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    Predefinito L’europa sarà ebraica?

    L’EUROPA SARÀ EBRAICA? LE ORIGINI OCCULTE DEL PARLAMENTO EBRAICO EUROPEO E LA FARSA DELLA LOTTA ALL’ANTISEMITISMO

    Sconosciuto ai più, il Parlamento Ebraico Europeo detiene attualmente le chiavi della politica dell’UE, manovrando come vere e proprie marionette i politici, i parlamentari e le istituzioni di tutti gli Stati europei al fine di “ebraicizzare” l’intero continente

    Oltre un secolo fa, il politico inglese di origini ebraiche Benjamin Disraeli, noto per essere stato Primo Ministro del Regno Unito per ben due volte, dichiarò che «il mondo è governato da personaggi diversi da quelli che immaginano coloro che non gettano lo sguardo dietro le quinte». E nel caso particolare dell’Europa, se si getta uno sguardo «dietro le quinte», si può constatare che l’affermazione di Disraeli è ancora valida, e che i «personaggi» occulti di cui egli parla non sono altro che gli stessi ebrei, la cui influenza in Europa ha raggiunto i suoi massimi storici con la fondazione del Parlamento Ebraico Europeo (EJP), oltre dieci anni fa.

    Non sappiamo molto sulle sue origini. Le poche fonti a nostra disposizione ci dicono che è stato fondato il 16 febbraio 2012 all’interno dello stesso Parlamento Europeo, a Bruxelles, su iniziativa della semi-sconosciuta Unione Ebraica Europea (EJU), una losca ONG senza scopo di lucro creata un anno prima dal politico ucraino-israeliano Vadim Rabinovich e dal filantropo e uomo d’affari ucraino di origini ebraiche Igor Kolomoyskyi (noto per essere il principale finanziatore di Volodymyr Zelensky), anche se l’idea di creare un Parlamento ebraico in Europa fu suggerita per la prima volta durante il Congresso Sionista di Basilea, nel 1897, e poi ripresa in seguito dal politico israeliano Shimon Peres.

    L’European Jewish Press, tuttavia, ci informa che l’inaugurazione dell’EJP, avvenuta all’interno dell’Euro-parlamento di Bruxelles, ha riunito ben centoventi parlamentari ebrei, tra cui gli italiani Roger Coianiz e Vittorio Pavoncello e «diverse figure di spicco dell’ebraismo europeo, come Pierre Besnainou dalla Francia, Cefi J. Camhi dalla Turchia, Nathan Gelbart dalla Germania, Oliver Mischon dal Regno Unito, Joel Rubinfeld dal Belgio, nonché un numero importante di giovani personalità e leader emergenti», tutti eletti – secondo East Journal – «in maniera semi-seria». I candidati, infatti, sono stati selezionati dall’EJU via internet «a loro stessa insaputa»; tra di essi, erano presenti anche «personalità controverse» che, con la politica, non hanno mai avuto nulla a che fare, come Sacha B. Cohen (attore), David Beckham (ex giocatore di calcio) e Stella McCartney (figlia del noto membro dei Beatles, Paul McCartney). In totale, vi sono stati circa 400.000 voti, anche se – dichiara East Journal – «non è certificato che i votanti abbiano votato una sola volta, o solo per i candidati del proprio paese», in quanto le elezioni si sono svolte online e non vi è stato alcun controllo da parte degli organi dell’UE.

    Malgrado ciò, secondo Tomer Orni (amministratore delegato dell’EJU), la fondazione dell’EJP ha rappresentato un «evento storico» e senza precedenti per la comunità ebraica in Europa, che – come ha fatto notare il professore e accademico ebreo Shlomo Avineri – in «un secolo di emancipazione» è riuscita a passare «dalla periferia al centro della società europea». Attraverso un Parlamento ebraico, infatti, Rabinovich e Kolomoyskyi – in sinergia ai lavori dell’European Jewish Congress – hanno voluto fornire «una struttura unificante per tutte le comunità e le organizzazioni ebraiche in tutta l’Europa occidentale, orientale e centrale», operando «attivamente per rafforzare la vita ebraica» nella UE e combattere razzismo e antisemitismo. In altre parole – dichiara lo stesso sito dell’EJP – l’obiettivo è stato quello di correggere «le imperfezioni del passato» e «continuare a costruire un’organizzazione ebraica europea veramente influente», in grado di contribuire «in maniera positiva allo sviluppo europeo» ed estinguere, una volta per tutte, ogni retaggio residuale di antisemitismo. Non è forse stato Vladimir Katsman, inviato speciale dell’EJP, a dichiarare esplicitamente che «gli ebrei vogliono avere un‘influenza sull’Europa»?!

