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    Predefinito Thiriart, l’Europa nazione e i rischi di un “cosmopolitismo di destra”

    Roma, 5 feb – Sul sito della rivista Eurasia è uscito un articolo, intitolato L’Europa come rivoluzione, concernente un incontro tenutosi lo scorso gennaio sul libro di Lorenzo Disogra, L’Europa come rivoluzione: pensiero e azione di Jean Thiriart, pubblicato dalle Edizioni all’insegna del Veltro. Dell’articolo, il cui autore è Augusto Marsigliante, tratterò un solo punto, che ho trovato assai significativo; l’autore infatti parla, ovviamente in riferimento a Thiriart, «del progetto di una Europa nazione di stampo giacobino (notevole su di lui risulta l’influenza della rivoluzione francese per quanto riguarda un modello statale centralizzato e unitario)». Concetto ribadito più oltre, praticamente con le stesse parole, sempre a proposito di una Europa «giacobina, centralizzata e unitaria».

    Un cosmopolitismo al contrario?
    Questi passi hanno il pregio della chiarezza, illustrando, come meglio non si potrebbe, la natura del progetto thiriartiano. Innanzitutto, parlare di «Europa nazione» significa farsi portatori di un progetto totalmente astratto e artificiale, ottenibile solo a prezzo della dissoluzione delle nazioni concrete che compongono il nostro continente. In breve, ci si trova di fronte a una prospettiva che prevede un melting pot su scala continentale, con la contestuale creazione, tutta ideologica, di una fantomatica «nazione europea» in realtà mai esistita nella storia. In cosa si discosti un simile progetto, nella sua essenza, dai tanti utopismi globalisti in circolazione riesce difficile da capire.

    D’altronde, l’intima natura assimilazionista e indifferenziatrice di un simile progetto è ulteriormente chiarita dal rimando al giacobinismo, ovvero alla più livellatrice e omologante ideologia del periodo rivoluzionario. Già anticipato ad esempio dal grande dibattito sull’emancipazione ebraica, svoltosi in piena rivoluzione all’insegna della parola d’ordine «rifiutare tutto agli ebrei come nazione e dare tutto agli ebrei come individui», che implicava la scomparsa di una qualsiasi specifica identità ebraica, il giacobinismo porterà alle estreme conseguenze la cancellazione di ogni differenza, a favore di una visione radicalmente assimilazionista della nazione. Lo conferma, ma è un esempio tra i tanti, il rapporto di Barère al Comitato di sicurezza generale del gennaio 1794, in cui si legge che «il federalismo e la superstizione parlano bretone, il fanatismo parla basco», col quale si auspicava la scomparsa di ogni lingua locale al fine di promuovere l’uso esclusivo del francese. Stesso auspicio dell’Abbé Grégoire quando redigeva, nello stesso periodo e nel medesimo tipico lessico giacobino, il suo Rapport sur la nécessité et les moyens d’anéantir les patois [le lingue locali] et d’universaliser l’usage de la langue française.


    Il progetto di Thiriart
    In breve, l’Europa giacobina di Thiriart comporterebbe il definitivo tramonto dell’Europa reale, intessuta di differenze, plurale, irriducibile a ogni reductio ad unum, mosaico straordinario di popoli e di storie, sostituita da uno spazio senz’anima e senza destino, manifestazione esclusiva di una bruta volontà di potenza. Si assisterebbe, insomma, alla fine dell’Europa, con al suo posto uno spazio amorfo e indifferenziato. Un’Europa, questa sì, mera «espressione geografica». A ciò e non ad altro conduce il progetto thiriartiano.

    Oltretutto, Thiriart sembra completamente dimenticare che molti Stati coincidenti con un «grande spazio» sono federali, il che significa che l’esigenza giacobina centralizzatrice e unitaria è smentita non solo dalla storia europea ma anche dall’esistenza di Stati, dall’Australia al Canada, dagli Stati Uniti al Brasile, dall’India alla Russia, che uniscono appunto forma federale e grande proiezione geografica. Quindi è ben possibile immaginare un’Europa del futuro federale o confederata, cioè capace di rispettare le differenze che da sempre la compongono e al contempo di dar vita a una visione politica comune (non unitaria!). Insomma, l’Europa come legame di comunità (plurali), non come unione dispoticamente centralista.

    Europa e (con)federalismo
    Qualche rapida osservazione conclusiva può essere invece dedicata all’accostamento, questa volta, tra giacobinismo e sovranismo, di cui pure mi è capitato di leggere. Ora, a meno che non si prenda quello francese come unico e solo modello di sovranismo, cosa ovviamente del tutto errata, davvero c’è da rimanere perplessi di fronte a tale accostamento, in realtà del tutto infondato sia dal punto di vista storico che, per così dire, dottrinario. Storicamente, infatti, sono esistiti e continuano ad esistere Stati sovrani federali, come riportato in precedenza. D’altronde, anche a livello dottrinario, il sovranismo non osta affatto a una forma federale dello Stato, quindi aliena da centralismi livellatori, essendo una «categoria del politico» votata principalmente alla preservazione dello Stato medesimo da ogni ingerenza esterna e al perseguimento del proprio interesse in campo internazionale.

