User Tag List

Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 24
  1. #1
    Klassenkampf ist alles!
    Data Registrazione
    31 May 2009
    Messaggi
    64,812
     Likes dati
    211,741
     Like avuti
    26,521
    Mentioned
    1285 Post(s)
    Tagged
    32 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    2

    Predefinito Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Un anno e mezzo fa (maggio 2021) spiegavo su questa pagina le ragioni per cui, dopo qualche decennio in cui, pur non avendo mai smesso di professarmi comunista, non ho svolto militanza attiva, sentivo l'esigenza di impegnarmi concretamente in un progetto politico. A sollecitare tale scelta, scrivevo, era lo spettacolo degli effetti che quarant'anni di controrivoluzione liberale hanno prodotto in termini di degrado della qualità della vita e dei livelli di coscienza civile e politica di miliardi di esseri umani. Dopodiché esprimevo la convinzione che, per cambiare le cose , non occorresse ricostruire una "sinistra", termine che ha perso ogni valenza positiva agli occhi delle masse popolari, ma rilanciare l'obiettivo del superamento della società capitalista verso il socialismo.

    Nello stesso post analizzavo le ragioni del fallimento delle esperienze ascrivibili all'area dei populismi e sovranismi di sinistra, un'area che, per motivi che ho descritto in alcuni miei libri, mi era parsa più vitale delle formazioni neo/post comuniste residuate dal tracollo del PCI prima e di Rifondazione Comunista poi (1). Infine, interrogandomi su quali requisiti minimi avrebbe a mio avviso dovuto avere una formazione politica all'altezza delle sfide del nostro tempo, ne elencavo cinque: 1) un forte impegno nella ricostruzione dell’unità del proletariato distrutta da decenni di guerra di classe dall’alto, a partire dal lavoro teorico di ridefinizione del concetto stesso di classe finalizzato ad analizzare le nuove forme dell’oppressione e dello sfruttamento capitalistici, ma soprattutto non fine a sé stesso ma alla ricostruzione del partito di classe; 2) una radicale presa di distanza dalle sinistre liberali e/o presunte “radicali”, a partire dal ripudio dell’ideologia antistatalista e antipolitica che è il tratto distintivo della cultura dei movimenti post sessantottini - un'ideologia demenziale che rinuncia alla lotta per il potere politico (bollato come l'incarnazione del male) e sogna di poter cambiare il mondo “a partire da sé”; 3) una chiara consapevolezza della incompatibilità fra quel cosmopolitismo borghese che è oggi la cifra del progressismo di sinistra, e l’internazionalismo proletario da intendere come rapporto di solidarietà attiva fra proletari e popoli oppressi e sfruttati, il che implica che la sovranità popolare e la democrazia non possono prescindere dalla sovranità nazionale, perché nessun popolo privato della sua sovranità può decidere liberamente del proprio futuro (l'opposizione più radicale alla Ue è corollario imprescindibile di tale punto); 4) Una coerente posizione antimperialista che identifichi negli Stati Uniti il nemico principale, in quanto superpotenza incapace di gestire il proprio declino egemonico e di accettare un mondo multipolare, e disposta, onde evitare tale declino, a scatenare una nuova guerra mondiale contro Cina, Russia e tutti i Paesi che non accettano i diktat occidentali. Nessuna aggressione imperialista – motivata con la difesa dei "diritti umani" da parte di potenze che quei diritti hanno sempre calpestato – contro qualsiasi Paese può essere tollerata. Ciò vale per la Russia, l’Iran, la Siria, che socialisti non sono, ma vale a maggior ragione per i Paesi socialisti come Cuba, il Vietnam, la Bolivia, il Venezuela e – soprattutto – quella Cina che le sinistre liberal progressiste considerano un Paese autoritario e neocapitalista (dal punto in questione deriva, da un lato, una chiara presa di posizione in favore della Russia nello scontro in corso con il regime neonazista ucraino e il rilancio della parola d'ordine dell'uscita dell'Italia dalla Nato, dall'altro lato una ridefinizione del concetto stesso di transizione al socialismo a partire dall'esperienza cinese e dagli insegnamenti che essa offre in merito alle ragioni del fallimento dell'Urss); 5) il rifiuto di assumere una posizione “codista” nei confronti del movimento femminista (e più in generale della cultura del politicamente corretto) nella misura in cui del femminismo anticapitalista delle origini è rimasto poco o nulla, laddove l'attuale femminismo mainstream mette al centro della propria agenda politica il riconoscimento dei diritti individuali ed è divenuto parte integrante dell'establishment neoliberale (2). Concludevo scrivendo che il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo mi sembrava la formazione politica che più si avvicinava a soddisfare i requisiti appena elencati. Dopodiché in un post pubblicato pochi giorni dopo, annunciavo di avere accettato di presentarmi come capolista del PC alle elezioni comunali di Milano.

    Dopo diciannove mesi, molta acqua politica è passata sotto i ponti. Sul piano internazionale, abbiamo assistito allo scoppio della guerra in Ucraina e alla sua rapida degenerazione nel prodromo della Terza guerra mondiale, con gli Stati Uniti, l'Europa e la Nato direttamente impegnati al fianco del regime neonazista di Kiev (mentre la tensione nei mari prospicienti la Cina è pericolosamente aumentata). Abbiamo avuto la più clamorosa conferma del ruolo subalterno della Ue nei confronti degli Usa: pur pagando il prezzo più alto della guerra tanto in termini di contraccolpi economici, quanto in termini di ridimensionamento del proprio ruolo geopolitico (con Germania e Francia ridotte a muoversi al traino del blocco anticomunista e russofobo dei Paesi est europei), l'Europa non è stata capace di ritagliarsi il minimo margine di autonomia nei confronti degli Stati Uniti, mentre i suoi media e i suoi partiti di destra, centro e sinistra (a partire da quelli di casa nostra) sono più impegnati di quelli d'oltreoceano ad alimentare una forsennata campagna bellicista. Sul piano nazionale, il governo "tecnico" del proconsole atlantista Draghi (remake ancora più ferocemente antidemocratico di quello di Monti) ha lasciato il posto al governo Meloni, il primo governo dichiaratamente di destra radicale dalla fine della Seconda guerra mondiale (che incarna una sorta di neoliberalismo in salsa Tatcher de noantri più che un regime neofascista, come una certa retorica di "sinistra" va predicando). Ciò è avvenuto dopo una tornata elettorale anticipata che ha visto, a destra il trionfo della Meloni a spese di Salvini e Berlusconi, a "sinistra" il tracollo del PD e una timida ripresa dell'M5S. E all'estrema sinistra?

