Si potrebbe fare una critica sistematica del testo di Lattanzio sul comunismo aristocratico ma per ragioni di tempo e non sapendo poi in quale misura l'argomento interessa i lettori del forum, mi limiterò in questo intervento ad alcuni punti.
Prima di tutto va notata la spregiudicatezza del Lattanzio nel difendere il comunismo laddove, come dice lui, questo vocabolo viene per riflesso condizionato associato al marxismo. Nella nota numero uno del testo, sulla social-democrazia scandinava, dice cose che si leggono ordinariamente nella sinistra comunista (quelle attaccata da Lenin nella Malattia infantile, per capirci). Sono cose vere : quel che si intende con "marxismo" - sia teorico che pratico - troppo spesso si identifica alla emergenza di una nuova classe burocratica - sia essa democratico-parlamentare o rivoluzionaria bolscevica. Ma nel fondo, nell'uno e nell'altro, si ha sempre una predominanza dell'economia.
Ora, dice il Lattanzio, la Tradizione vuole invece che l'economia sia incastrata in un complesso più ampio, che fa capo al principio del Politico. Un elemento molto interessante è l'accento posto sulla desindividualizzazione del legame di sangue : infatti i bimbi vengono selezionati e allevati (come cavalli e pomodori) in comune. Tutti sono figli di tutti in quello strato dirigente, aristocratico, costituente lo Stato, che governa la Comunità di popolo. Ovviamente l'idea è di ispirazione platonica. Ed è una bella idea secondo me, a parte il suo lato appunto aristocratico.
Ed è qui infatti che i nodi vengono al pettine. Sotto la riflessione del Lattanzio - che si dice "nichilista-rivoluzionario" - c'è un ammissione indiscussa che l'ordine nuovo, l'ordine che fa seguito allo schifo della società borghese, sia un ordine aristocratico. Per il Lattanzio questa aristocrazia non può ovviamente radicarsi nel presente, cioè nell'avere, nel superfluo, nelle mode consumistiche della società capitalista. L'essere aristocratico rimanda ad una morfologia ontologica differenziata. O sei un aristocratico o non lo sei, poco importa da dove vieni, se sei ricco o povero, ecc.
E questo secondo è un punto molto debole, troppo debole nella spiegazione di Lattanzio. Ho riportato in citazione un passo dove egli concede, contro un idealismo diffuso nell'area DR, che la borghesia in realtà non è solo mentalità, ma anche una oggettiva posizione sociale. Sicuramente, se lo vogliamo concedere, la borghesia è una mentalità. Ma necessariamente è una posizione sociale che va determinata secondo una analisi materialistica. Ebbene se è vero che per determinare chi è borghese devi considerare la sua posizione sociale (rapporto alla proprietà dei mezzi di produzione) allora lo dovresti fare per identificare l'"uomo nuovo", l'uomo della Tradizione, del "filone aureo della razza ario-europea".
Ma questo, purtroppo, Lattanzio non lo fa. Cosa significa allora ? Significa che ognuno di noi è libero di determinare quanto è vicino alla visione del mondo tradizionale, e quindi di auto-certificarsi come vocato alla dirigenza dello Stato Politico della Comunità di Popolo. Siamo nel pieno di quel che chiamo l'ideologia oroscopica : chi legge l'oroscopo ci crede, e da solo cerca e trova i punti di corrispondenza tra le sciocchezze dell'astrologo e la sua giornata vissuta : oggi devi stare attento al colore rosso ? guarda caso un vecchio conoscente che fa di nome Rossi ha licenziato il nipote della tua vicina di casa !
Il discorso sulla Tradizione diventa in questo modo assolutemente performativo : è perché ci credi che leggi Lattanzio, e leggendo Lattanzio hai conferma che fai bene a crederci. Fai gruppo, ti monti la testa, sei un uomo tra le rovine.
Dobbiamo allora cercare di dare meno campo alla fantasia, ricorrendo per questo all'analisi storica. Cosa viene dimostrato nella società dei consumi ? Si è dimostrato che siamo tutti scambisti. La merce realizza un universale, un rapporto sociale che ha dissolto tutti i vecchi rapporti sociali - tra i quali quelli che piacono a Lattanzio. Non c'è più bisogno dell'uomo di spada, non c'è più un clero centrale nelle nostre vite per mediare con la morte, non ci sono più gli ordini, ecc. Tutto è schiacciato e banalizzato nello scambismo, e logicamente (qui ha ragione Lattanzio a citare Spengler) in un mondo dove tutto ha un prezzo il potere e il denaro sono la stessa cosa.
Quella di Lattanzio è dunque una rivolta ideale contro l'ugualitarismo reale della merce. Lui vuole abolire questa identità sotto il segno dell'uguaglianza nell'alienazione scambista per ristabilire la verticalità del Politico. Ma ovviamente la leva su cui potrebbe agire si palesa, miseramente, in qualche sparuto gruppo di idealisti scontenti e auto-persuasi che sono la compagine aristocratica del filone aureo di una razza prestigiosa.
Invece si dovrebbe partire dallo stato concreto della situazione, determinando ciò che nello scambismo ne contiene il superamento. Sarebbe in questo modo la logica intrinseca dell'economia a partorire se vogliamo chiamarlo cosi "un ordine nuovo", anche se in una prima fase si avrebbe, altro che ordine, un bel casino, un insurrezione, una rivoluzione. Non si ha in questo modo da fare intervenire, nello scenario di cambiamento, una ontologia separata, differenziata, curiosamente distribuita in modo ugualitario in tutte le classi della società. Non si lascerebbe più al mistero della Tradizione e all'adesione a questo la possibilità del cambiamento.