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  1. #1
    ascpe' mo' vengo!
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    Predefinito Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    Discutiamo delle norme sui salvataggi in mare e di come sono applicate nel caso dei migranti che partono dalle coste del nordafrica. Questo articolo a titolo:

    Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    è un chiaro e semplice promemoria su cui poter discutere. L'apparato normativo su cui si basa la legislazione dei salvataggi in mare è piuttosto complessa e non fa riferimento ad un'unica norma, bensì a 4 norme generali che vengono qui sistematizzate:

    Un corpus giuridico complesso e variegato completato dalle linee guida dell'Onu. Dal "luogo sicuro" all'obbligo di prestare soccorso, dal coordinamento delle operazioni di salvataggio alle responsabilità del capitano della nave che lo compie
    "Uomo a mare!", ovvero salvare la vita dei naufraghi, costituisce un preciso obbligo degli Stati? E c'è e cos'è una "legge del mare", che da più parti viene invocata nel momento in cui si tratta di soccorrere chi si viene a trovare in difficoltà? E poi: esiste un testo preciso o si tratta solamente di consuetudini, di un codice etico non scritto stipulato nella notte dei tempi tra naviganti, quasi fosse un "manuale delle buone maniere" al quale attenersi quando "c'è un uomo in mare"? Dieci cose da sapere per poter rispondere a queste domande.

    1) Il corpus giuridico di riferimento

    Fa capo a ben quattro convenzioni che costituiscono e permeano il diritto internazionale del mare: sono la Solas, acronimo di Safety of life at sea, cioè la Convenzione Internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, e risale a Londra 1974; la Sar di Amburgo 1979, che sta per Search and Rescue (ricerca e soccorso), per tutelare la sicurezza della navigazione mercantile, che fa esplicito riferimento al "soccorso marittimo"; la Convenzione Onu di Montego Bay 1982, detta anche UNCLOS, acronimo di United Nations Convention on the Law of the Sea, basata su un trattato internazionale che definisce i Diritti e le Responsabilità dei singoli Stati nell'utilizzo dei mari e degli oceani, definendo al tempo stesso anche le linee guida che regolano le trattative, l'ambiente e la gestione delle risorse minerali, e c'è infine il Salvage di Londra del 1989 sull'assistenza.

    2) Il "luogo più sicuro"

    Questo complesso insieme di regole e di codici di condotta vuole garantire nel modo più sollecito il soccorso di eventuali naufraghi. Persone che, una volta recuperate, vanno fatte sbarcare in un luogo sicuro (place of safety). Il cosiddetto 'pos', richiesto dalla Open Arms ma anche da altre imbarcazioni appartenenti alle Ong operanti nel Mediterraneo. 

    3) Obbligo di prestare soccorso

    È il titolo dell'art. 98 della Convenzione della Nazioni Unite sui diritti del mare, sottoscritta il 10 dicembre 1982 a Montego Bay, in Giamaica, da ben 155 Stati. Stabilisce che "ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio o i passeggeri" affinché: 
    a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo;
    b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa;
    c) presti soccorso, in caso di abbordo, all'altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunichi all'altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual è il porto piu' vicino presso cui farà scalo".

    4) Servizio di ricerca e soccorso

    Sempre l'art. 98, al punto 2, stabilisce anche che "ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora a questo fine con gli Stati adiacenti tramite accordi regionali". Quest'obbligo "di collaborazione ai fini del soccorso in mare" è poi ulteriormente specificato negli altri Trattati internazionali di diritto marittimo già citati come, appunto, la Solas e la Sar.

    5) La convenzione Sar

    La Convenzione Sar di Amburgo del 1979 si fonda sul "principio della cooperazione internazionale". Nel senso che le zone di ricerca e salvataggio sono ripartite d'intesa con gli altri Stati interessati. Tali zone non corrispondono necessariamente alle frontiere marittime esistenti. Esiste l'obbligo di approntare piani operativi che prevedono le varie tipologie d'emergenza e le competenze dei centri preposti. Così le autorità di uno Stato costiero competente sulla zona di intervento in base agli accordi regionali stipulati, che abbiano avuto a propria volta notizia dalle autorità di un altro Stato della presenza di persone in pericolo di vita nella zona di mare Sar di propria competenza, dovranno intervenire immediatamente senza tener conto della nazionalità o della condizione giuridica di dette persone (punto 3.1.3 Convenzione di Amburgo).