    Purtroppo ho avuto ragione - contro l'infondato ottimismo di alcuni amici e compagni - nel prevedere che la somma di tutti i partitini neo comunisti (camuffati dietro sigle para populiste/para sovraniste o neo arcobaleno) non avrebbe raggiunto il 3%. Ma il punto non è questo, almeno per chi come il sottoscritto da tempo va predicando che compito principale di un partito comunista nell'attuale contesto storico dovrebbe essere impegnare le sue esigue risorse nell'affondare radici nel corpo di classe, invece di sprecarle in velleitarie campagne elettorali. Il vero punto è il marasma teorico e ideologico che ha accomunato tutti i protagonisti di questa poco nobile gara. Sorvolo su ciò che resta di Rifondazione, su Unione Popolare e sul Partito Comunista Italiano guidato da Alboresi, ultime incarnazioni della deriva inarrestabile in cui sono affondati i resti del PCI negli ultimi vent'anni. Mi preme invece accennare ai motivi della mia profonda delusione nei confronti del PC di Rizzo, nel quale avevo riposto qualche speranza per le ragioni sopra esposte. In due post usciti sul mio profilo Facebook ho espresso la mia radicale perplessità in merito all'operazione Italia Sovrana e Popolare: mi è parsa sbagliata la scelta di sacrificare l'identità simbolica del partito a una mini-coalizione che, non solo ha riproposto la fallimentare logica delle liste arcobaleno, ma lo ha fatto alleandosi con una forza dagli ambigui connotati ideologici; mi è parso sbagliato il tentativo di intercettare i confusi fermenti di scontento di strati piccolo borghesi, con la motivazione che oggi sono i soli ad agitarsi mentre le classi lavoratrici sonnecchiano, per tacere della motivazione ancora peggiore - frutto di uno scoraggiante pressapochismo teorico che rinuncia a priori a qualsiasi serio tentativo di analisi di classe - secondo cui questi strati sarebbero oggi compiutamente "proletarizzati" (3); mi è parso sbagliato proseguire su questa strada ignorando lo sfascio organizzativo che ha provocato, causando la fuoriuscita di molti compagni; mi è parso sbagliato "annacquare" quei temi di politica internazionale che mi avevano indotto a vedere in quel partito un'alternativa credibile agli altri "cespugli"; mi è infine parso sbagliato compiere l'ennesimo infruttuoso investimento di tutte le energie sul terreno elettorale invece di concentrarle sulla costruzione del partito di classe.

    Non è mio costume esprimere il dissenso con dichiarazioni e gesti "teatrali", che servirebbero solo a esacerbare i rapporti con compagni nei confronti dei quali continuo a nutrire amicizia e rispetto, mi limito quindi a formalizzare la mia decisione di defilarmi rispetto a qualsiasi organizzazione pretenda di rappresentare il nucleo di un nuovo partito comunista. D'ora in poi il mio impegno sarà rivolto a contribuire ai difficili, faticosi ma indispensabili tentativi di costruire una rete di relazioni fra gli spezzoni della diaspora comunista che lo sfascio degli ultimi anni si è lasciato alle spalle. Non si tratta di fondare un ennesimo partitino, né tanto meno un ennesimo mini cartello elettorale, ma di gettare le basi di un lungo, paziente lavoro di costruzione di un'avanguardia di classe. Nelle pagine che seguono trovate un estratto di alcune pagine dell'ultima parte del secondo volume di Guerra e rivoluzione (il primo sarà in libreria il prossimo 27 gennaio per i tipi di Meltemi) nelle quali abbozzo un'analisi delle radici lontane della crisi del movimento comunista italiano (in questa anticipazione ho effettuato alcuni tagli, segnalati dai puntini di sospensione fra parentesi, cambiato alcune brevi frasi rispetto al testo originale e introdotto due titoli di paragrafo che nel libro non esistono).


    Sull'eredità eurocomunista

    Ciò che più colpisce della galassia dei partitini nati dalla dissoluzione del PCI (...) è il loro scarso, per non dire inesistente, impegno nell’indagare le cause di un evento sorprendente: come mai il più grande partito comunista occidentale ha potuto trasformarsi, praticamente dalla sera alla mattina, nemmeno in un partito socialdemocratico, bensì direttamente in un partito liberale. Al posto delle riflessioni ci sono state rabbia, delusione, risentimento, accuse di tradimento nei confronti del gruppo dirigente. Ma quali fattori politico culturali hanno favorito la selezione di quel gruppo dirigente? A confermare che su ciò si è ragionato poco o nulla è il fatto che, discutendo con i compagni, capita di ascoltare nostalgici panegirici di un leader come Enrico Berlinguer, vale a dire dell’uomo che ha officiato il compromesso storico con la DC; che, dopo avere proclamato l’esaurimento della “spinta propulsiva” della Rivoluzione d’ottobre, ha dichiarato di sentirsi al sicuro sotto l’ombrello protettivo della NATO; che, prima di presentarsi ai cancelli della Fiat nell’80, quando la battaglia era già persa, aveva benedetto la svolta opportunista di Lama - svolta che nei decenni successivi è divenuta aperta resa nei confronti di tutte le “riforme” volute dai padroni e dai loro rappresentanti politici.

    Se non si riesce a fare i conti con la figura del fondatore dell’eurocomunismo, figurarsi se ci si possono aspettare riflessioni critiche nei confronti dell’eredità teorico politica del “migliore”. Eppure la discutibile interpretazione del concetto gramsciano di “nazional popolare” elaborata da Palmiro Togliatti, è senza dubbio alla radice di molti errori successivi. Per decenni la base del partito si è illusa che la tesi della “lunga marcia attraverso le istituzioni” fosse un diversivo tattico. In realtà si trattava di una svolta che cambiava le regole del gioco rispetto allo storico dibattito sull’alternativa riforme-rivoluzione (...). Per contestualizzare tale dibattito nell’attuale fase storica, occorre chiarire che il punto non è l’alternativa fra rivoluzione violenta e presa del potere attraverso le elezioni, bensì è il seguente: si va al potere per governare il sistema esistente, sia pure “democratizzandone” certi dispositivi, oppure perché lo si concepisce come il primo passo verso un cambiamento sistemico? Rivoluzioni come quelle venezuelana e boliviana sono del secondo tipo, come confermano le Costituzioni alle quali hanno dato vita; l’ascesa al potere del PCI immaginata da Togliatti, prevedeva viceversa una cogestione con i partiti borghesi (a partire dalla DC), che mai avrebbe consentito di avviare un cambio di sistema (ritenuto impossibile anche a causa della collocazione geopolitica del Paese (...). Si tratta di capire come e perché quel riformismo, che non metteva in discussione la natura, le funzioni e gli obiettivi di questo Stato, limitandosi a rivendicare un’applicazione più rigorosa dei principi della Costituzione, abbia ispirato infiniti compromessi con il nemico di classe (...).

