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    Predefinito Ne stanno arrivando 100 milioni

    Nel 2050 l’Africa avrà 2,5 miliardi di abitanti, oltre 1 miliardo in più di oggi. L’Europa 450 milioni, 50 milioni in meno di oggi. E già ora, mentre parliamo, oltre il 40% degli africani ha meno di 15 anni. Siamo di fronte alla “più impressionante crescita demografica della storia umana”.
    Lo spiega Stephen Smith conoscitore profondo dell’Africa in una recente intervista: “nel giro di due generazioni saranno almeno 100 milioni i giovani africani pronti a venire in Europa”.
    Smith spiega che è essenziale capire che non sono i poveri a migrare, ma le classi più benestanti che possono permetterselo, coloro che ormai sono “emersi dalla sussistenza” e possono pagare per intraprendere un viaggio oltre il continente; coloro che godono di “reti di supporto”, cioè comunità di africani già residenti in Europa che facilitano la migrazione.

    Sono 100 milioni i giovani africani pronti a venire in Europa nel giro di due generazioni
    I media occidentali “trasmettono cliché miserevoli” di “disperati in fuga dall’inferno – che sarebbe l’Africa – ma la maggior parte dei migranti oggi proviene da paesi in crescita come Senegal, Ghana, Costa D’Avorio o Nigeria”.

    Il processo è imminente perché “milioni di africani stanno per compiere questo passaggio” legato al processo di trasformazione demografica e economica della società africana: “quando famiglie numerose con alta mortalità” (tipiche delle società più povere) “si trasformano in famiglie più piccole con aspettative di vita più lunga la migrazione tende ad avvenire in maniera massiccia e l’Africa non farà eccezione”.

    Quindi non profughi che fuggono da guerre o persecuzioni (fattori circoscritti) ma migranti economici che appartengono alle classi più agiate (non i poveri) che si sposteranno a fronte di una pressione demografica senza precedenti e di un miglioramento delle proprie condizioni di vita che li spingerà a salire la scala sociale dell’Occidente.

    Ovviamente Smith esclude la possibilità che l’Europa possa chiudersi come una fortezza a questo processo ma avverte del rischio di non affrontarlo e non governarlo: “l’Europa deve essere parte della soluzione (…)ma non può essere la “soluzione”.

    Quindi avete capito bene? 100 milioni di essere umani, per lo più maschi di età compresa tra i 18 e i 35 anni, arriveranno in Europa entro il 2050; come si possa non aver paura di questo scenario è cosa incomprensibile che sfiora la follia. E non per un retroterra razzista o per odio nei confronti di questi uomini e di queste donne che cercano il loro futuro; ma perché questo esodo destabilizzerà le nostre società non solo da un punto di vista economico e sociale ma anche culturale, perché “l’integrazione è un processo lungo e il suo successo spesso è visibile solo dopo la seconda o terza generazione”; e a volte neppure dopo quelle se le culture di provenienza sono inconciliabili con quella d’arrivo.

    Come sia possibile che leader politici, intellettuali del mainstream, élite dei potenti circoli finanziari ed economici non si rendano conto di quello che sta per avvenire? Forse perché è proprio ciò che vogliono.

    africanUN DISEGNO SEMPRE PIÙ CHIARO
    Un anno fa spiegammo in questo articolo come l’immigrazione sia un fenomeno indotto dall’élite globalista che governa processi decisionali e immaginario mediatico, con lo scopo di garantirsi forza lavoro a basso costo in Europa e con l’obiettivo di disarticolare l’attuale ordine sociale. Lo scopo, scrivevamo, è “generare conflitti endemici (guerra tra poveri), imporre legislazioni più autoritarie, alterare l’equilibrio demografico e generare un’appiattimento della stratificazione sociale per ridurre il peso di quella classe media, elemento da sempre in conflitto con le élite”. Questo disegno, per semplificare, l’abbiamo chiamato: “lo schema Soros”.

    Il calo demografico dell’Europa mette in crisi il meccanismo del debito/credito su cui si fonda l’intero sistema della finanza globale
    Ma c’è un altro fenomeno che spiega le ragioni per cui l’élite favorisce l’immigrazione in Europa; un fenomeno che nessuno aveva previsto nei decenni passati e che ancora oggi non trova soluzione: il calo demografico dell’Occidente.
    L’Europa sta morendo per mancanza di figli; questo è il tratto caratteristico della nostra epoca non generato da guerre o povertà ma, al contrario, da pace e eccesso di ricchezza. Le società occidentali semplicemente non fanno più figli perché la cultura individualista e consumistica spinge a contrarre la dimensione del futuro.

    Un recente articolo su Gefira analizza le conseguenze: “Tutte le teorie, tutti i modelli che conosciamo di economia, finanza e mercato sono stati sviluppati quando le popolazioni europee crescevano”.

    Meno popolazione significa riduzione di consumi e quindi di produzione; non minore qualità della vita, semmai meno circolazione di denaro e meno dipendenza dal meccanismo del debito su cui è costruita l’intera economia finanziaria che domina l’Occidente.
    Ecco perché l’élite ha bisogno di integrare la popolazione che sta scomparendo in Europa. Non solo per avere lavoratori a basso costo ma anche per mantenere in piedi gli ingranaggi del sistema debito-credito.

    Se il modello economico occidentale si alterasse ne risentirebbe l’intera struttura della finanza globale poiché ancora oggi l’economia mondiale dipende dal mondo industrializzato dell’Occidente (e dell’Asia Orientale occidentalizzata); se l’Europa collassasse il resto del mondo andrebbe dietro: “senza l’Europa, gli sceicchi di Dubai tornerebbero a vivere nelle tende”, spiegano gli esperti di Gefira; e ancora oggi “i paesi africani i dipendono dalle importazioni alimentari che acquistano con le esportazioni di materie prime” necessarie a mantenere il modello industriale occidentale.

    I milioni di giovani africani sono un dividendo demografico, un tesoro per la finanza globale da capitalizzare in Europa
    Ecco perché le grandi istituzioni finanziarie e l’élite globalista spingono per l’immigrazione di massa in Europa; questi centinaia di milioni di giovani africani sono un “dividendo demografico” un vero e proprio “tesoro” per la finanza globale che dev’essere sfruttato. Se non possono essere “capitalizzati in Africa” perché ancora le condizioni socio-economiche non ci sono, “devono essere portati in Europa”. E poco importa se le conseguenze saranno devastanti per le società, i popoli e le nazioni del vecchio continente.

    belgium-tünteték-menekültpártiUN CAMBIO DI ROTTA RADICALE
    La domanda è semplice: se l’Europa già ora non è in grado di assorbire poche centinaia di migliaia di migranti, come può pensare di resistere alla prossima onda d’urto di decine di milioni? Come è possibile continuare ad accettare che cialtroni del mainstream sponsorizzino questa immigrazione di massa mentendo su dati, numeri e conseguenze?

    Come spiegano gli esperti di Gefira: “se il ritmo di questo processo rimarrà lo stesso, prima che questo secolo sia finito, il 50% della popolazione delle nazioni occidentali sarà sostituita da persone del Terzo Mondo”.

    Stephen Smith è chiaro in questo: “il principio secondo cui l’Europa decide chi entra e chi non entra nel suo spazio comunitario è fondamentale”.

    Non si può fermare l’immigrazione che peraltro, se governata e limitata, è una valore di crescita fondamentale per le società che accolgono; ma si può fermare la folle politica di apertura indiscriminata fino ad oggi adottata dall’Ue.

    L’Europa deve imporre:

    Immediato blocco dei propri confini
    Adozioni di numeri d’ingresso rigorosamente chiusi e selezionati
    Imposizione ai governi africani del controllo del proprio territorio anche a costo di pressioni militari e atti di forza se occorre perché un confine è “uno spazio negoziale tra vicini che non possono ignorare i problemi dall’altra parte”
    Creazione di hotspot nei territori di partenza (come del resto previsto nel recente vertice Ue)
    Fine delle politiche e dei messaggi di accoglienza e di falso umanitarismo che alimentano le masse in movimento
    Guerra totale alle organizzazioni criminali che prosperano sul nuovo mercato degli schiavi
    Cessazione delle politiche di aggressione criminale a nazioni sovrane (come Siria e Libia), guerre che destabilizzano il Medio Oriente trasformandolo in una terra di nessuno senza controllo né legalità.
    Adozione di una forte politica d’investimenti nella parte di Africa emergente affinché quel continente diventi spazio di migrazione interna come lo è stata l’Europa dopo la caduta del muro di Berlino.
    La barbarie di questa globalizzazione non lascia spazio a mediazioni: l’Europa africana che l’élite è disposta ad accettare per mantenere in vita il suo sistema di controllo e dominio va combattuta.

    ⇒ UPGRADE delle ore 15: mentre mettevamo online questo articolo, il Presidente dell’Inps Tito Boeri, nella relazione annuale al Parlamento italiano, ribadiva: “senza immigrati il sistema pensionistico italiano non reggerà”. È proprio vero, il saggio indica la luna e lo stolto guarda il dito. Il saggio spiega che entro due generazioni 100 milioni di africani potrebbero arrivare in Europa; lo stolto pensa che ci pagheranno le pensioni. La classe dirigente delle nazioni europee non comprende l’epoca in cui sta vivendo. Per questo è stata messa lì: stolti o utili idioti il risultato non cambia.



    L’Europa sarà africana. Lo vuole l’élite – Il blog di Giampaolo Rossi (ilgiornale.it)
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Predefinito Re: Ne stanno arrivando 100 milioni

    SOSTITUZIONE ETNICA: IL SUICIDIO IN CORSO DEL POPOLO ITALIANO

    Sebbene il tema dell’immigrazione venga continuamente trattato da politici e media, è comunque un argomento che evidentemente la maggioranza delle persone non ha compreso a fondo perché trattato sempre superficialmente. Quelli che sono i più grandi oppositori mainstream dell’immigrazione, come Salvini e la Meloni, usano principalmente come argomentazioni quelli che sono gli effetti negativi a breve e medio termine dell’immigrazione, come il costo per lo Stato, il loro effetto negativo su salari e diritti lavorativi, il loro delinquere che genera disagi e tensioni sociali, etc.

