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  1. #1
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia




    Proseguono in Francia le contestazioni alla riforma delle pensioni voluta da Macron.

    Si segnalano numerosi blocchi nei porti e nelle vie di comunicazione inferne. Questa volta i sindacati sembrano orientati a non mollare. Cedere adesso significherebbe infatti lasciare campo libero ad altre riforme contro i lavoratori e i pensionati.

    Quello che colpisce di queste giornate di sciopero è l’alta conflittualità. Sino ai primi anni Ottanta era la Francia che guardava all’Italia per la poderosa organizzazione del movimento operativo. Oggi il nostro paese ha abolito qualsiasi forma di conflittualità.

    Chi sciopera è un fannullone, un furbo, uno che non si impegna, uno che non crede nel merito e nelle magnifiche sorti progressive del capitalismo. E guardate, queste idee aberranti e ottocentesche non sono solo appannaggio dell’estrema destra, ma sono largamente diffuse anche tra i partiti che abusivamente occupano il centro e la sinistra dell’arco costituzionale.

    Sul tema del conflitto sociale Pd e terzo polo hanno idee simili a quelle di Lega, FdI, FI.

    https://www.lantidiplomatico.it/dett...a/33397_48959/
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  2. #2
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    In Italia i sindacati scioperano solo per gli immigrati e i trans e non per i lavoratori!!

  3. #3
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Da noi non sono piu' importanti i diritti sociali ma i diritti civili delle minoranze.
    E hai ragione: la sinistra della Schlain e la cosiddetta destra in materia la pensano allo stesso modo.

  4. #4
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Diritti civili strumento per distruggere la società europea

    Civiltà, progresso, modernità, diritti civili, ecc.; sono parole belle, senza dubbio, che evocano qualcosa di bello, di positivo, che danno una carica immediata di positività a chi le ascolta. Ma, in fondo, queste parole oggi esprimono il dramma che sta vivendo il mondo occidentale e l’Europa in particolar modo. Aver avuto lo scrupolo e la capacità di strumentalizzare queste parole, dà l’idea di come oramai da diversi decenni la cultura e l’informazione di massa siano in mano alla massoneria ed a quelle lobby economico–finanziarie che stanno anestetizzando l’intelletto dell’uomo europeo.

    Diritti civili e parole d’ordine
    Queste parole sono oramai diventate autentici scudi dietro i quali chi ha interesse a trasformare la società in un determinato modo, lo fa in maniera indisturbata, passando anzi quasi come eroe e come, per l’appunto, un “progressista” o un fautore della protezione dei diritti civili, etici ed umani e chi non la pensa in questa prospettiva, rischia seriamente di essere emarginato dalla società ed accusato di pericoloso anacronismo.

    In proporzione, poniamo il caso di trovarci in un vigneto, che produce dell’ottimo vino da tanti anni e che frutta parecchio denaro ai proprietari; il vicino, un po’ per invidia, un po’ perché ha interesse a mettere in difficoltà il rivale, propone al proprietario del vigneto un qualcosa che a prima vista sembra poter migliorare la situazione del suo terreno: gli mostra, in particolare, come sarebbe bello a livello estetico quel terreno se, al posto del vigneto, ci fosse una bel campo di rose e si propone come “benefattore”, partecipando alla conversione di quel pezzo di terra.

    Convinto dall’aspetto estetico prodotto dalle rose, il proprietario del vigneto accetta l’affare e, a poco a poco, convincendo della bontà della scelta la famiglia, inizia ad estirpare l’uva che fruttava tanto a livello economico e ad impiantare delle rose certamente gradevoli, ma che a lungo andare si riveleranno un vero e proprio disastro a livello economico, che manderà in rovina la famiglia.

    Massoneria in Europa
    In questo momento, la massoneria in Europa ha il ruolo che ha il vicino nell’aneddoto, le parole dette ad inizio articolo invece sono come quelle rose molto gradevoli a livello estetico, che sembrano dare un tocco diverso e migliore al terreno, ma che manderanno al disastro l’economia e, forse, l’unità di quella famiglia. Infine, il povero proprietario del terreno, è il cittadino medio europeo, così impressionato dall’aspetto estetico, da dimenticarsi i veri valori e le vere vocazioni di quel pezzo di terra, contribuendo inconsapevolmente al disastro.

    Il cittadino medio europeo infatti, viene manovrato da tempo, ma da qualche anno a questa parte chi manovra il timone, fa credere all’italiota o al francese o al tedesco di turno di possedere la guida. I veri traghettatori, come fanno da decenni (o forse secoli) a creare questa illusione? Semplice: traslando le discussioni nel campo falso dei diritti civili, facendo quindi passare nel dimenticatoio le vere questioni relative alla sopravvivenza stessa dell’Europa. E così, mentre il povero proprietario della vigna semina le nuove piante al posto del vigneto, convinto di aver fatto da solo la scelta migliore, non sa che sta consegnando il suo futuro a quel vicino che ha speculato sul suo terreno e sulla sua famiglia.

    Predominio sul mondo
    E dunque, mentre in Europa ci si ammazza tra poveri da decenni su temi quali l’aborto, il matrimonio gay, il divorzio, l’eutanasia, immigrazione ecc., con la convinzione che siano questi i temi vitali per il futuro, il Bilderberg, la Trilaterale e tante altre organizzazioni che nelle riunioni usano il simbolo di compasso e squadretta, hanno creato i mostri delle monete uniche, del mercato finanziario incontrollato, delle banche che prendono le redini del potere e di tutti quei meccanismi che hanno prodotto quei risultati oggi sotto gli occhi di tutti.

    Ma spacciare prodotti dannosi per grandi conquiste di civiltà, non è solo servito, onestamente parlando, a distrarre l’appagato e quindi pigro e poco lucido uomo medio europeo: tornando all’aneddoto infatti, quelle rose non sono servite semplicemente ad orientare il dibattito familiare su canali estetici e non economici, ma sono servite esse stesse a distruggere l’economia e l’unità di quella famiglia e di quella azienda vinicola.

