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    Predefinito Re: Papa Francesco: essere omosessuali non è un reato

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Penso che questo Papa vada capito come un gesuita. A lui interessa il qui ed ora della Chiesa in questo mondo. E' il primo papa gesuita è questo è un po' uno shock. Ma se si va a vedere la storia della filosofia politica della Compagnia di Gesù si vede che ha quei tratti di immanentismo caratteristici. In fondo furono proprio loro a portare avanti con il Bellarmino il principio della supremazia "indiretta" della Chiesa abbandonando quello medievale della supremazia diretta, di un Bonifacio VIII. L'idea che, visto l'andazzo dei tempi, per rafforzare il potere spirituale della Chiesa conveniva indebolire quello temporale dei sovrani e rifiutare perciò il principio che il re derivi la sua autorità direttamente da Dio ha portato al prevalere del popolo sul monarca. Se vogliamo al prevalere dei bisogni sulle risposte.
    Era l'inizio di una sorta di diritto del popolo contro un diritto del re, atteso che tanto il re non ne voleva più sapere di essere cristiano. Nel diritto del popolo c'è certamente la pace.
    Certamente il testo dell'Enciclica è quello che vuol fare magistero e mi pare che lo faccia. Io aggiungerei anche il fatto che il mercato delle armi ormai ha reso il casus belli un prodotto necessario di marketing per un'industria che per sostenersi deve necessariamente fomentare delle guerre. Questo in effetti è uno scenario completamente nuovo. Sul paradosso della guerra difensiva mi pare chiaro che la guerra che intende Francesco è quella, appunto, offensiva.
    Tuttavia anche la guerra difensiva non può eccedere, ad es. in Ucraina mi pare si stia andando molte oltre il logico. Il nazionalismo esagerato non può essere considerato cristiano, soprattutto se poi non va neanche di mezzo la fede, laddove anzi quella ortodossa russa è pure preferibile alla neonata chiesa ortodossa ucraina che è scismatica di una scismatica.
    Quella della Compagnia di Gesù è indubbiamente una storia complessa ed in seno ad essa troviamo effettivamente delle tentazioni immanentistiche. Dico tentazioni immanentistiche e non dei tratti immanentistici perché l'autentica spiritualità ignaziana, sui cui si fonda il vero e proprio gesuitismo, è ben lontana da qualsiasi prospettiva di mondanizzazione. Queste tentazioni le vediamo sin dai tempi delle diatribe sul rapporto fra grazia divina, natura e libertà umana, che contrapposero il domenicano Báñez al gesuita Molina. Le vediamo nel tomismo "spurio" di Francisco Suarez. Nella presenza ricorrente di gesuiti nelle principali corti europee. In certa casuistica degenerata e troppo lassista (da non confondere con la casuistica in generale, che è cosa ottima) possiamo vedere un esempio di cedimento a queste tentazioni di accomodamento con il mondo e quindi, in un certo senso, immanentistiche. Dalla Compagnia di Gesù è venuto un Teilhard de Chardin, che è stato uno dei più clamorosi e rovinosi esempi di cedimento. Questo non toglie che, per tanti versi ed in tanti suoi esponenti, la Compagnia di Gesù è stata un esempio di sana intransigenza dottrinale e di encomiabile fedeltà al Papato. Ed è questo il gesuitismo che tanto sprezzantemente viene criticato e stigmatizzato dai nemici della Chiesa e della Compagnia di Gesù.

    Papa Francesco è "figlio", teologicamente parlando, della gestione di p. Arrupe, durante la quale il virus neo-modernista dilagò indisturbato nella Compagnia. E spesso venne declinato in uno pseudo-cattolicesimo orizzontale, mondanizzato e concentrato prevalentemente sulle questioni sociali e politiche. La teologia della liberazione è "troppo" e quindi viene respinta, ma si cerca di recuperarne il nucleo meno eversivo. È la cosiddetta "teologia del popolo", dalla quale l'odierno Pontefice ha attinto ricorrentemente. Quest'impostazione, unita ad un certo pragmatismo, che preferisce risolvere i problemi concreti e regolare situazioni de facto esistenti che approfondire i principi teorici che fondano l'azione moralmente retta, è la "cifra" del Pontificato bergogliano. E ne spiega molti aspetti. Ad alcuni il Papa appare teologicamente rozzo e talvolta confuso nelle sue espressioni. In parte è vero, ma molte sue dichiarazioni rispecchiano sia questo suo pragmatismo estremo che il circiterismo dei documenti del CVII, che afferma per poi negare o ridimensionare. Tale circiterismo in Papa Francesco è spesso più radicale di quanto sia stato durante il Concilio Vaticano II.

