Originariamente Scritto da
Gastida
Sospiro di sollievo in Kosovo e guerra scongiurata almeno per ora: l’esercito serbo si ritira dal confine, Belgrado invita i serbo-kosovari a dismettere le barricate erette a Mitrovica e nei comuni del nord del Paese per protesta contro la polizia e il governo centrale di Pristina: la minoranza serba era pronta allo scontro anche armato con la maggioranza di etnia albanese.
Secondo l'ufficio del governo serbo per il Kosovo, citato dall’agenzia Nova, il presidente serbo Aleksandar Vucic in serata si recherà in elicottero al valico di Raska tra Serbia e Kosovo per incontrare i rappresentanti della minoranza serba e illustrare le garanzie ottenute da Usa, Ue e dalla missione di pace Kfor che di fatto regge sotto l’egida Onu la fragilissima stabilità del piccolo paese balcanico. In Kosovo sono comunque ore concitate, il clima è ancora di stallo: in mattinata sembrava che la situazione potesse precipitare dopo che le forze speciali di polizia serbe hanno fermato a Bujanovac un cittadino albanese che aveva in casa un arsenale militare fra cui una decina di fucili e centinaia di munizioni: arrestato con l’accusa di terrorismo e il sospetto che fossero armi destinate di contrabbando al Kosovo.
Tensione alle stelle, ma la diplomazia si mette all’opera. Partono gli incontri fra Ue, Usa e Petar Petkovic, direttore dell’ufficio del governo serbo per il Kosovo. L’ambasciatore Usa a Belgrado Christopher Hill spiega che il patriarca serbo Porfirjie, a cui due giorni era stato negato l’ingresso in Kosovo, ha pieno diritto a entrare nel paese balcanico e incontrare la comunità serbo-kosovara: è il primo spiraglio di luce. Ma la tensione non cala, anzi: i serbi-kosovari continuano a presidiare le barricate erette all’alba con trattori e rimorchi dei camion al valico di Merdare, tra Serbia e Kosovo, per impedire l’accesso alla polizia kosovara. Il nord del paese è paralizzato, in attesa di un pronunciamento diplomatico o di un pretesto per imbracciare le armi.
In serata arriva la fumata bianca. “Le tre condizioni che i serbi del nord del Kosovo hanno posto per il ritiro dalle barricate sono state soddisfatte”, spiega Petar Petkovic: gli ex agenti di polizia arrestati nei giorni scorsi saranno rilasciati e “le forze di sicurezza kosovare – spiega Petkovic - non possono recarsi nel nord del Kosovo senza il doppio consenso dei rappresentanti della Kfor e dei sindaci dei comuni serbi del nord”: è una formula a garanzia della minoranza serba che chiede di essere tutelata dalla maggioranza kosovara di etnia albanese. Il Kosovo rimane però congelato nella frattura tra serbi e albanesi che dalla guerra del ’99 non riescono a convivere: convitati di pietra sono gli Usa, alleati del governo centrale kosovaro, e la Russia di Putin, storica alleata della Serbia. La stabilità è appesa a un filo rosso tenuto dalla missione di pace Kfor sotto l’egida Nato. “La Kfor rimane estremamente vigile – spiega una nota - ha la capacità e il personale per fornire un ambiente sicuro e la libertà di movimento per tutte le comunità”.
https://www.repubblica.it/esteri/202...ine-381093385/