    6) L'intervento

    A questo punto, l'autorità competente così investita della questione deve dare comunicazione di aver ricevuto la segnalazione e indicare allo Stato di primo contatto, appena possibile, se sussistono le condizioni perché sia effettuato l'intervento (3.1.4 della Convenzione). E sarà l'autorità nazionale che ha avuto il primo contatto con la persona in pericolo in mare a coordinare le operazioni di salvataggio, tanto nel caso in cui l'autorità nazionale competente Sar dia risposta negativa alla possibilità di intervenire in tempi utili, quanto in assenza di ogni riscontro da parte di quest'ultima.

    7) La cessione della competenza

    Viene sottolineato anche come la cessione della competenza ad operare interventi Sar in acque internazionali non dovrà comunque pregiudicare la dignità e la vita delle persone che si devono soccorrere.

    8) Le linee guida dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

    Al fine di fornire una guida alle autorità di governo ed ai comandanti delle navi private e pubbliche coinvolte in attività Sar, sono state elaborate dall'Unhcr alcune Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare. Esse contengono disposizioni secondo cui il governo responsabile per la regione Sar in cui sono stati recuperati i sopravvissuti è responsabile di fornire un luogo sicuro di sbarco (place of safety, 'pos') o di assicurare che tale luogo venga fornito. Dunque, la Convenzione Sar del 1979 impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare ed il dovere di sbarcare i naufraghi in un porto sicuro.

    9) La posizione dei Comandanti delle navi

    Gli Stati membri dell'Imo (International maritime organization), nel 2004, hanno adottato emendamenti alle Convenzioni Solas e Sar, in base ai quali gli Stati parte devono coordinarsi e cooperare per far sì che i comandanti delle navi siano sollevati dagli obblighi di assistenza delle persone tratte in salvo, con una minima ulteriore deviazione, rispetto alla rotta prevista. Malta non ha accettato questi emendamenti.

    10) Quando un'operazione di recupero finisce?

    Le Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare dispongono che il governo responsabile per la regione Sar in cui è avvenuto il recupero, sia tenuto a fornire un luogo sicuro o ad assicurare che esso venga fornito. Secondo le stesse linee guida, infatti, "un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale". 
    proverbi popolari:
    Il medico pietoso fa la piaga puzzolente
    Chi vuole, va; chi non vuole, manda
    Chi sa, fa; chi non sa, insegna
    Chi ha argomenti, spiega; chi non c'ha una mazza, insulta

  2. #2
    ascpe' mo' vengo!
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    Predefinito Re: Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    In aggiunta, per noi europei, c'è il famoso Regolamento di Dublino:

    1. Il Regolamento di Dublino

    Il Regolamento (UE) n. 604/2013, meglio noto come «Dublino III», stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

    Tale normativa ha trovato una prima disciplina a livello puramente intergovernativo nella Convenzione di Dublino, un trattato internazionale firmato nel 1990 dagli allora 12 Stati membri della Comunità Europea ed entrato in vigore nel 1997, a sua volta confluita, a seguito di un processo di “comunitarizzazione” della materia, nella prima versione del regolamento (reg. 2003/343/CE) noto come «Dublino II».

    L’intenzione era quella di garantire ad un cittadino di un Paese terzo la possibilità di vedersi riconosciuto lo status di richiedente protezione internazionale, una volta raggiunto il territorio europeo in cerca di asilo.

    L’idea di base del Regolamento di Dublino è quella per cui la competenza ad esaminare la domanda di asilo debba ricadere su quello Stato che ha svolto un ruolo più significativo in relazione all’ingresso del richiedente nel territorio dell’UE. La stessa è determinata in virtù di criteri obbiettivi che rappresentano la parte centrale del sistema, e per il quali, sarà quindi competente:

    lo Stato membro dove può meglio realizzarsi il ricongiungimento familiare del richiedente (artt. 8-11);

    lo Stato membro che ha rilasciato al richiedente un titolo di soggiorno o un visto di ingresso in corso di validità (art. 12);

    lo Stato membro la cui frontiera è stata varcata illegalmente dal richiedente, anche noto come criterio del primo ingresso illegale (art. 13).