    Quest'orizzonte non è riconducibile a quello di San Roberto Bellarmino. È lecito pensare che nella formulazione della tesi della potestas indirecta in temporalibus della Chiesa e della tesi della potestas a Deo per populum abbiano influito due circostanze storiche molto importanti: la riforma protestante e l'ascesa dell'assolutismo regio. Entrambi fenomeni che misero in discussione il primato della Chiesa e del Papa. Tuttavia, parliamo di tesi con un fondamento notevole, che qui non occorre esaminare nel dettaglio ma che va rimarcato onde evitare di scadere nell'errore di pensare che queste tesi siano state elaborate per motivi strumentali. Anche perché, secondo certi autori, queste due tesi rappresentano una sistematizzazione di dottrine già presenti nel Medioevo. Se questo può essere discusso per quanto concerne la tesi della potestas indirecta in temporalibus della Chiesa, lo è molto meno per quanto riguarda la tesi sull'origine del potere politico (quella della potestas a Deo per populum), che in effetti possiamo considerare la tesi prevalente già nel Medioevo (perlomeno, implicitamente).

    Riguardo al valore effettivamente magisteriale dei pronunciamenti bergogliani, Enciclica "Fratelli tutti" inclusa, rimando a quanto ho detto sopra: c'è un problema a monte e questo problema a monte è l'intenzione oggettiva di esercitare l'autorità magisteriale ecclesiastico-pontificia nel senso tradizionale, che almeno dal Concilio Vaticano II in poi sembra non esserci più stata o risulta quanto meno dubbio che ci sia. È un problema che non coinvolge solo Papa Francesco ma anche i suoi immediati predecessori. Le stravaganze di Papa Francesco hanno solo reso il problema più evidente.

    L'incidenza dell'industria bellica nelle scelte politiche dei governanti, sopratutto in paesi come gli Stati Uniti d'America, non mi sembra una novità degli ultimi tempi. È un problema che era già in nuce prima della seconda guerra mondiale e che ha avuto modo di manifestarsi anche e soprattutto negli anni successivi all'ultimo conflitto mondiale. Sicuramente è un problema che s'è aggravato col passare degli anni, ma considerarlo qualcosa di completamente nuovo mi sembra esagerato.

    Dire che la guerra è in se stessa un errore ha un significato preciso. Un conto è dire che la guerra è un flagello, che è un castigo tremendo per i nostri peccati, ecc. Un altro è dire che è in se stessa un errore: ciò significa dire che la guerra è essenzialmente un errore. Ma ciò contrasta col fatto che la guerra possa essere giusta. Contrasta quindi con l'ammissione che almeno la guerra difensiva sia giusta.

    Non dobbiamo dimenticarci comunque che anche la condanna della guerra offensiva risulta problematica. La teologia cattolica distingue tra guerra offensiva ingiusta e guerra offensiva giusta. La prima è la guerra d'aggressione, mentre la seconda no. Certamente, a volte si dice "guerra offensiva" intendendo la guerra d'aggressione, ma il distinguo fra le due permane. Si può argomentare che oggi la communitas gentium presenta un carattere di maggiore organicità rispetto ad ottant'anni fa e che l'esistenza di istituzioni internazionali e di organismi sovranazionali come l'ONU renda il bellum iustum offensivum un caso più astratto che concreto, valido teoricamente, ma ormai superato nella pratica. Quest'obiezione è comprensibile ma si scontra con alcuni dati di fatto: 1) l'ONU non possiede un'autorità politica efficace superiore a quella degli Stati; 2) l'ONU è ancora imperniata sulla riconosciuta supremazia di alcuni Stati su altri, che in sede di consiglio di sicurezza possono mettere il proprio veto sulle decisioni prese a maggioranza; 3) gli Stati che ne fanno parte nei fatti non hanno principi condivisi ed in linea teorica aderiscono ad un sistema che ha assunto principi liberali. Infine, va fatta una considerazione di ordine prudenziale: se l'ONU arrivasse davvero ad avere un'autorità politica efficace superiore agli Stati e dotata di potere coercitivo, si rischierebbe di avere non l'etnarchia dei popoli, ma la definitiva realizzazione del nuovo ordine mondiale globalista.