    Per quanto esse siano argomentazioni valide, sono comunque secondarie rispetto a quello che è il problema principale dell’immigrazione di massa, ovvero la sostituzione etnica; ma sono in pochi ad aver compreso ciò. Parlare di sostituzione etnica oggi in Italia è impossibile, è un vero e proprio tabù, anche solo accennarvi genera scandalo e indignazione che precedono le solite accuse di razzismo e complottismo. Ma indifferentemente da quanto possano piangere, gridare e indignarsi gli antifascisti lobotomizzati dal politically correct, parlare di sostituzione etnica significa prendere atto della realtà, non credere a bizzarri complotti.

    L’INTEGRAZIONE DI MASSA NON ESISTE
    Il primo passo per comprendere il come sia possibile una sostituzione etnica è capire che l’integrazione di massa non esiste, è un concetto a cui i politici fanno spesso riferimento senza però averlo compreso. Innanzitutto esso è solo un modo più petaloso per dire “assimilazione”, ovvero quando uno straniero si adatta totalmente alla nuova società in cui vive, al punto da diventarne membro a tutti gli effetti, dal punto di vista culturale (lingua, religione, tradizioni, stile di vita e valori morali) ancora prima che legale.

    Chiunque sia stato a contatto un minimo con degli immigrati sa già che loro sono arrivati in Italia per lo più per puri interessi materiali, ovvero necessità economiche e/o talvolta politiche (rifugiati[1]) e (per la stragrande maggioranza) non hanno alcuna intenzione di integrarsi, a loro non importa niente di diventare italiani, l’unica cosa che vogliono è vivere in uno status economico migliore di quello dei loro Paesi di provenienza. Questo non lo dico con odio o disprezzo, in quanto è un sentimento nobile e condivisibile quello del non voler rinunciare alla propria identità nazionale. Anch’io se fossi espatriato in un altro Paese (per motivi economici o quant’altro), ovviamente, non avrei nessuna intenzione di rinnegare la mia identità, la mia cultura, e di farmi assimilare in un altro popolo.

    Integrare stranieri tuttavia è possibile, ma ci sono due importanti fattori che determinano la facilità del processo. Il primo è che ciò risulta possibile solo quando il loro numero è basso. È ridicolo pensare di prendere le masse di immigrati arrivati in Italia negli ultimi anni e renderli tutti “italiani” come se nulla fosse.

    Mi spiego meglio facendo anche qualche esempio. Quando un gruppo etnico straniero è particolarmente numeroso, talvolta esso tende a ghettizzarsi da solo, isolandosi dalla società e creandone una parallela. Si pensi alle banlieue francesi, ovvero quartieri-ghetto controllati di fatto dagli stranieri stessi che ci vivono e molto pericolosi da frequentare per i francesi veri[2].

    Fenomeni analoghi avvengono anche in altre nazioni europee come il Regno Unito, dove nei quartieri-ghetto controllati da stranieri nel 2013 veniva imposta la Sharia (legge islamica) da pattuglie di “vigilanti” musulmani a chi frequenta quei posti (divieto di bere alcolici, divieto di accesso a donne con abiti succinti)[3], anche ai non musulmani. Tale fenomeno è stato poi fermato dalle autorità, ma il punto è che non sarebbe dovuto avvenire in principio se quelle persone avessero avuto voglia di integrarsi nella società inglese. Nel Regno Unito poi vi sono le Sharia Court, ovvero una sorta di tribunali usati dai musulmani per (in teoria solo) risolvere piccole controversie finanziarie e questioni di divorzio[4] che spesso creano problemi perché capita che il divorzio venga negato alle donne vittime di violenza domestica[5]; di fatto quindi, la creazione di questa sorta di tribunali è un passo in più verso l’autoisolamento dalla società in cui vivono.

    Un altro esempio eclatante sono le no-go zones in Svezia[6], la versione scandinava delle banlieue francesi, ovvero intere zone cittadine controllate da immigrati e pericolose da frequentare persino per la polizia stessa.

    Ma vediamo anche esempi italiani, come i famosi campi rom, vere e proprie società parallele in miniatura con proprie regole, gerarchie ed autorità, abitati da non italiani, il cui popolo però è presente nella nostra penisola da secoli, eppure in tutti questi secoli non hanno (per grossa parte) mai voluto integrarsi nella nostra società, preferendo per l’appunto ghettizzarsi da soli e crearsi la loro di società.

    Volendo poi citare un altro esempio nostrano, ci sono le varie baraccopoli abitate da migranti, come a Borgo Mezzanotte (provincia di Foggia) dove i migranti hanno allestito un complesso di baracche soprannominato “la pista” che funziona come una vera e propria città, con tanto di camere in affitto, negozi, macelleria, bar, ristoranti e addirittura una discoteca che si sponsorizza con stampe pubblicitarie. Fra i vari servizi reperibili poi nella pista ci sono ovviamente anche droga e prostitute[7], insomma come un centro sociale ma più grosso e solo per africani.

    Quando invece il loro numero è piccolo, ghettizzarsi è molto più difficile se non impossibile dato che anche volendo non avrebbero una comunità di conterranei abbastanza grossa per farlo.

    Un altro fattore fondamentale che determina la facilità dell’integrazione di uno straniero è la somiglianza della sua cultura con quella del Paese dove dovrebbe integrarsi. Per un francese o uno spagnolo è molto più facile integrarsi nella nostra società e viceversa, mentre è più difficile per un esteuropeo, ed è ancora più difficile con un non occidentale, come un arabo o un africano. Le loro società, lingue, tradizioni, valori, passato storico, etc. sono troppo differenti e talvolta le differenze sono insormontabili, quindi pensare di voler integrare un allogeno in una società troppo diversa da quella a cui è abituato è veramente molto difficile.

    Per fare degli esempi, la nostra cultura europea ed occidentale che crede in valori come libertà, secolarismo, diritti umani ed uguaglianza dei sessi (che esiste già per quanto ne strillino le femministe), sono incompatibili con alcune culture mediorientali e nordafricane intrinsecamente legate a un certo tipo di islam, le quali vedono in modo diseguale uomo e donna, quest’ultima trattata come fosse una proprietà del marito e del padre: non può vestirsi come vuole ma deve coprirsi dalla testa ai piedi, non può lavorare, viaggiare e vivere senza permesso, ecc. Come fa la cultura di chi ritiene giusto punire l’adulterio con la lapidazione, ad essere compatibile con il garantismo e lo stato di diritto occidentale? Ho accennato ai diritti della donna solo per fare un esempio, senza voler citare altri temi, come il modo in cui vengono visti e trattati gli omosessuali.

    Quante volte sentiamo di genitori musulmani residenti in Italia che maltrattano, picchiano e talvolta massacrano i propri figli perché vogliono vivere “alla maniera occidentale”? Quant’anno ad esempio è stato eclatante il caso di Saman Abbas, figlia di pakistani e uccisa dallo zio del padre (con l’approvazione del genitore). La sua colpa? Non aver voluto accettare le nozze combinate dai genitori[8]. Caso che ricorda quello di Hina Saleem[9], che aveva sposato un non musulmano e viveva da occidentale, uccisa dalla sua stessa famiglia perché accusata dai genitori di assumere “atteggiamenti da cristiana e non da musulmana”. Adnkronos ha stilato una piccola lista dei casi di questo genere più eclatanti.

    DEMOGRAFIA DEGLI STRANIERI IN ITALIA ED EUROPA
    Ora, dopo aver capito perché l’integrazione degli immigrati non è una cosa automatica da dare per scontato anche dopo anni ed anni di residenza in Italia, guardiamo alcuni dati oggettivi per comprendere la portata della sostituzione etnica che sta avvenendo. Gli stranieri, è risaputo, fanno molto più figli degli italiani; ad esempio nel 2016 gli stranieri erano l’8,3%[10] della popolazione ed hanno contribuito intorno al 14% delle nascite![11] Sebbene sia vero che negli ultimi anni anche il loro numero di nascite sia calato, esso resta sempre più alto di quello degli italiani[12], quindi la sostituzione si è solo rallentata, non fermata o tanto meno invertita.

    Al di là degli stranieri e del loro tasso di fertilità, quanti sono gli immigrati e qual è stata la loro crescita negli ultimi anni? Nel 2003 in Italia gli stranieri residenti erano il 2,7%, nel 2006 il 4,5%, nel 2008 il 6,5%, nel 2012 il 6,8%, nel 2015 l’8,5%[13]. Ora chi davanti a questi dati che mostrano l’enorme crescita percentuale degli stranieri dal 2,7% all’8,5% in 15 anni, ha il coraggio di negare che non c’è rischio di alcuna sostituzione etnica e che si tratta di qualcosa di impossibile?

    Ma la realtà è anche peggiore di come sembra, questo perché i dati si riferiscono a persone di cittadinanza non italiana residenti in Italia. Per avere un quadro più completo bisogna anche calcolare gli stranieri a cui è stata concessa la cittadinanza, perché nelle statistiche non vengono più calcolati come stranieri ma come italiani. Dal 2010 al 2019 le cittadinanze concesse sono circa 1 milione e 180 mila[14]. Quindi quando nelle statistiche nazionali, regionali e comunali si vede il numero di stranieri scendere o comunque non salire, è anche perché c’è chi ha preso la cittadinanza e non viene più calcolato come straniero, non perché il loro numero non sia effettivamente fermo o in calo.

