Nella notte del 27 marzo 1863 a Ca' del Monte, a Cécima, vicino Varzi, nella provincia di Pavia, si consumò una strage. L'anziana Teresa Botti vedova Tamburelli, il figlio Giuseppe e la nuora Teresa Fassini, entrambi ventenni, vennero assassinati a colpi di ascia e di coltello. Fu risparmiato solo il figlio neonato di otto mesi. I sospetti non tardarono ad addensarsi su Giuseppe Malaspina, detto il Pippone di Varzi, e sul figlio Angelo. Pranzando all'osteria Malaspina a Varzi, l'anziana Teresa si era vantata dei gioielli custoditi in casa e della forte somma di denaro racimolata per consentire ad un figlio di farsi sostituire per la leva obbligatoria, mentre l’altro figlio stava svolgendo il servizio militare a Pavia. La partenza del figlio per il militare aveva di molto indebolito la famiglia, che vivendo di agricoltura disponeva di numerosi terreni e bestiame, tanto che la madre cercò di trovare un surrogante per il figlio (ovvero un uomo che lo sostituisse al servizio militare, pratica ai tempi consentita) in modo che questi potesse tornare ad aiutare la famiglia. Parole che non erano sfuggite all'oste locale con il vizio del crimine, il Pippone appunto, di quasi cinquant'anni.

Il 15 aprile 1863 i due vennero arrestati dalla polizia sabauda, ma il procedimento iniziò ad Alessandria il 1° marzo 1864 e le prove risultarono schiaccianti. Fu un processo molto sommario, la giuria riconobbe presto a maggioranza che padre e figlio erano colpevoli del sanguinario triplice omicidio: Giuseppe fu condannato a morte, il figlio fu condannato ai lavori forzati a vita. Furono consentiti tre giorni per ricorrere alla Cassazione, ma l'istanza venne rigettata come prevedibile. Pippone di Varzi salì sulla forca il 28 maggio 1864 nella Piazza Maggiore di Alessandria e fu l'ultimo condannato a morte per impiccagione in Italia prima dell'abolizione della pena capitale.