    D'accordo sul fatto che nemmeno la guerra difensiva può eccedere, ma una frase del genere - giustissima ed in linea con la dottrina cattolica - rientra appieno nella dottrina della guerra ex justa causa ed è giustificabile entro quel quadro teorico. Questo rende ancora più incomprensibile perché nell'Enciclica "Fratelli tutti" Papa Francesco abbia scritto che "è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile guerra giusta".

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Le altre dichiarazioni del Papa sono più che atti che pensieri o insegnamenti. Nel merito della questione omosessualità penso che negare la legittimità agli Stati di renderla un crimine sia diminuire il potere di quegli Stati nella logica di sottrarre potere a stati che cristiani non sono.
    Lo Stato in quanto tale è finalizzato al bene comune della società. È suo dovere conformare le proprie norme di diritto positivo alla legge naturale. Anche se non è governato da cristiani, non gli si può negare il diritto di ordinare la società secondo ragione e natura. Anzi, questo è un suo dovere preciso.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Proprio perché da gesuita si preoccupa più della cristianità dei popoli che è qualcosa di realistico piuttosto che della cristianità degli stati che è ormai veramente un'utopia
    Di certo questa non è una considerazione che ha esplicitato né nelle sue affermazioni sulla guerra né in quelle relative al fatto che in certi Stati ci siano leggi che puniscono le relazioni e agli atti omosessuali.
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  2. #102
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    Predefinito Re: Papa Francesco: essere omosessuali non è un reato

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Quella della Compagnia di Gesù è indubbiamente una storia complessa ed in seno ad essa troviamo effettivamente delle tentazioni immanentistiche. Dico tentazioni immanentistiche e non dei tratti immanentistici perché l'autentica spiritualità ignaziana, sui cui si fonda il vero e proprio gesuitismo, è ben lontana da qualsiasi prospettiva di mondanizzazione. Queste tentazioni le vediamo sin dai tempi delle diatribe sul rapporto fra grazia divina, natura e libertà umana, che contrapposero il domenicano Báñez al gesuita Molina. Le vediamo nel tomismo "spurio" di Francisco Suarez. Nella presenza ricorrente di gesuiti nelle principali corti europee. In certa casuistica degenerata e troppo lassista (da non confondere con la casuistica in generale, che è cosa ottima) possiamo vedere un esempio di cedimento a queste tentazioni di accomodamento con il mondo e quindi, in un certo senso, immanentistiche. Dalla Compagnia di Gesù è venuto un Teilhard de Chardin, che è stato uno dei più clamorosi e rovinosi esempi di cedimento. Questo non toglie che, per tanti versi ed in tanti suoi esponenti, la Compagnia di Gesù è stata un esempio di sana intransigenza dottrinale e di encomiabile fedeltà al Papato. Ed è questo il gesuitismo che tanto sprezzantemente viene criticato e stigmatizzato dai nemici della Chiesa e della Compagnia di Gesù.

    Papa Francesco è "figlio", teologicamente parlando, della gestione di p. Arrupe, durante la quale il virus neo-modernista dilagò indisturbato nella Compagnia. E spesso venne declinato in uno pseudo-cattolicesimo orizzontale, mondanizzato e concentrato prevalentemente sulle questioni sociali e politiche. La teologia della liberazione è "troppo" e quindi viene respinta, ma si cerca di recuperarne il nucleo meno eversivo. È la cosiddetta "teologia del popolo", dalla quale l'odierno Pontefice ha attinto ricorrentemente. Quest'impostazione, unita ad un certo pragmatismo, che preferisce risolvere i problemi concreti e regolare situazioni de facto esistenti che approfondire i principi teorici che fondano l'azione moralmente retta, è la "cifra" del Pontificato bergogliano. E ne spiega molti aspetti. Ad alcuni il Papa appare teologicamente rozzo e talvolta confuso nelle sue espressioni. In parte è vero, ma molte sue dichiarazioni rispecchiano sia questo suo pragmatismo estremo che il circiterismo dei documenti del CVII, che afferma per poi negare o ridimensionare. Tale circiterismo in Papa Francesco è spesso più radicale di quanto sia stato durante il Concilio Vaticano II.