    Un numero enorme frutto della facilità con cui è possibile prendere la cittadinanza italiana, nella UE siamo i secondi per numero di cittadinanze concesse[15]. È ridicolo vedere come persino i requisiti per ottenere la cittadinanza di San Marino (30 anni di residenza, 15 per il coniuge, 10 per i figli maggiorenni ed automatica ma con delle condizioni per i figli minorenni[16]) siano più restringenti di quelli italiani (10 anni di residenza, 2 per il coniuge residente in Italia, 3 per il coniuge residente all’estero, 5 per i figli maggiorenni ed automatica ai figli minorenni se conviventi col genitore al momento dell’acquisizione). Ma c’è chi sia a sinistra[17] che a destra[18], non ancora soddisfatto della facilità con cui si ottiene la cittadinanza italiana, vorrebbe anche lo ius soli.

    Guardiamo invece come stanno messi altri Paesi europei, come la Germania tanto amata dalla nostra sinistra. Nel 2015 un bambino su cinque ha la madre con doppia cittadinanza, gli stranieri sono 11,4 milioni (circa il 13,5% della popolazione), mentre la popolazione con origini straniere è quasi il doppio, ovvero 21,3 milioni (circa il 25%, dati del 2019)[19].

    In Svezia, dove attualmente più di un terzo della popolazione ha origine straniera, è stato calcolato che entro 45 anni (2065) gli svedesi saranno minoranza etnica nel loro stesso Paese[20].

    Ora, dopo aver visto questi dati, secondo voi cosa accadrà all’Italia se questi trend non cambiano? Se gli italiani continueranno ad espatriare e fare meno figli degli immigrati, i quali continueranno ad arrivare in massa, come sarà il nostro Paese tra cento anni? Si potrà ancora parlare di “nostro” Paese?

    CONSIDERAZIONI POLITICHE
    Il problema della sostituzione etnica, essendo di tipo demografico, è dannatamente insidioso. Perché se (ad esempio) adottassimo politiche per favorire la natalità degli italiani, cominceremmo a vederne gli effetti dopo anni ed anni, non certo subito. Proprio per questo non c’è più tempo, non possiamo ignorare il problema ora per rimandarne la soluzione in futuro; il punto di non ritorno è più vicino di quanto sembra.

    Questo perché gli immigrati, specie quelli extracontinentali, si sono sempre dimostrati più uniti di noi e se si lascia prendere la cittadinanza a milioni di loro, essi supporteranno (per fare i propri interessi) in blocco l’area politica a loro favorevole, ovvero quella pro-immigrazione incontrollata e pro-multiculturalismo, mentre noi italiani, popolo ormai pieno di xenofili ed etnomasochisti con i sensi di colpa per il colonialismo, continueremo ad essere divisi in merito a questa faccenda. Quindi al punto di non ritorno, in cui non avremo più la possibilità di risolvere la situazione votando democraticamente, si può arrivare anche prima che gli italiani diventino effettivamente la minoranza.

    Non deve importarci nulla di essere tacciati come estremisti, xenofobi, e chi più ne ha più ne metta. Bisogna dire le cose come stanno e senza addolcire le parole per tentare di rientrare nello spazio di dibattito politically correct. In primis perché il sistema non permette a nessuno che non sia allineato al pensiero unico dominante di rientrare nell’area politica considerata “legittimata”; si pensi alla costante ferocia con cui si tenta di screditare il liberale e moderato centro-destra italiano con accuse di razzismo, xenofobia, ecc. Persino Berlusconi per anni è stato accusato di essere fascista per tentare di screditarlo. Noi non abbiamo bisogno della legittimazione di nessuno per fare politica e non dobbiamo sperare che ci vengano concessi spazi ed agibilità politica, noi ce la dobbiamo prendere da soli e basta.

    In secundis invece perché addolcendo il modo di parlarne, magari anche evitando di parlare di sostituzione etnica e limitandoci (es.) a citare i problemi economici legati all’immigrazione di massa, si rischia di non far comprendere alle persone la gravità del fenomeno. Le masse dormono perché l’invasione è stata progressiva e, come una rana che cuoce in una pentola a cui si alza pian piano la temperatura invece che di colpo, non si stanno accorgendo del fatto che si stanno ponendo le basi per la futura scomparsa del loro popolo. Anzi, ormai a questa situazione di continui arrivi in massa di stranieri ci si è anche abituati ed è vista come la normalità con cui convivere. Tale problema quindi va trattato con tutta la durezza necessaria e deve arrivare alle persone come un pugno allo stomaco, nella speranza di farle risvegliare.

    La sinistra in Italia tra l’altro, sempre più spudoratamente esterofila, vede questa situazione addirittura come positiva. Continuamente essa ci dice sui giornali, le tv, i social, di come gli stranieri (che in grossa parte vengono da Paesi con valori morali contrapposti a quelli occidentali) arricchiscano la nostra cultura, di come facciano i lavori che gli italiani non vogliono più fare (quando in realtà esistono solo paghe e non lavori che gli italiani non possono permettersi di accettare), di come ne abbiamo bisogno perché non facciamo abbastanza figli e loro ci pagheranno le pensioni (ignorando totalmente la possibilità di risolvere questa cosa favorendo la natalità degli italiani ed il lavoro per fermare l’emigrazione dei nostri ragazzi).

    Perché dovrei vedere come positivo il processo di scomparsa del mio popolo? Perché dovrei accettare che il mio popolo venga sostituito? Perché non dovrei preoccuparmi che i miei figli e nipoti (se non io stesso) un giorno potrebbero essere minoranza etnica nel loro stesso Pese? È davvero troppo volere che l’Italia resti la terra degli italiani, la Svezia degli svedesi e la Germania dei tedeschi? La sinistra ci vede come un popolo di lazzaroni impediti che hanno bisogno degli stranieri anche solo per raccogliere pomodori, ma la realtà è che noi non abbiamo bisogno di nessuno, solo di noi stessi.

    L’arrivo in massa di immigrati non è una cosa positiva per il nostro popolo, semmai lo è solo per quella parte di persone a cui fa comodo avere a disposizione manodopera sottopagata, ovvero chi mette il proprio guadagno pecuniario prima degli interessi del suo popolo, alla mafia (italiana e nigeriana) che ingrossa le fila della propria manovalanza criminale e alle cooperative rosse che campano parassitando con i fondi statali e comunitari per l’accoglienza dei “migranti”.

    Ci troviamo nel bel mezzo di un’invasione senza precedenti in quanto avviene in modo pacifico, ed invece di fucili e cannoni le armi degli invasori sono la miseria ed il senso di colpa degli occidentali. Siamo visti come una terra da colonizzare, così come gli europei vedevano le Americhe secoli fa. Ed i sinistroidi sono i loro collaborazionisti.

    Quando un popolo rischia di essere sostituito etnicamente non ha senso fare una distinzione fra “immigrazione buona” ed “immigrazione cattiva”. Perché nessuna immigrazione, regolare o irregolare che sia, può essere considerata “buona” e tollerabile in un contesto del genere. Anzi, in un contesto simile l’unica immigrazione considerabile “buona” è quella degli italiani all’estero che tornano in Patria.

    Ma purtroppo le persone in grossa parte non si rendono conto di ciò, per ignoranza o incredulità (anche se i numeri parlano chiaro); o comunque anche se ne rendono conto, temono ad ammetterlo per paura di essere tacciati come estremisti. Il nostro compito quindi è quello, per quanto possibile, di portare tale problema all’attenzione delle persone rendendole consapevoli di questo pericolo normalizzando il discorso sulla sostituzione etnica che deve cessare di essere un tabù.

    Che questo faccia da monito agli stessi appartenenti al nostro ambiente politico affinché non sottovalutino il problema dell’immigrazione relegandolo esclusivamente al gruppo che spaccia alla stazione o al gruppo che aggredisce le persone in una zona della città. La battaglia contro la sostituzione, ancor prima che essere una battaglia per l’ordine pubblico, la sicurezza ed il decoro urbano, è oggi più che mai una battaglia per la sopravvivenza ed il futuro del nostro popolo e della nostra civiltà.

    [1] https://www.ilgiornale.it/news/politica/presentato-report-fondazione-migrantes-nel-2019-respinto-l80-1791909.html

    [2] https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/assistiti-nichilisti-estremisti-viaggio-nel-pianeta-banlieue-34435/

    [3] https://www.youtube.com/watch?v=rcsG-u2GtZE&ab_channel=CNN

    [4] https://en.wikipedia.org/wiki/Islamic_Sharia_Council ed https://en.wikipedia.org/wiki/Muslim_Arbitration_Tribunal

    [5] https://www.youtube.com/watch?v=yi_ELazArwg&ab_channel=CBNNews

    [6] https://www.youtube.com/watch?v=NNEZQTSJv4Y&ab_channel=RT

    [7] https://www.youtube.com/watch?v=TAehyWNrmLM&ab_channel=AntonioProcacci

    [8] https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/saman-terribili-parole-zio-sparizione-lavoro-fatto-bene-196541/

    [9] https://www.adnkronos.com/sana-hina-e-le-altre-massacrate-perche-volevano-vivere-alloccidentale_1utg88W4ced8xBfsuSKRNQ?refresh_ce

    [10] https://www.tuttitalia.it/statistiche/cittadini-stranieri-2016/

    [11] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/senza-i-figli-degli-immigrati-inverno-demografico-pi-rigido

    [12] https://www.agi.it/cronaca/italia_nascite_bambini_stranieri_istat-6619972/news/2019-11-26/

    [13] https://www.tuttitalia.it/statistiche/cittadini-stranieri-2015/

    [14] https://www.lenius.it/dati-cittadinanza-italia/

    [15] https://www.agi.it/estero/news/2021-03-15/cittadinanze-concesse-italia-seconda-ue-11779925/

    [16] https://www.sanmarinosite.com/info-utili/cittadinanza/

    [17] https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/letta-ius-soli-centrodestra-mai-questa-legislatura-185567/

    [18] https://www.fanpage.it/politica/berlusconi-ius-soli-si-puo-approvare-ma-non-adesso-bisogna-aspettare-qualche-anno/