    Questo mix di elettoralismo ed opportunismo è il marchio indelebile che i partitini neocomunisti hanno ereditato dal PCI. A mano a mano che perdevano voti ed iscritti, riducendosi a “cespugli”, secondo l’ironica definizione degli avversari, cresceva il loro spasmodico impegno per conquistare uno straccio di deputato, senatore, consigliere regionale o municipale. Le scarse risorse organizzative ed economiche venivano spese per realizzare tale obiettivo, piuttosto che per ricostruire il partito di classe. Questa ossessione, associata alle piccole ambizioni di un personale politico di qualità decrescente, in quanto non più forgiato dal fuoco delle lotte, ha innescato la competizione che ha alimentato la frammentazione, fino all’esito grottesco della pletora di marchi con la falce e il martello che ci siamo abituati a vedere sulle schede elettorali. Inutile aggiungere che l’abbassamento del livello culturale di quadri e gruppi dirigenti ha fatto sì che, oltre a ereditare i difetti del vecchio PCI, queste formazioni non hanno mai avviato una seria riflessione sul rinnovamento teorico del marxismo, sulle ragioni del crollo sovietico e del successo cinese, sull’evoluzione del sistema capitalistico globale, sulla sua crisi, né tanto meno, sulle trasformazioni sociali e culturali subite dalle classi lavoratrici occidentali.

    In una certa misura, anche i partitini della sinistra extraparlamentare degli anni Settanta, poi confluiti nei movimenti “post politici” dei decenni successivi, sono il prodotto della svolta eurocomunista. Dopo averla contrastata riproponendo pappagallescamente i principi del marxismo leninismo (in forme che Lenin avrebbe liquidato come estremino infantile), e dopo essere stati asfaltati dal riflusso delle lotte operaie e dalla controffensiva capitalista, si sono convertiti a loro volta al neoliberalismo, sia pure in versione “progressista” (...). Una parabola che si sovrappone in buona parte a quella di Rifondazione comunista, esperienza politica che, non fosse oggi ridotta a un patetico e ininfluente residuo, meriterebbe una riflessione ad hoc, nel senso che rappresenta un originale (qui l’aggettivo non ha connotati elogiativi) tentativo di far confluire in un unico calderone i peggiori difetti del vecchio PCI (elettoralismo e tatticismo opportunistico) con i peggiori difetti del movimentismo postsessantottino (estremismo parolaio, individualismo, democraticismo piccolo borghese, autoreferenzialità delle classi medie “riflessive”).


    Partito di massa/partito di quadri

    Se è vero che costruzione della classe e costruzione del partito dovrebbero essere processi intrecciati, mi sembra chiaro che porre la questione del blocco sociale rivoluzionario prima che questi due processi abbiano raggiunto un adeguato livello di maturazione è sbagliato e controproducente, in quanto rischia di regalare l’egemonia agli strati superiori di classe media, creando le condizioni per una rivoluzione passiva. Il successo delle rivoluzioni socialiste realizzate da alcuni movimenti populisti latinoamericani sembrerebbe smentire tale tesi. La contraddizione è però apparente, in quanto i movimenti in questione sono il prodotto di condizioni socioeconomiche, culturali e storiche ben diverse dalle nostre. In particolare: 1) si tratta di rivoluzioni antiliberiste, antimperialiste e di emancipazione nazionale e razziale, realizzate in contesti regionali che hanno favorito la convergenza di interessi fra masse contadine di etnia india, classe operaia e sottoproletariato urbani, piccola e media borghesia progressiva su obiettivi radicali di riforma costituzionale, redistribuzione della ricchezza e cambiamento di matrice produttiva; 2) a guidarle sono stati leader rivoluzionari di grande capacità politica come Chávez; Morales e Linera, temprati da lunghe e dure esperienze di lotta, i quali hanno saputo innovare creativamente la teoria socialista e mobilitare avanguardie politiche altrettanto esperte e affidabili; 3) infine il processo rivoluzionario ha potuto usufruire di strutture di democrazia diretta e partecipativa sorte nel corso di lotte precedenti. Per inciso: i partiti comunisti locali, caratterizzati da posizioni teoriche e ideologiche dogmatiche, sono stati incapaci di assumere un ruolo egemonico, finendo per venire assorbiti e integrati in nuovi partiti rivoluzionari come il PSUV venezuelano e il MAS boliviano.

    Il progetto di replicare queste esperienze nei Paesi a capitalismo avanzato messo in atto da movimenti populisti di sinistra come Podemos, è fallito perché ispirato al tentativo del filosofo argentino Ernesto Laclau di “universalizzare” il modello delle rivoluzioni latinoamericane: si è puntato a “costruire un popolo”, cioè un blocco sociale rivoluzionario, prima di lavorare all’unificazione delle classi lavoratrici e alla costruzione d’un partito rivoluzionario radicato nel sociale; si è tentato di egemonizzare i movimenti di massa contro le politiche neoliberiste attraverso l’uso dei nuovi media e non reclutandone e organizzandone politicamente le avanguardie; si è mirato a ottenere in tempi brevi una maggioranza elettorale in grado di conquistare il governo, senza capire che la guida del governo in assenza di un progetto di mutamento sistemico sarebbe stata di breve durata, né avrebbe consentito di modificare i rapporti di forza fra le classi. Questa linea politica, oltre a produrre gravi compromessi su temi strategici, come l’atteggiamento nei confronti del blocco atlantico e delle sue guerre imperialiste e la mancata tutela degli interessi nazional popolari nei confronti delle politiche neoliberiste della UE, ha progressivamente eroso il consenso delle masse popolari fino ad azzerare le velleità maggioritarie. Anche in questo e altri casi, i comunisti organizzati nei partiti tradizionali hanno svolto un ruolo marginale, muovendosi a rimorchio dei populisti.