    Quest'orizzonte non è riconducibile a quello di San Roberto Bellarmino. È lecito pensare che nella formulazione della tesi della potestas indirecta in temporalibus della Chiesa e della tesi della potestas a Deo per populum abbiano influito due circostanze storiche molto importanti: la riforma protestante e l'ascesa dell'assolutismo regio. Entrambi fenomeni che misero in discussione il primato della Chiesa e del Papa. Tuttavia, parliamo di tesi con un fondamento notevole, che qui non occorre esaminare nel dettaglio ma che va rimarcato onde evitare di scadere nell'errore di pensare che queste tesi siano state elaborate per motivi strumentali. Anche perché, secondo certi autori, queste due tesi rappresentano una sistematizzazione di dottrine già presenti nel Medioevo. Se questo può essere discusso per quanto concerne la tesi della potestas indirecta in temporalibus della Chiesa, lo è molto meno per quanto riguarda la tesi sull'origine del potere politico (quella della potestas a Deo per populum), che in effetti possiamo considerare la tesi prevalente già nel Medioevo (perlomeno, implicitamente).

    Riguardo al valore effettivamente magisteriale dei pronunciamenti bergogliani, Enciclica "Fratelli tutti" inclusa, rimando a quanto ho detto sopra: c'è un problema a monte e questo problema a monte è l'intenzione oggettiva di esercitare l'autorità magisteriale ecclesiastico-pontificia nel senso tradizionale, che almeno dal Concilio Vaticano II in poi sembra non esserci più stata o risulta quanto meno dubbio che ci sia. È un problema che non coinvolge solo Papa Francesco ma anche i suoi immediati predecessori. Le stravaganze di Papa Francesco hanno solo reso il problema più evidente.

    L'incidenza dell'industria bellica nelle scelte politiche dei governanti, sopratutto in paesi come gli Stati Uniti d'America, non mi sembra una novità degli ultimi tempi. È un problema che era già in nuce prima della seconda guerra mondiale e che ha avuto modo di manifestarsi anche e soprattutto negli anni successivi all'ultimo conflitto mondiale. Sicuramente è un problema che s'è aggravato col passare degli anni, ma considerarlo qualcosa di completamente nuovo mi sembra esagerato.

    Dire che la guerra è in se stessa un errore ha un significato preciso. Un conto è dire che la guerra è un flagello, che è un castigo tremendo per i nostri peccati, ecc. Un altro è dire che è in se stessa un errore: ciò significa dire che la guerra è essenzialmente un errore. Ma ciò contrasta col fatto che la guerra possa essere giusta. Contrasta quindi con l'ammissione che almeno la guerra difensiva sia giusta.

    Non dobbiamo dimenticarci comunque che anche la condanna della guerra offensiva risulta problematica. La teologia cattolica distingue tra guerra offensiva ingiusta e guerra offensiva giusta. La prima è la guerra d'aggressione, mentre la seconda no. Certamente, a volte si dice "guerra offensiva" intendendo la guerra d'aggressione, ma il distinguo fra le due permane. Si può argomentare che oggi la communitas gentium presenta un carattere di maggiore organicità rispetto ad ottant'anni fa e che l'esistenza di istituzioni internazionali e di organismi sovranazionali come l'ONU renda il bellum iustum offensivum un caso più astratto che concreto, valido teoricamente, ma ormai superato nella pratica. Quest'obiezione è comprensibile ma si scontra con alcuni dati di fatto: 1) l'ONU non possiede un'autorità politica efficace superiore a quella degli Stati; 2) l'ONU è ancora imperniata sulla riconosciuta supremazia di alcuni Stati su altri, che in sede di consiglio di sicurezza possono mettere il proprio veto sulle decisioni prese a maggioranza; 3) gli Stati che ne fanno parte nei fatti non hanno principi condivisi ed in linea teorica aderiscono ad un sistema che ha assunto principi liberali. Infine, va fatta una considerazione di ordine prudenziale: se l'ONU arrivasse davvero ad avere un'autorità politica efficace superiore agli Stati e dotata di potere coercitivo, si rischierebbe di avere non l'etnarchia dei popoli, ma la definitiva realizzazione del nuovo ordine mondiale globalista.

    D'accordo sul fatto che nemmeno la guerra difensiva può eccedere, ma una frase del genere - giustissima ed in linea con la dottrina cattolica - rientra appieno nella dottrina della guerra ex justa causa ed è giustificabile entro quel quadro teorico. Questo rende ancora più incomprensibile perché nell'Enciclica "Fratelli tutti" Papa Francesco abbia scritto che "è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile guerra giusta".



    Lo Stato in quanto tale è finalizzato al bene comune della società. È suo dovere conformare le proprie norme di diritto positivo alla legge naturale. Anche se non è governato da cristiani, non gli si può negare il diritto di ordinare la società secondo ragione e natura. Anzi, questo è un suo dovere preciso.