    Che poi sovranismo non significhi affatto chiusura verso l’esterno, o ripiegamento sterilmente «autarchico», è cosa talmente ovvia che non credo meriti ulteriori commenti. Così come poco contano le più varie obiezioni sulla condizione subordinata in cui versa oggigiorno l’Italia, che sono a tutti evidenti. Il sovranismo è, infatti, dottrina che lavora nell’oggi per un diverso futuro. È dottrina dinamica per molti versi vicina, a mio parere, alla tradizione rivoluzionario-conservatrice. Non è il rifugio di marginali, in quanto tali pateticamente massimalisti «per natura». E questo è quanto.

    Giovanni Damiano
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Predefinito Re: Thiriart, l’Europa nazione e i rischi di un “cosmopolitismo di destra”

    Jean Thiriart: l’Europa come rivoluzione
    di Francesco Boco
    Il profeta dell’Europa unita da Dublino a Vladivostok: autocratica, armata, anti-imperialista, comunitaria. Il destino rivoluzionario di una Grande Nazione: l’Eurasia.

    thiriartcelticaLe tesi di Jean Thiriart vengono oggi riscoperte, il concetto di Eurasia, che può apparire ai più come una novità assoluta, in realtà era già presente negli scritti di Jean Thiriart posteriori al crollo del Muro di Berlino, o ad esso appena precedenti, ma noi osiamo credere che fosse già una possibilità tenuta in considerazione anche negli anni della militanza politica di Jeune Europe (1). Unici ostacoli al tempo erano l’imperialismo sovietico ed il dogmatismo leninista-marxista, superati trent’anni dopo.

    Il concetto di Europa in Thiriart assume sin dall’inizio un’accezione rivoluzionaria. Era una presa di coscienza a cui tutti i veri rivoluzionari europei venivano chiamati: unico nemico oggettivo e globale venivano considerati gli Stati Uniti d’America.

    Eurasia vs U$A

    Nell’articolo L’Europa come Stato e l’Europa come Nazione si faranno contro gli USA viene affrontato il tema per niente secondario, e pertinente con quanto si dirà in seguito, dell’indipendenza dell’Europa – e quindi dell’Eurasia di cui oggi dibattiamo – dal controllo statunitense sul suolo continentale. Leggiamo dal testo: “L’Europa ufficiale non perviene a costituirsi poiché essa è impastoiata nella contraddizione esplicita di fare una nazione che già in partenza si riconosce essere alla dipendenza di un’altra”. Tema quanto mai attuale, così come attuale risulta la configurazione politica dell’Impero europeo. Chi oggi dubita dell’asservimento delle cricche di Bruxelles agli interessi d’Oltreoceano e a quelli del portafoglio? Siamo nel 2004 e le cose non sono certo migliorate, pure con la formazione, a parole, della Comunità Europea. Oggi più che mai è necessario riscoprire, rivedere ed attualizzare l’opera di Jean Thiriart.

    Da quanto detto sopra la conclusione che sia un dovere dell’Europa farsi contro gli USA. Poiché chi ritiene che il modello americano debba essere importato sul nostro continente agisce contro i nostri interessi e a favore di chi dal ’45 non si trova sul nostro suolo per il nostro bene, ma per conseguire i propri scopi politici, economici e soprattutto geopolitici a lungo termine. E da qui la sentenza lapidaria: “Chi collabora con gli Americani è un traditore dell’Europa”. Eppure Thiriart aveva ben presenti i pericoli insiti in una opposizione radicale nei confronti degli USA, ebbe a dire: “Una nazione si forgia nella lotta e si tempra col sangue. I rischi sono grossi ma bisogna correrli”(2).

    Prendendo ispirazione dal Risorgimento italiano, ed in particolare dalle cosiddette “Soluzioni garibaldine”, Thiriart propone quindi un’azione di liberazione armata dall’occupante statunitense. “Un rivoluzionario europeo deve quindi fin d’ora contemplare come un’ipotesi di lavoro un’eventuale lotta armata insurrezionale contro l’occupante americano”(3). D’altra parte non rappresenta una novità, per chi abbia una qualche conoscenza della vicenda thiriartiana, il progetto di formare delle Brigate Europee, che per svariate contingenze non videro mai la luce. Già nel 1967 scrisse: “Nel quadro di un’azione planetaria contro le usurpazioni dell’imperialismo degli Stati Uniti, cioè nel quadro di un’azione quadricontinentale contro Washington, bisogna contemplare una presenza militare europea che per il momento, nella stessa Europa, è prematura. Ma questa presenza militare può e deve affermarsi su altri teatri d’operazioni, in America del Sud, nel Vicino Oriente. […] Bisogna potersi far la mano in Bolivia o in Colombia, prima di fare lo stesso in Europa”(4).

