
Originariamente Scritto da
Tommaso
L'ho sempre detto, l'uomo è un animale sociale e simbolico, cioè non può sottrarsi alla ricerca o meglio al dono di senso. Donare senso a quel che si fa. Legittimare il proprio operato. Inquadrare la propria esistenza in un insieme più ampio. Animale metafisico che a volte cede alla tentazione dell'ipostasi, col credere che il proprio costrutto di senso è dotato per sé di una qualità extra-umana. Questo è successo per esempio nel capitalismo, dove alcune istituzioni specifiche a questo sono per cosi dire uscite dal raggio della coscienza. Che si abbia necessità, per esempio, di presentarsi su un mercato del lavoro per accedere all'enorme produzione di ricchezza è una anomalia che non è identificata come tale dalla stragrande maggioranza dei nostri contemporanei.
Quando io parlo della specie ne parlo sempre come affine alla "vera natura dell'uomo". La specie è il luogo dove questo realizza il suo essere sociale, la specie nega l'atomismo, schiaccia l'utilitarismo, la specie mette il fuoco sotto le acque gelide dell'interesse e con il bollore muoiono i batteri dello scambismo. In questo quadro rallegrante non è detto che la famiglia debba essere 1+1, un uomo e una donna. La famiglia potrebbe estendersi alle generazioni, ai cugini, pronipoti, fino a raggiungere il perimetro di una piccola comunità. Con il sedimento temporale e geografico si potrebbe avere un tale intreccio di parentele che ormai la questione si presenterebbe in modo del tutto diverso da come lo intendiamo oggi.
Si pensi per esempio all'Islanda. Su quell'isola sono (erano) apparentati. Non fosse per un economia moderna, cioè dove il processo di lavoro è frammentato (fine dell'attività riproduttiva su base comunitaria tipo la pesca, con scambio di servizi, ecc), ci sarebbe una coagulazione d'intento notevole, a tal punto che oggi ancora ci si scorge una mentalità ostile ad ogni tentativo individuale di smarcarsi dal gruppo (legge di Jante). In queste condizioni il limite tra privato e pubblico si annebbia, l'economia di casa diventa un problema di tutti mentre il problema pubblico diventa oggetto di iniziativa privata. Un pò il contrario succede nell'Italia individualista, con la famiglia anteposta al bene pubblico.
Vedo dunque che i presupposti per pensare la questione familiare, dalla quale si deve desumere in secondo tempo la questione dell'educazione, sono condivisi tra di noi. Ma Giò si accontenta di conservare il conservabile, implicitamente affermando che tale politica - il conservatorismo sociale - è possibile, mentre io dico che tutto decide il moto cieco ed inarrestabile dell'accumulazione infinita. L'alternativa non sarà tra la famiglia "tradizionale" (che in realtà sarebbe quella comunitaria di millenni di anni fa e non quella nucleare di cui parla Giò) e la parodia omosessualistica, ma tra la specie o la distruzione della specie.