    A conferma di ciò, l’inaugurazione del Parlamento Ebraico Europeo ha coinciso con la visita a Bruxelles di una delegazione di quaranta membri di spicco della Conference of Presidents of Major American Jewish Organization (nota come “Conferenza dei Presidenti”) guidata dagli ebrei Richard Stone e Malcolm Hoenlein. Insieme ad altri membri dell’EJP, la delegazione – in rappresentanza della potente lobby ebraica a stelle e strisce – «ha tenuto colloqui con i funzionari dell’UE» e «della NATO» e ha discusso inoltre su «questioni come l’antisemitismo in Europa», stringendo solidi accordi e ponendo così le basi per la futura egemonia del continente.

    «La visione di un Parlamento ebraico europeo è finalmente una realtà», ha dichiarato Tomer Orni durante l’inaugurazione dell’EJP. «Si tratta di un evento storico in quanto il nuovo Parlamento è un’importante pietra miliare per la rappresentanza ebraica in Europa. Siamo profondamente convinti che il Parlamento sarà una forza positiva nell’affrontare le mutevoli condizioni e le grandi sfide che l’ebraismo europeo sta affrontando».

    Lotta all’antisemitismo

    Per espandere la propria influenza, l’EJP ha organizzato negli anni «riunioni di deputati ebrei con parlamentari di quasi tutti i paesi europei», al fine di «discutere questioni locali» e imporre – in collaborazione con la loggia ebraica B’nai B’rith e l’European Jewish Congress – le proprie direttive ai singoli paesi dell’UE. Appena un anno dopo la fondazione dell’EJP, infatti, è stato creato a Bruxelles, all’interno dello stesso Parlamento europeo, il “Gruppo di Lavoro contro l’antisemitismo“, una speciale struttura formata da deputati e politici ebrei che – come spiega il sito della loggia B’nai B’rith – «ha contribuito a integrare la lotta contro l’antisemitismo a livello dell’UE e negli Stati membri», imponendo a quest’ultimi di «sviluppare piani d’azione nazionali per affrontare l’odio antiebraico».

    Grazie all’operato degli agenti dell’EJP e del “Gruppo di Lavoro“, che hanno diffuso a macchia d’olio la convinzione secondo la quale l’antisemitismo sarebbe «parte del DNA dell’Europa» e quindi il nemico numero uno dell’UE, nel dicembre 2015 viene fondata – con il supporto diretto delle organizzazioni ebraiche militanti – la “Commissione europea per la lotta all’antisemitismo e la promozione della vita ebraica“, presieduta dalla coordinatrice Katharina von Schnurbein. Tale organo – come ricorda lo stesso sito dell’UE – si riunisce a Bruxelles «diverse volte all’anno», coinvolgendo «le principali organizzazioni ombrello ebraiche» e i «principali attori» dell’UE «per prevenire e combattere il razzismo, l’intolleranza e la discriminazione» all’interno dei paesi europei, coi quali la stessa Commissione – in coordinamento con i programmi egemonici dell’EJP – collabora «al fine di rafforzare le risposte politiche volte ad affrontare l’antisemitismo».

