A chi non piacerebbe vivere in una città dove l’uso dell’automobile è superfluo perché lavoro, servizi e attività ricreative sono raggiungibili con un tragitto di appena 15 minuti a piedi o in bicicletta? È il principio ispiratore delle cosiddette “città dei 15 minuti” teorizzato dall’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno e portato alla ribalta dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, nel 2020. Dopo la pandemia, l’idea di una città a misura d’uomo, meno trafficata e inquinante, incentrata sulla vita di quartiere, ha attirato le attenzioni non solo delle grandi metropoli, ma anche dei centri più piccoli. Come Oxford, storica città universitaria in Inghilterra con meno di 200mila abitanti, che ha approvato un progetto pilota da 6,5 milioni di sterline per disincentivare il ricorso alle auto private e premiare i percorsi pedonali, ciclistici e sui mezzi del trasporto pubblico. Il piano prevede, ad esempio, l’allocazione di sei filtri anti-traffico nella zona medievale per scoraggiare i viaggi non necessari in macchina. A chi non dispone di un permesso di guida nell’area sarà comminata una multa di 70 sterline, ma sono comunque garantite numerose esenzioni e cento permessi eccezionali per veicolo nell’anno solare. Secondo le stime, il traffico, così indirizzato sulle vie non residenziali, si ridurrà del 35%, le vittime della strada del 9%, l’inquinamento del 91% e i bus saranno del 15% più veloci.

Eppure, nonostante le buone intenzioni, contro il progetto si è coagulata una strana alleanza fra residenti insofferenti ai parcheggi lontani dal centro e complottisti. Subito dopo l’annuncio, l’assessore ai trasporti, Duncan Enright, ha ricevuto minacce di morte e come lui diversi membri della giunta. Fatto ancora più curioso, i messaggi intimidatori sono arrivati da ogni parte del mondo. “Ma è vero che non potremo uscire di casa e che sarà proprio come il lockdown del Covid?”, hanno cominciato a chiedere gli abitanti di Oxford spaventati. Su Tik Tok circolano infatti video con centinaia di migliaia di visualizzazioni che descrivono l’esperimento di Oxford come la trama di un film distopico, in cui a nessuno è concesso di lasciare la propria zona senza autorizzazione. Ma non sono soltanto i disinformatori amatoriali a inquinare il dibattito. Ha ricevuto 7,6 milioni di visualizzazioni un tweet di Jordan Peterson, psicologo canadese diventato guru della destra americana e da poco reinstallato su Twitter da Elon Musk, in cui il progetto anti-traffico di Oxford è definito un complotto “ben documentato” di “burocrati idioti e tirannici”. L’ex leader della Brexit Nigel Farage ha commentato la notizia del progetto urbanistico scrivendo che “i lockdown climatici stanno arrivando”, mentre su GB News, la versione britannica di Fox News, il conduttore Mark Dolan l’ha ricondotto a una “cultura della sorveglianza da far invidia a Pyongyang” e la commentatrice Lois Perry ha suggerito che sia stato ordinato dal Partito Comunista Cinese.

La teoria della cospirazione è arrivata infine sulla grande stampa – il Telegraph ha stroncato la riduzione dei limiti di velocità e delle zone a bassa intensità di traffico come un “complotto per reinventare il feudalesimo, un’epoca in cui la gente di rado si allontanava dal proprio villaggio ed era tassata se osava farlo” – e persino in Parlamento. Il 9 febbraio, il deputato conservatore Nick Fletcher è intervenuto, fra le risate dei laburisti, per dire che la città dei 15 minuti è un concetto formulato dalla “internazionale socialista” per “privarci della libertà”. Invece di contraddirlo, Penny Mordaunt, leader della Camera dei Comuni, ha preferito assecondarlo aggiungendo che “la vita delle persone che lavorano sodo è già abbastanza complicata, specialmente in questo momento, mentre cerchiamo di stimolare le economie locali”.

Alla base di questa narrazione senza fondamento c’è il presupposto che i governi mondiali stiano concertando politiche per il controllo sociale della popolazione, il cosiddetto “Grande Reset”, con il pretesto di “finte emergenze”: prima la pandemia, ora i cambiamenti climatici. Nella manifestazione che sabato 18 febbraio ha visto a Oxford la partecipazione di migliaia di persone, tali paure erano espresse molto chiaramente, come hanno documentato i giornalisti Dave Vetter e Alix Kroeger. Sui cartelli di chi protestava si leggevano frasi come “No alle smart city: la libertà di viaggiare è un diritto umano”, “No alle città dei 15 minuti, ai vaccini, al 5G, alla cancel culture e al Nuovo Ordine Mondiale”, “Non c’è nessuna emergenza climatica”, “le città dei 15 minuti sono il ghetto di Varsavia rivisitato”, “i governi vi mentono, incarcerateli, no alla schiavizzazione dell’umanità”. Come durante le marce no-vax, l’estrema destra ha tentato di strumentalizzare il malcontento. Lo ha notato un reporter del quotidiano locale di Oxford, Tom Seaward, che tra la folla ha avvistato e poi intervistato Joe Marsh del partito neonazista Patriotic Alternative.

La vicenda inglese è interessante perché, come Oxford, numerose metropoli globali, riunite sotto il cappello dell’organizzazione C40, stanno aderendo al concetto delle città dei 15 minuti. Tra queste figurano anche le italiane Roma e Milano, i cui sindaci Sala e Gualtieri puntano a rivitalizzare i quartieri e migliorare la qualità dell’aria attraverso politiche più incisive di prossimità territoriale per la popolazione urbana. Nove città italiane, poi, cioè Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino, sono state selezionate dall’Unione europea per anticipare dal 2050 al 2030 il traguardo di azzeramento delle emissioni. In questo senso, si devono leggere la progressiva estensione delle zone a traffico limitato, i divieti di circolazione per le auto più inquinanti e l’introduzione di limiti di velocità a 30 chilometri orari, come proposto da Milano e Bologna.

Per ora le polemiche italiane, ad esempio sollevate da Salvini, non hanno assunto connotazioni complottiste come Oltremanica. Eppure, quanto accaduto a Oxford ci si presenta come monito, perché fa intravedere la facilità con cui persone già radicalizzate durante la pandemia nell’opposizione ai vaccini e ai pass vaccinali possono rimobilitarsi anche contro i provvedimenti ambientalisti. Il rischio, insomma, è di ritrovarsi con un nuovo movimento globale che crede che i cambiamenti climatici siano un’invenzione di ricche élite con l’auto elettrica in garage.

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