    Se è vero infatti, che molti versi della massoneria incitano, per il predominio sul mondo, a dividere la società e, per farlo, auspicano la corruzione dei costumi, la perdita di sacralità della donna e la stessa fine delle società omogenee europee, allora è chiaro che molti di quei provvedimenti spacciati come “diritti civili” sono serviti e servono allo scopo delle élite.

    Il falso mito degli anni ’60
    Prendiamo, ad esempio, gli anni ’60: è il decennio della presunta “libertà sessuale”, delle proteste che volevano la demolizione dei principi cardini della società, da lì in poi al centro del dibattito politico (o pseudo tale) ci sono stati esclusivamente o quasi i diritti civili. Si è partiti con il divorzio, poi l’aborto, poi le nozze gay, poi l’eutanasia, la ricerca sugli embrioni, adesso siamo nel decennio dei diritti civili da dare, senza se e senza ma, agli immigrati che sbarcano nelle nostre coste.

    Quel che è più grave però, sono le pieghe che questi presunti dibattiti democratici hanno preso, se è vero infatti che oggi, se si va in televisione a dire di essere contrario alle nozze omosessuali, si viene accusati di essere omofobi, così come se si cerca di orientare il dibattito sull’immigrazione verso la reale questione della speculazione economica di gruppi criminali sulle spalle di poveretti costretti a lasciare le famiglie, si viene accusati di razzismo. Si è creata cioè una dittatura culturale, che viene però dipinta dello stesso colore magnifico che assumono le rose impiantate sul terreno; siamo tutti convinti di esser nel giusto, si inculca ai giovani la mentalità del progresso, del consumismo, si dipinge la civiltà per come le élite vogliano che si dipinga.

    Diritti civili e stile di vita
    Torniamo un attimo agli anni ’60: da cosa è partito, a livello artistico–sociale, questo marasma? E soprattutto da dove? Guarda caso, dalle patrie di chi ha vinto la seconda guerra mondiale e da chi quindi ha iniziato ad imporre la propria cultura anglosassone anche nei paesi neolatini; facciamoci caso: basta sentire una schitarrata elettronica ed una parola con accento inglese, che subito si giudica positivamente anche la più becera tra le canzoni. E così, a partire da chi è cresciuto negli anni ’70 e ’80, si è diffusa l’idea che il cinema americano sia il migliore, che la musica inglese sia la più alta forma d’arte, contrapposta al provincialismo italiano ancora fermo alle “canzonette” di Mina e Lucio Battisti, gente che non ha condotto una vita a sfasciare alberghi in giro per il mondo o a far apparire positivo drogarsi con tutte le sostanze possibili ed immaginabili.

    Diritti civili tra cultura, miti e stili di vita
    In poche parole, si è avuta la diffusione di gruppi e band che hanno proposto uno stile di vita nella quale l’etica è stata fatta apparire come vetusta, retrograda e dannosa; per esempio, chi ha avuto la possibilità di guardare il film (?) sulla vita di Eminem, imbecille sfascia strumenti in voga negli anni 2000, il quale ha interpretato se stesso nella pellicola in un nauseabondo culto della personalità, ha potuto notare in molte scene la derisione verso chi aveva una famiglia “rose e fiori”, senza che nessun membro fosse stato arrestato, avesse tradito la moglie o si fosse divorziato.

    È solo un caso la diffusione di questa cultura tramite queste band? Non proprio: è stato dimostrato di recente, che i Rolling Stones venivano finanziati dal principe Rupert zu Loewenstain, amico dei Rothschild ed a capo dello Snom, potente organizzazione paramassonica, così come è stato dimostrato che il capo della Emi, la casa discografica che lanciò i Beatles (coloro che dissero, ad un certo punto, “siamo più famosi di Gesù”), era legato ai servizi segreti inglesi ed alla massoneria londinese.

    Idoli creati ad arte
    O ancora, il paladino dei No Global, colui che viene etichettato come un “eroe del terzo millennio”, Bono Vox, cantante degli U2, è lautamente pagato dalla Monsanto, la multinazionale del cibo che sta avvelenando mezzo pianeta con i suoi prodotti geneticamente modificati e con l’ausilio di pesticidi potenti che negli Usa hanno fatto diminuire del 60% la popolazione delle api, gli insetti cioè da cui dipende la catena alimentare ed il mantenimento del 90% del cibo che ogni giorno mangiamo.

    Come si vede dunque, dietro ogni nuovo idolo, creato ad arte (è il caso di dire), spacciato ai giovani come esempio da seguire e come emblema del grado di libertà raggiunta dalla società, si celano finanziatori, massoni, servizi segreti e multinazionali; e così, il giovane del terzo millennio europeo, con i suoi idoli musicali spuntati dal nulla, con la sua convinzione di esser libero, con la sua convinzione di esser rivoluzionario grazie alla maglietta di Che Guevara ed alla retorica anticlericale che sfodera con gli amici, non sospetta nulla del pericolo che grava sul suo futuro e del possibile disastro sociale a cui va spedita l’Europa, divenendo quindi complice della sua stessa fine.

    Ma si è ancora in tempo: molti adolescenti, iniziano a svegliarsi ed a diffidare degli idoli prodotti dalla cultura di massa. Non sono la maggioranza forse, ma con l’avanzare della crisi e la perdita dei falsi privilegi materiali, sono sempre di più: per concludere con la metafora prima citata, fin quando non sarà estirpata l’ultima vigna, sarà sempre possibile ridare a quel terreno lo splendore di cui godeva un tempo.

    di Redazione

    https://ilfarosulmondo.it/diritti-civili-strumento-distruggere-societa-europea/

  5. #5
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Il PD OGM di Elly Schlein
    di Roberto Pecchioli EreticaMente - 05/03/2023

