Anche i nostri anni '50 erano sicuramente meno peggiori (di gran lunga) degli anni successivi e soprattutto dell'epoca attuale. Ma chi negherebbe che già allora covassero sotto la cenere molteplici problemi che dopo sono esplosi, seppur con una certa gradualità?
Nel caso degli Stati Uniti è anche peggio, perché il problema è proprio nel fatto che quella degli USA è una società costruita su ondate migratorie eterogenee per razza, cultura, religione, lingua, usi e costumi. Hanno cercato di tenere unito questo mix con la promozione della cd. american way of life, con il mito del self-made man, con la narrazione dell'America land of freedom and opportunity, con la retorica di derivazione giudaico-calvinista del "destino manifesto" e della "nazione eletta", ecc. Però col tempo i nodi sono venuti al pettine e le contraddizioni pure. La segregazione legale era una toppa che faticosamente teneva coperto un buco che aveva tutte le potenzialità per divenire voragine. Abolirla definitivamente è stato come aprire una bottiglia di Coca Cola dopo averla agitata ripetutamente fino ad un secondo prima.
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"Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).
Di per sé non era una idea malvagia quella di creare in Africa uno Stato in cui gli afroamericani avrebbero potuto trasferirsi in massa ed identificarcisi, ma come al solito la logica che dettò un'operazione simile fu quella della spesso ipocrita filantropia anglosassone di marca protestante e/o liberal-massonica. Infatti si sono visti i risultati. Del resto, ad una frazione della società statunitense i negri hanno continuato a far comodo per tanti anni o come schiavi (fino alla guerra di secessione) o come manodopera a basso costo (tolta la schiavitù nelle piantagioni, i negri finirono spesso nelle industrie degli Stati del nord).
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"Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).
Esatto: rispetto a paesi come Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Svezia e Germania siamo ancora indietro. Probabilmente è anche per questo motivo che in Europa molti vogliono che l'Italia continui ad essere un "porto di mare" senza limiti stringenti. Un po' perché i governi di certi Stati europei pensano di avere già tanti residenti di origine extraeuropea ed averne ancora di più per loro significherebbe avere altri problemi, un po' perché l'idea che l'Europa debba diventare compiutamente una grande società multirazziale agli occhi dei suoi promotori non ammette eccezioni: masse di sradicati disorientati e confusi sono funzionali alla manipolazione delle persone da parte del potere economico-finanziario e politico. L'Italia anche su questo "deve allinearsi". Ecco perché ce l'hanno - ad esempio - con l'Ungheria e la Polonia: loro non vogliono omologarsi, perlomeno su questo.
Sia chiaro: la situazione migratoria in Italia resta drammatica sotto molti aspetti perché ormai abbiamo in pianta stabile sul nostro territorio più di due milioni e mezzo di immigrati regolari provenienti da Stati extraeuropei. Questo dato aumenta se si tiene conto di coloro che sono presenti irregolarmente in Italia (non quantificabili con precisione) e si considerano coloro che hanno ottenuto la cittadinanza o per aver sposato un italiano/un'italiana (abbastanza pochi) o per aver vissuto qua per dieci anni consecutivi. La misura è colma, ma non ancora stra-colma...come invece accade altrove in Europa. Questo spiega perché nella destra radicale di casa nostra nessuno ha ancora progettato di edificare comunità etniche omogenee only for whites al di fuori delle grandi città. Non siamo ancora arrivati al punto di rottura, anche se la situazione italiana rischia di diventare tragica nei prossimi anni. Crisi energetica, disoccupazione, crisi del debito, denatalità incipiente, salari sempre meno adeguati al costo della vita, divario sempre più netto fra città e provincia e, all'interno delle città, tra centro e periferie, aumento dei prezzi degli immobili e continuo afflusso di allogeni dall'estero: si potrebbe parlare di "convergenza delle catastrofi" se quello italiano non fosse un declino paragonabile più ad una lenta e dolorosa agonia che ad una subitanea implosione.
Ultima modifica di Giò; 12-12-22 alle 15:32
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"Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).
Mi fa pensare che è questa la controparte del successo economico. Sembra una legge universale. Progredendo verso una economia immateriale dove vengono richiesti tempi di formazione più lungi per entrare sul mercato del lavoro, si ha un costo dell'educazione - a spese delle famiglie - che cresce a dismisura. A questo punto l'investimento educativo diventa tale che una copia integrata per bene in quella società decide di non fare figli, o uno, o due al massimo.
