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  1. #151
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Comunque se il nano del cremlino dovesse schiattare, sarebbe difficile per Erdogan andare avanti.

    Gli occidentali hanno sempre perdonato tutto al sultano.


    Soviet made shit


  2. #152
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    In Turchia il candidato dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ha finalmente trovato una strategia per il secondo turno delle elezioni. I toni conciliatori, i video dalla cucina arredata in maniera spartana e le foto di gruppo hanno lasciato il posto a discorsi più nazionalisti e anti-migranti, pronunciati dal palco e dal suo ufficio, mentre i leader della coalizione sono stati messi in secondo piano. Il cambio di passo del candidato presidente è arrivato dopo il licenziamento di una parte dello staff della comunicazione e un imbarazzato silenzio sugli errori commessi la notte delle elezioni. Diversi esponenti dell’opposizione hanno pubblicamente dato per vittorioso Kilicdaroglu sulla base di un conteggio errato, annunciando un risultato che non si è mai concretizzato e che ha rafforzato invece la credibilità del presidente uscente Recep Tayyip Erdogan. La questione però è stata accantonata presto, mentre si è continuato a discutere di brogli, errori nei conteggi e di nuove alleanze. A cercare di allargare il proprio bacino elettorale è soprattutto l’opposizione, che ha bisogno di recuperare la differenza di voti con il suo sfidante. Erdogan ha ottenuto il 49.5 per cento delle preferenze al primo turno contro il 44 per cento di Kilicdaroglu, che punta adesso a quel 5% di voti ottenuti il 14 maggio dal terzo candidato, Sinan Ogan.

    In Turchia il candidato dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ha finalmente trovato una strategia per il secondo turno delle elezioni. I toni conciliatori, i video dalla cucina arredata in maniera spartana e le foto di gruppo hanno lasciato il posto a discorsi più nazionalisti e anti-migranti, pronunciati dal palco e dal suo ufficio, mentre i leader della coalizione sono stati messi in secondo piano. Il cambio di passo del candidato presidente è arrivato dopo il licenziamento di una parte dello staff della comunicazione e un imbarazzato silenzio sugli errori commessi la notte delle elezioni. Diversi esponenti dell’opposizione hanno pubblicamente dato per vittorioso Kilicdaroglu sulla base di un conteggio errato, annunciando un risultato che non si è mai concretizzato e che ha rafforzato invece la credibilità del presidente uscente Recep Tayyip Erdogan. La questione però è stata accantonata presto, mentre si è continuato a discutere di brogli, errori nei conteggi e di nuove alleanze. A cercare di allargare il proprio bacino elettorale è soprattutto l’opposizione, che ha bisogno di recuperare la differenza di voti con il suo sfidante. Erdogan ha ottenuto il 49.5 per cento delle preferenze al primo turno contro il 44 per cento di Kilicdaroglu, che punta adesso a quel 5% di voti ottenuti il 14 maggio dal terzo candidato, Sinan Ogan.

    Ogan è l’esponente di un’alleanza formata da partiti ultra-nazionalisti e ha presentato delle specifiche richieste al leader dell’opposizione in cambio del proprio sostegno. Tra queste vi sono la presa di distanza dai filo-curdi della Sinistra verde, considerati da Ogan dei terroristi, e il rimpatrio dei migranti siriani. Ad oggi non è ancora chiaro se Kilicdaroglu accontenterà o meno tutte le richieste del leader ultra-nazionalista, ma intanto ha deciso di puntare su discorsi particolarmente nazionalisti e xenofobi messi fino a questo momento in secondo piano. Il candidato dell’opposizione si era espresso già in passato contro i migranti siriani, promettendo di raggiungere un accordo con Damasco per organizzarne il rimpatrio, ma nei suoi ultimi discorsi ha reso questo tema ancora più polarizzante. Secondo il candidato presidente, i migranti rappresentano un vero e proprio problema di sicurezza nazionale, perché possono diventare una “macchina del crimine” se la lira dovesse continuare a perdere valore a causa delle politiche monetarie di Erdogan. Quest’ultimo è stato anche accusato da Kilicdaorglu di aver svenduto il paese all’Unione europea accettando dei soldi in cambio di un’accoglienza senza fine di migranti e rifugiati e di non essere quindi in grado di proteggere “l’onore e i confini” della Turchia.