    [19] https://www.infomigrants.net/en/post/26291/german-population-of-migrant-background-rises-to-21-million

    [20] https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/svezia-suicidio-svedesi-minoranza-190362/
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Predefinito Re: Ne stanno arrivando 100 milioni

    Il meticciato tra messaggi subliminali ed espliciti intenti globalisti.
    Fonte accademianuovaitalia.it

    Autore Cinzia Palmacci
    Siamo a una visione caotica e delirante di un futuro che non si potrà mai realizzare senza il consenso del Popolo Europeo fiero delle proprie origini razziali
    Ai più attenti osservatori non sarà di certo sfuggito uno spot pubblicitario martellante che una nota marca farmaceutica di termometri per monitorare le possibilità di concepimento trasmette su tutte le reti televisive più seguite. Nello spot si vede un uomo dalla pelle bianca in ginocchio (posizione emblematica), che chiede alla sua compagna di colore di concepire un figlio. Un esempio piuttosto esplicito di spot pubblicitario (non l’unico), “schierato” a favore del meticciato e della mescolanza razziale che, “lapsus” politici a parte, dovrebbe indignare tutti gli europei che vedono minacciata la propria integrità razziale e non solo quella. E se qualcuno osa ancora tacciare di razzismo chi avverte il pericolo di vedere le proprie radici etniche vacillare a colpi di irresponsabili politiche di accoglienza e patetico buonismo, una rinfrescata alla memoria storica può aiutare a mettere le cose nella giusta prospettiva svelando alcuni retroscena che poco hanno a che fare con un “volemose bene”, ma molto con un’articolata e organizzata pianificazione di sottomissione globale.

    Già negli anni Trenta una cosa dovette risultare del tutto chiara a ‘chi di dovere’: fino a che fossero rimasti degli stati etnicamente/razzialmente ancora validi e più o meno omogenei, il programma talmudico di conquista mondiale (attraverso interposti lenoni/ruffiani/cristiani) sarebbe sempre stato in pericolo. Già dall’inizio degli anni Cinquanta, un rabbino ungherese poté fare una significativa dichiarazione, non certo sua personale, ma che rifletteva l’indirizzo di tutto il ‘popolo eletto’: “Vi posso assicurare che l’ultima generazione di bambini bianchi, o se no la penultima, sta nascendo adesso: le nostre commissioni di controllo favoriranno, nell’interesse della pace, il meticciato di bianchi con altre razze. La razza bianca scomparirà, perché la mescolanza di bianchi con negri significa la fine dell’uomo bianco, per cui il nostro più pericoloso nemico non sarà più altro che un ricordo. Entreremo così in un’era di mille anni di pace e prosperità, la pax judaica, e la nostra razza dominerà indiscutibilmente il mondo. La nostra superiore intelligenza ci permetterà, sicuramente, di conservare il nostro dominio su di un mondo di razze di colore.” Dei ‘precursori’ di questo tipo di idee non erano mancati. Il celebre massone Richard Coudenhove-Kalergi proponeva negli anni Venti una futura Europa di mulatti sotto egida ebraica, mentre Werner Sombart prevedeva, per il secolo XXI, che gli Stati Uniti d’America sarebbero stati popolati quasi esclusivamente da schiavi negri sotto la sferza di padroni ebrei – qualcosa di analogo, ma fuori dall’Europa. Ecco dunque il nuovo piano ebraico – assecondato, è chiaro, dai loro inservienti cristiani: quello del meticciato totale ossia ‘facciamo del mondo una sola famiglia’ si vede spesso negli striscioni appesi all’entrata delle chiese. Questo piano è portato avanti dalle istituzioni giuridiche internazionali post-1945, nonché dalle chiese cristiane con esse in relazione di sudditanza e collaborazione. Sergio Viera de Mello, amministratore delle Nazioni Unite nel Kosovo, ebbe a dichiarare il 4 agosto 1999: “… i popoli razzialmente puri sono un concetto nazista. Proprio contro questo concetto hanno combattuto gli alleati nella seconda guerra mondiale… È per lo stesso motivo che la OTAN/NATO ha combattuto in Kosovo… per impedire l’insorgere di un sistema di purezza etnica”. Il crollo dell’Europa per disfacimento razziale è certo una decisione definitiva presa dall’establishment puritanese-ebraico americano e di riflesso a Bruxelles, capitale dell’Europa/UE. Starà agli Europei, fino a che Europei in piedi ce ne saranno ancora, opporsi a questo piano. Naturalmente, il fatto del meticciato in Europa è strettamente legato a quello dell’immigrazione extracomunitaria e con la denatalità europea. Molto recentemente, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa, un organo dell’UE) ha dichiarato che bisogna incrementare l’immigrazione, perché i nuovi immigrati saranno necessari come forza-lavoro dopo la ripresa dell’economia, raccomandando intanto che si dia assistenza a quelli che, già presenti in Europa, sono rimasti senza lavoro. Secondo Nick Farage esiste una manovra per fare entrare 50 milioni di immigrati africani nell’Unione Europea e all’uopo un ufficio collocamento è stato aperto nel Mali sin dal 2008. Secondo gli ‘economisti’ di Bruxelles, questi immigrati ci vogliono, entro il 2050, “per compensare il crollo demografico europeo dovuto alla denatalità”. Inoltre, in Europa ci sarebbero circa 8 milioni di clandestini, che secondo l’OCSE dovrebbero essere visti con un occhio di riguardo e certamente non espulsi. Anche se inizialmente furono pochi quelli che seppero identificare ciò che stava dietro le quinte dei movimenti migratori verso l’Europa provenienti dal Terzo Mondo, adesso non ci dovrebbero essere misteri di alcun genere. A riguardo, tre gli ‘argomenti’ più rappresentativi con cui gli immigrazionisti riescono ancora a ingannare parecchi sprovveduti, dei quali molti presenti in Italia: (a) “bisogna mantenere il livello numerico della popolazione europea che rischia di diminuire come conseguenza della denatalità” – non si vede proprio perché quel livello numerico deva essere mantenuto, soprattutto a costo di falsificare la popolazione dell’Europa; (b) “anche gli europei sono emigrati nel passato, adesso è doveroso aprire le nostre porte chi vuole emigrare”, chi è rimasto in Europa anche in tempi difficili non ha alcun dovere verso coloro che ‘accolsero’ (e qui ci si potrebbe dilungare) gli emigrati europei di altri tempi; (c) il più falso e sfacciato: “saranno gli immigrati terzomondiali a pagare le pensioni dei nostri vecchi, in mancanza di giovani autoctoni pagatori di tasse in numero sufficiente”, i versamenti al fisco di una esigua frazione degli extracomunitari non compensa il vuoto lasciato dagli autoctoni non nati, senza contare i mastodontici costi sociali e sanitari causati dalla presenza degli allogeni extracomunitari. Intanto, il traffico clandestino di migranti “nuovi schiavi” è divenuto un affare criminoso che, a livello mondiale, ha un gettito superiore a quello delle armi o della droga. Ma per i mondialisti nessun problema. Bisogna offrire l’opportunità a tutti i popoli di venire in Occidente per vedere riconosciuti i propri diritti, primo fra tutti quello alla felicità (ammesso che sopravvivano sfruttati in baracche fetide e fredde per pochi euro a giornata). Ma a chi viene a dirci che la società ‘multirazziale e multietnica’, cioè: la globalizzazione quindi, il facciamo di tutto il mondo una famiglia, si può rispondere con tutta certezza che la storia non è teleologica e a farla sono sempre gli uomini, finché ci saranno ancora uomini in piedi. E, in ogni caso, al giorno d’oggi i mezzi tecnici per liberarsi dagli allogeni e rispedirli indietro non mancherebbero bisognerebbe soltanto avere la volontà di usarli. Il lato più pratico e tangibile della collaborazione, da parte della Chiesa Cattolica postconciliare, con la volontà ebraica di globalismo e meticciato, è stato anche, forse, il più ‘naturale’ da parte vaticana e monoteista in generale. Questo è stato confermato anche dall’enciclica vaticana che sollecita una ‘vera autorità politica mondiale’, sussidiaria a un governo della globalizzazione concorde con quanto prospettato dalle Nazioni Unite; mentre all’ebreo Giuseppe Montini/Paolo VI viene riconosciuto il merito di avere accolto l’ideale cristiano di ‘un’unica famiglia dei popoli’ (‘facciamo di tutto il mondo una famiglia’). I cristiani devono favorire il processo di integrazione planetaria, rendendola prefiguratrice della città vera, senza barriere (popperiana ‘società aperta’). Più espliciti non si potrebbe essere, ma questo ha degli antecedenti: per esempio, il giubileo dell’anno 2000 fu chiuso da Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II con un appello per fare dell’Europa un continente multietnico e multiculturale. I partiti di sinistra, in Europa, sopravvivono soltanto per inerzia, usufruendo del voto di vecchi habitué, ma in ogni caso la loro situazione è instabile; essi sono dei residuati, ‘intellettuali’ e burocratici del dopoguerra. La loro unica possibilità di sopravvivenza (cioè: di prolungamento del possesso di posti burocratici da parte delle corrispondenti nomenklature), a medio-lunga scadenza, è quella di scatenare una nuova ‘lotta di classe’ nella quale il ‘proletariato’ sarà costituito dagli immigrati di colore e la ‘borghesia’/’nemico teologico’ sarà l’europeo di razza bianca, per quanto povero egli possa essere. Perciò la sinistra politica attuale è lanciata a testa bassa verso uno sfrenato immigrazionismo terzomondiale. Ciò le sinistre portano avanti in parallelo con l’attacco contro la piccola e media industria e a favore dei dinosauri megaindustriali ma che, nella loro Weltanschauung di tipo ‘rivoluzione industriale’, rappresentano il passo intermedio fra la realtà fattuale e il Paese dei Balocchi di pinocchiesca qualità. Secondo l’appena menzionato Pier Luigi Bersani, l’industria (italiana) soffre di ‘familismo’ e di ‘nanismo’, mentre è proprio vero che la piccola industria, spesso familiare, manda avanti, al 70%, l’economia. In termini generali, la differenza fra sinistra/marxismo e ‘non-sinistra’, adesso come adesso, si riduce fondamentalmente al campo dell’immigrazione: la sinistra vorrebbe una valanga di immigrati di colore, indipendentemente dagli effetti sociali che questo fenomeno potrebbe avere per le genti autoctone; la ‘non-sinistra’ vorrebbe fermare o per lo meno limitare quella valanga. In questo contesto la sinistra fa letteralmente tutt’uno con i neocattolici. L’antico anticlericalismo di sinistra è completamente scomparso. Ci si può immaginare una futura fusione fra quella che adesso è la sinistra politica e i residui di quelle che ancora si autoqualificano chiese cristiane, per dare origine, nel campo del politico, a una ‘nuova sinistra’/’nuovo cristianesimo’, una creatura mostruosa intenta a diffondere un nuovo vangelo “riadattato”. Intanto la sinistra in Europa continua la sua missione di sempre come fattore destabilizzante a favore dell’‘Usrael’ (Usa/Israele). Nel 2000, l’ambasciatrice americana, tale Kathryn Walt Hall, in Austria ebbe la sfacciataggine di dichiarare, durante una sua conferenza all’università di Klagenfurt, che l’America non era d’accordo con le politiche di Jörg Haider e che l’Europa doveva cambiare la sua cultura per accomodarsi al globalismo e al multiculturalismo. Haider, governatore della Carinzia e leader dell'estrema destra, rimase vittima di uno strano incidente d'auto otto anni dopo, nel 2008. Haider, 58 anni, viaggiava da solo. Per cause mai ben accertate ha perso il controllo del veicolo, che è sbandato e si è ribaltato, finendo in una scarpata a circa dieci chilometri da Klagenfurt. Haider ha riportato ferite alla testa e lesioni interne ed è morto poco dopo. Per oltre 20 anni è stato un personaggio determinante per la politica austriaca anche se, dopo un periodo nell'ombra, era tornato sulla scena pubblica solo negli ultimi anni, facendo discutere tra l'altro per le sue tendenze xenofobe che avevano provocato l'intervento sanzionatorio da parte dell'Unione Europea. La sua formazione politica ultra-nazionalistica, l'Alleanza per il Futuro dell'Austria, alle ultime elezioni aveva ottenuto una forte affermazione. A dieci anni dalla scomparsa di Haider, l’Austria ha un nuovo leader di estrema destra: Sebastian Kurz, un giovane trentenne dalle idee molto chiare su cosa vuole, ma soprattutto su cosa non vuole fare del suo paese, e cioè un covo di disadattati e sprovveduti “estirpati” con la forza dai loro paesi d’origine per soddisfare il piano visionario di un’unica famiglia globale. Una visione caotica e delirante di un futuro che non si potrà mai realizzare senza il consenso del Popolo Europeo fiero delle proprie origini razziali.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Predefinito Re: Ne stanno arrivando 100 milioni