    In Italia, a fronte della riduzione delle sinistre nella migliore delle ipotesi a opposizione del re nella peggiore a agenti diretti degli interessi delle élite dominanti, lo spazio politico liberato dal loro fallimento è stato per alcuni anni occupato da un movimento come l’M5S, il quale, più che una sinistra populista è stato, sul piano organizzativo il collettore delle velleità “sovversive” di strati piccolo borghesi vecchi e nuovi, penalizzati dalla crisi e in stato di agitazione permanente fin dai tempi di Tangentopoli, sul piano elettorale e dell’opinione pubblica, un megafono della rabbia delle classi subalterne schiacciate dalla crisi. Allorché questa falsa alternativa si è ridimensionata a causa delle sue grottesche contorsioni di linea politica, nella galassia dei partitini neo comunisti sì è diffusa l’illusione di poterne ereditare l’effimero consenso popolare.

    Suggestionata dalle sirene populiste, frammentata sul piano organizzativo e penalizzata dal mancato rinnovamento teorico, la piccola famiglia dei comunisti italiani tenta di mettere il carro davanti ai buoi, punta cioè alla costruzione di un blocco sociale prima di avere avviato la ricostruzione della classe e del suo partito; spera di utilizzare la base elettorale dei grillini come scorciatoia per bypassare i tempi necessari a selezionare le avanguardie presenti nei fronti di lotta, formarle come quadri politici, riunificare le disiecta membra del movimento comunista, elaborare un programma rivoluzionario e forgiare gli strumenti per metterlo in atto. Tornano i soliti vizzi – opportunismo, elettoralismo, codismo, demagogia, ecc. – aggravati dall’urgenza imposta dalla crisi economica e geopolitica mondiali. Così si gratta la pancia al movimento No Vax, evitando di depurare la sacrosanta rabbia che lo alimenta dalle scorie complottiste e dai deliri pseudoscientifici di alcuni esponenti; si strizza l’occhio ai movimenti sovranisti, senza storcere il naso di fronte ad alcune componenti chiaramente di destra; si tessono intese elettorali con reduci dell’M5S in cerca di sponde per riconquistare un seggio. Confondendo questi frammenti semi organizzati di ceto politico con i sentimenti di frustrazione e di rabbia delle masse popolari che costoro pretendono di rappresentare, si crede di poter costruire su simili fragili fondamenta un partito di massa, senza “perdere tempo” a costruire un partito di quadri.


    Note

    I libri in cui mi sono occupato delle potenzialità politiche del populismo e del sovranismo di sinistra sono Utopie letali (Jaka Book, Milano 2013); La variante populista, (DeriveApprodi, Roma 2016) e Il socialismo è morto. Viva il socialismo (Meltemi, Milano 2019) . Quanto alle esperienze di militanza cui mi riferivo nel post in questione si trattava di Eurostop, propaggine della Rete dei Comunisti riassorbita, di fatto, in Potere al Popolo e nel cartello elettorale di UP, ma soprattutto del progetto politico di Nuova Direzione che, dopo avere lasciato Eurostop in disaccordo con la scelta di confluire in PaP, avevo contribuito ad avviare assieme ad altri amici e compagni, scommettendo sull'esistenza di uno spazio politico per un movimento populista/sovranista di ispirazione esplicitamente socialista che si è rivelato inesistente.


    (2) La letteratura sulla confluenza del femminismo mainstream nell'area del liberalismo "progressista" è ormai ampia: si vedano, in proposito, gli scritti di un'autrice come Nancy Fraser.


    (3) Le tesi sulla cosiddetta proletarizzazione dei ceti medi riemergono ciclicamente. Si pensi al successo che ottennero fra la fine dei Sessanta e l'inizio dei Settanta, quando i movimenti della sinistra extraparlamentare le cavalcavano per legittimare il presunto ruolo rivoluzionario dei movimenti studenteschi (da cui proveniva la grande maggioranza dei loro militanti). La storia si è poi incaricata di dimostrare come la schiacciante maggioranza di quei "nuovi proletari" - esaurito il ciclo di lotte cui avevano partecipato - sia prontamente rientrata nei ranghi di una piccola media borghesia fatta di nuove professioni e nuovi strati tecnico-impiegatizi, se non addirittura manageriali, ben integrati nei valori, nei principi e nelle regole nell'emergente sistema neoliberista (vedasi in proposito L. Boltanski, E. Chiapello, Il nuovo spirito del capitalismo, Mimesis, Milano-Udine 2014). Oggi si tenta di riproporla, associandola all'effervescenza dei ceti medi impoveriti, impossibilitati a svolgere ruoli e mansioni all'altezza delle competenze professionali acquisite, o titolari di attività produttive messe a rischio dalla crisi economica, dagli effetti della pandemia del Covid19 e/o della guerra russo-ucraina, il tutto senza considerare che tali effervescenze sono motivate dalla speranza di riacquisire i propri privilegi più che dalla comprensione delle cause politico-economiche delle proprie paure, disagi e frustrazioni che non vengono attribuite al sistema neoliberale bensì al fatto che a tale sistema viene impedito di esercitare i suoi effetti benefici da politici disonesti e corrotti.
    https://socialismodelsecoloxxi.blogs...unista-in.html
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

  2. #2
    email non funzionante
    Data Registrazione
    04 Jul 2012
    Messaggi
    3,321
     Likes dati
    389
     Like avuti
    566
    Mentioned
    137 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    49

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    " Se è vero che costruzione della classe e costruzione del partito dovrebbero essere processi intrecciati, mi sembra chiaro che porre la questione del blocco sociale rivoluzionario prima che questi due processi abbiano raggiunto un adeguato livello di maturazione è sbagliato e controproducente, in quanto rischia di regalare l’egemonia agli strati superiori di classe media, creando le condizioni per una rivoluzione passiva. "

    Cosa significa "costruire la classe" ? Mi pare che la classe sia costituita storicamente nella dinamica del capitalismo. Se oggi è in crisi la classe non è perché è venuto a mancare un "partito di quadri" ma perché la produzione industriale è stata spostata dalla borghesia. Con la fine dei grossi assembramenti operai è entrato in crisi il sentire comune di appartenenza a quel collettivo di cui i marxisti pensavano che era l'operatore storico di un salto da un modo di produzione capitalista al comunismo.

    Logicamente con la crisi del movimento operaio è entrato in crisi anche il partito o l'avanguardia che si proponeva di inquadrarlo.