    Di certo questa non è una considerazione che ha esplicitato né nelle sue affermazioni sulla guerra né in quelle relative al fatto che in certi Stati ci siano leggi che puniscono le relazioni e agli atti omosessuali.

    Molto interessante. Confesso che ho dovuto andare a cercare cosa significava il circiterismo… Ovviamente la novità della guerra moderna, dominata dal business degli armamenti, è una novità della nostra epoca rispetto a duemila anni. So che urta un po’ la sensibilità di destra questo tema da pacifismo contro le armi… però è vero: se uno stato straniero riempisse di armi chessò la mite Val D’Aosta, sono sicuro che anche lì sorgerebbe in breve tempo una narrazione nazionalistica dopata. Il nostro mondo è completamente dopato in questo senso. I greci si producevano le loro armi e i persiani idem. Non c’era un venditore terzo che li riforniva e li finanziava!
    Se Francesco dice che stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi in questo contesto che guerra giusta può esserci oggi?

    È profondamente vero il richiamo al “flagello” che certamente è più cristiano che condannare come errore, sempre e cmq, la guerra.
    Ma se poi vado a controllare l’Enciclica leggo: “Oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile guerra giusta”.
    Che io capisco come, oggi nel nostro contesto, certi criteri razionali maturati in altri secoli non sono più riproducibili.

    Non penso proprio che sia critica a quei criteri razionali come se fossero errati anche nel loro tempo. Francamente sarebbe una cosa di una illogicità ed una inutilità che non mi pare possibile. Anche perchè proprio per la logica “immanentistica” del gesuitismo di questo Papa, ma che gli interessa a fare di discutere una dottrina del passato?


    La guerra difensiva non è “la guerra” in senso colloquiale, che è quello del Papa. La guerra è quella offensiva, che una volta si dichiarava consegnandola agli ambasciatori. Chi fa una guerra difensiva si ritrova coinvolto in una decisione che ha preso l’altro soggetto. Altrimenti sarebbe dichiarare erronea anche la legittima difesa, anche l’uso legittimo della forza da parte dello Stato sul suo territorio.




    Che da CVII abbiamo questa rinuncia ad insegnare con solennità e autorità non vuol dire che si rinunci del tutto ad insegnare. La Chiesa patisce una generalizzata perdita di capacità dell’uomo moderno di essere autorevole, lo vediamo anche nell’educazione scolastica, nelle teorie pedagogiche, nell’educazione dei figli, la paura di dispensare uno sculaccione quando serve. C’è uno spirito dei tempo che volenti o nolenti si fa sentire.


    Trovo che ci divide - ed è molto interessante per me confrontarmi su questo - una diversa concezione della grazia. Colgo qui l’occasione di riprendere un discorso lasciato in sospeso in un nostro 3D del forum filosofia. Vedo che tu dai un grande valore alla funzione dello Stato come garante della legge morale naturale. Se ricordi sostenevo che l’uomo senza l’intervento costante della grazia è destinato all’autodistruzione.
    La mia convinzione di fondo è che l’uomo con il Peccato originale abbia perso addirittura anche la capacità di essere un animale in grado di sussistere. Se Dio non intervenisse costantemente a sostenere l’uomo, gli animali continuerebbero tranquillamente a vivere la loro vita, capaci di obbedire a quanto il Signore ha disposto per loro con l’istinto. Invece l’uomo, secondo me, non sarebbe nemmeno in grado di esprimere l’amore genitoriale basato sull’istinto, le madri non proverebbero nemmeno l’istinto materno! La cultura umana, privata della costante assistenza della grazia, nel giro di poche generazioni distruggerebbe dentro di sé ogni istinto naturale positivo. Non vedi che stiamo persino mettendo in discussione l’esistenza dei due sessi?
    Ormai la grazia non sta riuscendo nemmeno a garantire l’istinto sessuale in una parte dell’umanità talmente è grande la corruzione del peccato!