    GLI IMMIGRATI CLANDESTINI E I TERRORISTI ISLAMICI SARANNO LA MILIZIA DEL MONDIALISMO CONTRO GLI ITALIANI

    E’ durato tutto pochi attimi.

    La quiete della canicola estiva di un tranquillo pomeriggio di Milano è stata interrotta dall’irruzione di uno straniero nel Duomo.

    L’uomo, un egiziano di 26 anni, ha preso in ostaggio una guardia giurata e gli ha puntato alla gola un coltello, minacciando di sgozzarlo.

    Le autorità approfittando di un momento di distrazione dell’uomo hanno disarmato l’aggressore e l’incubo, per fortuna, è finito presto.

    Al momento, sono ancora ignote le motivazioni del gesto anche se le autorità si sono precipitate a smentire che possa trattarsi di un gesto legato al terrorismo islamico, nonostante ancora non si sappia molto di quello che ha spinto l’uomo a minacciare lo sgozzamento della guardia giurata.

    In un primo momento, sembravano esserci tutti gli elementi che potevano far pensare ad un episodio legato all’islamismo radicale, per il solo fatto che il luogo dell’agguato è il Duomo, una delle Chiese più importanti in Italia.

    Si è avuta la sensazione per un istante di rivedere quanto accaduto al prete francese padre Jacques Hamel, sgozzato da due militanti dell’ISIS mentre celebrava la messa nella chiesa di Seine-Meritime.

    Padre Hamel è stato un martire, ormai dimenticato dalla chiesa anticattolica bergogliana che si vergogna persino del titolo di Vicario di Cristo per appellare la figura del pontefice, in un gesto che sembra semplicemente confermare che Bergoglio non può e non vuole rappresentare Cristo, nella cui divinità nemmeno crede, come ha già fatto intendere in più di un’occasione.

    Ad ogni modo, c’è da chiedersi se l’episodio di Milano possa essere la spia che annuncia che l’immunità di cui ha goduto l’Italia dagli attentati del terrorismo islamico stia in qualche modo per giungere al termine.

    Alcuni osservatori in passato avevano parlato di una sorta di convenzione occulta che ha tenuto fino a questo momento al riparo l’Italia dalle stragi islamiste.

    Un patto stretto ai massimi livelli tra elementi dei servizi saldamente nelle mani dell’establishment mondialista e le frange dell’islamismo radicale.

    Fino a questo momento, i Paesi in Europa che sono stati più colpiti da questo fenomeno sono stati in particolare la Francia, la Germania e il Belgio.

    Bruxelles, la capitale belga e dell’Unione europea, è nota, tra l’altro, per ospitare il famigerato quartiere di Molenbeek, considerato un rifugio dei musulmani più radicali, dove spesso nemmeno la polizia si spinge.

    L’UE ha allevato nel suo seno il centro del terrorismo, nel quale sono cresciuti molti dei terroristi che eseguirono i sanguinosi attentati di Parigi del 2015.

    Il fatto che nel cuore delle istituzioni europee il fenomeno dell’islamismo sia più marcato non è affatto una contraddizione, dal momento che l’UE, nonostante si fregi del nome europea, non lo è in nessun modo e al contrario Bruxelles ha sempre rifiutato fermamente qualsiasi accostamento alle radici cristiane della vera Europa.

    La missione dell’UE difatti è quella di rimuovere la storia, la cultura e le tradizioni europee che dovranno definitivamente sparire per poter giungere al superstato europeo.

    Allo stesso tempo, le generose procedure di concessione della cittadinanza di Francia, Germania e Belgio hanno permesso agli immigrati di seconda e terza generazione di avere in tasca il passaporto di Paesi dei quali non solo non si sentono cittadini, ma che odiano e detestano profondamente tanto da avergli dichiarato guerra.

    L’esempio più vivo viene dalla Francia dove nelle banlieue si combatte una guerriglia quotidiana, completamente taciuta dai media mainstream, tra questi europei artificiali e le istituzioni del Paese dove sono nati.

    Tutto quello che sta accadendo attualmente non è altro che quanto pianificato dal conte Kalergi, una figura venerata a Bruxelles per aver partorito l’idea stessa di Unione europea, descritta nella sua opera degli anni’20 “Idealismo pratico”, nella quale immaginava che i futuri popoli che abiteranno l’UE prima e gli Stati Uniti d’Europa poi non saranno europei etnici, ma il prodotto di una mescolanza eugenetica tra africani e asiatici.

    I nuovi europei non avranno dunque nulla in comune con i veri europei. Saranno un prodotto artificiale del mondialismo che vuole servirsene per costruire un popolo deeuropeizzato senza identità e senza legami con il vecchio continente.

    Il mainstream mediatico promuove e incoraggia apertamente il meticciato per questa ragione, perchè il nuovo ordine mondiale non potrà vedere la luce senza prima aver colpito il cuore dell’Occidente cristiano e le sue radici, ovvero l’Europa.

    L’immigrazione riveste quindi in questo senso una funzione essenziale nell’ottica dei piani del mondialismo, e il terrorismo islamico è una sua diretta conseguenza dal momento che molti dei nuovi europei aderiscono all’Islam e sono praticanti di questa religione.

    Tramite l’avanzamento dell’Islam, le élite europee raggiungono il fine di colonizzare l’Europa e di privarla del tutto della sua anima cristiana.

    Il processo è già in fase avanzata e non è raro trovare già delle vere e proprie enclavi nei Paesi europei dove gli abitanti non hanno nulla di europeo. A Trappes, una cittadina vicino Parigi, c’è un chiaro esempio di quanto sta accadendo perchè se si fa un giro per le sue strada, sarà una impresa quasi impossibile trovare donne che non siano vestite secondo la tradizione islamica e macellerie che non siano halal.

    Una volta che si varcano le soglie di Trappes, si esce dall’Europa e si entra in un califfato islamico.

    La vera Europa dunque sta progressivamente sparendo per lasciare il posto alla falsa Europa e senza dubbio il liberalismo è stato il cavallo di Troia che ha permesso e che ha accelerato questa sostituzione etnica e culturale.

    Le élite liberali europee si sono servite dell’Islam per minare le radici dell’Europa cristiana

    Il liberalismo si fonda in primo luogo infatti sul principio della secolarizzazione e sulla rinuncia ad ispirarsi alla religione, soprattutto quella cattolica e cristiana, nel governo della cosa pubblica.

    Lo stesso principio liberale di separazione tra religione e politica viene meno d’incanto però quando si tratta della religione islamica.

    In quel caso, il liberalismo non solo non invoca alcuna separazione tra Islam e politica ma al contrario predica la rinuncia definitiva in qualsiasi contesto della pratica della religione cristiana per non turbare la nuova religione entrante, ovvero l’Islam.