    Quindi vorrei chiedere a Formenti se quel lavoro di analisi che si propone di fare, riguardo il disastro del comunismo in Italia, non è reso sterile in partenza da questo assunto falso. Non c'è classe da costruire e quindi va interrogata la funzione del partito.

    Un altro punto dolente è quello del blocco sociale. Capisco benissimo la necessità di scartare il pericolo di un egemonia della classe media, ma va notato che quando il proletariato poteva imporre le proprie vedute era anche perché gli era negata la possibilità di una mobilità individuale. Ora invece almeno formalmente esiste una mobilità sociale che provoca lo sfiancamento del proletariato, almeno nei paesi avanzati. Questo determina sempre più evidentemente il ruolo protagonista della classe media nei movimenti di rivolta. Ci sarebbe da discutere punto per punto la nota 3. Se la discussione riscontra interesse voglio proporre un analisi più approfondita.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  3. #3
    x il Socialismo Mondiale
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Località
    Pianeta Terra (Verona)
    Messaggi
    25,438
     Likes dati
    1,092
     Like avuti
    2,874
    Mentioned
    437 Post(s)
    Tagged
    2 Thread(s)

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Non per difendere l’autore dell’articolo, che tra l'altro non ho letto del tutto.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Cosa significa "costruire la classe" ? Mi pare che la classe sia costituita storicamente nella dinamica del capitalismo.
    Forse si riferiva alla coscienza di classe, che oggi sembra quasi inesistente. Da notare che i leninisti e affini per classe intendono un gregge di pecore che segue l'elite avanguardista, non come un insieme di individui che pensano con la propria testa e che si auto-organizzano politicamente (come chiaramente indicato nel Manifesto del Partito Comunista).

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Se oggi è in crisi la classe non è perché è venuto a mancare un "partito di quadri" ma perché la produzione industriale è stata spostata dalla borghesia. Con la fine dei grossi assembramenti operai è entrato in crisi il sentire comune di appartenenza a quel collettivo di cui i marxisti pensavano che era l'operatore storico di un salto da un modo di produzione capitalista al comunismo.
    Ma gli operai non sono gli unici che devono vendere la propria forza-lavoro per vivere e che quindi sono sfruttati.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Un altro punto dolente è quello del blocco sociale. Capisco benissimo la necessità di scartare il pericolo di un egemonia della classe media, ma va notato che quando il proletariato poteva imporre le proprie vedute era anche perché gli era negata la possibilità di una mobilità individuale. Ora invece almeno formalmente esiste una mobilità sociale che provoca lo sfiancamento del proletariato, almeno nei paesi avanzati.
    “Formalmente”, hai detto bene, infatti in molti paesi avanzati come l’Italia la mobilità sociale è bloccata, ne hanno parlato anche i mass media.
    "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi." Carl von Clausewitz
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  4. #4
    email non funzionante
    Data Registrazione
    04 Jul 2012
    Messaggi
    3,321
     Likes dati
    389
     Like avuti
    566
    Mentioned
    137 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    49

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    1. Forse si riferiva alla coscienza di classe, che oggi sembra quasi inesistente. Da notare che i leninisti e affini per classe intendono un gregge di pecore che segue l'elite avanguardista, non come un insieme di individui che pensano con la propria testa e che si auto-organizzano politicamente (come chiaramente indicato nel Manifesto del Partito Comunista).


    2.Ma gli operai non sono gli unici che devono vendere la propria forza-lavoro per vivere e che quindi sono sfruttati.


    3.“Formalmente”, hai detto bene, infatti in molti paesi avanzati come l’Italia la mobilità sociale è bloccata, ne hanno parlato anche i mass media.
    1. Penso che hai ragione, si riferiva alla coscienza. Ma anche questo pone problema, nella misura in cui non credo che la coscienza possa essere diffusa dall'esterno o meglio dall'alto del sapere libresco. La coscienza nasce e matura nelle corso delle lotte, si forma dinanzi ai problemi concreti che affronta il proletariato.

    Detto questo credo che bisogna mostrarsi più sfumati nel giudizio sul leninismo. Se è vero che è esistita - e forse esiste ancora in alcuni gruppetti settari - quella visione della classe come un gregge di pecore, è anche vero che in altri si è affermato più volte la necessità di articolare l'operato del partito con la effettiva esistenza di una classe - cioè non di un gregge di pecore ma di proletari in lotta. Quando invece non si hanno queste lotte su base proletaria (com'è il caso oggi) allora il ruolo del partito non è più quello di commando e di difesa del programma, ma consiste invece a ritirarsi nello studio e l'analisi della situazione.

    2. Hai ragione ma storicamente la classe operaia ha formato la colonna vertebrale del movimento di classe. Oggi invece è tutto più sfumato, ci sono gli impiegati, tutta quella manodopera sbriciolata nei servizi, atomizzata, ci sono maree di disoccupati più o meno cronici, gli auto-imprenditori che fanno la fame, ecc. Bisogna capire come, da questo dato, sarebbe possibile costituire un sentire comune, una unità d'intento, un general intellect capace di auto-riflessività e capace quindi di pensare la lotta di classe a livello strategico. E questo lavoro devo anche capire se Formenti ci ha pensato o se si accontenta di ripetere le solite lagne sul partito che non c'è più.

    3. No attenzione, c'è da distinguere : che la mobilità sia bloccata è vero come realtà statistica, ma poi tutti conosciamo persone che nel corso della vita hanno realizzato una scalata sociale. Magari non diventando grossi industriali ma quanto basta per cambiare vita, cambiare quartiere, cambiare la prospettiva di vita tanto da potersi staccare da quel sentimento di appartenenza trans-generazionale alla classe degli sfruttati. Ed è questo che puntavo : la meritocrazia opera come un potente smobilizzante, perché produce l'individualità, responsabilizza e quindi rompe la catena di solidarietà tra i consimili.

    Il limite a questa dinamica è dato dal progresso tecnologico che ora morde anche sui lavori dei più qualificati, cioè dei lavoratori costituenti quella che viene chiamata la classe media. Non realizzando lo sbocco degli studi, i figli della classe media vedono tramontare i miti della presente società e con questo si apre una possibilità di capire meglio i proletari, la loro disperazione, la loro rabbia.

