto tranquillo, le accoltella e porta i corpi a casa sua dove le fotografa nude. Taglia poi i cadaveri a pezzi e li decapita, usando le teste per compiere atti sessuali. La terza vittima è una ragazza di 15 anni, anche lei viene strangolata e poi abusata da morta; come per le ragazze precedenti, Ed la porta a casa, la taglia a pezzi e si sbarazza del corpo. Il 9 gennaio del 1973 uccide ancora, questa volta ha comprato una pistola e la vittima è un’altra povera ragazza che fa l’autostop: la fa salire, la porta in un luogo isolato e le spara, poi la porta a casa, la violenta e la fa a pezzi. Questa volta però sotterra la testa sotto la finestra della camera da letto della madre come se la stesse guardando. Il 5 febbraio dello stesso anno è il turno di altre due ragazze che vengono uccise direttamente in auto sparando, poi Ed si dirige verso casa dove decapita entrambi i corpi delle ragazze per poi abusare di una di loro nella cucina di casa mentre la mamma dorme.

    Tutti questi omicidi oltre che per soddisfare le fantasie macabre di Ed, possono considerarsi anche come preparatori per quello che in realtà voleva fare da sempre ossia uccidere la donna che più di tutte l’aveva umiliato e maltrattato invece di amarlo come una mamma dovrebbe fare.

    Il venerdì santo del 1973, dopo aver litigato con la madre, Ed aspetta che questa di addormenti, prende un martello e la colpisce sulla testa uccidendola. Non si limita a questo però: prima le taglia la laringe, poi la decapita, violenta il corpo e usa la testa come un bersaglio di freccette. Finalmente ha compiuto quello a cui pensava da sempre, ma non sarà la madre la sua ultima vittima; dopo l’omicidio, infatti, con una scusa invita a casa un’amica della madre che aveva chiamato e una volta lì prima la colpisce con un colpo in testa, poi la strangola, la decapita e ne violenta il corpo. Il giorno seguente, dopo aver lasciato un biglietto in casa in cui confessa di aver ucciso la madre, prende la macchina e guida per molto tempo fino a quando non si ferma e decide di chiamare la polizia per confessare tutto. All’inizio nessuno gli crede, come potrebbero infatti, Ed era il ragazzone che piaceva a tutti, usciva con la figlia dello sceriffo, frequentava il bar dei poliziotti, si ubriacava con loro. E invece una volta fermato, Ed confessa tutto nei minimi particolari e conduce le forze dell’ordine nei luoghi in cui ha lasciato i corpi delle vittime. Il processo a suo carico si conclude con la condanna a vita da scontare nella prigione di Folsom nella quale ancora oggi Edmud Kemper si trova.

    L’infanzia di Ed, soprattutto per quel che riguarda la trascuratezza da parte dei genitori e i maltrattamenti da parte della mamma, confermano quello che gli studi hanno evidenziato. Naturalmente i maltrattamenti sono uno dei tanti fattori che possono aver contribuito allo sviluppo del Disturbo Borderline di personalità di Edmund e questo disturbo ha di conseguenza aumentato la probabilità della messa in atto di crimini violenti insieme ad altri disturbi.

    Prendere in carico soggetti con Disturbo Borderline può essere molto difficile e il professionista deve prestare particolare attenzione in quanto rischia non solo di far del male a loro, ma anche a se stesso.

    Concludo con la risposta che Edmund Kemper diede durante l’interrogatorio alla domanda sul perché avesse reciso la laringe della mamma e quindi le corde vocali: “Mi sembrava appropriato, dato che non aveva fatto altro che urlare, strillare e infierire contro di me per anni”.

    Dott.ssa Francesca Fontana

    https://www.nemesidirittopsicologia....i-personalita/

 

 
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