    Il compito della dottrina liberale è stato quello di creare un vuoto culturale e religioso che ora viene riempito dalla nuove culture allogene che stanno conquistando l’Europa.

    Allo stesso tempo, il liberalismo ha alimentato il senso di colpa dell’appartenenza alla razza europea e ha avallato una storiografia nella quale si dipinge l’Europa come la fonte di ogni male, omettendo completamente tutti gli enormi progressi spirituali e materiali che l’Occidente ha costruito nel corso della sua storia.

    Tutto questo va esattamente nella direzione auspicata dal piano kalergiano che prevedeva appunto una scomparsa della vera Europa che sarà sostituita da un’altra falsa che sarà in antitesi completa con la prima.

    Il terrorismo islamico non è dunque altro che la naturale conseguenza di un processo di colonizzazione che le élite liberali europee hanno permesso e che continuano a incoraggiare.

    Sono state in passato già rilevate tracce di una zona grigia di contiguità che vede una comunicazione e una collaborazione tra questi due mondi, sulla carta opposti ma nella pratica alleati e uniti da uno scopo comune.

    L’esempio di questa collaborazione viene dall’attentato al supermercato Kosher di Parigi eseguito da Amedy Koulibaly.

    Le armi di cui disponeva il terrorista autore della strage erano di tipo militare e, secondo gli inquirenti francesi, erano state fornite da una “rete costituita da forze dello Stato”.

    Non si fece in tempo a fare luce sulla vicenda che calò il segreto di Stato, posto dall’allora ministro dell’Interno, Cazeneuve, che insabbiò l’inchiesta della magistratura francese.

    Tutto questo evoca sotto certi aspetti un fenomeno piuttosto simile a quello della strategia della tensione nata dopo il Patto Atlantico.

    La prima strategia della tensione vedeva infatti una contiguità attiva tra il deep state di Washington e le due frange rosse e nere del terrorismo del secondo dopoguerra.

    In quell’ottica, il terrorismo aveva una funzione di contenimento e di destabilizzazione controllata per dare alle autorità la possibilità di paventare una minaccia esterna, l’URSS in quel caso, e impedire così ad uno dei membri del Patto di allontanarsi dall’orbita della NATO.

    Questa seconda strategia della tensione sembra avere piuttosto una funzione espansiva. La minaccia esterna è sempre presente, stavolta rappresentata dal pericolo islamista, ma l’establishment europeo se ne serve in funzione progressiva, o meglio per spingere l’Europa verso la soluzione auspicata dalle élite, gli Stati Uniti d’Europa.

    Nell’ambito delle minacce esterne che le élite globaliste hanno bisogno di paventare e alimentare per il conseguimento dei loro piani, è giunta la crisi Covid che in questo senso ha consentito al nuovo ordine mondiale di fare enormi passi in avanti verso la sua definitiva realizzazione.

    L’Italia, come già detto, è stata messa al centro di questo esperimento di ingegneria sociale che è stato pensato per partorire la nuova società del totalitarismo globale, soprattutto per il ruolo che essa riveste nella strategia del mondialismo e costituisce, a tutti gli effetti, il laboratorio “privilegiato” della incombente dittatura mondiale.

    Allo stesso tempo, il punto di massima sollecitazione che potrebbe portare all’esplosione della bomba sociale in Italia si sta avvicinando rapidamente.

    I dati economici sono lì e continuano a dire che ciò che sta per arrivare non ha precedenti.

    Ad ottobre, quattro italiani su dieci non avranno risorse per fare la spesa.

    Il bollettino di Bankitalia di giugno parlava di un 55% di italiani a rischio povertà.

    In pieno Ferragosto, il regime mediatico ha già iniziato a girare verso l’alto la manopola del terrorismo sanitario per consentire così al governo fantoccio PD-M5S di avere il pretesto di alimentare una falsa emergenza e reprimere così con la forza qualsiasi protesta che potrà scoppiare.

    Lo stesso governo sa perfettamente che in autunno la situazione sarà fuori controllo ed è per questo che serve ripararsi dietro lo spauracchio del Covid e giustificare così misure simili all’attuazione della legge marziale.

    Una qualche reazione ci sarà e sarà inevitabile perchè di fronte all’eventualità di non avere più il pane sulla tavola, non ci sarà più nulla da perdere.

    Alcuni reagiranno probabilmente con atti di autolesionismo come avvenuto fino ad ora, morti suicidi schiacciati dal peso dell’euro che ha imposto austerità e ha distrutto la ricchezza di questa nazione.

    Altri invece non commetteranno gesti contro la propria persona, ma colpiranno altri, probabilmente rappresentanti delle istituzioni di prossimità, quelle locali in primis, ed eventualmente anche quelle nazionali.

    Sarà quello il momento in cui il regime eserciterà tutta la sua brutale ferocia e scatenerà una repressione senza precedenti.

    Gli immigrati clandestini e il terrorismo islamico come mezzo di repressione del dissenso

    Da un lato, metterà al bando ogni forma di manifestazione o protesta nascondendosi dietro la falsa emergenza sanitaria.

    Dall’altro, potrebbe servirsi dell’enorme bacino di immigrati clandestini che sono, ad oggi, i candidati migliori per divenire la milizia di questa dittatura globalista contro gli italiani dissidenti.

    Ecco perchè quanto accaduto a Milano non va affatto sottovalutato.

    Gli immigrati, clandestini e non, servono certamente nell’ottica della globalizzazione a minare le identità dei Paesi europei ma potrebbero assumere allo stesso tempo la funzione di esercito irregolare da scatenare contro gli italiani e gli europei che non accetteranno di soccombere in silenzio.

    Il sistema ha già dato nei mesi precedenti segnali di voler regolarizzare la posizione dei clandestini per potergli consentire di agire nelle migliori condizioni possibili, ancora una volta ricorrendo alla scusa del Covid.

    Il governo fantoccio PD-M5S, in questo senso, non ha fatto nulla per arrestare l’invasione dei migranti, ma al contrario gli ha messo a disposizione delle navi per poter soggiornare in Italia in attesa di essere trasferiti altrove.

    Nei mesi scorsi lo stesso governo ha concesso gli arresti domiciliari a dei pericolosi boss mafiosi e rischia di delinearsi a questo proposito uno scenario devastante per le sue conseguenze.

    Potrebbe essere dato il compito ai boss della criminalità organizzata di arruolare i vari immigrati, in particolare quelli più pericolosi appartenenti al terrorismo islamico, e poi utilizzare questi tagliagole contro gli italiani che cercheranno di difendere i propri diritti, la propria sopravvivenza e quella delle loro famiglie.

    Sembra uno scenario proveniente da un inquietante film distopico, ma la crisi da Covid ha dimostrato che si stanno abbattendo rapidamente barriere e superato confini che una volta si pensavano inimmaginabili.

    La progressione del nuovo ordine mondiale prevede una destabilizzazione completa e totale delle nazioni che dovranno essere condotte alla rovina e alla disperazione prima di poterle costringere a lasciare il posto al supergoverno mondiale sognato dalla cabala globalista.

    Ecco perchè la lunga immunità dell’Italia da attentati di islamisti o di immigrati islamici potrebbe finire, proprio perchè ora il sistema potrebbe avere bisogno di un fenomeno che ha accolto e ospitato sul suo territorio, e coltivato con cura nel corso del tempo.

    Viene in mente a questo proposito un romanzo di uno scrittore francese, Laurent Obertone, intitolato “Guerriglia” che descrive un possibile conflitto etnico-razziale tra francesi autoctoni e migranti.

    I servizi francesi descrissero come molto plausibile quello scenario e la Francia appare come una delle candidate più probabili a far deflagrare questo tipo di conflitto tra europei e immigrati, proprio per il suo alto numero di musulmani sul suo territorio.

    L’Italia rischia di prendere il posto della Francia come Paese nel quale le élite potrebbero scegliere di far deflagrare questa bomba proprio perchè il Paese in autunno vedrà emergere maggiormente le conseguenze devastanti di mesi di chiusure e del numero dei disoccupati, salito di mezzo milione in tre mesi dopo il colpo di Stato sanitario attuato dal governo Conte.

    Se fino ad ora dunque l’Italia è stata usata come laboratorio per sperimentare l’esecuzione della incombente dittatura globale, ora potrebbe esserlo per la nuova guerra civile tra autoctoni e stranieri.

    Le élite non farebbero nulla per fermare lo scontro e si schiererebbe apertamente dalla parte dei secondi per arrivare al processo di definitiva de-europeizzazione degli Stati europei.

    Un fatto è certo. Ovunque si accenda la miccia, gli immigrati negli altri Paesi potrebbero prontamente emulare i loro fratelli nel tentativo di conquistare l’Europa.

    Il mondialismo non vuole altro che la distruzione definitiva dell’Europa ed è per questo che ha aperto le porte del continente agli immigrati e ai musulmani.

    L’Italia rischia di veder esplodere questo conflitto sul suo territorio. L’Italia in autunno sarà la vittima dell’assedio coordinato del nuovo ordine mondiale e se vorrà sopravvivere dovrà iniziare a combattere come non è abituata a fare da decenni, sperando che possa arrivare un colpo al sistema da uno dei suoi avversari più feroci, Donald Trump.

    L’Italia e l’Europa stanno per combattere una battaglia che deciderà della loro stessa esistenza.