    In quest’ottica cosa può fare di buono lo Stato laico? Assolutamente niente.
    Per questo sono incuriosito da questa “teologia del popolo”. Se le pecore, come cittadini, hanno perso il loro pastore, che sarebbe una guida politica cristiana, è possibile che la grazia supplisca nelle pecore affinché si organizzino. Purtroppo oggi le pecore sono in mano a peggio che dei mercenari. Il “pastore” qui è quella connessione tra il politico e la Chiesa ormai recisa definitivamente.
    Se il politico non è più innestato nella vite di Cristo lo Stato non è più innestato in questa vite. Ma il popolo rimane innestato (o almeno una parte). Il dovere del Diritto positivo resta lettera morta. Sono tubature in cui non scorre più la grazia.
    Quindi questo stato laico, come tendenza storica al di là dei singoli politici di buona volontà, non più esercitare alcun diritto positivo.
    Non va confuso quanto dico con l’antinomismo e il millenarismo, quelle sono caricature, scimmie, di questo discorso.
    IN PALESTINA È GENOCIDIO!
    ROSA E OLINDO, LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE!
    BASTA ECOFOLLIE GREEN!
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


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    Predefinito Re: Papa Francesco: essere omosessuali non è un reato

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Molto interessante. Confesso che ho dovuto andare a cercare cosa significava il circiterismo… Ovviamente la novità della guerra moderna, dominata dal business degli armamenti, è una novità della nostra epoca rispetto a duemila anni. So che urta un po’ la sensibilità di destra questo tema da pacifismo contro le armi… però è vero: se uno stato straniero riempisse di armi chessò la mite Val D’Aosta, sono sicuro che anche lì sorgerebbe in breve tempo una narrazione nazionalistica dopata. Il nostro mondo è completamente dopato in questo senso. I greci si producevano le loro armi e i persiani idem. Non c’era un venditore terzo che li riforniva e li finanziava!
    Se Francesco dice che stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi in questo contesto che guerra giusta può esserci oggi?
    Sono d'accordo sul fatto che la proliferazione delle armi sia un problema e che il business degli armamenti non fosse presente in epoche precedenti. Però ai tempi di Pio XII già c'era, seppur non ancora nei termini odierni, e Papa Pacelli affrontò nel suo Magistero anche il tema della cosiddetta "guerra ABC" (guerra atomica, biologica e chimica) e del disarmo (quest'ultimo già trattato dai suoi immediati predecessori, a dire il vero). Quindi, pur condividendo il senso della tua osservazione, non vedo come il pur innegabile mutamento delle circostanze dal 1958 ad oggi possa giustificare un così radicale mutamento nelle conclusioni sulla guerra ex justa causa.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    È profondamente vero il richiamo al “flagello” che certamente è più cristiano che condannare come errore, sempre e cmq, la guerra.
    Ma se poi vado a controllare l’Enciclica leggo: “Oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile guerra giusta”.
    Che io capisco come, oggi nel nostro contesto, certi criteri razionali maturati in altri secoli non sono più riproducibili.
    Dipende che cosa intendi per "riproducibili". Sicuramente è difficile riproporre oggi la dottrina della guerra ex justa causa ed i principi che la fondano perché il nostro mondo occidentale è non solo scristianizzato e secolarizzato, ma anche "anti-metafisico". E noi sappiamo che l'etica si fonda sulla metafisica. È difficile perché sarebbe, ed è, impopolare. Ma questa impopolarità non implica una difficoltà intrinseca nel sostenere - cioè nell'argomentare razionalmente a favore di - tali principi.
    I cd. "criteri razionali" della dottrina della guerra ex justa causa non possono essere annullati da nessuna circostanza storica.
    Qualsiasi discorso a favore di una limitazione del ricorso alla guerra e degli armamenti non può prescindere da tali criteri, perché sarebbe un po' come togliere ad una statua il suo piedistallo.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Non penso proprio che sia critica a quei criteri razionali come se fossero errati anche nel loro tempo. Francamente sarebbe una cosa di una illogicità ed una inutilità che non mi pare possibile. Anche perchè proprio per la logica “immanentistica” del gesuitismo di questo Papa, ma che gli interessa a fare di discutere una dottrina del passato?
    Vedi, è proprio questo il punto: non si tratta di criteri razionali validi per quel tempo. La loro validità è sempiterna. È vero: Papa Francesco non li condanna. Ma li considera superati: un'affermazione simile è giustificabile solamente entro un quadro teorico di tipo modernista, le cui premesse ovviamente sono sbagliate. La legge naturale ha un suo dinamismo ed una sua storicità, ma l'uno e l'altra non toccano i principi, che restano sempre quelli.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    La guerra difensiva non è “la guerra” in senso colloquiale, che è quello del Papa. La guerra è quella offensiva, che una volta si dichiarava consegnandola agli ambasciatori. Chi fa una guerra difensiva si ritrova coinvolto in una decisione che ha preso l’altro soggetto. Altrimenti sarebbe dichiarare erronea anche la legittima difesa, anche l’uso legittimo della forza da parte dello Stato sul suo territorio.
    Il problema delle dichiarazioni di Papa Bergoglio è anche questo. L'aporia alla quale facevo cenno nei post precedenti. Non pretendo che ogni dichiarazione del Papa abbia il rigore di un trattato di teologia morale. Ma che non siano così equivoche sì. Nel caso di certe frasi sulla guerra non si può nemmeno parlare di equivocità perché, prese alla lettera, risultano essere proprio delle condanne alla guerra in quanto tale. Distinguere tra guerra e legittima difesa, sottointendendo che la prima sia sempre sinonimo di guera offensiva, può essere un escamotage per uscire dall'impasse, ma è Bergoglio stesso a non offrire sponde in tal senso, quando in "Fratelli tutti" mette in relazione la legittima difesa tramite la forza militare da parte di uno Stato con la nozione di guerra e la dottrina sulla guerra ex justa causa. Segno che al Papa è ben chiaro che la legittima difesa contro un'aggressione è comunque una forma di guerra.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Che da CVII abbiamo questa rinuncia ad insegnare con solennità e autorità non vuol dire che si rinunci del tutto ad insegnare. La Chiesa patisce una generalizzata perdita di capacità dell’uomo moderno di essere autorevole, lo vediamo anche nell’educazione scolastica, nelle teorie pedagogiche, nell’educazione dei figli, la paura di dispensare uno sculaccione quando serve. C’è uno spirito dei tempo che volenti o nolenti si fa sentire.
    Un "magistero dialogico" è una contraddizione in termini, almeno per quanto concerne la Chiesa e la sua missione. O s'insegna con autorità o non s'insegna. Il Magistero ordinario autentico, per quanto non sia definitivo e non goda d'infallibilità, è pur sempre un insegnamento autorevole del Romano Pontefice a cui si deve prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto. C'è comunque il presupposto imprescindibile di un'autorità docente - quella del Papa - che insegna. Si tratterà di insegnamenti di ordine prudenziale, spesso di carattere provvisorio, da tenere in considerazione a seconda del tenore delle parole usate e delle circostanze in cui sono stati esposti dal Sommo Pontefice. Non si può negare che, a livello teorico, c'è la possibilità che in questi pronunciamenti si insinui qualche ambiguità od errore. Ma, generalmente, sono insegnamenti sicuri, che sarebbe gravemente temerario disconoscere e che quindi vincolano, seppur nel modo meno stringente possibile, i fedeli.
    La nozione di "magistero dialogico" introdotta a partire dal CVII va letta non isolatamente, ma in relazione alla proclamata libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici non come situazione di fatto da tollerare per evitare mali maggiori, seppur attraverso provvedimenti legali, bensì come diritto fondato sulla stessa dignità della persona umana. Da ciò ne consegue che questo "magistero dialogico-liberale" fa a pugni anche con il solo Magistero ordinario autentico, ancorché non definitivo, della Chiesa.

