Il peso che grava sulle spalle dello Stato, tramite l'INPS, per pagare le pensioni a tutti coloro che nel prossimo futuro supereranno i 60 anni, lo affosserà definitivamente. Allo stesso tempo va garantita a tutti una vecchiaia "sufficientemente" serena (non si può avere tutto dalla vita!)
Queste due circostanze sono antitetiche: l'una esclude l'altra. Attualmente. Il dilemma è irrisolvibile. Se poi ci aggiungiamo che nascono sempre meno potenziali lavoratori italiani, e che gli 8 o 9 milioni di stranieri che sono aul nostro territorio invecchieranno anche loro, ci troveremo di fronte a un impegno troppo pesante che porterà questo Paese a decisioni drastiche.
Prima che succeda il patatrac (e credo io tra venti o trent'anni al massimo) urge fare una riforma radicale dello strumento pensionistico: affidarlo ai privati. Cioè ad ognuno di noi cittadini. In futuro dovrà essere il cittadino italiano a doversi fare carico di prepararsi una "vecchiaia serena". Penso proprio che il bel tempo dello Stato che fa da mamma e da papà non lo rivedremo mai più.
La rivoluzione pensionistica che ci consentirà di caricarci sulle spalle l'onere e l'onore di preparare ognuno la sua pensione, va coniugata con una parallela rivoluzione del lavoro. Il lavoro non dovrà più essere un fatto aleatorio, che c'è, oppure no, a seconda se uno è fortunato, è bravo, oppure è un incapace. Tutti dovranno essere chiamati a lavorare e non ci saranno scuse: anche gli invalidi, anche chi oggi se ne sta col sedere sulla poltrona a lamentarsi che non ce la fa. Ci sono tanti tipi di lavoro, e ognuno farà un lavoro conforme alle sue possibilità. A partire dal centralinista a finire al minatore.