    Gli immigrati clandestini e i terroristi islamici saranno la milizia del mondialismo contro gli italiani - La Cruna dell'Ago (lacrunadellago.net)
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    Predefinito Re: Ne stanno arrivando 100 milioni

    Non esiste un diritto all’invasione



    A una prima impressione, parrebbe che il Regnante Pontefice abbia, almeno nei suoi discorsi durante le occasioni importanti, una limitata, anzi, limitatissima gamma di argomenti. Può darsi che nella messa ad inviti a Santa Marta e in altre semi private occasioni parli talvolta anche di Dio, della Santa Vergine, del Catechismo (basterebbe quello postconciliare) dei Novissimi, del Credo, della Dottrina Cattolica. Colpevolmente, lo ignoriamo. Però, non sappiamo se per problemi linguistici o per una non solidissima cultura teologica (se non cultura tout court), il Papa (non più Vicario di Cristo, titolo che ha rifiutato) alterna nell’Angelus e in altre grandi occasioni, in varia misura, sostanzialmente tre temi: un confuso socialismo sudamericano, venato di nativismo e tribalismo, poi un ecologismo estremo, vero e proprio favoreggiamento della famigerata Greta e dei suoi gretini, dell’ONU e dei fanatici del riscaldamento globale di origine antropica e, in cima a questa brevissima hit parade, la tesi immigrazionista: accogliere tutti, subito, incondizionatamente, provvedere a un infinito mantenimento.

    Su questo, Bergoglio insiste quasi quotidianamente, traendo spunto da qualsiasi discorso, allocuzione, occasione, evento, incontro, documento. Ignorando le leggi, i diritti delle genti e dei popoli, il rispetto per le etnie, la civiltà, la storia, la religione, le tradizioni patrie, chiudendo gli occhi sui pesantissimi problemi di ordine pubblico, sui costi finanziari di una nazione già in crisi, la propaganda immigrazionista dell’attuale Pontefice è una molestia continua nei confronti dei fedeli, insistita, fastidiosa, ripetuta, petulante. Ripresa servilmente dalla stampa “cattolica”, enfatizzata delle televisioni allineate, gridata dai pulpiti dei sacerdoti (ma non la maggioranza) educati in seminari il cui insegnamento tradizionale è stato sconvolto dal concilio, addirittura martellante nelle “preghiere dei fedeli”, innovazione liturgica assai contestata perché assente nella S. Messa tradizionale e che il Novus Ordo Missae ha imposto nella messa riformata.

    Anche l’ultima Enciclica Fratelli tutti, oggettivamente discutibile e infatti assai discussa in molte sue parti (come l’attacco alla proprietà privata), sembra voler imporre un diritto assoluto all’invasione: “il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.”

    Eppure, la maggioranza dei cattolici è contraria all’invasione, all’accoglienza indiscriminata, alla presenza, spesso pericolosa, di masse di clandestini (solo un’infima minoranza dei “migranti” ha diritto all’accoglienza perché veri profughi) sui nostri territori. Molti fedeli, profondamente devoti e disponibilissimi alla doverosa obbedienza al Romano Pontefice, provano un grave disagio, sentendo un conflitto tra le urlate invettive bergogliesche e il sentire naturale, intimo di appartenenza a una Patria e il dovere della sua difesa. E non si tratta solo della Patria intesa in senso “alto”, che qualche cinico difensore della sovversione e della dissoluzione potrebbe sminuire come “retorica” o peggio, ma anche della “piccola patria”, la Heimat come viene definita in tedesco, fatta di panorami natii, della propria città o borgo, dell’unione fra persone che si sentono vicine in virtù di un sentire e una fede comune, un medesimo orizzonte antropologico. Tutte realtà messe in fortissimo pericolo da un’invasione indiscriminata, incontrollata, quasi sempre ostile alla nostra cultura, al nostro modo di vivere, alla nostra civiltà.

    L’indispensabile premessa di ogni ideologia immigrazionista è quindi lo svilimento del concetto di Patria, se non la sua negazione, in nome di un universalismo indifferenziato e omologante (tra l’altro, tanto utile al relativista mondialismo finanziario), negatore delle radici, ostile alle identità, alle memorie condivise, alla propria Storia e alle “piccole storie” familiari e comunitarie. Se questo svilimento è, come appare in tutta evidenza, la necessaria premessa per ogni apologia dell’invasione, dobbiamo chiederci, da credenti, se questo disprezzo per la Patria e ciò che questa significa sia coerente con la Dottrina e la Tradizione cattolica. La risposta è netta: non lo è. Per nulla. Pur evitando ogni esaltata idolatria, la Chiesa ha sempre benedetto il concetto di piccola o grande Patria. Proviamo ad ascoltare, sul tema della Patria, qualche voce veramente cattolica.

    San Tommaso ci dice che alla Patria terrena si devono “servizi e venerazioni come si devono ai genitori, perché la patria, come la famiglia, per natura è causa o principio della nostra esistenza e del nostro vivere e per questo merita speciali riguardi”. Più vicino a noi, Pio XII, nell’Enciclica Ad Apostolorum Principis, ci ricorda che “Il cristiano non è, né può essere, secondo a nessuno nel vero amore e nella vera fedeltà alla sua Patria terrena. É Nostro dovere ricordare a tutti, ancora una volta, che è proprio la dottrina della Chiesa che esorta e spinge i cattolici a nutrire un sincero e profondo amore verso la loro patria terrena.” Ma è Giovanni Paolo II il Pontefice cantore, per provenienza e storia personale, della Patria che definì “un valore religioso” la “fedeltà all’identità nazionale” e che ha ricordato agli immemori “universalisti” e mondialisti: “Patriottismo significa amore per tutto ciò che fa parte della patria: la sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, la sua stessa conformazione naturale.” E ancora: “…come la famiglia, anche la nazione e la patria rimangono realtà non sostituibili.” É stato di nuovo Wojtyla ad affermare che “diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria” che significa non solo diritto a non emigrare, ma anche diritto a non essere invasi e sostituiti.

    L’appello alla virtù della carità, che viene usata come un’arma minacciosa e ricattatoria, è l’argomento principe dell’ideologia immigrazionista, il mantra dei cattolici che bramano di vederci invasi (oikofobia, disprezzo per la propria casa, la definiva Roger Scruton), dei “preti di strada” che idolatrano il migrante e lo sostituiscono a Cristo (ma si guardano bene dal provare a convertirlo, come dovere cristiano imporrebbe), dell’associazionismo “caritatevole” che aiuta i profughi a vita, sfila in corteo con la sinistra, ma ignora la vecchietta italiana della porta accanto che non arriva alla fine del mese (e neanche a metà) ma che ha troppa dignità per chiedere in parrocchia.

    É una carità distorta, falsificata, che diviene ciò che Chesterton definiva “una virtù cristiana divenuta folle”. Per essere una “vera” virtù, la carità non deve essere ab-soluta, sciolta da tutto il resto, dis-ordinata. Caritas in Veritate è il titolo della Enciclica di Benedetto XVI. Tutte le Virtù devono essere ben ordinate, ben orientate.

    Siamo certi che un’accoglienza indiscriminata sia vera carità? Non ci stiamo dimenticando dell’incremento spaventoso della criminalità (il 32,7% della popolazione carceraria è di origine straniera), delle innumerevoli vittime dell’invasione, degli assassinii, delle rapine, delle violenze, della indebita sottrazione di risorse dello stato sociale a scapito dei veri bisognosi italiani? Nei confronti di queste vittime dov’è la carità? É carità arrivare a invadere un paese, a mettere, in prospettiva, in minoranza i suoi abitanti, a imporre loro le proprie leggi, a dominarli e a sostituirli?

    Una delle storiche riviste cattoliche “tradizionaliste”, sì sì no no, pubblicata da quasi cinquant’anni, così commenta: “Proprio l’amore verso il prossimo dovrebbe spingerci ad avversare l’immigrazione incontrollata: se amiamo qualcuno tenderemmo a proteggerlo, nel corpo come nell’anima. Ed è proprio spinti dall’amore ordinato verso il prossimo e dalla volontà di proteggerlo che dovremmo impedire la rovina del corpo sociale mediante l’introduzione nel medesimo di masse di individui senza morale, senza legge e senza Dio.” San Tommaso ci ricorda che esiste un ordine della carità per cui è giusto anteporre l’amore per coloro coi quali intratteniamo legami più significativi e coi quali abbiamo più cose in comune, come i familiari, i connazionali e i nostri fratelli in Cristo, all’amore verso gli altri che non rientrano in queste categorie. Questo pensiero tomista è molto ben sintetizzato da Marcello Veneziani: “É l’ordine della carità, secondo natura e secondo ragione, che c’impone una gerarchia dell’amore. La grazia non abolisce l’ordine della natura, che ha sempre Dio come autore, nota l’Angelico. Un padre non può amare allo stesso modo i propri figli e quelli di persone sconosciute, non sarebbe un buon padre, sarebbe snaturato.” Pio XII, nella Summi Pontificatus esprime lo stesso concetto: “Nell’esercizio della carità esiste un ordine stabilito da Dio, secondo il quale bisogna amare più intensamente e beneficare di preferenza coloro che sono a noi uniti con vincoli speciali.” Roberto de Mattei, direttore di Radici Cristiane e presidente della Fondazione Lepanto così ci ammonisce: “…la prima accoglienza che dobbiamo è a coloro che ci sono vicini, ai bimbi cui viene impedito di nascere, ai giovani cui, in Italia e in Europa, viene negato il futuro, agli anziani cui si vuole accorciare la vita…”

    Ugualmente strumentale è la citazione, da parte dei catto-immigrazionisti, delle parole del Vangelo. É una specialità dei preti progressisti: le frasi della Scrittura vengono estrapolate, contorte e piegate all’ideologia dell’accoglienza: le parole di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto” sono spesso usate come una clava morale. Ma l’Evangelista dice “ero straniero”, singolare, e non “eravamo centinaia di migliaia di stranieri.” E non è un particolare stilistico. Gli ebrei non si facevano invadere tanto facilmente, i Romani ne sanno qualcosa. Egualmente, la parabola del buon samaritano del Vangelo di Luca ci dice chi è il nostro prossimo, ma assai probabilmente l’uomo soccorso dal Samaritano, che, tra l’altro non era straniero, visto che “scendeva da Gerusalemme a Gerico”, una volta guarito, se ne tornò da dove era venuto, magari ringraziando il Samaritano.

