Erano trascorsi dieci giorni dall’inizio dell’Operazione militare speciale. Il mondo intero cercava qualche appiglio, qualche presa di distanza alla quale aggrapparsi nella speranza di risvegliarsi subito dopo un sogno brutto e soprattutto breve.
Il silenzio della Chiesa russa suscitava qualche aspettativa.
Poi, durante la Domenica del Perdono, l’arcivescovo Cirillo I, sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, tenne il suo sermone. «Stiamo parlando di qualcosa che va oltre le convinzioni politiche. Parliamo della salvezza umana. Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. La parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale e porta avanti la propaganda LGBT».
Quando tutto questo sarà finito, ci sarà da porsi qualche domanda sull’omofobia che sembra cementare l’intera società russa.
Ma per il momento, occorre registrare la firma che il presidente Vladimir Putin ha apposto alla legge — che quindi da oggi è in vigore, e che era già approvata all’unanimità da parte della Duma, la Camera bassa del Parlamento: nessun voto contrario, 411 a zero — che proibisce la «propaganda gay» non solo tra i minorenni, com’era dal 2013 e fino a ieri, ma anche tra gli adulti, rendendo così impossibile anche solo la discussione sullo stile di vita LGBT. Vietato parlarne.
Tanto per fare qualche esempio, il deputato Alexander Khinshtein di Russia Unita, ex editorialista del quotidiano Moskovskij Komsomolets, se l’era presa con un film italiano. «Ho scoperto che circola tra noi il film Chiamami con il tuo nome, del regista Luca Guadagnino, che mostra in primo piano l’unione spregevole di due corpi maschili». La circostanza, sosteneva il parlamentare sempre più indignato, era aggravata dal fatto che «quest’opera disdicevole» aveva su V-Kontakte, il Facebook russo, numerosi gruppi di seguaci che ne discutevano e ne apprezzavano i contenuti.
Il presidente dell'Accademia delle scienze cecena Giambulat Umarov aveva trasmesso all’assemblea il contributo al dibattito di Ramzan Kadyrov. «Il nucleo del satanismo che combattiamo in Ucraina è proprio la sodomia, che va considerata come un peccato mortale».
Konstantin Malofeev, l’oligarca di Dio che ebbe una parte importante nel finanziamento delle milizie filorusse nel Donbass, aveva fatto una ulteriore proposta. «Bisogna proibire per legge l’uso di termini come anche gender o LGBT, che in fondo hanno un unico significato: perversione».
Tanto zelo aveva spaventato la Federazione degli editori russi, che aveva mandato una lettera alla Duma chiedendo come comportarsi nei riguardi di alcuni classici della letteratura come I Demoni di Fedor Dostoevskij (scene interpretabili come depravazione minorile), il racconto La morfina di Mikhail Bulgakov (propaganda della droga), e il tradimento coniugale di Anna Karenina nell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj.
Il relatore Khinsthein aveva calmato gli animi precisando che i classici fanno parte del patrimonio della cultura russa e come tali sarebbero stati tutelati. Ma aveva aggiunto che opere più contemporanee, come il successo letterario di quest’anno, «Un’estate con il fazzoletto da pionieri», storia di un amore tra due adolescenti in un campeggio, «non avevano nulla a che vedere con la letteratura».
«La presunta cultura gay e LGBT è uno strumento nella guerra ibrida contro il nostro paese e noi abbiamo il compito di proteggere la nostra società» sostiene Khinsthein.
Dostoevskij e Bulgakov sono salvi, per il momento. Ma solo per via della loro venerabile età.
https://www.corriere.it/esteri/22_di...6eb698d3.shtml