    Il PD OGM di Elly Schlein

    Fonte: Ereticamente

    Da adolescente, ero un anticomunista furente; già al termine del liceo, tuttavia, avevo compreso che il vero nemico dei principi che istintivamente seguivo era il Partito Radicale. Il duro impatto con il primo impiego – una media azienda metalmeccanica – mi convinse che non avevano tutti i torti gli operai e tanti lavoratori a votare PCI. Nello stesso periodo usciva – pubblicato da un piccolo editore, i grandi erano tutti schierati con il marxismo all’apice – Il suicidio della rivoluzione di Augusto Del Noce (1978), filosofo immensamente superiore al sopravvalutato Norberto Bobbio. La tesi fondamentale era il ripiegamento nell’individualismo e nell’edonismo del comunismo occidentale. La profezia era la progressiva trasformazione del PCI nel partito radicale di massa, dimentico dei lavoratori e dei ceti deboli, impegnato nelle battaglie sui “diritti “postborghesi. Del Noce, per uno scherzo del destino, morì un paio di mesi dopo il crollo del muro di Berlino, sconfitta storica del comunismo reale.
    La parabola si è conclusa il 26 febbraio 2023 con l’elezione di Elly Schlein a segretaria del PD, erede spurio della tradizione comunista, ibridata con i resti del cattolicesimo politico. Il PD diventa un OGM, organismo geneticamente modificato, forse il Partito Disumano. Adesso è l’erede legittimo, dopo un lungo, tortuoso percorso politico, del radicalismo di Pannella e Bonino, liberisti e libertari, protagonisti di una lunga stagione che ha condotto alla dissoluzione della famiglia, dell’etica detta tradizionale, e, più tardi, alla vittoria di pratiche come l’utero in affitto, il matrimonio omosessuale, le teorie di genere, più di recente la banalizzazione dell’eutanasia (“morte assistita”) e la riconfigurazione dell’aborto – già neutralizzato nel sintagma “interruzione volontaria di gravidanza” e nell’acronimo burocratico IVG – non come possibilità, ma diritto universale.
    Nella Schlein paiono riunite tutte le negatività, tutta la decadenza di una civilizzazione al capolinea. Il suo programma è una completa enciclopedia della dissoluzione, innestata sul tronco del globalismo terminale di Davos e del filantropocapitalismo. Vuole l’introduzione dello ius soli, ossia fare a pezzi con un timbro il concetto di nazionalità a favore di quello di cittadinanza; riproporre il decreto Zan per punire ogni obiezione alle teorie gender, alla fluidità sessuale, facendo del futuro comune un gay pride obbligato privo di opposizione. Non manca la legalizzazione della cannabis, cioè la normalizzazione delle dipendenze da sostanze tossiche, dietro la speciosa distinzione tra droghe leggere e pesanti. La ciliegina è la riproposizione di un antifascismo grottesco in assenza di fascismo. Tutti i salmi finiscono in gloria.
    In economia, obbedienza, cieca, pronta assoluta ai diktat di Davos, dal Grande Reset all’Agenda 2030, passando per le fumisterie green e, molto concretamente, per l’aumento delle tasse sulla casa. D’altronde, se non dobbiamo avere nulla ed essere felici, meglio portarsi avanti. Nessuna obiezione al modo di produzione capitalistico nella forma globalista, nessuna centralità per il lavoro. Difendere operai, commessi di centri commerciali (forse li chiama dealer, fa più cool) precari in bicicletta consegnatari di cibo spazzatura, titolari di contratti capestro malpagati, disoccupati e mai occupati, non interessa più. Meglio coccolare i tic neoborghesi dei quartieri ricchi, promuovere la disintegrazione e l’insicurezza, l’immigrazione di massa, svalutare il lavoro. Il partito della Schlein, se il corpaccione piagato Dem la seguirà, preferisce l’Italia assistita del reddito di cittadinanza, il non lavoro, vellica generazioni di Peter Pan che non vogliono crescere. Qualcuno pagherà, e abbiamo il sospetto che debbano essere i soliti, gli stupidi che si danno da fare, scherniti e tartassati.
    Anche sul piano meramente estetico, rappresenta tutto quello che non ci piace. Non per la scarsa avvenenza, che non è una colpa, ma per l’insopportabile immagine di falsa trascuratezza, di giovanilismo con zainetto da liceo di periferia, il retrogusto di finti rivoluzionari figli di papà odiati da Pier Paolo Pasolini, persino per il nome Elly, diminutivo americanizzante di Elena. Riunirà gioiosamente un po’ di centri sociali, riporterà alla casa del padre i grillini alla Rousseau, tutti “buon selvaggio” rovinato dalla società e reddito di cittadinanza. Entusiasmerà le professoresse figlie e nipoti ritardatarie del Sessantotto, manderà in solluchero i nulla facenti e nulla pensanti, il “quinto Stato”, gli spostati di ogni età, i forzati dell’anarchismo parolaio. Piacerà alla spenta generazione Erasmus con il trolley in mano, turisti della vita, al variegato mondo dello sballo e indubbiamente al dipartimento arte, musica e spettacolo.
    Manderà in visibilio chi aveva riposto nel cassetto la bandiera arcobaleno e i cittadini del mondo. In America li chiamano nowhere, quelli che non si sentono di nessun luogo e di nessuna comunità, gli apolidi dell’anima. Sarà l’eroina di chi ha perso le radici e l’identità. Tutti costoro hanno ragione di gioire: vince una di loro. La Schlein ama le “ragazze” – e passi – ha in tasca tre passaporti (Svizzera, Usa, Italia), proprio come gli operai, i lavoratori e le persone comuni. Ramiro De Maeztu affermava che solo i ricchi possono permettersi di non avere una patria. Amano l’uguaglianza con tutto il cuore, ma da lontano, con esclusione del portafogli.
    Non risulta aver mai lavorato, a meno di considerare tale la partecipazione volontaria alle campagne elettorali di Obama. Del resto, è cittadina americana. E svizzera, piccolo paese amato dai banchieri e dai ricchi. Nei cantoni rossocrociati non ci sono operai disperati, come in Sardegna in cima a una ciminiera per salvare una fabbrica, unica speranza di lavoro, dignità, futuro. Meglio partecipare a una manifestazione antifascista organizzata per contrastare “lo squadrismo”, con il pretesto di una scazzottata tra studenti a Firenze, in cui peraltro ad attaccare briga furono i beniamini di Elly.