    Nonostante l’esplicita enunciazione del principio per cui si esige l’applicazione gerarchica dei criteri (art. 7, par.1), il terzo e ultimo ha finito per essere quello maggiormente applicato, probabilmente per la difficoltà di provare le condizioni richieste dai criteri precedenti.

    Questa circostanza ha causato conseguenze controproducenti nei confronti degli Stati membri posti alle frontiere esterne dell’Unione, i quali si sono trovati a dover gestire un numero considerevole di richiedenti con inevitabile collasso dei loro sistemi di accoglienza.





    Cosa resta di Dublino
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  3. #3
    ascpe' mo' vengo!
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    Predefinito Re: Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    La pedissequa applicazione di questi regolamenti e norme internazionali ha portato a un risultato abnorme: alla luce di queste norme, è diventato impossibile vietare l'ingresso ai clandestini, privando così gli Stati europei principalmente del diritto di governare sul proprio territorio e decidere chi può entrare e chi NO.

    Si tratta con tutta evidenza di una conseguenza assurda del continuo legiferare su questa materia che è certamente sensibile ai fini del salvataggio delle vite in mare a causa di un naufragio, ma è cieca davanti ai traffici di clandestini costruiti dalla criminalità internazionale proprio grazie a tali leggi. Non è difficile rilevare che all'interno di questi meccanismi criminali che particano una vera e propria tratta di moderni schiavi (schiavizzandoli con la privazione dei documenti, con l'accollo di ingenti debiti, ecc...) che poi costituitscono soggetti passivi da utilizzare per dare vita ai loro sporchi traffici a destinazione nei Paesi ricchi europei (porstituzione, spaccio di droga, accatonaggio e ruberie varie), ci siano addirittura interi Stati, oltre al sicuro apporto della mafia italiana e straniera.

    Ecco il motivo per cui occorre rivedere con occhio lucido l'interpretazionme di questi accordi ed eliminare questa delirante fattispecie del savataggio di naufraghi che si autoaffondano sistematicamente e in maniera ininterrotta nel corso di mesi, anni e decenni.

    Togliersi insomma le fette di salame dagli occhi e guardare in faccia la realtà per quella che è: un traffico di schiavi.
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  4. #4
    La polizzzzia del webbbbe
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    Predefinito Re: Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    Al mondo occidentale serve manodopera a basso costo per mantenere la produzione in Europa, ed evitare di non essere concorrenziali con la Cina ed il sudest asiatico, dove i costi di manodopera sono da schiavismo.
    Quindi non può chiudere le frontiere, altrimenti ti entrano solo gente laureata o comunque pronta per andare ad occupare posti di livello alto, cosa di cui potremmo anche fare a meno se migliorassimo il nostro sistema educativo. I nostri rampolli, pur se sempre più disoccupati, preferiscono cercare un lavoro pubblico oppure stare a fare i bambocci fino a 35-40 anni prendendo RdC o assistenza varia.

    Quindi...di che ti meravigli?
    "La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile" (Corrado Alvaro)

  5. #5
    ascpe' mo' vengo!
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    Predefinito Re: Cos'è e cosa dice la "legge del mare". Dieci cose da sapere

    Citazione Originariamente Scritto da Seyen Visualizza Messaggio
    Al mondo occidentale serve manodopera a basso costo per mantenere la produzione in Europa, ed evitare di non essere concorrenziali con la Cina ed il sudest asiatico, dove i costi di manodopera sono da schiavismo.
    Quindi non può chiudere le frontiere, altrimenti ti entrano solo gente laureata o comunque pronta per andare ad occupare posti di livello alto, cosa di cui potremmo anche fare a meno se migliorassimo il nostro sistema educativo. I nostri rampolli, pur se sempre più disoccupati, preferiscono cercare un lavoro pubblico oppure stare a fare i bambocci fino a 35-40 anni prendendo RdC o assistenza varia.

    Quindi...di che ti meravigli?
    No, non mi meraviglio, figurati. Ma ricercare anche la bassa manovalanza lasciando alla criminalità la selezione dei soggetti, è anchessa una pratica criminale. Penso che su questo siamo tutti d'accordo, no? Ti ricordo che in questi trasbordi via mare molte sono le vittime, quest'anno già 1400, in totale oltre ventimila morti in mare.
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