    Europa e Israele

    Ma non è tutto. Nel 2017, mentre l’EJP induce il Parlamento europeo ad adottare una risoluzione sulla lotta contro l’antisemitismo, i rapporti UE-Israele vengono fortemente intensificati e il vecchio Annual EU-Israel High Level Seminar, che dal 2005 «riunisce funzionari pubblici, responsabili politici, aziende, società civile e organizzazioni internazionali europee e israeliane per discutere le migliori pratiche e i modi per affrontare il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo», acquisisce una significativa rilevanza nelle dinamiche occulte della politica europea. Secondo il giornalista David Cronin, infatti, «l’assecondamento dell’UE verso i sostenitori di Israele» è divenuto nel tempo «sempre più estremo», al punto che l’Unione Europea, «facilmente sedotta» dagli ebrei, ha cominciato a condividere «segreti con la lobby ebraica», abbracciando definitivamente l’occupazione israeliana. Lo scrittore Don Curzio Nitoglia – noto per i suoi scritti controcorrente – è arrivato addirittura a dichiarare che l’ebraismo militante, da lui definito «neosionismo», utilizza il continente europeo «come una base logistica che permette agli USA di aiutare Israele a distruggere il “male assoluto“», ossia l’antisemitismo e, soprattutto, le ideologie ad esso legate. Tutto ciò, non poteva che indurre l’euro-deputato polacco Michal Kaminski (di fede noachide e da sempre vicino agli agenti dell’EJP) a puntualizzare che «i valori di Israele e degli ebrei sono anche i valori dell’Unione Europea», mentre Ursula von der Leyen (nota presidente dell’UE) ha fatto intendere che «il legame più forte che accomuna l’Europa con Israele è la fede nella democrazia e nei valori democratici». Ecco perché – secondo von der Leyen – «le democrazie come l’Europa e Israele dovrebbero avvicinarsi».

    Inizia così, grazie soprattutto all’operato (non sempre trasparente) dell’oligarca Rabinovich, un lungo percorso che vede l’EJP organizzare «una serie di incontri con i leader della Knesset e dei principali partiti israeliani». L’obiettivo – del tutto prevedibile – è quello di discutere «in dettaglio sul sostegno [europeo] allo Stato di Israele e sulla lotta all’antisemitismo», scambiando «opinioni sulle questioni politiche, economiche e sociali più urgenti per le comunità ebraiche in Europa». In particolare, vengono rafforzati i legami con il partito sionista Yisrael Beiteinu e con il suo carismatico leader, l’ebreo di origini sovietiche Avigdor Liebermann, noto per essere stato definito dal Mossawa Center di Haifa un «razzista», nonché un «motivo di imbarazzo per la nazione ebraica». Durante le riunioni si è discusso inoltre sulla possibilità di tenere le future Assemblee generali dell’EJP in Israele.


    Risveglio ebraico

    La svolta vera e propria, però, avviene negli anni a seguire, in particolare tra il 2019 e il 2021: periodo in cui l’ebraismo militante europeo – rappresentato dall’EJP, dall’European Jewish Congress e dalla loggia B’nai B’rith – si conferma forza trainante dell’UE e principale protagonista della lotta al razzismo e all’antisemitismo in Occidente.

    Durante la seconda metà del 2019, infatti, mentre il Parlamento Ebraico Europeo – prendendo esempio dal “Gruppo di Lavoro” – costituisce una speciale task-force per combattere l’odio anti-ebraico, la lotta all’antisemitismo viene ufficialmente integrata nel portafoglio del vice-presidente della “Commissione responsabile per la promozione dello stile di vita europeo“, il “noachide” Margaritis Schinas, che – come riporta il sito dell’UE – esprime subito la volontà di «mantenere la lotta contro l’antisemitismo in cima all’agenda politica europea». È in questo momento – definito da Tablet Magazine «risveglio ebraico» – che la Commissione di Schinas inaugura un profondo sodalizio con la “Commissione per la lotta all’antisemitismo e la promozione della vita ebraica” di Katharina von Schnurbein, rafforzando fra i paesi dell’UE la convinzione secondo la quale la vita ebraica coincide con lo stile di vita europeo.