    E allora si arriva al problema della nota 3 del testo di Formenti. Credo che la rivoluzione non può più essere pensata nella qualità purista del proletarismo. Dentro ci devi mettere, per forza, i pezzi della classe media in declino, che portano con loro non solo la frustrazione ma anche un diverso approccio della questione sociale e di quelle societali (si pensi al politicamente corretto, estreaneo al proletariato quando è invece una specie di sostituto della vecchia religione nella classe media colta).
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  5. #5
    Forumista esperto
    Data Registrazione
    26 Dec 2021
    Messaggi
    18,153
     Likes dati
    0
     Like avuti
    5,296
    Mentioned
    406 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    In realtà non si tratta del proletariato che scompare, ma del fatto che tutto un segmento di lavoratori fino a poco tempo fa classificabili come “piccolissima borghesia” stanno oggettivamente divenendo proletariato - pur se soggettivamente si percepiscono ancora “borghesi”.

    Sarà l’amara realtà a risvegliarli dall’illusione.

    Su Cumpanis ci sono una serie di articoli miei, di Formenti e di altri compagni a riguardo della faccenda.

  6. #6
    x il Socialismo Mondiale
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Località
    Pianeta Terra (Verona)
    Messaggi
    25,438
     Likes dati
    1,092
     Like avuti
    2,874
    Mentioned
    437 Post(s)
    Tagged
    2 Thread(s)

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    1. Penso che hai ragione, si riferiva alla coscienza. Ma anche questo pone problema, nella misura in cui non credo che la coscienza possa essere diffusa dall'esterno o meglio dall'alto del sapere libresco. La coscienza nasce e matura nelle corso delle lotte, si forma dinanzi ai problemi concreti che affronta il proletariato.
    Si forma anche con l’attività politica organizzata (propaganda, discussioni ecc.) e lo stesso vale per la coscienza socialista, che è anch’essa indispensabile per fare una vera rivoluzione socialista, non basta che ce l'abbia una minoranza avanguardista.
    Riguardo alle lotte ecco quello che pensava Marx e che io condivido:
    “Nello stesso tempo la classe lavoratrice, indipendentemente dalla servitù generale che è legata al sistema del lavoro salariato, non deve esagerare a se stessa il risultato finale di questa lotta quotidiana. Non deve dimenticare che essa lotta contro gli effetti, ma non contro le cause di questi effetti; che essa può soltanto frenare il movimento discendente, ma non mutarne la direzione; che essa applica soltanto dei palliativi, ma non cura la malattia. Perciò essa non deve lasciarsi assorbire esclusivamente da questa inevitabile guerriglia, che scaturisce incessantemente dagli attacchi continui del capitale o dai mutamenti del mercato. Essa deve comprendere che il sistema attuale, con tutte le miserie che accumula sulla classe lavoratrice, genera nello stesso tempo le condizioni materiali e le forme sociali necessarie per una ricostruzione economica della società. Invece della parola d'ordine conservatrice: "Un equo salario per un'equa giornata di lavoro", i lavoratori devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: "Soppressione del sistema del lavoro salariato". Salario, prezzo e profitto (grassetto mio)

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Detto questo credo che bisogna mostrarsi più sfumati nel giudizio sul leninismo. Se è vero che è esistita - e forse esiste ancora in alcuni gruppetti settari - quella visione della classe come un gregge di pecore, è anche vero che in altri si è affermato più volte la necessità di articolare l'operato del partito con la effettiva esistenza di una classe - cioè non di un gregge di pecore ma di proletari in lotta. Quando invece non si hanno queste lotte su base proletaria (com'è il caso oggi) allora il ruolo del partito non è più quello di commando e di difesa del programma, ma consiste invece a ritirarsi nello studio e l'analisi della situazione.
    Dove ci sono leader, ci sono seguaci/militanti, cioè spesso delle pecore. Per caso tu conosci un partito o un groppo leninista o anche trotskista, maoista o similare, in cui la linea politica e tutto il resto non viene deciso da leader di partito e che non sia fissato ideologicamente sul capitalismo di Stato, ossia sulla gestione del capitalismo da parte dello Stato che loro in modo disonesto chiamano socialismo come fece il loro santone Lenin?

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    3. No attenzione, c'è da distinguere : che la mobilità sia bloccata è vero come realtà statistica, ma poi tutti conosciamo persone che nel corso della vita hanno realizzato una scalata sociale. Magari non diventando grossi industriali ma quanto basta per cambiare vita, cambiare quartiere, cambiare la prospettiva di vita tanto da potersi staccare da quel sentimento di appartenenza trans-generazionale alla classe degli sfruttati. Ed è questo che puntavo : la meritocrazia opera come un potente smobilizzante, perché produce l'individualità, responsabilizza e quindi rompe la catena di solidarietà tra i consimili.

    Il limite a questa dinamica è dato dal progresso tecnologico che ora morde anche sui lavori dei più qualificati, cioè dei lavoratori costituenti quella che viene chiamata la classe media. Non realizzando lo sbocco degli studi, i figli della classe media vedono tramontare i miti della presente società e con questo si apre una possibilità di capire meglio i proletari, la loro disperazione, la loro rabbia.
    Ad ogni modo io penso che la questione dell’ascensore sociale sia irrilevante rispetto alla necessità urgente di rivoluzionare la società in senso socialista.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    E allora si arriva al problema della nota 3 del testo di Formenti. Credo che la rivoluzione non può più essere pensata nella qualità purista del proletarismo. Dentro ci devi mettere, per forza, i pezzi della classe media in declino, che portano con loro non solo la frustrazione ma anche un diverso approccio della questione sociale e di quelle societali (si pensi al politicamente corretto, estreaneo al proletariato quando è invece una specie di sostituto della vecchia religione nella classe media colta).
    Fanno parte del proletariato (classe lavoratrice) tutti coloro che non possiedono i mezzi di produzione e per vivere devono vendere la propria forza-lavoro, mentale e/o fisica, quindi si sta già parlando della vasta maggioranza della popolazione.
    "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi." Carl von Clausewitz
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  7. #7
    email non funzionante
    Data Registrazione
    04 Jul 2012
    Messaggi
    3,321
     Likes dati
    389
     Like avuti
    566
    Mentioned
    137 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    49

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Vladimir Ilyich Visualizza Messaggio
    In realtà non si tratta del proletariato che scompare, ma del fatto che tutto un segmento di lavoratori fino a poco tempo fa classificabili come “piccolissima borghesia” stanno oggettivamente divenendo proletariato - pur se soggettivamente si percepiscono ancora “borghesi”.