    La Schlein è figlia di un ricco americano di origine ebraica, docente della Johns Hopkins University, un ateneo di élite, lo stesso, guarda le coincidenze, che ha organizzato nel 2019 il noto Evento 21, la simulazione della pandemia pagata da Bill Gates. Italiana è la madre, ex senatrice socialista. La parabola “proletaria” della famiglia Schlein è completata da una sorella addetta d’ambasciata. Una donna e una famiglia ricca di relazioni: è forte il sospetto che il suo personaggio sia una costruzione mediatica imposta dall’alto, l’oligarchia dei padroni del mondo. La sovraesposizione c’era da mesi e il povero Bonaccini è stato quasi ignorato per settimane dalla comunicazione progressista, gli opinion maker di quelli che il filosofo marxista Costanzo Preve chiamava “ceto semicolto”. Gli stessi iscritti del PD – tra i quali non mancano le persone serie, avremmo voluto scrivere normali – avevano votato per la Schlein solo al 35 per cento.
    L’unico lato positivo della sua ascesa è che ora la contrapposizione è più evidente, visibile, scolpita nel volto. La domanda è: dov’è la sinistra? Dove sono i militanti che – sia pure in nome di un’ideologia fallimentare – hanno lavorato per migliorare la condizione di tanta gente? L’errore è giudicare con criteri obsoleti, che limitano la comprensione della realtà e richiudono il pensiero in schemi che non corrispondono al presente.
    Sinistra e destra, con tutte le possibili varianti, sono etichette, ma l’uomo è un animale sociale e quindi politico. Non può essere l’uno senza l’altro. Il prezzo del pane è politica, l’istruzione è politica, perfino il sesso è stato politicizzato. La destra, in base alle vecchie chiavi di lettura, sarebbe il gruppo favorevole alla riduzione dello Stato e delle tasse; la sinistra la cultura contraria al mercato. A livello morale, la destra sarebbero i conservatori, la sinistra i progressisti. A livello nazionale, a destra i patrioti, a sinistra gli internazionalisti che non credono nelle bandiere nazionali, anche se non smettono di esibire nuove identità create in laboratorio.
    La globalizzazione ha infranto le barriere culturali, politiche, economiche; richiede un nuovo approccio per rispondere alle sfide che produce. La sinistra e la destra di sistema sono in gran parte indistinguibili. Convergono nell’essenziale. I socialdemocratici e perfino i comunisti di ieri erano infinitamente più “conservatori” di coloro che oggi usano i loro simboli e linguaggi. I globalisti di ogni tendenza condividono il medesimo orizzonte. Le contrapposizioni sono altre, e oltrepassano ormai anche lo schema alto-basso, centro-periferia, inclusi-esclusi. Il pensatore peruviano Miklos Lukacs suggerisce, di fronte al nuovo mondo transumanista verso il quale ci dirigiamo – la sfida finale – che il nuovo terreno di scontro è sul versante biologico, ossia sui fondamenti della vita. Biopotere – nel senso di Foucault, potere sulla vita e sulla mente umana, contro umanesimo. Chi è contro la deriva transumana è bioconservatore, indipendentemente dalle preferenze economiche. I favorevoli sono bioprogressisti. Il transumanesimo spinge un’agenda basata sulla fusione tra sistemi biologici (l’uomo), tecnologici e digitali, per imporre la quale ha bisogno di cancellare tutte le vecchie culture e identità. Deve disarticolare le comunità e le istituzioni umane – religioni, famiglie, Stati, identità professionali, nazionali, sessuali e intime – per far accettare una condizione diversa da quella umana. Obbliga perciò a un soffocante relativismo morale e culturale; i concetti di vita, matrimonio, famiglia, addirittura essere umano devono essere ridefiniti per essere più facilmente mercificati. Ecco perché movimenti come il “gender”, l’immigrazionismo, le dipendenze, hanno così tanto potere di lobby: collaborano all’accettazione di fenomeni come il multiculturalismo, che fa perdere all’individuo il suo centro di identità e lo sottomette all’impero del mercato e della tecnica, spacciata a prescindere per progresso.
    L’attuale lotta per l’espansione dei diritti individuali non è altro che un paziente lavoro per modificare la natura umana. Per Lukacs il transumanesimo prefigura l’ideologia globalista del prossimo futuro: una dottrina antiumana tesa all’ ibridazione dell’uomo con gli apparati artificiali. A tal fine promuove un ottimismo tecnocratico che esorta a cancellare ogni traccia della natura per riconfigurare l’intera condizione umana. Probabilmente senza esserne del tutto consapevole, Elly Schlein rappresenta tutto questo, nascosto dietro il libertarismo radicale gradito alle oligarchie che lo finanziano. Trascina le culture politiche che alimentano il PD su una china scivolosa, le modifica geneticamente. Tutti coloro che hanno creduto di costruire il paradiso in terra hanno finito per creare l’inferno. Il paesaggio culturale che rappresenta è un gaio, indifferente nichilismo di matrice tecnocratica, che ha in comune con la sinistra di sempre l’ansia costruttivista, che Del Noce chiamava perfettismo o virtuismo. Con la destra classica condivide la preferenza per il forte, che costringe a uniformarsi a processi di mutamento antropologico decisi dagli architetti della vita altrui.
    Da oggi, in Italia tutte le tendenze dissolutrici dell’occidente terminale sono riassunte e ricongiunte in una persona fisica scelta dall’alto – nessuno può credere alla spontaneità dell’operazione politico-mediatica di cui è stata protagonista – per portare avanti un’agenda che ci appare contraria non solo agli interessi del nostro popolo, ma alla ragione naturale. Carl Schmitt insegnò che la specifica distinzione politica alla quale ricondurre le azioni e i moventi politici è la dicotomia tra amico e nemico. Nemica è l’agenda globalista antiumana, non Elly Schlein personalmente. Tuttavia, occorre attrezzarsi per una battaglia che oltrepassa la dimensione politica, diventando metapolitica e biopolitica, visione complessiva della vita, dell’uomo, del suo ruolo nel mondo.

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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Morto il lavoro vince Elly Schlein

    Quella che per i media sarebbe “di sinistra”

    Di Adriano Tilgher

    Il Pd ha passato sotto traccia, anzi ha taciuto, la morte d’un suo storico nume tutelare: Peppone, contadino operaio e per più d’ottanta anni sindaco simbolo della governabilità comunista; di quel modello emiliano costruito sulla difesa dei diritti dei lavoratori, sul diritto alla casa di proprietà per l’operaio e della terra ai contadini. Benessere diffuso, basato sui sacrifici, che faceva di Peppone l’emblema della lotta sindacale.

    A far sparire le spoglie mortali del trinariciuto in camicia rossa a quadroni, baffoni, cappellaccio e mani callose hanno provveduto circa un milione di seguaci di Fedez e Rosa Chemical che alle primarie del Pd hanno votato Elly Schlein segretaria. Il Pd della “segretaria cià cià cià” prende così il posto nella musica popolare del ben più serio “compagni dai campi e dalle officine prendete la falce, portate il martello, scendete in piazza…”. La Schlein ha scelto che proprio la piazza non sarà più fatta di operai e contadini, ma sarà sempre un festoso Gay Pride.

    Perché la sua missione sarà difendere i diritti di questi ultimi, soprattutto garantendo che in ogni dove si possano celebrare “gendrimoni” (matrimoni gender) interspecie ed intergenere: per assurdo un ricco stravagante animalista per salvare un cinghiale dall’abbattimento potrà contrattualizzare d’averlo sposato, stesso discorso per un topo da salvare dalla derattizzazione od un pesce dalla padella. Garantendo all’animale una vita dorata nell’umana comunità.

    Vien da pensare che i comunisti veraci si siano astenuti dalle primarie, forse schifati dal giro di mazzette intascate a Bruxelles da rappresentanti europei di una sinistra che promuove regolamenti nemici del lavoro e dei lavoratori: le famigerate normative europee partorite su spinta di lobbysti al soldo di multinazionali. A rimetterci è stato l’ultimo comunista col sopracciglio alla Luigi Longo, al secolo Stefano Bonaccini: un politico serio e di professione, mica come la Schlein che ha solo sei mesi d’anzianità di tessera Pd.

    Un amico, vecchio stalinista, mi ha fatto notare che quando c’era Palmiro Togliatti alle tipe come la Schlein pagavano una vacanza premio in Unione Sovietica, garantendosi che dal freddo siberiano non facesse più ritorno: del resto negli anni ’50 non s’ebbe più notizia di tanti italiani che, dati per reduci dal fronte russo, non fecero più ritorno, e nemmeno di certi comunisti italiani partiti per Mosca e scomodi al “centralismo democratico” di Togliatti.

    L’imbarco di questi ultimi veniva anche festeggiato, poi più nessuna notizia. Ma Stalin ha perso e, dopo più d’ottanta anni, ha vinto il fantasma di Lev Trotsky, che in comune con Elly Schlein ha tutto, persino ancestrale parentela. Certo ai tempi di Baffone non sarebbe potuta esistere una Schlein segretario del Pci: i sicari di Stalin inseguirono Trotsky fino a Città del Messico, per eliminare con lui il germe delle sue idee.

    La segretaria crede che il primo fattore d’inquinamento sia il lavoro umano, il fattore antropico, quindi sogna una società di contemplativi col frigo pieno di grilli. Sogna una natura senza uomo, con una telecamera che registri tutta la vita in un computer, certificando che dopo l’estinzione dei figli di Adamo ed Eva tutto è andato meglio. Per raggiungere il risultato saranno necessari profilatura totale di ogni individuo, digitalizzazione completa della società, estinzione e virtualizzazione della moneta, abolizione del lavoro classico, fine della proprietà. Il Pd della Schlein è di fatto una setta gender ambientalista, una sorta di Wwf antropofago.

  7. #7
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Metamorfosi/ Ed ecco a voi il partito radicale di massa della Schlein

    Non lo so se con la vittoria della Schlein se ne va il PD come ha scritto La Verità, o se i dem si sono suicidati lasciando scegliere il segretario ai non iscritti. Certo è paradossale che un partito adotti delle primarie così anomale, dove può votare chiunque anche chi non è iscritto. E a questo proposito ironicamente Mario Giordano può scrivere che il Pd ha perso persino le sue primarie. Non so neanche se la “svolta” dell’elezione di Schlein sia stata un’operazione pilotata dall’alto, frutto di un calcolo, come sostiene il professore Eugenio Capozzi su Lanuovabq.it. Infatti Bonaccini, sebbene avesse vinto con 20 punti di vantaggio, è stato spazzato via ai gazebo, travolto dai movimenti. In altre parole, gli esterni hanno deciso al posto degli interni. Ancora più incredibile per Maurizio Belpietro, “il nuovo segretario è stato scelto contro il parere degli iscritti”, con il risultato che il partito è diviso esattamente a metà.
    La vittoria a sorpresa di Ely Schlein potrebbe rappresentare “addirittura la fine della parabola del Partito democratico, in cui per 15 anni si è tentato di unire la tradizione politica post-comunista e quella cattolico-democratica in chiave liberal-progressista. E infatti in tal senso è stata già interpretata da alcuni osservatori come trasformazione del Pd in partito minoritario radical chic della borghesia urbana, imperniato sulle rivendicazioni tipiche dell’ideologia woke (ambientalismo “gretista”, agenda Lgbt+, immigrazionismo e simili)”. (Eugenio Capozzi, Populismo e woke: la “svolta” Schlein è trasformismo, 28.2.23, lanuovabq.it)
    Che alla fine avrebbe vinto la Schlein lo aveva fatto capire in un lungo articolo Maurizio Milano, esperto di economia di Alleanza Cattolica. (Maurizio Milano,
    Elly Schlein, la nuova pasionaria della sinistra, 27.12.22, alleanzacattolica.org). “Elly Schlein, nelle sue idee e nella sua biografia riflette l’evoluzione della sinistra italiana, dalle radici comuniste alla trasformazione in “partito radicale di massa”, centrato sui “nuovi diritti” e ostile alla famiglia naturale e alla vita, per aprirsi infine alla prospettiva del “socialismo verde”. Fallito il social-comunismo, la “transizione ecologica”, giustificata dalla pretesa emergenza climatica globale, diviene il grimaldello per imporre restrizioni a proprietà privata, privacy e libertà, verso un nuovo statalismo e una pianificazione sovranazionale.
    La Schlein incarna in modo esemplare prospettiva e narrazione del nuovo “socialismo liberale del XXI° secolo”, portata avanti dall’iniziativa del Great Reset di Davos. Ecco perché può divenire la segretaria del nuovo Partito Democratico”. “La sinistra ha finalmente trovato la sua pasionaria, l’anti-Meloni. Sì, perché se c’è una costante nella storia della sinistra italiana è il suo definirsi sempre “contro qualcuno”, come se non riuscisse proprio a coagularsi “attorno a qualcosa”: Infatti la prima cosa che ha detto da nuovo segretario: “saremo un problema per il governo Meloni”. Nulla di meglio, si sa, di un nemico comune per ricompattare le fila deluse e disorientate, riscoprendo così il senso del “noi”. Elena Ethel Schlein, detta Elly, classe 1985, di famiglia colta e facoltosa di origine aschenazita, con tre nazionalità (italiana, svizzera e statunitense) e due “generi” in quanto, per sua stessa dichiarazione, «ho amato molti uomini e ho amato molte donne», inizia la sua vita politica partecipando come volontaria nell’organizzazione delle due campagne elettorali di Barack Obama (1961-), Presidente degli Stati Uniti d’America dal 2009 al 2017. Insomma, non proprio l’ultima arrivata o una “borgatara” di umili origini, come Giorgia Meloni . Non sto qui a raccontare il percorso politico della giovane ex sardina, ricordiamo che aveva lasciato il Pd nel 2015 in dissenso con la linea politica adottata dall’allora segretario e Presidente del Consiglio, Matteo Renzi , una linea da lei definita «di centro-destra», Il 12 dicembre scorso, la Schlein ha preso la tessera del PD nella storica sezione della “Bolognina”. La Schlein si è infine candidata nelle ultime elezioni politiche nazionali come indipendente nella lista del Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista, la principale coalizione elettorale di centro-sinistra, venendo eletta deputata.
    “Elly Schlein è perfettamente a suo agio negli ambienti internazionali e cosmopoliti che contano, – scrive Milano – ed è sicuramente molto attenta alla base del partito, così come lamenta frequentemente l’esistenza della povertà; parla però “di” poveri, non “ai” poveri o “con i” poveri, con cui non ha sicuramente avuto molto a che fare finora, per la sua appartenenza famigliare e storia personale.
    Scontato il consenso “dall’alto”, la Schlein avrà necessità di raggiungere anche quelle classi sociali di “periferia”, che per il mondo da cui proviene rappresentano poco più che un’astrazione intellettuale. Per ricostruire il partito dalle macerie, Elly Schlein guarda ancora più a sinistra, dal Movimento 5 Stelle alla sinistra massimalista, col rischio calcolato di perdere la componente popolare che fa capo a Pierluigi Castagnetti (1945-), “cattolico democratico e dossettiano”, tra i “padri fondatori” del PD: speriamo, perché potrebbe essere la fine di quello specchietto per le allodole che tanto male ha fatto alla presenza dei cattolici in politica”. Infatti, si è subito registrata la defezione dell’ex Margherita Fioroni.
    Nella sintesi di idee e valori, e nella stessa biografia di Elly Schlein, le radici socialcomuniste si fondono con i “nuovi diritti” del partito radicale di massa – dall’aborto all’eutanasia, dall’ideologia LGBT alla liberalizzazione della cannabis –, fino ad abbracciare la prospettiva del “socialismo verde”: laddove non hanno funzionato la teoria marxiana e la prassi leninista, ecco che si mira a cambiare radicalmente il sistema economico, sociale e politico, usando il grimaldello verde dell’emergenza climatica, nella prospettiva della sostenibilità e dell’inclusività. Notevole la sua suggestione comunicativa, che crea una “narrazione” in cui accogliere i delusi e i nostalgici, facendo leva “sulle emozioni e sui sentimenti”, come dice Klaus Schwab (1938-): la Schlein dimostra di avere ben appreso la lezione del fondatore e chairman del World Economic Forum di Davos, che considera essenziale puntare sulla “narrazione”, anzi sulla “grande narrazione”, da lui considerata assai più efficace dei “dati di fatto” e della “realtà” per muovere le “azioni e reazioni umane”; “per costruire un futuro migliore”, ovviamente.
    Milano nel suo approfondito articolo fa riferimento ad alcuni stralci del discorso della Schlein del 4 dicembre scorso ai suoi sostenitori al Centro culturale Monk di Roma, e poi al suo libro, “La nostra parte. Per la giustizia sociale e ambientale, insieme”. La Schlein afferma: «La destra non vede l’emergenza climatica […], se non salviamo il pianeta non ci salviamo nemmeno noi […] serve una legge sul clima…che accompagni settore per settore dell’economia alla conversione necessaria […] per sviluppare un grande piano infrastrutturale green, a cominciare dall’energia rinnovabile». «Le energie pulite e rinnovabili sono le vere energie di pace […] per tenere insieme clima e lavoro e diseguaglianze». Di nuovo, emerge in modo evidente la prospettiva del Green Deal della Commissione Europea e del Build Back Better dell’amministrazione Biden: «La giustizia sociale e climatica sono inscindibili, esattamente come sono inscindibili i diritti sociali e i diritti civili […] abbiamo una visione intersezionale che combatte qualsiasi forma di discriminazione, quelle razziste, quelle sessiste, quelle abiliste (sic), quelle omobilesbotransfobiche (sic), che non può che oltrepassare i confini perché nessuna delle sfide principali si può affrontare solo più a livello nazionale […] serve rilanciare con forza il disegno federalista europeo, perché finalmente c’è stato un risveglio dopo la pandemia, con il Next Generation EU».
    Insomma, per Maurizio Milano, “green is the new red”, come ben evocato dalla copertina verde-rossa del suo libro, nella prospettiva di una governance mondiale. Il socialismo e il liberalismo ‒ per lo meno quello spirito “liberale” illuministico, ostile alla verità, alla tradizione e alla civiltà cristiana, tipico dei liberal del mondo anglosassone, per intenderci ‒ si danno la mano in una nuova “dittatura del relativismo”, quel “socialismo liberale del XXI secolo” in corso di attuazione.
    La Schlein annuncia poi con trasporto: «Vogliamo un paese in cui lavoro e povero non stanno nella stessa frase, è semplice». Sì, in effetti dirlo è semplice e magari scalda anche il cuore, per un attimo. Ma se la soluzione fosse davvero così semplice, perché il PD non l’ha realizzata nei lunghi anni in cui è stato al governo del Paese? Senza neppure la necessità di confrontarsi col consenso elettorale, tra l’altro, visto che si trattava di esecutivi “tecnici”. Diversi sono poi i riferimenti al sindacato e alla Spagna, governata da un esecutivo di estrema sinistra, perché «serve un nuovo statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori», perché «la lotta paga, la lotta paga sempre». Lotta continua, insomma. Rimuovere la povertà “per legge” è un chiodo fisso delle sinistre: la povertà non si risolve però con politiche redistributive, come il reddito di cittadinanza, oppure fissando dei minimi salariali che potrebbero anzi avere l’effetto indesiderato di accrescere la disoccupazione; occorre, invece, valorizzare il risparmio e gli investimenti, l’innovazione tecnologica e la formazione, la libertà economica, per far salire la produttività e quindi, come conseguenza, anche le occasioni di lavoro e salari e stipendi in termini reali. La sinistra massimalista abbisognerebbe di un sano “ritorno al reale”, che non pare dietro l’angolo, anzi.
    Milano fa riferimento al saluto riservato dalla Schlein a Roberto Saviano, “non si possono colpire gli intellettuali, le scrittrici e gli scrittori”, riuscendo a far passare Saviano come una povera vittima innocente perché la Meloni, che lo ha querelato per diffamazione, lo avrebbe fatto a scopo intimidatorio, approfittando del suo nuovo status di premier.
    Come dubitare che la destra stia attuando una svolta autoritaria nel Paese, visto che un valente intellettuale di sinistra non può neppure più dare pubblicamente della «bastarda» alla leader di Fratelli d’Italia?
    Uno dei punti che stanno più a cuore alla Schlein, che si sente appunto l’anti-Meloni, è che «non ce ne facciamo niente di una premier donna che non aiuta le altre donne, che non ne difende i diritti, a partire da quelli sul proprio corpo». Serve «una leadership non femminile ma femminista». Ciliegina sulla torta, e sembra di viaggiare nel tempo tornando indietro al femminismo degli anni ’70, occorre «liberare il tempo delle donne in una società patriarcale […] non basta cambiare il gruppo dirigente se non ritroviamo un’identità chiara e un blocco sociale di riferimento […] serve una cosa nuova [… da proporre] a donne e giovani rimasti schiacciati da dinamiche patriarcali o paternalistiche». Insomma, serve «un’alternativa alla peggiore destra di sempre che oggi governa il Paese». Manca solo “l’utero è mio e lo gestisco io”, ma sarebbe ovviamente poco inclusivo e decisamente reazionario in tempi così gender fluid. Mi chiedo come abbia fatto la Meloni a divenire premier in simile contesto, maschilista e misogino.
    Ascoltando la Schlein, i precedenti dirigenti, come Piero Fassino (1949-), Pier Luigi Bersani (1951-) ed Enrico Letta (1966-), appaiono come i vecchi burocrati della nomenklatura sovietica, il retaggio di una sinistra “novecentesca” e limitata ai confini nazionali: la Schlein è molto più avanti di loro, a partire dall’uso del linguaggio e della “narrazione globalista” utilizzata, e quindi molto più pericolosa.

