In Cina si stanno intensificando le proteste contro la cosiddetta strategia “zero COVID”, con cui il governo prova a limitare e eliminare ogni focolaio con lockdown durissimi e test di massa. In particolare, le proteste delle ultime ore arrivano in conseguenza della morte di almeno dieci persone – venerdì a Urumqi, nello Xinjiang – per un incendio in un edificio da cui si ritiene molte persone non siano riuscite a scappare proprio a causa delle restrizioni contro il coronavirus. Nella serata di sabato le proteste più intense sono state a Shanghai, dove centinaia di persone, molte delle quali descritte come non ancora trentenni, si sono radunate in una via che deve il nome alla città di Urumqi.

A Shanghai molti manifestanti avevano in mano fogli bianchi (in Cina il bianco è un colore di lutto) e sono stati intonati diversi canti contro il presidente Xi Jinping e il Partito comunista cinese. La polizia ha disperso i manifestanti e, secondo quanto raccontato da alcuni testimoni, fermato e portato via alcune persone.

Altre manifestazioni, meno partecipate rispetto a quella di Shanghai, sono state alle università di Pechino, Nanchino e Wuhan, così come in diverse città dello Xinjiang.

Negli ultimi dati giornalieri sui contagi la Cina ha dichiarato 39.506 casi, il numero più alto da quando alla fine del 2019 si cominciò a fare test, dopo che a inizio settimana i casi giornalieri accertati erano meno di 30mila. Con l’aumento dei contagi e con un vaccino non particolarmente efficace come quello cinese, il governo sta quindi aumentando nuovamente i lockdown e le restrizioni, dopo che a inizio novembre le autorità avevano detto che le avrebbero allentate.

Le proteste, peraltro diffuse e apertamente critiche verso il governo e il presidente Xi, sono parecchio inusuali in Cina, un paese in cui il dissenso è sistematicamente represso.

Oltre a esercitare repressione, è probabile che – come già avvenuto altre volte in passato – il governo provi a reindirizzare le critiche verso le amministrazioni locali. È però anche possibile che certe amministrazioni locali provino a loro volta ad andare incontro a chi protesta: l’amministrazione locale di Urumqi, per esempio, si è scusata per le conseguenze dell’incendio e ha annunciato l’intenzione di alleggerire le restrizioni.

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