    Sarà l’amara realtà a risvegliarli dall’illusione.

    Su Cumpanis ci sono una serie di articoli miei, di Formenti e di altri compagni a riguardo della faccenda.
    Infatti il proletariato non è mai scomparso, però si è creata una "classe media" cioè una classe di lavoratori a cui la borghesia ha delegato alcune delle proprie prerogative tipo commando o controllo, con la controparte di un salario più grosso. Questa classe è entrata in crisi già da tempo, e poco a poco vede le proprie condizioni di vita ritornare ai livelli del proletariato.

    Mi dai il link verso i tuoi articoli ? Grazie.


    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    1. Si forma anche con l’attività politica organizzata (propaganda, discussioni ecc.) e lo stesso vale per la coscienza socialista, che è anch’essa indispensabile per fare una vera rivoluzione socialista, non basta che ce l'abbia una minoranza avanguardista.



    2. Dove ci sono leader, ci sono seguaci/militanti, cioè spesso delle pecore. Per caso tu conosci un partito o un groppo leninista o anche trotskista, maoista o similare, in cui la linea politica e tutto il resto non viene deciso da leader di partito e che non sia fissato ideologicamente sul capitalismo di Stato, ossia sulla gestione del capitalismo da parte dello Stato che loro in modo disonesto chiamano socialismo come fece il loro santone Lenin?


    3. Fanno parte del proletariato (classe lavoratrice) tutti coloro che non possiedono i mezzi di produzione e per vivere devono vendere la propria forza-lavoro, mentale e/o fisica, quindi si sta già parlando della vasta maggioranza della popolazione.
    1. Certamente ma quella attività organizzativa che porta il proletariato a volere non l'equo salario ma la soppressione del salariato, quella attività come nasce ? Nasce nella testa di un intellettuale separato dal movimento, o nasce nel seno della classe in lotta perché nella coscienza dei lottatori di classe si fa strada poco a poco l'impossibilità intrinseca di un capitalismo "equo" e quindi la necessità di sopprimere il capitale ?

    Voglio dire : se l'intervento esteriore di chi ha astrattamente raggiunto una comprensione del capitalismo e delle sue proprie dinamiche di superamento fosse di qualche efficienza concreta, già da tempo avremmo potuto osservare il miracolo dello spirito sapienziale marxista fattosi corpo nel proletariato rivoluzionario. E invece non è cosi. Pazienza - e umiltà nei lettori del verbo sacro.

    2. Mi pare che tra i gruppetti in questione si siano anche alcuni che fanno capo alla corrente di sinistra, che ha denunciato il carattere di capitalismo di Stato (bordighisti) di quel baraccone che fu l'Urss. Sul carattere verticistico hai ragione ma va fatta anche, in parallelo, una critica del feticismo democratista. Non credo che, a ragion veduta, il contenuto del comunismo sia questione di opinione personale. O si vuole un rapporto che non sia più mediato dalla merce, o si vuole il capitalismo (sia pur riformato, ecologico, antirazzista, ecc.). Credo che nel momento più acuto della lotta si deve fare la parte della necessità storica, e quindi sacrificare tanto meno si possa agli imperativi della strategia messa in atto per rovesciare la borghesia e i suoi apparati di potere.

    3. Vedi risposta sopra a VI. A mio avviso va presa in considerazione questa specificità della classe media, che non è soltanto proletariato + paga migliore. Impossibile secondo me derubricare le differenze a mera ideologia. Tutta la forza del riformismo ripone ancora in questo strato sociale che ha più da perdere che non il proletariato, e a cui conviene dunque cercare di salvare il salvabile. E nel salvabile ci metto anche la speranza di una mobilità sociale ascendente per i figli - tramite un grosso investimento educativo - l'accessione alla proprietà, un consumo culturale e ludico distintivo, ecc. Si potrebbe dire che la classe media è stata il capolavoro del capitalismo liberale nello scontro contro quello di Stato, e che in quanto tale ne ha saldato le fondamenti per decenni.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  8. #8
    Forumista esperto
    Data Registrazione
    26 Dec 2021
    Messaggi
    18,153
     Likes dati
    0
     Like avuti
    5,296
    Mentioned
    406 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Infatti il proletariato non è mai scomparso, però si è creata una "classe media" cioè una classe di lavoratori a cui la borghesia ha delegato alcune delle proprie prerogative tipo commando o controllo, con la controparte di un salario più grosso. Questa classe è entrata in crisi già da tempo, e poco a poco vede le proprie condizioni di vita ritornare ai livelli del proletariato.

    Mi dai il link verso i tuoi articoli ? Grazie.




    1. Certamente ma quella attività organizzativa che porta il proletariato a volere non l'equo salario ma la soppressione del salariato, quella attività come nasce ? Nasce nella testa di un intellettuale separato dal movimento, o nasce nel seno della classe in lotta perché nella coscienza dei lottatori di classe si fa strada poco a poco l'impossibilità intrinseca di un capitalismo "equo" e quindi la necessità di sopprimere il capitale ?

    Voglio dire : se l'intervento esteriore di chi ha astrattamente raggiunto una comprensione del capitalismo e delle sue proprie dinamiche di superamento fosse di qualche efficienza concreta, già da tempo avremmo potuto osservare il miracolo dello spirito sapienziale marxista fattosi corpo nel proletariato rivoluzionario. E invece non è cosi. Pazienza - e umiltà nei lettori del verbo sacro.

    2. Mi pare che tra i gruppetti in questione si siano anche alcuni che fanno capo alla corrente di sinistra, che ha denunciato il carattere di capitalismo di Stato (bordighisti) di quel baraccone che fu l'Urss. Sul carattere verticistico hai ragione ma va fatta anche, in parallelo, una critica del feticismo democratista. Non credo che, a ragion veduta, il contenuto del comunismo sia questione di opinione personale. O si vuole un rapporto che non sia più mediato dalla merce, o si vuole il capitalismo (sia pur riformato, ecologico, antirazzista, ecc.). Credo che nel momento più acuto della lotta si deve fare la parte della necessità storica, e quindi sacrificare tanto meno si possa agli imperativi della strategia messa in atto per rovesciare la borghesia e i suoi apparati di potere.