    https://www.destra.it/home/metamorfosi-ed-ecco-a-voi-il-partito-radicale-di-massa/

  8. #8
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    Ecco i veri nemici dei lavoratori!!
    IL PD liberalcapitalista comandato ora dalla ebrea radicale Schlein.

  9. #9
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    VISTO DA SINISTRA/ Marco Rizzo: Schlein è la destra global, nemica di lavoro, famiglie e prime case

    Schlein è l’espressione perfetta dell’establishment globalista, secondo il leader di Democrazia sovrana popolare. Ed è pronta a distruggere il ceto medio
    Schlein, Pd Elly Schlein, segretario del Pd (LaPresse, 2023)

    È difficile trovare in giro termini più negativi di quelli che usa Marco Rizzo, leader di Democrazia sovrana popolare e presidente onorario del Partito comunista, per definire la rivoluzione-Schlein.

    La neo-segretaria del Pd, sempre ammesso che sia sinistra – e per Rizzo non lo è –, è l’espressione più aggiornata e pericolosa del mainstream globalista. In concreto, l’alfiere di un programma di governo che ha già cominciato (da tempo) ad essere realizzato.

    “La Schlein era sostenuta da una parte della nomenklatura del Pd” scriveva ieri il Corriere, “ma rispetto a Bonaccini ha rappresentato il Nuovo”. Chi è Elly Schlein per Marco Rizzo?

    È esattamente l’opposto. Normalmente, pensando il contrario di quello che si legge su certa stampa, si trova la verità e penso che sia così anche stavolta: Schlein è l’establishment. Ne sono espressione entrambi: lei e il Corriere. Schlein è la versione politica di Sanremo. Gender fluid, immigrazione, guerra, atlantismo ed europeismo.




    “Mi aspetto una opposizione durissima” ha detto Giorgia Meloni.

    Da adesso Schlein sarà sempre più l’alternativa alla Meloni. Ma è un’alternativa finta: in politica estera e in politica economica, le due cose che contano davvero, Meloni e Schlein la pensano esattamente allo stesso modo.

    Ragioniamo. Lei, uomo di sinistra, ha detto che Schlein “rappresenta perfettamente il mainstream del totalitarismo globalista e liberista costruito in questi anni”. O gli elettori di Schlein dicono di essere di sinistra ma non lo sono, oppure in questi anni è accaduto qualcosa che ancora gli sfugge.

    Il tema fondamentale sono i diritti sociali. Ma il Pd non li difende affatto, al contrario: li ha smantellati. Il conflitto tra capitale e lavoro è diventato conflitto tra mondialismo liberista e lavoro. La lotta di classe esiste ancora, ma non è più tra media borghesia e proletariato. Al posto della prima ci sono i grandi gruppi economici e finanziari che comandano il mondo e che opprimono i popoli. Chi non capisce questo, non capisce nulla. Oppure lo capisce benissimo e allora è complice.