    Con questi discorsi Kilicdaroglu spera di accattivarsi l’elettorato di Ogan ma anche quella parte degli elettori conservatori che non è andata a votare al primo turno. Secondo i dati ufficiali, nelle aree a maggioranza curda la partecipazione al voto è stata più bassa rispetto alle passate elezioni, per cui c’è ancora un bacino di preferenze su cui poter contare al secondo turno e che potrebbe essere attratto da discorsi più nazionalisti. Non tutta la popolazione curda condivide i valori della Sinistra verde: una parte si riconosce negli ideali nazionalisti e religiosi piuttosto che in un’appartenenza etnica, ma potrebbe essere ugualmente restia a votare per il presidente uscente. Per il candidato dell’opposizione però è anche importante ottenere il sostegno dei giovani. In questa tornata elettorale ben 5.2 milioni di elettori si sono recati a votare per la prima volta e altri ancora lo faranno in occasione del ballottaggio. Per accattivarsi il sostegno di questa fascia della popolazione, Kilicdaroglu ha puntato fin dall’inizio sull’uso dei social – anche per aggirare il controllo imposto dal governo sui media tradizionali – ma in questi ultimi giorni è anche apparso su alcuni canali molto popolari tra la GenZ, affiancandosi a influencer e altri personaggi che riscuotono successo tra i più giovani. Kilicdaroglu ha poi avuto una conversazione telefonica con Ahmet Sonuc, un influencer della piattaforma di streaming Twitch noto per i suoi discorsi nazionalisti.

    A livello mediatico Kilicdaroglu ha anche deciso di presentarsi da solo nei suoi interventi pubblici per trasmettere l’immagine di un leader forte e in grado di guidare il paese da solo. Da qui anche la scelta di girare i video più recenti nel suo ufficio anziché nella modesta cucina della sua abitazione, set usato con costanza nella prima fase della campagna elettorale. Tutti questi cambiamenti servono a trasmettere un’immagine più forte e decisa del candidato presidente, già considerato un personaggio poco carismatico e meno deciso rispetto al proprio avversario. Il Kilicdaroglu più mite e conciliatore della prima fase sembra aver lasciato il posto a un candidato dai toni più veementi e nazionalisti. A discapito dei migranti e forse anche dei curdi.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/202...dogan/7167709/

  3. #153
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Citazione Originariamente Scritto da dDuck Visualizza Messaggio
    Comunque se il nano del cremlino dovesse schiattare, sarebbe difficile per Erdogan andare avanti.

    Gli occidentali hanno sempre perdonato tutto al sultano.
    Ma cosa vuoi che un ultranazionalista che rimpiazza Putin riesca a vendicarsi di Erdogan che gli ha bloccato le navi nei Dardanelli e lo ha fermato in Siria e in Libia quando la Turchia è già protetta dalla Nato? Al massimo se salta Putin tirano fuori i vari accordi tipo con Merkel e Tusk o lo stesso Obama che in quanto amico personale di Putin neanche partecipò ai funerali del presidente polacco.

  4. #154
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Penosa la strategia di Kilicdaroglu di inseguire Erdogan sulla xenofobia.

    Tra copia e originale vincerà sempre l'originale. Nessuno è in grado di cacciare 3,5 milioni di siriani, che non hanno nessuna voglia di tornare in una Siria distrutta e che ormai sono da 10 anni in Turchia e quindi si sono stabilizzati.

  5. #155
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Per l’opposizione al presidente turco Recep Tayyip Erdogan il primo turno delle elezioni, che si è tenuto il 14 maggio, è stato un’enorme delusione. I sondaggi, i rappresentanti dell’opposizione e buona parte degli elettori erano convinti che Kemal Kilicdaroglu, il candidato unitario di quasi tutti i partiti d’opposizione, sarebbe stato avanti alla fine dei conteggi: alcuni pensavano perfino che Kilicdaroglu avrebbe vinto al primo turno, ponendo fine a oltre vent’anni di dominio sempre più autoritario di Erdogan. Tutte le speranze sono state deluse la notte elettorale: Erdogan ha ottenuto il 49,5 per cento dei voti e Kilicdaroglu il 44,9. Al ballottaggio di domenica, a Erdogan basterà migliorare di mezzo punto il risultato del primo turno per ottenere un nuovo mandato da presidente.

    A Istanbul, la città più grande e cosmopolita della Turchia, dove l’opposizione a Erdogan è da anni fortissima, molti sostenitori di Kilicdaroglu si erano preparati a festeggiare già la notte del primo turno: sia che Kilicdaroglu avesse vinto immediatamente, ottenendo più del 50 per cento dei voti, sia che fosse risultato in vantaggio in vista del ballottaggio, per l’opposizione sarebbe comunque stata una vittoria. Alcuni sostenitori dell’opposizione hanno raccontato che la notte delle elezioni avevano preparato bottiglie di vino da stappare al momento dell’annuncio che il loro candidato era in vantaggio. Altri erano pronti a scendere in strada per festeggiare.