La storia del Piemonte a questo riguardo è la storia di tutti i paesi ricchi, ma nel contesto italiano è entrato nell'opulenza prima (anche perché ha rapinato il Regno sudisto, questo fu essenziale all'accumulazione primitiva che gli permise poi di fare la corsa in testa) e quindi i Piemontesi sono stati "sostituiti" prima. Lo stesso processo ora sta avvenendo su scala nazionale e continentale.
Si potrebbe dire che il capitale funziona come un entità che uccide il proprio cavallo tramite l'onere delle competitività. Gli si deve quindi - attraverso l'immigrazione - fornire in continuazione nuove monture affinché possa proseguire secondo le sue dinamiche proprie.
Detto questo, a parte il lato malinconico della tua osservazione, va anche detto che ti sei trovato nelle vesti del nativo, dell'autoctono, cioè in una posizione sociale vantaggiosa. Non hai dovuto ascoltare le cattive storielle messe in giro sul conto dei terroni, non ti sei visto rifiutare un lavoro o un alloggio per via del tuo nome o del tuo accento. E questa è un altra cosa che voglio notare, il fastidio che mi da questa mania nicciana di sempre portarsi in difesa dei potenti. Più di tutti i piemontesi - faccio ovviamente un discorso molto generale, poiché anche loro sono distribuiti nei compartimenti della società di classe - avevano i mezzi per procreare. Ma non lo hanno fatto perché ai figli si preferisce la difesa dello statuto, quindi dell'investimento educativo. Ma allora la riproduzione della superiorità sociale entra in contraddizione con la riproduzione biologica. Cosi come in genere la riproduzione della società di classe contraddice la produzione di una società dov'è l'uomo, e non il capitale, il fine della produzione.
Tu sei un piemontese di razza pura ? Questo sangue pregiato ti conferisce poteri speciali ?
Lasciandomi andare potrei dire, non raramente, che ormai "i nodi sono venuti al pettine" per via delle contraddizioni di questa società. Questo catastrofismo (o rivoluzionarismo) va dunque moderato tenendo conto che gli USA restano la grande potenza di questo mondo. Certo i Cinesi. Ma i Cinesi hanno anche le loro contraddizioni e non sono da poco.
Sono d'accordo. Tiene ancora banco la questione meridionale, che nella DR si traduce ovviamente nella forma del razzismo anti-meridionale. Questa questione è chiamata a passare in secondo piano quando si farà presente sul territorio, in modo consistente e permanente, una popolazione ultra-meridionale. Da un meridione grande come il Regno si passa ad un meridione grande come l'Africa - troppo grande per essere assorbito dalla piana padana. A questo punto salta definitivamente il riferimento al quadro nazionale come luogo della soluzione. Si passa alla DR post-nazionale. Si farà l'inventario di tutto il patrimonio teorico della DR e forse come altrove si penserà che ancora una volta gli americani hanno una marcia in più.
Siccome tu ti vedo all'antica, ti vedo come un vero fascista per farla breve, sono sicuro che questa ipotetica evoluzione teorica non ti conviene. Non ti ci vedo sulla linea post-nazionale, sul "razzialismo bianco" dove poi ad essere veramente "bianchi" sono sempre loro, anglosassoni e germanici ricchi e protestanti. Come diceva la canzone ? Son rifatti gli italiani, li ha rifatti Mussolini. Più avanzo nella lettura di Pasolini, più entro nella sua ossessione per il nuovo conformismo, e più mi viene da pensare che il fascismo era una specie di congelamento. Non una soluzione, certamente, ma una fermata nella strada in discesa verso il disastro finale. Lo dovresti leggere anche tu.
Vedi la risposta a Draigo. Non ci vedo niente di straordinario. Forse è più difficile da capire quando si è nel ruolo dell'autoctono, di chi è legittimato ad essere quel che è. Mentre per l'immigrato è un costante scontrarsi con modi di parlare, di mangiare, di divertirsi, che sono estranei. Ti senti sempre a disagio, e allora ricerchi la compagnia di chi ti somiglia. I nordisti dominano la gerarchia razziale italiana ma di questo dominio è lecito chiedersi cosa ne resterà tra alcuni decenni. Si potrebbe investigare, cercare di capire se in Italia si trovava una compagine migliore di quella degli industriali piemontesi, che avrebbe conferito al paese un maggiore prestigio. Certo che potrebbe aiutare la scoperta del petrolio o di una grande miniera di diamanti. Ma questa è stata la nostra storia.
Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
Pavese
il Regno sudisto aveva alleati austro-russi che non lo hanno difeso, quello "sardo" aveva dalla sua l'Inghilterra
ha detto di essere mezzo veneto, mia madre da piccola ha fatto storcere il naso a una coppia di veneti arricchiti dicendo di terzi "non sapevo se fossero veneti o meridionali" perché li si confondeva
è una mania nicciana voler tenere i migranti al loro posto? non ce lo si può spiegare più prosaicamente con ragioni di interesse meno poetiche del fuffoso Zarathustra?
en Italie on dit "status", c'est pas le Statut Albertin
ouais j'peux prononcer le shibboleth 'doi povron bagnà ant l'euli'
ma non puoi dire che nella DR di adesso sia predominante la tematica antimeridionale, chi hai in mente Paolo Sizzi? (pure lui reduce da anni di compromesso pan-italico)
è per quello che recuperavi le teorie sui brachicefali che conosciamo solo io e te, per additare ai padani un nemico anglo-scandinavo in alto (solo che nel quotidiano nessuno interagisce con i WASP mentre con l'alterità abbronzata sì)
perché disastro finale, al fondo del processo storico non c'è il comunismo?
il Regno sudisto era nel mirino inglese, era una questione geopolitica già allora
Gli Stati Uniti d'America oggi sono probabilmente nella loro fase tardo-imperiale. Quando salì al potere Diocleziano l'Impero romano era ancora la più grande potenza del mondo allora conosciuto e lo fu ancora per molti anni, ma secondo molti storici iniziò il proprio declino. Gli USA sono ancora la più forte potenza globale e lo saranno ancora per svariati anni, nonostante tutto. Ma dovranno fare i conti con una società sempre più divisa e con le difficoltà che si porta dietro la gestione del loro impero informale. O riducono l'estensione del loro impero o rischiano di saltare. Rendendosi conto di questo, l'establishment americano potrebbe decidere di favorire focolai di instabilità per evitare che un eventuale collasso della loro egemonia porti una potenza rivale a prendere piede e a rimpiazzarli nel loro ruolo egemonico planetario. Un passaggio dall'unipolarismo americano al cosiddetto "mondo multipolare" avverrebbe lo stesso, ma a condizioni meno sfavorevoli per Washington.
Per quel che riguarda me, la questione razziale è importante, ma non è tutto: la difesa della razza ha un senso nella misura in cui è parte di una più ampia difesa delle identità locali e nazionali dei popoli europei. Nello specifico caso dell'Italia, la razza è il "sostrato bio-antropologico" della nazione ed è per questo che va difeso il più possibile da influssi esterni, ma in ultima analisi si tratta di preservare il corpo per non uccidere l'involucro dell'anima. Non di fare della zootecnica. Il solo dato biologico razziale è condizione necessaria ma insufficiente per riconoscere nell'altro un proprio compatriota: è la cosciente condivisione di un retaggio a "fare" la nazione.
Nella DR italiana non vedo qualcosa di assimilabile al "razzismo meridionale", se non marginalmente. Anche perché non mancano militanti del Nord Italia che hanno origini miste o meridionali. Al limite, s'è sviluppato un discorso critico sull'impatto delle migrazioni meridionali avvenute tra gli anni '50 e gli anni '70, soprattutto nella zona del triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Non lo vedo necessariamente come un discorso anti-meridionale.
Il fascismo italiano non fu "la" soluzione, ma poteva essere la premessa per una soluzione. Nel corso degli anni, Pasolini probabilmente si rese conto che l'antifascismo, volendo colpire la retorica, la dittatura e l'ideologia del fascismo, finì per colpire anche quei campi, quelle vigne, quei casali, quelle chiese, che il sodomita Pasolini, nonostante tutto, diceva di amare.
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Tommaso, purtroppo questa è la dinamica di sempre delle migrazioni di massa, anche quando avvengono all'interno dello stesso Stato-nazione. L'immigrato meridionale all'epoca veniva guardato con sospetto ed alterità tanto dal torinese altolocato che abitava alla Crocetta quanto dal contadino della provincia di Cuneo per il motivo banale che era diverso da loro. Certamente c'era anche un discorso di "guerra fra poveri" perché il forestiero che cerca lavoro rischia di togliere al povero autoctono la sua fetta di torta già piccola. Ma non si poteva pretendere di trapiantare migliaia di persone (presto divenute milioni) con proprie identità locali definite in terre che ne avevano altre senza che questo non generasse effetti negativi. Il trauma è stato contenuto perché si trattava pur sempre di migrazioni interne ad una medesima nazione, ma ha creato comunque problemi.
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