    Dove va situata la svolta storica, l’opzione per il neoliberismo?

    Una parte della sinistra ha sposato queste idee in un amplissimo arco di tempo. Agnelli, che se ne intendeva, aveva ragione: solo un governo di sinistra può fare le migliori politiche di destra. Ma lo diceva già negli anni 70, quando nel Pci guadagnava spazio l’idea di svendere i diritti sociali a favore dei futuri “nuovi diritti”. Una linea che divenne vincente con la scelta di Occhetto di sciogliere il Pci. Alla fine degli anni 70 e poi negli anni 80 il Pci non era più un partito di classe e la Cgil non era più un sindacato di classe.


    E cosa stavano diventando?

    Un partito e un sindacato culturalmente molto simili al Partito radicale di Pannella, con la sola differenza che erano di massa. I dirigenti che hanno sciolto il Pc, da D’Alema a Fassino e Veltroni, sono quelli che hanno consentito al Pd di diventare ciò che è adesso.

    Schlein chiede “giustizia climatica”. Che cos’è?

    Il risultato di una confusione voluta tra inquinamento e clima. La lotta all’inquinamento è fondamentale, ma l’inquinamento nel mondo viene prodotto al 70 per cento dalle prime cento multinazionali. Il clima invece non sta cambiando per l’inquinamento, 50 milioni di anni fa la temperatura media della terra era di 8°C più alta di quella di oggi. Ci raccontano soltanto un sacco di balle.


    Chi le racconta e perché?

    Le raccontano gli inquinatori di ieri, che dopo avere fatto soldi inquinando il mondo ora vogliono farli con il disinquinamento e la “transizione ecologica”. Quando sento settori ed esponenti della Chiesa che invocano il fotovoltaico per l’Africa, mi chiedo se non faccia loro più comodo lasciare miliardi di africani in povertà. La vera questione delle bidonvilles africane non è la CO2 ma la lotta alla povertà.

    Schlein punterà molto, moltissimo sui temi green. Vuol dire, concretamente, sì alla direttiva case e solo auto elettriche dal 2035. E potremmo essere solo all’inizio.

    Schlein è nemica del lavoro, della classe operaia, delle famiglie, delle prime case.

    Torniamo sempre lì: gli elettori di Schlein pensano sinceramente di essere di sinistra.

    Ma anche la Meloni pensa di essere di destra. Ho appena postato quello che ha detto a Vespa sulla guerra e mi pare imbarazzante. La Meloni è la perfetta continuazione di Draghi. Assistiamo a una guerra tra due Paesi non Nato e non Ue e noi ci finiamo dentro, rifornendo di armi gli ucraini? La realtà è che Schlein e Meloni sono due facce della stessa medaglia, con la sola differenza che una è infarcita di progressismo, l’altra no.

    Secondo lei cosa farà Schlein sulle armi?

    Qui si trova la contraddizione più grande. La Schlein ha votato per le armi, però si professa pacifista. Farà esattamente ciò che ha fatto la Meloni. Come la meloni è una sovranista di cartone, così la Schlein sarà una pacifista di cartone.

    Schlein ha detto di sognare un’Europa federale. Di che sogno si tratta?

    I valori europei li ho visti molto bene interpretati da Panzeri: sacchi di banconote per fare gli interessi di Qatar e Marocco. Quanti soldi sono stati impiegati, mi chiedo, e penso sia legittimo farlo, per le armi, l’energia, la transizione green? Gli sms della von der Leyen con il Ceo di Pfizer Albert Bourla, che valgono il 60 per cento dei contratti sui vaccini stipulati dall’Ue, 72 miliardi in anticipo, abbiamo il diritto di conoscerli. Anche perché pochi mesi dopo si è saputo che il marito della von der Leyen (Heiko von der Leyen, ndr) direttore scientifico della società americana Orgenesis, siede nel board della fondazione dell’Università di Padova che ha ricevuto 320 milioni di euro di fondi Pnrr per lo sviluppo di vaccini a mRna.

    Torniamo ai gazebo. Gli elettori Pd sono realmente convinti che i cappotti termici salveranno il mondo, oppure non hanno fatto i conti con quello che costa agli italiani questa operazione?

    È un combinato disposto di ipocrisia dall’alto e ipocrisia dal basso. La prima camuffa le questioni vere dietro diritti che non servono a nulla. La seconda viene dall’aver dimenticato l’avviso di Gramsci sulla necessità di capire, di studiare. Risultato: siamo un Paese di masse lobotomizzate.

    Ma chi ci vuole così?

    È un capolavoro di queste classi dirigenti. Se uno studia due giorni la relazione di Visco e ci fa su un tweet, si ritrova un pugno di visualizzazioni; Fedez e la Ferragni hanno 50 milioni di followers in due. Nel 900 l’operaio semianalfabeta aveva una cultura, anche politica, molto più alta di qualunque laureato di oggi.

    Cosa succederà quando il ceto medio si accorgerà che la transizione green lo avrà impoverito?

    Sarà tardi, è già tardi.

    Lei è pessimista, ma dovrebbe essere ottimista, visto che il Pd, da Veltroni a Letta, ha perso milioni di voti.

    Il problema è un altro: chi è al potere impedisce la nascita di un’alternativa. Le elezioni del settembre 2022 rispondono a questo schema. Sono state anticipate apposta per impedire alle forze vere del dissenso di farcela.

    È d’accordo con i 5 Stelle, visto che sono per il no alle armi?

    M5s alza la voce sulle armi, ma – attenzione – non sulle sanzioni. Dire sì alle sanzioni significa impedire il ritorno del gas a basso costo in Italia.

    (Federico Ferraù)

  10. #10
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    Predefinito Re: Diritti sociali e scioperi. La diversa percezione tra Francia e Italia

    https://www.ilsussidiario.net/news/visto-da-sinistra-marco-rizzo-schlein-e-la-destra-global-nemica-di-lavoro-famiglie-e-prime-case/2497618/

 

 
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