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@Troll
Pare che anche un autore molto amato da Nicce abbia riflettuto sulla questione, da Un'estate con Montaigne:
Disclaimer per Dario e soci: il fatto che condivida questo brano, non significa che lo approvi.
17 - Il romano
Montaigne è un uomo del Rinascimento, un grande conoscitore di Erasmo, il quale, animato da un’entusiastica fede umanistica, credeva nella superiorità della penna sulla spada e auspicava, nel Lamento della pace, che le lettere mettessero a tacere le armi e portassero la pace nel mondo. Niente di simile in Montaigne, scettico tanto sul potere delle lettere quanto sui benefici derivanti dall’educazione del principe cristiano e sulla possibilità che un diplomatico ottenga la pace grazie alla sola forza di persuasione. L’esperienza non lo incoraggia a credere, conformemente al luogo comune – il celebre «Cedant arma togae» del De officis ciceroniano –, che la spada sia destinata a cedere di fronte alla penna, o alla toga.
Il punto è che Montaigne diffida delle parole e della retorica. Alla fine del capitolo Della pedanteria contrappone le due città greche per antonomasia: Atene, dove l’arte oratoria è tenuta in gran pregio, e Sparta, dove alla parola si preferisce l’azione. Montaigne prende senza esitazioni le parti della seconda, facendo proprio un altro luogo comune, quello dell’indebolimento degli individui e delle società a causa della cultura:
«... lo studio delle scienze infiacchisce gli animi e li rammollisce, anziché corroborarli e temprarli. Lo stato che oggi sembra essere il più forte al mondo è quello dei turchi, popolo educato tanto all’apprezzamento delle armi quanto al disprezzo delle lettere. Ritengo che Roma fosse più valente prima di diventare sapiente» (I, 24, 221).
Non c’è alcun dubbio: Montaigne associa la decadenza di Roma allo sviluppo delle arti, delle scienze e delle lettere, al fiorire della sua cultura.
«Ai giorni nostri le nazioni più bellicose sono le più rudi e le più incolte. Gli Sciti, i Parti, Tamerlano ne sono la prova provata. Quando i Goti misero in ginocchio la Grecia, a far sì che le biblioteche non venissero consegnate alle fiamme fu proprio uno di loro, il quale si prodigò per diffondere l’opinione che fosse necessario lasciare integri ai nemici quei beni, in quanto utili a distoglierli dall’esercizio delle armi e a tenerli occupati in attività sedentarie e oziose. Quando il nostro re Carlo VIII, quasi senza estrarre la spada dal fodero, si ritrovò a essere padrone del Regno di Napoli e di gran parte della Toscana, i suoi capitani attribuirono l’inattesa facilità della conquista al fatto che i principi e la nobiltà d’Italia si dedicavano più volentieri a diventare uomini d’ingegno ed eruditi che non forti e valorosi» (221-22).
Montaigne affastella gli esempi – i turchi, i Goti, i francesi dell’epoca di Carlo VIII – per dimostrare che la forza di uno Stato è inversamente proporzionale alla sua cultura, e che uno Stato troppo sapiente rischia la rovina. Montaigne non è un umanista ingenuo, entusiasta della Repubblica delle lettere; rimane un uomo d’azione, sensibile al problema dell’infiacchirsi delle nazioni ad opera degli studi letterari. Insomma, è più romano che umanista, e talora arriva addirittura a tessere le lodi dell’ignoranza arcaica: «La Roma primitiva mi sembra aver generato, sia in tempo di pace che in tempo di guerra, uomini di maggior valore di quanto non abbia fatto quella Roma sapiente che fu causa della sua stessa rovina» (II, 12, 760).
Insomma, in Montaigne non si trova nessuna particolare forma di compiacimento nei confronti delle lettere, bensì un atteggiamento aristocratico che lo porta a propugnare la superiorità delle armi, la «scienza di obbedire e di comandare» (I, 25, 220). L’arte della pace non è la retorica, bensì la forza, volta non tanto a persuadere quanto a dissuadere.
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@Narel Jarvi scusa se ti rispondo con molto ritardo ma ero impegnato in un latro thread negli altri giorni, oltre a problemi nella vita reale.
Detto questo, non dimentichiamo che nel cuore di ogni uomo è incisa le Legge Morale Naturale, così facendo gli uomini capiscono subito che certe cose sono male e altre bene. L'educazione può "soffocare", ma non sopprimere ciò.
Doveroso educare le persone a cosa sia peccato, invece, se prendi un veleno e muori ma poteva essere evitato se ti avessi insegnato che quello è veleno e che non bisognava prenderlo, allora capisci come sia importante l'educazione a capire cosa è il peccato (mortale e/o veniale) e come evitare di commetterlo.
Socio Fondatore di AS - Alternativa Sociale
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