    «L’aumento dell’antisemitismo in Europa e nel mondo non lascia spazio all’autocompiacimento», ha dichiarato in quel frangente Schinas. «L’antisemitismo ha molte forme, che vanno dall’antisionismo alla negazione e alla distorsione dell’Olocausto; da un commento discriminatorio nei confronti di un collega sul posto di lavoro a gravi minacce alla vita di una persona. La sua prevalenza abbraccia l’intero spettro sociale e politico, dagli autori di estrema destra e di estrema sinistra agli estremisti religiosi. La normalizzazione dei miti e dei pregiudizi antisemiti sfida l’espressione dell’identità ebraica in Europa».

    Strategia 2021-30

    Dopo numerose riunioni, incontri privati e macchinazioni occulte svolte in quasi tutto il mondo dall’EJP e dai suoi più stretti alleati (come l’European Jewish Congress e la loggia B’nai B’rith), nel settembre 2021 viene finalmente creata, col beneplacito di Ursula von der Leyen, «la prima strategia dell’UE volta a combattere l’antisemitismo e promuovere la vita ebraica». Essa è il risultato di un decennio di profondi sforzi ebraici indirizzati al dominio del continente europeo, e unisce la volontà di estirpare razzismo e antisemitismo con l’antico sogno messianico di ebraicizzare l’Europa e integrare gradualmente lo Stato di Israele nelle politiche e nei programmi europei, preannunciando una «lotta globale», che, nel corso degli anni 2021-2030, dovrà estinguere completamente ogni sentimento razzista e antisemita in Europa e nel mondo.

    «L’antisemitismo è un veleno per la nostra comunità», ha dichiarato Ursula von der Leyen all’inaugurazione della “strategia globale”. «La lotta contro l’antisemitismo vale tanto per il popolo ebraico quanto per ogni altra parte della nostra comunità. È un’iniziativa che deve essere condotta a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. La comunità ebraica non è sola».

    Su queste basi, nel 2021 e 2022, mentre il “Gruppo di Lavoro” viene posto al servizio della nuova strategia con a capo il fanatico Margaritis Schinas, i paesi dell’UE sono costretti a presentare, su pressione dell’EJP, la propria strategia nazionale volta a combattere l’antisemitismo e promuovere la vita ebraica. Nel caso dell’Italia, la strategia è stata elaborata nel settembre 2021 da un fantomatico “gruppo tecnico“ formato da giuristi, leader ebrei, rappresentanti ecumenici, vescovi, giornalisti e uomini delle forze dell’ordine, che hanno posto la strategia sotto la guida del Coordinatore Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, la professoressa Milena Santerini, nominata il 17 gennaio 2020 ed oggi sostituita – su ordine di Giorgia Meloni – dal Prefetto Giuseppe Pecoraro, il quale, appena divenuto Coordinatore, ha promesso di utilizzare «il pugno duro» e sciogliere «le associazioni e i movimenti neofascisti, ma non solo. Vanno sciolte quelle realtà che non rispecchiano i valori di democrazia e rispetto reciproco».

    Nel corso del 2021-2030, tuttavia, oltre all’attuazione di progetti indirizzati alla protezione di «spazi pubblici» e di «luoghi di culto» ebraici e al mantenimento della memoria dell’Olocausto, l’UE ha dichiarato di voler creare, a livello nazionale e sovranazionale, «una rete europea di segnalatori di fiducia» per «contrastare i contenuti antisemiti online». Essi avranno il compito di navigare in internet e segnalare «l’illecito incitamento all’odio», mentre «l’industria e le società del settore informatico» si preoccuperanno di rimuovere velocemente i contenuti incriminati, dando vita ad un vero e proprio regime di censura dalle tinte orwelliane (in Germania si parla già di «caccia alle streghe»). Inoltre, sarà rimossa dal web ogni tipo di «letteratura legata al nazismo» (con essa saranno compresi anche semplici scritti di polemica antiebraica) e vietata «l’esposizione e la vendita» di «oggetti commemorativi» di matrice nazi-fascista (come – ad esempio – t-shirt, soprammobili, cartoline, poster e quant’altro), in un clima persecutorio che ricorda non troppo lontanamente quello della Germania Est.

    La farsa dell’odio

    Alla luce di tutto ciò, sorge spontanea una domanda: l’antisemitismo è diventato davvero «mainstream», come dichiarano i militanti sionisti, oppure ci troviamo di fronte ad una farsa? L’odio antiebraico rappresenta veramente una minaccia in Occidente?

    Su richiesta dell’EJP e dei vertici dell’UE, la Fundamental Rights Agency ha svolto – nell’ambito della strategia 2021-2030 – «la più grande indagine mai condotta al mondo sugli ebrei» in Europa, e i risultati sono stati drammatici. Forse troppo drammatici, e alquanto inattendibili. L’indagine, infatti, quasi come se fossimo in Germania negli anni Trenta o Quaranta, ha riportato «che centinaia di ebrei hanno subito personalmente un attacco fisico antisemita. Più di uno su quattro (28%) ha subito molestie almeno una volta. Quasi la metà di loro (47%) teme di essere oggetto di insulti o molestie verbali, e quattro su dieci (40%) temono un attacco fisico». Stando al sondaggio, le dichiarazioni di odio «più comuni che gli ebrei incontrano – su base regolare – includono che “gli israeliani si comportano come nazisti nei confronti del popolo palestinese”, che “gli ebrei hanno troppo potere” e che “gli ebrei sfruttano le vittime dell’Olocausto per i propri scopi”» (tutte affermazioni che, fino a prova contraria, rappresentano critiche legittime, che non hanno nulla a che fare con l’odio, l’antisemitismo o la discriminazione).

    L’indagine prosegue con toni sempre più drammatici e, quasi da indurre un atteggiamento di compassione nel lettore sprovveduto, conclude affermando che «un intervistato su tre (34%) evita di visitare eventi o siti ebraici perché non si sente al sicuro come ebreo quando è lì o durante il viaggio», mentre «più di un terzo (38%) ha pensato di emigrare dal proprio paese» proprio a causa dei pregiudizi e della mancanza di sicurezza.

    Dinanzi a dati così bizzarri e inverosimili, abbiamo deciso di interpellare un giovane ebreo convertito al cristianesimo, già autore di diversi articoli per Ardire e membro di un partito italiano di centro-destra, la cui identità – per ovvi motivi – è tenuta nascosta dietro lo pseudonimo di Samuel Mandel. Gli abbiamo chiesto cosa ne pensasse del sondaggio, e lui – con molta sincerità – non ha esitato a risponderci. «Dopo aver letto i dati ufficiali dell’UE sull’antisemitismo, non sapevo se ridere o piangere», ha dichiarato Mandel. «É evidente che siamo dinanzi a gravi menzogne di carattere politico, attraverso le quali l’ebraismo sionistico si nutre voracemente per raggiungere i suoi fini nazionali e sovranazionali. Essendo un giramondo, ho amici in ogni parte d’Europa, e nessun ebreo mi ha mai confidato di aver ricevuto molestie antisemite. Anzi… La comunità ebraica in Europa – se escludiamo alcune zone ristrette della Francia abitate da un’alta percentuale di fedeli musulmani – non si sente per niente intimorita dall’antisemitismo, che – in realtà – è considerato dalla maggior parte degli ebrei assimilati un fenomeno estremamente limitato, marginale, ormai privo di forze e incapace – oggi come oggi – di esercitare una vera influenza sulle masse. Il fatto è che, per l’ebraismo (in particolar modo per i sionisti), avere un nemico è molto importante, se non del tutto fondamentale. Esso consente di definire l’identità ebraica, creando uno scoglio, cioè uno ostacolo rispetto al quale gli ebrei, oggi ormai completamente emancipati e sempre più influenti in ogni parte del mondo, possono misurare il loro sistema di valori e mostrare all’Europa, nell’affrontare tale ostacolo, la loro forza e il loro potere. Mantenere vivo lo spettro dell’antisemitismo, perciò, non fa altro che riflettere la cosiddetta logica della costruzione del nemico esposta dal filosofo Umberto Eco: “Quando il nemico non c’è, bisogna costruirlo“».


    Ebraicizzazione

    Ma il giovane Mandel si è spinto oltre. «Leggendo con attenzione i documenti ufficiali della strategia dell’UE», ha dichiarato, «mi è parso inoltre di capire che la lotta all’antisemitismo nasconda un’altra prerogativa ben più ambiziosa, ossia la “promozione della vita ebraica“. Ma che diavolo significa “promozione della vita ebraica“?! L’Unione Europea non è stata molto chiara in merito: i documenti ufficiali accennano a “prevenire l’antisemitismo“, “promuovere attività di ricerca e commemorazione dell’Olocausto” e “preservare e sostenere l’ebraismo“. Ma è tutto molto astratto e generico. Il mio timore è che dietro alla lotta all’antisemitismo e alla cosiddetta “strategia 2021-30” si possa celare un grande progetto di ebraicizzazione coatta dell’Europa. Potrebbe sembrare fantapolitica, ma tutti gli indizi ci portano in questa direzione… In fondo, non è la stessa letteratura giudaica a profetizzare che “i popoli del mondo saranno schiavi degli israeliti“?».

    A conferma di ciò, la stessa Ursula von der Leyen – durante l’inaugurazione della strategia 2021-30 – ha dichiarato: «Da oggi ci impegniamo a sostenere la vita ebraica in Europa in tutta la sua diversità. Vogliamo che la vita ebraica torni a prosperare nel cuore delle nostre comunità, come è giusto che sia. La strategia che presentiamo oggi rappresenta una svolta decisa nella nostra risposta all’antisemitismo. L’Europa può prosperare soltanto se le sue comunità ebraiche si sentono sicure e prosperano anch’esse».

    Il sito dell’UE, facendo eco alle parole di Ursula von der Leyen, ha poi rivelato che, «per molti aspetti, i giovani ebrei europei detengono le chiavi del futuro della vita ebraica in Europa, nonché della possibilità di creare e mantenere una forma europea unica di ebraismo e di utilizzare il meglio della tradizione, della cultura e dell’intuizione ebraica per aiutare a costruire l’Europa di domani. Le decisioni che [gli ebrei] prenderanno avranno un grosso peso sulla natura dell’Europa».

    Dello stesso parere è l’ex presidente della Banca Centrale Europea e futuro leader dell’UE, Mario Draghi, che, dopo essere stato premiato al 57° Annual Award Dinner dal rabbino Arthur Schneier come «statista dell’anno», ha rilasciato parole alquanto rivelatrici. «In un mondo diviso, il ruolo dei leader religiosi e delle istituzioni che guidate è essenziale», ha dichiarato Draghi, rivolgendosi a Schneier e agli ebrei presenti durante la celebrazione. «Nonostante tutte le vostre differenze, sostenete la pace, la solidarietà, la dignità umana. La vostra conoscenza, la vostra saggezza e la vostra fede possono guidarci e aiutarci a guarire. Potete andare oltre i confini, parlare alla nostra coscienza collettiva e all’anima degli individui. Potete indicare la via da seguire attraverso il dialogo, costruendo nuovi ponti dove quelli vecchi sono crollati. E potete chiamarci a rendere conto del nostro operato».

    Inoltre, Margaritis Schinas ha fatto notare che, nel prossimo futuro, verrà inserito l’«insegnamento della vita e della cultura ebraica» nelle scuole di tutti i paesi dell’UE, le quali dovranno avere un ruolo «fondamentale» nella costruzione della nuova Europa. «Sono stato molto chiaro su quale sarà il mio approccio: mettere le persone al centro di tutto ciò che facciamo», ha dichiarato Schinas. «È fondamentale includere sistematicamente le opinioni delle comunità ebraiche nelle nostre azioni. E in questo, il ruolo del “Gruppo di Lavoro” è più importante che mai».

    Futuro ebraico

    Le poche fonti a nostra disposizione, tuttavia, ci dicono che questa «ebraicizzazione coatta» è portata avanti capillarmente da varie organizzazioni, tra le quali emerge l’European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage (AEPJ), la quale – come spiega il sito ufficiale – ha l’obiettivo di «avvicinare il patrimonio ebraico a tutti i cittadini europei, coinvolgendoli nella produzione, nella circolazione e nella conservazione della cultura e del patrimonio ebraico». Lo stesso sito dell’UE, in un articolo concernente il rilancio dell’ebraismo in Europa, ha dichiarato che, attraverso l’AEPJ, è necessario promuovere «i valori europei» (che, secondo questa nuova prospettiva, equivalgono ai valori ebraici) e, nello stesso tempo, raggiungere un «riconoscimento del ruolo essenziale svolto dal popolo ebraico nella storia europea», in quanto esso ha «dato un contributo unico e duraturo al suo sviluppo attraverso i millenni, fino ad oggi».

    Un altro importante organo legato all’ebraicizzazione imposta dall’UE e dall’EJP, è rappresentato dall’European Jewish Association (EJA), che si auotedefinisce «la voce ebraica dell’Europa». Con essa, opera il Fondo Europeo per lo Sviluppo Ebraico e altre decine di organizzazioni affiliate o partner dell’EJA, come l’European Jewish Community Centre, l’agenzia di stampa EJPress, il Rabbinical Centre of Europe e l’European Jewish Study Network. Per la conversione all’ebraismo dei goym (ossia dei non ebrei), è attivo invece il movimento culturale-religioso Darshan Yeshiva, che organizza corsi a pagamento suddivisi in un «ciclo di studio della durata prevista di circa dieci mesi», alla fine del quale è possibile divenire finalmente ebreo, anche se – ammette la rabbina Barbara Aiello – il movimento Darshan Yeshiva «non è coinvolto nel processo delle conversioni valide per Israele».

    Tutto ciò, secondo il sionista Liel Leibovitz (redattore generale di Tablet Magazine ed esperto talmudista), «indica la strada verso un futuro ebraico, guidato da una generazione di nuove voci», come – appunto – gli agenti dell’EJP e delle organizzazioni ad esso connesse. Della stessa idea è il politico Yossi Shain (membro di Yisrael Beiteinu e amico di Rabinovich), il quale – sempre su Tablet Magazine – ha definito il XXI secolo come un «secolo israeliano», poiché «il successo di Israele è così totale da aver ricreato il popolo ebraico, ribaltato le disgrazie del passato e garantito il suo futuro» in Europa e nel mondo, consolidando così «la sua presa come l’entità più dominante». Da questa prospettiva – spiega Yitzchak Laor – «tutti gli ebrei debbono sentirsi la punta avanzata dell’Occidente», ossia l’élite, l’aristocrazia europea di Sion che domina – assoggettando i “gregari” goym – l’intera Europa, ormai divenuta una palude impestata di democraticismo, degenerazioni cosmopolite e falsa fratellanza di matrice massonica. Non fu forse lo stesso giornale ebreo Judische Volksblatt ad ammettere che «la democrazia è soltanto una tenda dietro la quale si nasconde Israele»?

    Conclusione

    Per concludere, è necessario asserire che, come dichiarò quasi un secolo fa l’intellettuale tedesco Otto Bangert, in Occidente «non si può più parlare di una lotta seria, perché tutti i partiti [da destra a sinistra] sono saldamente nelle catene dorate dell’ebreo, che ora li fa ballare come marionette tra le sue dita. La folla ingannata vede solamente la lotta apparente sul palcoscenico parlamentare, ma non i fili segreti e le mani invisibili che dominano sempre questo gioco tanto contorto eppure così semplice». Pertanto, come abbiamo dimostrato nel presente articolo, le «mani invisibili» che oggi muovono i «fili segreti» dell’Unione Europea sono rappresentate dalle grinfie aguzze dell’EJP, che, come una piovra diabolica, ha sciolto e divincolato i suoi tentacoli acuminati su tutto il continente europeo, prendendo possesso delle leve che contano e ingaggiando, con il supporto delle istituzioni nazionali e sovranazionali compiacenti, una vera e propria crociata ideologica contro tutto ciò che non rientra nel filo-semitismo e nell’antifascismo più radicale e fanatico. «L’Europa sarà ebraica?», si è domandato Mandel. «Stanno forse arrivando i tempi profetizzati dalla Torah?».

    Di Javier André Ziosi

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    Predefinito Re: L’europa sarà ebraica?

    No.
    Sarà islamica.

 

 

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