    Citazione Originariamente Scritto da emv Visualizza Messaggio
    Trovo che ci divide - ed è molto interessante per me confrontarmi su questo - una diversa concezione della grazia. Colgo qui l’occasione di riprendere un discorso lasciato in sospeso in un nostro 3D del forum filosofia. Vedo che tu dai un grande valore alla funzione dello Stato come garante della legge morale naturale. Se ricordi sostenevo che l’uomo senza l’intervento costante della grazia è destinato all’autodistruzione.
    La mia convinzione di fondo è che l’uomo con il Peccato originale abbia perso addirittura anche la capacità di essere un animale in grado di sussistere. Se Dio non intervenisse costantemente a sostenere l’uomo, gli animali continuerebbero tranquillamente a vivere la loro vita, capaci di obbedire a quanto il Signore ha disposto per loro con l’istinto. Invece l’uomo, secondo me, non sarebbe nemmeno in grado di esprimere l’amore genitoriale basato sull’istinto, le madri non proverebbero nemmeno l’istinto materno! La cultura umana, privata della costante assistenza della grazia, nel giro di poche generazioni distruggerebbe dentro di sé ogni istinto naturale positivo. Non vedi che stiamo persino mettendo in discussione l’esistenza dei due sessi?
    Ormai la grazia non sta riuscendo nemmeno a garantire l’istinto sessuale in una parte dell’umanità talmente è grande la corruzione del peccato!