    Invece, alla fine di una notte lunghissima, Erdogan è arrivato primo, e con un distacco piuttosto consistente su Kilicdaroglu, quasi impossibile da colmare al ballottaggio.

    «In un ballottaggio si ricomincia da zero, non bisogna necessariamente considerare i voti ricevuti al primo turno», dice Bilge Yabanci, una ricercatrice in Scienze politiche che lavora tra gli Stati Uniti e l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Yabanci è arrivata a Istanbul dall’Italia, dove vive da circa tre anni, per fare l’osservatrice ai seggi elettorali della città durante il ballottaggio di domenica per conto di un’associazione che monitora lo svolgimento del voto. Quasi tutti gli analisti politici, tuttavia, ritengono che una vittoria di Kilicdaroglu al ballottaggio sia praticamente impossibile: il Financial Times ha definito la situazione dell’opposizione «disperata».

    A questo stato d’animo piuttosto pessimista ha contribuito l’andamento della notte elettorale del primo turno, il 14 maggio. All’inizio dei conteggi Erdogan è risultato immediatamente in forte vantaggio: questo era previsto, perché in Turchia i primi risultati a essere annunciati sono sempre quelli di aree del paese che votano a maggioranza per l’AKP, il partito del presidente, mentre le grandi città e le aree del sud-est, più vicine all’opposizione, sono conteggiate più avanti. L’opposizione, dunque, ha trascorso la notte aspettandosi una rimonta di Kilicdaroglu. Lui stesso, a circa metà dello spoglio, ha scritto su Twitter: «Siamo avanti», alimentando una speranza che non si è mai realizzata.

    I sostenitori dell’opposizione sono rimasti svegli gran parte della notte, fino alle due o alle tre del mattino, aspettandosi il sorpasso di Kilicdaroglu su Erdogan, che tuttavia non è mai arrivato. Erdogan, anzi, ha mantenuto un vantaggio notevole, ed è arrivato a pochi decimi dal vincere le elezioni al primo turno.

    Fino al 14 maggio quello che nella politica americana è chiamato momentum, cioè il vantaggio psicologico dato dall’idea che le cose si stiano muovendo a proprio favore, era decisamente dalla parte dell’opposizione. Dopo la deludente notte del primo turno, il momentum è tutto dalla parte di Erdogan.

    Per giustificare questa situazione la scienziata politica Bilge Yabanci parla di un «effetto Erdogan», cioè dell’eccezionale capacità del presidente turco di continuare a ottenere consenso tra un’enorme parte della popolazione, soprattutto la più povera e meno istruita, nonostante i problemi del suo governo.

    Per l’opposizione queste elezioni di maggio erano sembrate l’occasione perfetta. Per la prima volta nella storia della Turchia, praticamente tutti i partiti contrari a Erdogan si erano riuniti in un’unica grande coalizione che rappresentava sei forze politiche molto differenti tra loro: dai socialdemocratici laici del CHP (il partito di Kilicdaroglu) ai nazionalisti di destra agli islamisti moderati. Anche il partito ambientalista e filocurdo HDP, pur non aderendo alla coalizione, aveva evitato di presentare un proprio candidato, dando così il proprio sostegno implicito a Kilicdaroglu. Erdogan inoltre sembrava piuttosto indebolito dalla disastrosa situazione economica della Turchia e dalla cattiva gestione del terremoto che ha colpito il paese a febbraio.

    Il fatto che nonostante tutto questo Erdogan sia riuscito ugualmente a essere il candidato più votato al primo turno ha provocato delusione e sconforto nell’opposizione e nei suoi sostenitori. A peggiorare le cose c’è il fatto che alle elezioni parlamentari, che si sono tenute in concomitanza con le presidenziali, il partito di Erdogan, l’AKP, ha ottenuto la maggioranza dei seggi. La Turchia ha dal 2016 un sistema politico presidenziale, dove il parlamento non ha più l’importanza di un tempo, ma il suo ruolo è comunque centrale per chiunque governi il paese.

    Questa situazione si è resa piuttosto evidente nelle due settimane che hanno separato il primo turno dal ballottaggio. Nelle sue uscite pubbliche, Erdogan è sempre parso piuttosto tranquillo, mentre i principali esponenti dell’opposizione per lunghi giorni dopo il primo turno hanno evitato ogni intervista e contatto con i media.

    Alcuni parlano come se Kilicdaroglu avesse già perso. Ali Bayramoglu, un noto giornalista e commentatore politico di orientamento conservatore ma contrario a Erdogan, dice che «l’opposizione ha troppe fragilità al suo interno. Da un lato i partiti che compongono la coalizione contro Erdogan sono troppo differenti tra di loro, e in alcuni casi antagonisti: alcuni di sinistra, altri di destra, alcuni religiosi, altri no, e promettere il ritorno della democrazia non è stato sufficiente». Aggiunge Bayramoglu: «L’altra fragilità dell’opposizione è stata il candidato».

    Kilicdaroglu, un politico esperto e dall’atteggiamento pacato e moderato, è l’unico candidato che è stato capace di mettere assieme la variegata e complessa coalizione dell’opposizione contro Erdogan. Ma la sua notevole capacità di mediazione e di accomodamento non è stata accompagnata, secondo molti, da altrettanta abilità politica. «Kilicdaroglu era l’unico candidato possibile, ma non è un candidato forte», dice Bayramoglu.

    A due giorni dal ballottaggio, i sostenitori dell’opposizione continuano a sperare in quella che alcuni di loro definiscono una «sorpresa», cioè che nonostante tutte le difficoltà Kilicdaroglu riuscirà ugualmente a vincere le elezioni. Quasi tutti, però, temono che alla fine vincerà Erdogan.

    https://www.ilpost.it/2023/05/26/opp...-ballottaggio/

  6. #156
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Erdogan strafavorito secondo i sondaggi
    Se non vi rispondo vuol dire che siete in blacklist

  7. #157
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Possiamo concludere che tutto il peggio che succede in Italia e' dovuto alle elites PD ed al vaticano?
    Stupri, attentati, invasione, fallimenti, disoccupazione, emergenza sociale, denatalita',violenza verbale , suicidi, omicidi....

  8. #158
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Il ministro degli Interni e vicepresidente dell'AKP, Süleyman Soylu, ha fissato questo messaggio nel suo profilo Twitter: “Sottolineo che d'ora in poi, chiunque faccia una politica orientata agli americani in Turchia sarà considerato un traditore in questo Paese.”
    Questo messaggio nasce dopo che gli USA (con gli scagnozzi ucraini) hanno cercato di far saltare per aria la nave che controlla il Turkish Stream come preparazione a un attentato contro il TS stesso. Daje, Biden, che ce la fai a fare uscire la Turchia dalla Nato, e poi verrete spazzati via per sempre dal MO.
    Una Cina, una Yugoslavia, una Russia, una Corea, una Palestina, un'Irlanda. E zero USA

  9. #159
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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    Il presidente in carica, Recep Tayyip Erdogan, ha lanciato ieri un ultimo appello ai suoi elettori a recarsi in massa alle urne oggi, giorno del ballottaggio presidenziale in Turchia, chiedendo "una grande vittoria". In un tweet, Erdogan, che sfida il candidato dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu, ha esortato a "iniziare il secolo della Turchia con i nostri voti".

    Secondo quanto riferito dall'agenzia Anadolu, i seggi resteranno aperti dalle 8 alle 17. Sono oltre 60 milioni i potenziali elettori, mentre il Consiglio elettorale supremo ha riferito che quasi 1,9 milioni di turchi hanno già votato all'estero.

    Un funambolo che cammina sul filo del rasoio senza percezione del rischio. L'azione politica di Recep Tayyip Erdogan è sempre stata un continuo azzardo. E anche nel suo ultimo mandato è rimasto fedele alla linea, tra mediazioni 'impossibili' sull'Ucraina, lo scontro con la Nato sull'ingresso di Finlandia e Svezia e i preparativi per nuove operazioni militari contro i curdi in Siria.

    E di temi ce ne sarebbero ancora decine per un leader da 20 anni al potere e che non smette mai di stupire. Un rilancio continuo il suo, in cui nuovi fronti (e scontri) si aprono, mentre altri si chiudono con una stretta di mano. Oggi, nonostante i problemi di salute manifestati in campagna elettorale, si prepara per il suo numero provato e riprovato di cui è campione assoluto: la vittoria delle elezioni. Sulla sua strada stavolta ha trovato un'opposizione agguerrita come non mai, che si è unita in blocco per sbarrargli la strada. Ma sono in molti a pensare che il suo nome uscirà a maggioranza dalle urne del ballottaggio.

    Sul fronte internazionale Erdogan, una volta pompiere un'altra piromane, in questi ultimi anni ha giocato su più tavoli nello stesso tempo, con un sogno nel cassetto: ospitare sul suolo turco un incontro che sarebbe storico tra Putin e Zelensky. Far fare la pace ai due leader è cruccio e obiettivo dichiarato del Sultano che a marzo 2022 sfiorò il bersaglio grosso, ospitando ad Antalya i ministri degli Esteri dei due Paesi in guerra.

    Il mediatore Erdogan ha raccolto però un grande risultato con la firma a Istanbul dell'accordo che sbloccò le esportazioni di grano dall'Ucraina, scongiurando una crisi alimentare mondiale. Un successo diplomatico che il presidente turco, al momento tra i pochi leader mondiali in grado di dialogare nello stesso tempo con Zelensky e Putin, ha replicato una settimana fa strappando l'ok alla proroga dell'intesa per due mesi. E nei suoi spericolati passaggi da un fronte all'altro, ha anche facilitato uno scambio di prigionieri tra le parti.

    Ma la mano di Erdogan non può essere solo piuma. Sempre nel contesto ucraino, il leader turco ha ingaggiato una battaglia politica furiosa contro l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. I due Paesi scandinavi, intimoriti dal bellicismo russo, hanno chiesto ospitalità all'Alleanza ricevendo messaggi di giubilo da tutti i membri. Tutti tranne due: l'Ungheria di Orban e, appunto, la Turchia.

    Ankara, dopo aver concesso l'adesione di Helsinki, sta forzando la mano per farsi consegnare dalla Svezia alcuni personaggi legati al Pkk o alla rete Gulen, movimenti considerati alla stregua di gruppi terroristici. Un braccio di ferro, quello con Stoccolma, che per il momento non vede vincitori, ma l'unica certezza nella vita è che alla fine Erdogan otterrà qualcosa in cambio, come insegna anche il suo approccio alla crisi dei migranti condito dal 'ricatto' all'Ue.

    Il presidente turco, intanto, tesse la sua tela regionale, creando nuove alleanze. Ha infatti fatto la pace con Emirati ed Israele e ha iniziato una "nuova era" nelle relazioni con l'Arabia Saudita dopo il gelo successivo alla morte atroce riservata dai sicari del Golfo al giornalista Jamal Khashoggi nel consolato del suo Paese a Istanbul. Un riavvicinamento sancito dalla visita di Erdogan nel regno di re Salman ricambiata da quella ad Ankara dell'erede al trono saudita, Mohammed bin Salman.

    Sullo sfondo, ma neanche tanto, restano la nuova campagna nel nord della Siria contro i curdi che il presidente turco minaccia da tempo, ma che ora sembra essere stata accantonata in nome di una possibile riconciliazione con Assad, e lo scontro con la Grecia.

    Ma la partita decisiva per le sue sorti politiche Erdogan la giocherà oggi. Primo ministro dal 2003 al 2014 e da allora capo di Stato, ha traghettato il Paese - attraverso un contestato referendum costituzionale nel 2017 - da un sistema parlamentare a uno presidenziale. Le urne stabiliranno se il Sultano avrà avuto ragione anche stavolta.

    Kemal Kilicdaroglu, 74 anni, socialdemocratico, è l'uomo scelto dall'opposizione - non senza polemiche a dire la verità - per rivoluzionare la scena politica turca e mettere fine al ventennio al potere di Erdogan. Il leader del Partito Repubblicano del Popolo (Chp), la principale forza di opposizione in Turchia, è pronto per la sfida finale con il Sultano. Un'impresa difficile, visti i risultati del primo turno, ma non impossibile secondo il suo entourage, che ha battuto molto in questi ultimi giorni il tasto del rimpatrio dei siriani per conquistare consensi tra i nazionalisti.

    Per diventare presidente, Kilicdaroglu ha messo su un cartello elettorale non proprio omogeneo dal punto di vista politico (si spazia da forze dichiaratamente di sinistra alla destra estrema) ed i cui leader all'inizio non erano tutti convinti di convergere sul suo nome. Anzi, l'annuncio della sua possibile candidatura aveva spaccato l'opposizione con l'uscita dal blocco del Buon Partito (Iyi), la seconda forza dopo il Chp, la cui leader Meral Aksener preferiva quella del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, o in alternativa di quello di Ankara, Mansur Yavas. Il compromesso che ha salvato l'apparente unità dell'opposizione è che, in caso di vittoria, i due sindaci saranno i vice di Kilicdaroglu.

    Da tanti anni ai ferri corti con Erdogan, come testimoniano anche le cause in tribunale da cui è sempre uscito sconfitto, il leader del Chp dal 2010 non ha grandi successi elettorali da opporre al Sultano nella sua carriera politica. Eletto deputato per la prima volta nel 2002, Kilicadorglu venne sconfitto alle elezioni amministrative di Istanbul nel 2009. Ciò nonostante, l'anno successivo fu eletto con un plebiscito alla guida del Chp.

    Le elezioni del 2011 furono relativamente positive, in quanto il partito - seppur quasi doppiato dall'Akp di Erdogan - segnò un aumento dei consensi arrivando al 26%. Un risultato pressoché analogo lo raggiunse nel 2015, mentre alle elezioni del 2018 il candidato del Chp, Muharrem Ince (che quest'anno ha annunciato il ritiro a pochi giorni dal primo turno), superò di poco il 30%.

    Nel 2016 uscì illeso dopo che l'auto su cui viaggiava nella provincia di Artvin, sul Mar Nero, era finita nel mezzo di uno scontro tra uomini armati e militari. Nello scontro, secondo il quotidiano Sabah, persero la vita due soldati. Un suo consigliere spiegò che non si era trattato di un attacco contro di lui.

    Nel 2017 fece di nuovo parlare di sé i media internazionali mettendosi alla guida di una marcia pacifica da Ankara a Istanbul per chiedere una riforma del sistema giudiziario. A scatenare la protesta di Kilicdaroglu fu la condanna a 25 anni di carcere del giornalista e parlamentare del Chp, Enis Berberoglu, accusato di spionaggio e di avere fornito al quotidiano Cumhuriyet informazioni per uno scoop che mise in cattiva luce il governo. La marcia si concluse ad Istanbul con un grande comizio davanti a una folla oceanica.

    Il presidente in carica, Recep Tayyip Erdogan, ha lanciato ieri un ultimo appello ai suoi elettori a recarsi in massa alle urne oggi, giorno del ballottaggio presidenziale in Turchia, chiedendo "una grande vittoria". In un tweet, Erdogan, che sfida il candidato dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu, ha esortato a "iniziare il secolo della Turchia con i nostri voti".

    Secondo quanto riferito dall'agenzia Anadolu, i seggi resteranno aperti dalle 8 alle 17. Sono oltre 60 milioni i potenziali elettori, mentre il Consiglio elettorale supremo ha riferito che quasi 1,9 milioni di turchi hanno già votato all'estero.

    Un funambolo che cammina sul filo del rasoio senza percezione del rischio. L'azione politica di Recep Tayyip Erdogan è sempre stata un continuo azzardo. E anche nel suo ultimo mandato è rimasto fedele alla linea, tra mediazioni 'impossibili' sull'Ucraina, lo scontro con la Nato sull'ingresso di Finlandia e Svezia e i preparativi per nuove operazioni militari contro i curdi in Siria.

    E di temi ce ne sarebbero ancora decine per un leader da 20 anni al potere e che non smette mai di stupire. Un rilancio continuo il suo, in cui nuovi fronti (e scontri) si aprono, mentre altri si chiudono con una stretta di mano. Oggi, nonostante i problemi di salute manifestati in campagna elettorale, si prepara per il suo numero provato e riprovato di cui è campione assoluto: la vittoria delle elezioni. Sulla sua strada stavolta ha trovato un'opposizione agguerrita come non mai, che si è unita in blocco per sbarrargli la strada. Ma sono in molti a pensare che il suo nome uscirà a maggioranza dalle urne del ballottaggio.

    Sul fronte internazionale Erdogan, una volta pompiere un'altra piromane, in questi ultimi anni ha giocato su più tavoli nello stesso tempo, con un sogno nel cassetto: ospitare sul suolo turco un incontro che sarebbe storico tra Putin e Zelensky. Far fare la pace ai due leader è cruccio e obiettivo dichiarato del Sultano che a marzo 2022 sfiorò il bersaglio grosso, ospitando ad Antalya i ministri degli Esteri dei due Paesi in guerra.

    Il mediatore Erdogan ha raccolto però un grande risultato con la firma a Istanbul dell'accordo che sbloccò le esportazioni di grano dall'Ucraina, scongiurando una crisi alimentare mondiale. Un successo diplomatico che il presidente turco, al momento tra i pochi leader mondiali in grado di dialogare nello stesso tempo con Zelensky e Putin, ha replicato una settimana fa strappando l'ok alla proroga dell'intesa per due mesi. E nei suoi spericolati passaggi da un fronte all'altro, ha anche facilitato uno scambio di prigionieri tra le parti.

    Ma la mano di Erdogan non può essere solo piuma. Sempre nel contesto ucraino, il leader turco ha ingaggiato una battaglia politica furiosa contro l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. I due Paesi scandinavi, intimoriti dal bellicismo russo, hanno chiesto ospitalità all'Alleanza ricevendo messaggi di giubilo da tutti i membri. Tutti tranne due: l'Ungheria di Orban e, appunto, la Turchia.

    Ankara, dopo aver concesso l'adesione di Helsinki, sta forzando la mano per farsi consegnare dalla Svezia alcuni personaggi legati al Pkk o alla rete Gulen, movimenti considerati alla stregua di gruppi terroristici. Un braccio di ferro, quello con Stoccolma, che per il momento non vede vincitori, ma l'unica certezza nella vita è che alla fine Erdogan otterrà qualcosa in cambio, come insegna anche il suo approccio alla crisi dei migranti condito dal 'ricatto' all'Ue.

    Il presidente turco, intanto, tesse la sua tela regionale, creando nuove alleanze. Ha infatti fatto la pace con Emirati ed Israele e ha iniziato una "nuova era" nelle relazioni con l'Arabia Saudita dopo il gelo successivo alla morte atroce riservata dai sicari del Golfo al giornalista Jamal Khashoggi nel consolato del suo Paese a Istanbul. Un riavvicinamento sancito dalla visita di Erdogan nel regno di re Salman ricambiata da quella ad Ankara dell'erede al trono saudita, Mohammed bin Salman.

    Sullo sfondo, ma neanche tanto, restano la nuova campagna nel nord della Siria contro i curdi che il presidente turco minaccia da tempo, ma che ora sembra essere stata accantonata in nome di una possibile riconciliazione con Assad, e lo scontro con la Grecia.

    Ma la partita decisiva per le sue sorti politiche Erdogan la giocherà oggi. Primo ministro dal 2003 al 2014 e da allora capo di Stato, ha traghettato il Paese - attraverso un contestato referendum costituzionale nel 2017 - da un sistema parlamentare a uno presidenziale. Le urne stabiliranno se il Sultano avrà avuto ragione anche stavolta.

    Kemal Kilicdaroglu, 74 anni, socialdemocratico, è l'uomo scelto dall'opposizione - non senza polemiche a dire la verità - per rivoluzionare la scena politica turca e mettere fine al ventennio al potere di Erdogan. Il leader del Partito Repubblicano del Popolo (Chp), la principale forza di opposizione in Turchia, è pronto per la sfida finale con il Sultano. Un'impresa difficile, visti i risultati del primo turno, ma non impossibile secondo il suo entourage, che ha battuto molto in questi ultimi giorni il tasto del rimpatrio dei siriani per conquistare consensi tra i nazionalisti.

    Per diventare presidente, Kilicdaroglu ha messo su un cartello elettorale non proprio omogeneo dal punto di vista politico (si spazia da forze dichiaratamente di sinistra alla destra estrema) ed i cui leader all'inizio non erano tutti convinti di convergere sul suo nome. Anzi, l'annuncio della sua possibile candidatura aveva spaccato l'opposizione con l'uscita dal blocco del Buon Partito (Iyi), la seconda forza dopo il Chp, la cui leader Meral Aksener preferiva quella del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, o in alternativa di quello di Ankara, Mansur Yavas. Il compromesso che ha salvato l'apparente unità dell'opposizione è che, in caso di vittoria, i due sindaci saranno i vice di Kilicdaroglu.

    Da tanti anni ai ferri corti con Erdogan, come testimoniano anche le cause in tribunale da cui è sempre uscito sconfitto, il leader del Chp dal 2010 non ha grandi successi elettorali da opporre al Sultano nella sua carriera politica. Eletto deputato per la prima volta nel 2002, Kilicadorglu venne sconfitto alle elezioni amministrative di Istanbul nel 2009. Ciò nonostante, l'anno successivo fu eletto con un plebiscito alla guida del Chp.

    Le elezioni del 2011 furono relativamente positive, in quanto il partito - seppur quasi doppiato dall'Akp di Erdogan - segnò un aumento dei consensi arrivando al 26%. Un risultato pressoché analogo lo raggiunse nel 2015, mentre alle elezioni del 2018 il candidato del Chp, Muharrem Ince (che quest'anno ha annunciato il ritiro a pochi giorni dal primo turno), superò di poco il 30%.

    Nel 2016 uscì illeso dopo che l'auto su cui viaggiava nella provincia di Artvin, sul Mar Nero, era finita nel mezzo di uno scontro tra uomini armati e militari. Nello scontro, secondo il quotidiano Sabah, persero la vita due soldati. Un suo consigliere spiegò che non si era trattato di un attacco contro di lui.

    Nel 2017 fece di nuovo parlare di sé i media internazionali mettendosi alla guida di una marcia pacifica da Ankara a Istanbul per chiedere una riforma del sistema giudiziario. A scatenare la protesta di Kilicdaroglu fu la condanna a 25 anni di carcere del giornalista e parlamentare del Chp, Enis Berberoglu, accusato di spionaggio e di avere fornito al quotidiano Cumhuriyet informazioni per uno scoop che mise in cattiva luce il governo. La marcia si concluse ad Istanbul con un grande comizio davanti a una folla oceanica.

    In caso di vittoria, ha promesso ripetendolo come un mantra nei vari appuntamenti che hanno scandito la sua campagna elettorale, governerà la Turchia in modo più democratico rispetto a Erdogan. Uno dei momenti clou della sua campagna è stato sicuramente quando, rompendo un tabù, ha rivelato di essere di fede alevita. Questa minoranza, che osserva riti e regole diverse rispetto a quelli dell'Islam tradizionale, in Turchia è stata vittima di discriminazioni e massacri. Alcuni sunniti estremisti considerano ancora oggi gli aleviti come degli eretici e si rifiutano addirittura di mangiare un piatto cucinato da loro ritenendolo "impuro". Se dovesse essere eletto, Kilicdaroglu ha promesso di mettere fine alle discriminazioni e a "contenziosi confessionali che hanno causato sofferenze".

    In politica estera il suo obiettivo è spostare il focus di Ankara dando priorità alle relazioni con l'Occidente piuttosto che al Cremlino. "Vogliamo entrare a far parte del mondo civilizzato - ha spiegato - Vogliamo media liberi e una magistratura totalmente indipendente. Erdogan non la pensa così. Vuole essere autoritario. La differenza tra noi ed Erdogan è come tra il bianco ed il nero".

    Della sua campagna saranno ricordati gli spot girati intorno al tavolo della sua cucina, con sullo sfondo i canovacci appesi ordinatamente. In uno di questi video è apparso con una cipolla in mano, avvertendo che i prezzi continueranno a salire se Erdogan rimarrà al potere.

    Un ultranazionalista anti-immigrati con simpatie kemaliste. Sinan Ogan, 54 anni, è stata la sorpresa del primo turno delle presidenziali turche, dominato dallo scontro tra il presidente in carica e il leader dell'opposizione.

    Nessuno dei due è riuscito a oltrepassare la fatidica soglia del 50% e, secondo tutti gli osservatori, il 5,17% ottenuto da Ogan con la sua coalizione Ata che prende il nome dal fondatore della Repubblica Mustafa Kemal Ataturk, sarà determinante al ballottaggio.
    Con una mossa definita "sorprendente" dal quotidiano governativo Sabah, ma che non ha sorpreso molto gli osservatori, a inizio settimana Ogan ha annunciato che di sostenere Erdogan. Ne è nata una sorta di 'faida' all'interno del Partito Zafer (Vittoria), per il quale è stato candidato al primo turno, con l'ultranazionalista e leader del partito, Unit Ozdag, che ha invece comunicato il suo endorsement per Kilicdaroglu.

    Ex esponente dell'Mhp, il partito nazionalista che è coalizzato con l'Akp di Erdogan, Ogan è laureato in economia aziendale presso l'Università di Marmara e ha completato un dottorato presso l'Istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali.

    Nel 2011 è stato eletto deputato a Igdir, la sua città natale nell'Anatolia orientale che vede una considerevole popolazione azera. Egli stesso ha radici azere. La sua uscita dall'Mhp risale al 2017, in occasione del contestato referendum costituzionale con cui Erdogan trasformò l'architettura politica del Paese da un sistema parlamentare a uno presidenziale. Ogan si oppose alla decisione dell'Mhp di appoggiare la riforma.

    Ogan, dal portamento altero e dall'aspetto sempre impeccabile, ha detto di essere "molto a suo agio" nel ruolo di kingmaker e ha usato i soliti toni crudi per chiarire le sue condizioni in vista del ballottaggio: "Quello che voglio è chiaro, è la partenza dei siriani. Tutti i profughi devono tornare a casa".

    https://www.adnkronos.com/turchia-og...LV43SvfjvpCDSu

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    Predefinito Re: Elezioni presidenziali in Turchia del 2023

    https://www.startmag.it/mondo/perche...ansaldo-limes/

    Perché Erdogan è favorito alle elezioni in Turchia. Parla Marco Ansaldo (Limes)
    Socio Fondatore di AS - Alternativa Sociale

 

 
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