    3. Vedi risposta sopra a VI. A mio avviso va presa in considerazione questa specificità della classe media, che non è soltanto proletariato + paga migliore. Impossibile secondo me derubricare le differenze a mera ideologia. Tutta la forza del riformismo ripone ancora in questo strato sociale che ha più da perdere che non il proletariato, e a cui conviene dunque cercare di salvare il salvabile. E nel salvabile ci metto anche la speranza di una mobilità sociale ascendente per i figli - tramite un grosso investimento educativo - l'accessione alla proprietà, un consumo culturale e ludico distintivo, ecc. Si potrebbe dire che la classe media è stata il capolavoro del capitalismo liberale nello scontro contro quello di Stato, e che in quanto tale ne ha saldato le fondamenti per decenni.
    https://www.cumpanis.net/

    Poi cerca Alessandro Testa

  9. #9
    x il Socialismo Mondiale
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Località
    Pianeta Terra (Verona)
    Messaggi
    25,438
     Likes dati
    1,092
     Like avuti
    2,874
    Mentioned
    437 Post(s)
    Tagged
    2 Thread(s)

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    1. Certamente ma quella attività organizzativa che porta il proletariato a volere non l'equo salario ma la soppressione del salariato, quella attività come nasce ? Nasce nella testa di un intellettuale separato dal movimento, o nasce nel seno della classe in lotta perché nella coscienza dei lottatori di classe si fa strada poco a poco l'impossibilità intrinseca di un capitalismo "equo" e quindi la necessità di sopprimere il capitale ?
    Beh, originariamente è nata da intellettuali, Marx ed Engels, che non erano certo separati dal movimento.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Voglio dire : se l'intervento esteriore di chi ha astrattamente raggiunto una comprensione del capitalismo e delle sue proprie dinamiche di superamento fosse di qualche efficienza concreta, già da tempo avremmo potuto osservare il miracolo dello spirito sapienziale marxista fattosi corpo nel proletariato rivoluzionario. E invece non è cosi. Pazienza - e umiltà nei lettori del verbo sacro.
    Purtroppo dopo la Prima Internazionale e la morte di Marx ed Engels il movimento socialista è stato stravolto da infiltrazioni riformiste/governiste (socialdemocratici) e avanguardiste/stataliste (leninismo). Per fortuna qualche pezzo del genuino movimento socialista è sopravvissuto ed esiste ancora oggi.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Sul carattere verticistico hai ragione ma va fatta anche, in parallelo, una critica del feticismo democratista. Non credo che, a ragion veduta, il contenuto del comunismo sia questione di opinione personale.
    Però l’opinione di Lenin che il capitalismo di Stato è socialismo va bene?
    Ti faccio notare che ci sono alcuni, come l’utente di questo forum che si nasconde dietro il nome di Lenin, che hanno il coraggio di sostenere che in Cina c’è il comunismo!
    Ai tempi di Marx ed Engels nelle organizzazioni politiche socialiste, alle quali anche loro due davano il loro contributo soprattutto teorico, le decisioni venivano prese democraticamente da tutti, una testa un voto, non da leader/intellettuali di partito.
    Non ci può essere uguaglianza sociale senza democrazia come non ci può essere uguaglianza sociale senza proprietà comune dei mezzi di produzione, i due aspetti sono inscindibili.

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    O si vuole un rapporto che non sia più mediato dalla merce, o si vuole il capitalismo (sia pur riformato, ecologico, antirazzista, ecc.). Credo che nel momento più acuto della lotta si deve fare la parte della necessità storica, e quindi sacrificare tanto meno si possa agli imperativi della strategia messa in atto per rovesciare la borghesia e i suoi apparati di potere.
    Per sostituirli con apparati di potere ancora più oppressivi e burocratici con al vertice un’elite di leader/intellettuali di partito?
    "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi." Carl von Clausewitz
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  10. #10
    email non funzionante
    Data Registrazione
    04 Jul 2012
    Messaggi
    3,321
     Likes dati
    389
     Like avuti
    566
    Mentioned
    137 Post(s)
    Tagged
    4 Thread(s)
    Inserzioni Blog
    49

    Predefinito Re: Sulla crisi del movimento comunista in italia

    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    B
    Ti faccio notare che ci sono alcuni, come l’utente di questo forum che si nasconde dietro il nome di Lenin, che hanno il coraggio di sostenere che in Cina c’è il comunismo!
    Ai tempi di Marx ed Engels nelle organizzazioni politiche socialiste, alle quali anche loro due davano il loro contributo soprattutto teorico, le decisioni venivano prese democraticamente da tutti, una testa un voto, non da leader/intellettuali di partito.
    Non ci può essere uguaglianza sociale senza democrazia come non ci può essere uguaglianza sociale senza proprietà comune dei mezzi di produzione, i due aspetti sono inscindibili.
    Non credo che la discussione sulle modalità di decisioni all'interno del partito o di qualsiasi struttura votata alla mediazione tra il presente e il futuro comunista ci porti lontano.

    Quanto a credere che la Cina sia comunista, è talmente ridicolo che non vale la pena soffermarci. Qui si vede il male fatto dallo stalinismo in Italia, che ha oscurato una figura come quella di Bordiga i lavori del quale dimostrano con grande anticipo la natura capitalistica di quei grandi baracconi "socialisti".

    E proprio dai lavori di Bordiga ripartirei per porre correttamente le basi della questione democratica. Perché l'uguaglianza sociale non va per forza pensata aritmeticamente. Il fatto che ogni individuo possa contarsi per uno e uno indivisibile presuppone dapprima una separazione generalizzata, un atomizzazione, mentre invece in una configurazione sociale dove la libertà è più impegnativa (dove l'iniziativa non è ostacolata dalla comunità materiale e oggettivata posta dal capitale) si potrebbe cercare il consenso reale, senza rappresentanza e senza delegazione.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

 

 
Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Sulla crisi del movimento comunista in italia
    Di Vladimir Ilyich nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 236
    Ultimo Messaggio: 12-01-23, 15:26
  2. Il movimento M5S è comunista
    Di alessandro74 nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 20
    Ultimo Messaggio: 12-07-17, 20:53
  3. Sul marxismo occidentale e sulla crisi del comunismo in italia
    Di amaryllide nel forum Comunismo e Socialismo Libertario
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 16-06-17, 15:20
  4. Un vero Movimento Comunista
    Di Comunardo° nel forum Sinistra Italiana
    Risposte: 36
    Ultimo Messaggio: 21-08-13, 12:25
  5. sulla crisi del movimento contro la globalizzazione
    Di araknerosso nel forum Comunismo e Comunità
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 16-12-04, 20:06

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito