Il 14 aprile 1931 iniziò la seconda repubblica spagnola, con la proclamazione della Repubblica e l'esilio del re Alfonso XIII. In tale circostanza la Chiesa cattolica, con Papa Pio XI, aveva invitato i cattolici alla collaborazione con il nuovo governo, nell'interesse della Spagna.
Tuttavia, appena un mese dopo la proclamazione della Repubblica, iniziò una forte ondata di anticlericalismo, con i primi atti di violenza nei confronti di religiosi e laici, a causa del malcontento verso l'appoggio dato dalla Chiesa spagnola ai ceti dominanti, in particolar modo ai latifondisti e, in seguito, al generale Franco. La violenza colpì però indiscriminatamente anche molte persone estranee alle vicende politiche.
Le prime vittime risalgono all'ottobre del 1934, durante la cosiddetta rivoluzione delle Asturie, quando furono assassinati 37 fra sacerdoti, seminaristi, e religiosi, tra i quali i dieci martiri di Turón (9 Fratelli delle Scuole Cristiane e un Passionista, furono beatificati nel 1990 e sono stati canonizzati il 21 novembre 1999). Inoltre furono incendiate 58 chiese. Iniziò così il lungo Martirologio della Chiesa di Spagna quando mancavano ancora due anni allo scoppio della Guerra civile e la Chiesa non si era pronunciata in favore dei militari definiti rebelli. Anzi, sin dal primo momento i Vescovi avevano riconosciuto il legittimo Governo repubblicano. La Repubblica, tuttavia, manifestò la sua aperta ostilità nei confronti dei cattolici e nell'estate del 1936, socialisti, comunisti ed anarchici scatenarono la maggiore persecuzione religiosa della storia di Spagna.
In rosso area sotto controllo nazionalista. In blu area controllata dalle forze repubblicane
Il maggior numero di episodi di violenza si registrarono dopo il 1936, dopo la vittoria del Fronte popolare, formato da socialisti, comunisti e antifascisti sul modello del Fronte Popolare francese.
Le violenze si intensificarono tra il 18 luglio 1936 e il 1º aprile 1939, dando origine a una vera e propria persecuzione religiosa, che portò alla distruzione del 70% delle chiese spagnole e all'uccisione di quasi diecimila persone, tra le quali 12 vescovi e un amministratore apostolico, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 religiose e diverse migliaia di laici di entrambi i sessi, il cui numero è tuttavia impossibile precisare[1], per un totale finora riconosciuto di 6.808 martiri.
Manuel de Irujo, ministro del governo repubblicano, in una riunione svoltasi nel 1937 a Valencia, allora capitale della Repubblica, presentò il seguente memorandum[2]:
« La situazione de facto della Chiesa a partire dallo scorso luglio in tutto il territorio leale al governo, eccetto quello basco, è la seguente:
Tutti gli altari, immagini e oggetti di culto, salvo pochissime eccezioni, sono stati distrutti, la maggior parte di essi con vilipendio.
Tutte le chiese sono state chiuse al culto, che è stato totalmente e assolutamente sospeso.
Gran parte delle chiese della Catalogna è stata incendiata, come se si trattasse di cosa del tutto normale.
Le istituzioni e gli organismi ufficiali hanno ricevuto campane, calici, cibori, candelabri e altri oggetti di culto, e dalla loro fusione è stato ricavato materiale destinato a scopi bellici o industriali.
Nelle chiese sono stati installati depositi di ogni tipo, negozi, garages, stalle, caserme, rifugi ecc.
Tutti i conventi sono stati evacuati e la vita religiosa al loro interno è stata sospesa. Gli edifici, gli oggetti di culto e i beni sono stati saccheggiati incendiati, occupati o demoliti.
I sacerdoti e i religiosi sono stati arrestati, imprigionati e fucilati, migliaia di loro senza causa istruttoria, fatti che, anche se in diminuzione, continuano a verificarsi tuttora non solo presso la popolazione rurale, dove è stata data loro la caccia e sono stati messi a morte in modo selvaggio, ma anche nelle città. A Madrid, Barcellona e nelle altre grandi città sono centinaia gli arresti senza altra causa conosciuta che il fatto di essere sacerdoti o religiosi.
È stato fatto divieto assoluto di tenere in privato immagini e oggetti di culto. La polizia, che pratica perquisizioni nelle case, rovistando nelle abitazioni e nella vita intima, personale e familiare, distrugge con scherno e violenza immagini, stampe, libri religiosi e quanto si collega al culto o lo evoca.
»
I 13 responsabili di una diocesi sono:
Beato Florentino Asensio Barroso, amministratore apostolico di Barbastro (1877-1936);
Beato Manuel Basulto y Jiménez, vescovo di Jaén (1869-1936);
Beato Manuel Borras y Ferré, vescovo ausiliare di Tarragona (1880-1936);
Beato Narciso de Esténaga y Echevarría, priore nullis di Ciudad Real (1882-1936);
Beato Salvio Huix Miralpeix, vescovo di Lérida (1877-1936);
Servo di Dio Manuel Irurita y Almándoz, vescovo di Barcellona (1876-1936);
Beato Cruz Laplana y Laguna, vescovo di Cuenca (1875-1936);
Beato Manuel Medina Olmos, vescovo di Guadix (1869-1936);
Servo di Dio Eustaquio Nieto y Martín, vescovo di Sigüenza (1866-1936);
Beato Anselmo Polanco Fontecha, vescovo di Teruel e amministratore apostolico di Albarracín (1881-1939);
Servo di Dio Miguel de los Santos Serra y Sucarrats, vescovo di Segorbe (1868-1936);
Beato Diego Ventaja Milán, vescovo di Almería (1880-1936).
Servo di Dio Juan de Dios Ponce y Pozo, amministratore apostolico sede plena della diocesi di Orihuela-Alicante.
Questi martiri erano uomini e donne di tutte le età e condizioni: sacerdoti diocesani, religiosi, religiose, padri e madri di famiglia, giovani laici. Furono assassinati perché erano cristiani, per la loro fede in Cristo, perché erano membri attivi della Chiesa. Tutti, come risulta dai processi canonici per la loro dichiarazione come martiri in odio alla fede, prima di morire perdonarono di cuore i loro carnefici.
https://it.cathopedia.org/wiki/Persecuzione_dei_cristiani_durante_la_guerra_civil e_spagnola