    Il Cardinale Giacomo Biffi ha avuto parole chiarissime e magistrali: non esiste un diritto a invadere né un dovere di farsi invadere: “Non si può dedurre che una nazione non abbia il diritto di gestire e regolare l’afflusso di gente che vuole entrare a ogni costo. Tanto meno se ne può dedurre che abbia il dovere di aprire indiscriminatamente le proprie frontiere. In altre parole, non esiste un diritto di invasione.” Inoltre: “andrebbero preferite le popolazioni cattoliche o almeno cristiane, alle quali l’inserimento risulta enormemente agevolato.” Il Cardinal Robert Sarah, africano, Prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha lanciato un avvertimento assai duro: “Voi siete invasi da altre culture, da altri popoli, che stanno progressivamente per dominarvi coi numeri e cambiare totalmente la vostra cultura, le vostre convinzioni, i vostri valori.” Altrettanto dure erano state, in precedenza le parole di Amel Nona, arcivescovo della martire Chiesa cattolica caldea si Mosul, in Iraq: “…state accogliendo nei vostri Paesi un numero sempre crescente di musulmani. Anche voi siete a rischio. Dovete prendere decisioni forti e coraggiose […] I vostri valori non sono i loro valori. Se non lo capite in tempo, diverrete vittime del nemico che avete accolto in casa vostra.”

    Persino il Catechismo postconciliare è prudentissimo riguardo all’immigrazione: le nazioni più ricche accolgano “nella misura del possibile” e le autorità politiche possono subordinare l’immigrazione a diverse condizioni giuridiche. L’articolo del Catechismo, il 2241, si chiude con una frase che, rispetto alla realtà, è un capolavoro di wishful thinking e di illusa ingenuità, che suona oggi, alla luce degli accadimenti sotto gli occhi di tutti, come una presa in giro delle popolazioni ospitanti: “L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.”

    Da parte di molti cattolici fanaticamente favorevoli all’invasione e in preda a penitenziali convulsioni buoniste vi è anche un sottofondo ideologico a cui costoro si sono drammaticamente ma purtroppo volenterosamente arresi: l’imperante dottrina della correttezza politica, dell’antirazzismo, del multiculturalismo, del disprezzo per l’Uomo Europeo, la sua storia, la sua civiltà bianca e cristiana. Secondo questi immigrazionisti, noi avremmo un debito verso le popolazioni di quello che un tempo veniva definito Terzo Mondo. Queste credenze sono falsificazioni storiche prima ancora che anticattoliche. In una delle sue più grandi Encicliche, Immortale Dei, Leone XIII così scriveva: “Il fatto che l’Europa cristiana abbia domato i popoli barbari e li abbia tratti dalla ferocia alla mansuetudine, dalla superstizione alla verità; che abbia vittoriosamente respinto le invasioni dei Maomettani, che abbia tenuto il primato della civiltà, che abbia sempre saputo offrirsi agli altri popoli come guida e maestra […] per tutto ciò deve senza dubbio molta gratitudine alla nostra religione.”

    Purtuttavia, possiamo essere certi di ciò che è è inevitabile: nei prossimi Angelus, nelle prossime udienze del mercoledì, in una delle molte, moltissime occasioni di affabulazioni a cui il Regnate Pontefice è assai affezionato, ritornerà prestissimo di nuovo il ritornello più amato: accogliere, accogliere, accogliere. Molti si chiedono da dove derivi questa maniacale impulso. Il già citato Roberto de Mattei, in una intervista alla rivista Nova Historica azzarda una ipotesi: “L’attenzione di Papa Francesco verso i migranti non nasce, non dico da spirito evangelico, ma neppure da laico filantropismo. Nasce da una scelta che è soprattutto di carattere filosofico.”

    Per quanto a prima vista sorprendente, l’ipotesi del professor de Mattei sulla “scelta di carattere filosofico” del Papa potrebbe essere più profonda e anche più inquietante (molto più inquietante) di quanto sembri. Ma, in fondo, chi siamo noi per giudicare?
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Le preoccupazioni della gerarchia catto-globalista – di Marco Sudati


    di Marco Sudati

    .

    .

    Lo scorso 13 febbraio, nel corso di un’intervista televisiva concessa al TG1 delle ore 20, il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, ha espresso viva preoccupazione nei confronti dell’avanzata del cosiddetto populismo e dei rinascenti nazionalismi. Una dichiarazione in sintonia con quelle che sono le preoccupazioni del sistema di potere mondialista, scosso dai recenti successi della Brexit in Gran Bretagna e di Donald J. Trump negli Stati Uniti, nonché dalla costante avanzata dei movimenti patriottici ed anti-globalisti un po’ in tutta Europa.

    Stando alle parole di Parolin, dunque, la Chiesa sarebbe preoccupata dalla ribellione dei popoli al diktat mondialista, la cui connotazione massonica e progressista dovrebbe, invece, costituire la massima fonte di preoccupazione per una gerarchia ecclesiastica fedelmente ancorata alla natura ed alla missione della Chiesa.

    Se ci dichiarassimo sorpresi da una simile presa di posizione – espressa da uno dei più influenti membri della diplomazia vaticana – saremmo degli sprovveduti. Sappiamo fin troppo bene, infatti, in virtù di quali ragioni l’attuale gerarchia cattolica esprima i medesimi timori che oggi caratterizzano i fautori della globalizzazione. È lo stigma del Concilio Vaticano II, che – per volontà della influentissima ed eretica setta modernista – ha decretato la resa della Chiesa al mondo moderno ed alle forze che ne rappresentano l’espressione culturale e politica.

    L’errore madornale che troppi uomini di Chiesa stanno commettendo, è quello di scavare un solco profondo tra i popoli – che non vogliono perdersi nella dissoluzione morale e fisica imposta dalla globalizzazione – e la Chiesa stessa, vista come un’istituzione complice delle forze fautrici di tale dissoluzione. Una complicità del tutto innaturale, s’intende, la cui realizzazione presuppone il tradimento totale del magistero tradizionale cattolico, ma che nei fatti si sta consumando con un’impressionante accelerazione verso gli esiti più infelici.

    In relazione alla firma dei Patti Lateranensi – di cui lo scorso 11 febbraio è stato ricordato l’ottantottesimo anniversario – che sancirono la pace fra la Santa Sede e lo Stato italiano, dopo il travagliatissimo periodo post-unitario, abbiamo spesso sentito muovere alla Chiesa l’accusa di aver ceduto alle lusinghe del fascismo ed essere diventata “chiesa di regime”. Ora, al di là della consistenza di certe affermazioni volte a squalificare il significato dei Patti sanciti fra la Santa Sede ed il regime fascista, occorre guardare con lucidità alla sostanza ed agli effetti di quell’evento.

    Il Concordato Stato-Chiesa del 1929, da parte cattolica può essere considerato un felice esempio di accordo fra le due istituzioni che, su piani distinti e non contrapposti, si occupano della vita delle persone e del consorzio umano associato. Grazie ai Patti Lateranensi, infatti, alla Chiesa fu riconosciuto quel ruolo di guida spirituale e morale della nazione che lo Stato liberale nato dal Risorgimento aveva disconosciuto, indicando anzi nella Chiesa stessa, e nella fede da essa custodita e trasmessa, il nemico principale della “nuova Italia”. Il Concordato, inoltre, riconobbe la religione cattolica come religione di Stato e restituì alla Chiesa tutta la libertà necessaria allo svolgimento della sua missione.

    Oggi – a fronte dei ripetuti atti che mostrano una inequivocabile ed imbarazzante vicinanza della Chiesa al globalismo, quasi mostrandone il ruolo ad essa riservato di supporto “spirituale” e morale nell’opera di instaurazione del mondialistico e massonico Nuovo Ordine Mondiale – vien da domandarsi: la gerarchia ecclesiastica, che dal pontificato di Giovanni XXIII (1958 – 1963) persegue la via dell’innaturale connubio con le forze culturali e politiche della modernità (liberali, laiciste, progressiste), cosa spera di ottenere dal supporto offerto ad un sistema di potere le cui radici sono intrinsecamente avverse al cristianesimo? Nulla a vantaggio della Fede, ovviamente. Solo la speranza di una sopravvivenza meschina, segnata dal marchio infame del tradimento.

    ————————————————

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    2017-02-14 L’Osservatore Romano

    Di fronte alle preoccupazioni provocate dalla crisi occupazionale in Italia e dalla crescita dei populismi e dei nazionalismi in tutto il mondo, il cardinale Pietro Parolin ha lanciato un appello “alla politica” affinché torni «a cogliere le esigenze concrete della gente», dando «risposte concrete».

    In occasione di un’intervista televisiva, concessa al vaticanista del Tg1 Ignazio Ingrao e trasmessa nell’edizione delle ore 20 del 13 febbraio, il segretario di Stato si è dapprima soffermato sul tema dell’occupazione. «Credo davvero che il lavoro — ha detto — costituisca una delle emergenze dei nostri giorni, di fronte alla quale la Chiesa vorrebbe richiamare proprio quei principi di solidarietà sociale che devono essere alla base di ogni convivenza civile». Da qui la preoccupazione, espressa dal porporato «che talvolta la politica sia troppo distante, viva quasi — per usare una parola del Papa — in un mondo autoreferenziale». Invece, ha auspicato, essa «deve saper cogliere quelle che sono le esigenze della gente, e della gente concreta, e deve saper ridare delle risposte che siano risposte concrete, in modo tale che la gente torni a vivere e a sperare».

    Anche in materia di populismi e nazionalismi il cardinale Parolin si è detto preoccupato. Anche perché, ha spiegato, «c’è il rischio — e il Papa lo ricordava tempo fa — che in un certo senso la storia si ripeta. Certamente queste chiusure non son un buon segno. Molti di questi fenomeni di chiusura nascono proprio dalla paura. E la paura — ha concluso il segretario di Stato — non è mai una buona consigliera».

    .

    fonte: Ordine Futuro
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 

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