    In quest’ottica cosa può fare di buono lo Stato laico? Assolutamente niente.
    Per questo sono incuriosito da questa “teologia del popolo”. Se le pecore, come cittadini, hanno perso il loro pastore, che sarebbe una guida politica cristiana, è possibile che la grazia supplisca nelle pecore affinché si organizzino. Purtroppo oggi le pecore sono in mano a peggio che dei mercenari. Il “pastore” qui è quella connessione tra il politico e la Chiesa ormai recisa definitivamente.
    Se il politico non è più innestato nella vite di Cristo lo Stato non è più innestato in questa vite. Ma il popolo rimane innestato (o almeno una parte). Il dovere del Diritto positivo resta lettera morta. Sono tubature in cui non scorre più la grazia.
    Quindi questo stato laico, come tendenza storica al di là dei singoli politici di buona volontà, non più esercitare alcun diritto positivo.
    Non va confuso quanto dico con l’antinomismo e il millenarismo, quelle sono caricature, scimmie, di questo discorso.
    Questo genere di idee sono pericolosamente ambigue: contengono qualcosa di vero, ma prese alla lettera rischiano di portare a conclusioni complessivamente false. Infatti nella discussione a cui tu fai riferimento ti feci notare che l'insegnamento della Chiesa - non la mia opinione personale - condanna la tesi di chi ritiene che l'uomo, dopo il peccato originale, non possa più compiere alcun atto moralmente buono senza l'ausilio della grazia divina. La grazia divina è indispensabile per compiere un atto moralmente buono che sia meritevole in termini soprannaturali. Senza di essa un uomo non potrebbe mai osservare ogni precetto della legge naturale. Questo non significa che l'uomo, per quanto privo o privato della grazia divina, sia completamente impossibilitato a fare il bene in qualsiasi circostanza.

    Certamente (e questa è la parte veritiera che si può individuare nel tuo discorso) un'umanità totalmente lasciata in balia di se stessa, senza alcun ausilio della grazia divina, andrebbe precipitosamente verso l'autodistruzione perché le virtù non sarebbero in grado di bilanciare i vizi che connoterebbero un'umanità così segnata dal peccato.

    Come si è detto tante volte, lo Stato è la società politica organizzata finalizzata al bene comune dei suoi membri: questa è la sua essenza. La forma di governo, le sue istituzioni, il colore politico di chi lo governa et similia sono elementi accidentali. Non nel senso che possa esistere uno Stato senza forma di governo, senza istituzioni ed i cui governanti sono privi di alcuna visione ideale e politica, bensì nel senso che questi sono elementi che, nella loro concretezza, possono variare e che non intaccano la natura dello Stato come societas perfecta di ordine temporale avente per scopo il bene della comunità politica.

    Se per "Stato laico" intendiamo lo "Stato laicista", così come condannato da Papa Pio XI nell'Enciclica Quas Primas, da tale Stato non possiamo aspettarci nulla di buono in quanto è Stato laicista, ma non in quanto è e, nonostante tutto, rimane Stato simpliciter. Nella misura in cui lo Stato attualmente laicista punisce i ladri, gli stupratori e gli assassini, non fa altro che amministrare la giustizia e si comporta oggettivamente - prescindendo quindi dalle intenzioni soggettive dei singoli individui e dalle loro convizioni morali, politiche e ideologiche - in modo conforme al diritto naturale. Se in uno Stato laicista c'è una legge che punisce chi ruba, chi stupra e chi compie omicidi con castighi proporzionati alla colpa e garanzie di un processo equo, questa legge sarà giusta e si potrà dire che lo Stato, perlomeno in questi specifici casi, fa il proprio dovere.

    Va fatta poi una precisazione terminologica: la parola "Stato" nel linguaggio prevalente può designare due cose distinte, ancorché connesse. In taluni casi, per "Stato" s'intende l'autorità politica suprema di una determinata comunità di persone. In altri, per "Stato" s'intende invece la comunità politica stessa. Il termine "popolo" può risultare quasi intercambiabile con "Stato", se per "popolo" intendiamo la moltitudine già organicamente costituita ed ordinata. Questo lo dico perché contrapporre nettamente Stato e popolo è, fondamentalmente, un errore.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  4. #104
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    Predefinito Re: Papa Francesco: essere omosessuali non è un reato

    Per quel che mi riguarda penso che la Chiesa avendo in passato perseguitato, torturato e ucciso migliaia di persone, non è nella posizione di poter fare alcuna lezione di morale a nessuno!
    Bisogna accettare il fatto che la natura o Dio, ha fatto l'uomo, la donna e "l'ibrido" e che su questa Terra, tutti devono avere gli stessi diritti!

 

 
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