    Quindi un’Europa rivoluzionaria, intesa come continente unito in totale opposizione all’egemonia liberal-capitalista statunitense; ed è pure necessario specificare che nel protendersi verso Est, l’Europa Nazione altro non era che l’Eurasia in potenza di cui oggi tanto si parla. Non a caso nel 1992 fece la sua comparsa un articolo di Thiriart dal titolo, divenuto poi un celebre ed efficace motto, L’Europa fino a Vladivostok , in cui si configura in linee generali quale dovrebbe essere la forma della nuova Europa, quella che noi oggi chiamiamo Eurasia. A distanza di quasi trent’anni dall’auspicio del formarsi di un Europa da Brest a Bucarest ecco quindi ripresentarsi Thiriart con una proposta provocatoria, stimolante e quanto mai futuribile: l’Europa da Dublino a Vladivostok.

    Lo Stato a dimensione continentale

    La necessità della formazione di uno spazio continentale armato prende le mosse da un avvenimento storico ben preciso da cui Thiriart trae le sue conclusioni: il crollo dell’URSS, dovuto in particolare all’insufficienza teorica della concezione statale marxista. Inconcepibile ed inaccettabile per Thiriart è l’idea marxista-anarchica dell’estinzione dello Stato e l’accettazione formale da parte di Lenin delle repubbliche indipendenti. Insomma le fondamenta della costruzione sovietica erano già marce. Non può durare uno Stato continentale quale l’URSS se al suo interno vi sono divisioni regionali, federaliste o di altro tipo, pure se formali. I cosiddetti “satelliti” sovietici oggi sono per la maggior parte divenuti vassalli della potenza USA, nella minor parte Stati a sé stanti. Il crollo dell’URSS permette allora al geopolitico belga, ma forse avrebbe gradito di più europeo, di estendere le sue teorie alla vastissima massa orientale considerata quale naturale completamento dell’Europa fino a Bucarest di cui abbiamo detto. Nel concepire lo Stato continentale, la Grande Nazione, l’Imperium, Thiriart prende ispirazione da una frase dell’abate Sieyes: “Sovrana è soltanto la Nazione. La Nazione non ha ordini, né classi, né gruppi. La sovranità non si divide e non si trasmette.” Essendo la sua una visione giacobina dello Stato afferma che esso dovrà essere laico e nessun aspetto della sfera privata, del Dominium, dovrà interferire negli affari della società. La nazione continentale, l’Eurasia di domani, nella visione thiriartiana, dovrà essere uno Stato politico, un sistema aperto ed in espansione, così definito: “Lo Stato politico rappresenta l’espressione della volontà degli uomini liberi verso un futuro collettivo. Lo stato politico […] consente agli individui di conservare l’individualità personale nel quadro della società”(5). Thiriart tratta di uno Stato unitario delle nazioni europee, depurato delle teorie federative e autonomiste. Esso deve considerarsi INDIVISIBILE.

    Poco sopra abbiamo utilizzato i termini Imperium e Dominium; essi vengono utilizzati diffusamente da Thiriart per descrivere le due sfere del politico da prendere in considerazione nel momento in cui si vada a strutturare l’Europa-continente.

    Imperium, lo Stato-continente unitario

    Imperium rappresenta l’Europa unita, all’interno della quale non vi possono essere divisioni né minoranze. Esso rappresenta un’unità comunitaria di uomini(6). Solo un Imperium potente – poiché, dirà altrove, è la potenza a garantire la libertà -, dinamico e spietato nel conseguire i suoi scopi avrà un futuro. E quindi sarà necessario che uno Stato che voglia essere indipendente sia armato in maniera adeguata, e perché ciò sia possibile esso dovrà conseguire un grado di sviluppo demografico, economico ed industriale sufficiente e soprattutto essere autarchico per quanto concerne le materie prime. Sarà quindi necessaria un’unione tra l’Europa occidentale, altamente industrializzata, e la sconfinata Siberia, fornita di inesauribili risorse(7).

    “L’esercito è popolare e integrato […]. Questo esercito sarà completamente subordinato al potere politico”. Thiriart parlerà anche di libera mobilità dei lavoratori all’interno della Grande Nazione e di una valuta unica per tutto il territorio. Il comunitarismo thiriartiano stimola la libera impresa e la concorrenza tra piccoli produttori, tra aziende con un ridotto numero di lavoratori, mentre prevede un controllo statale per le imprese con un volume di occupazione piuttosto alto. E’ un sistema “a geometria variabile”, intermedio fra capitalismo industriale e socialismo classico. In sostanza si tratta del lavoro di tutti per il bene di tutti, pure con una certa autonomia concessa nel piano del privato e degli interessi personali. Altrove ammetterà l’importanza della proprietà privata perchè radica l’uomo.

    Dominium, la sfera del privato

    Il Dominium rappresenta invece la sfera del privato, l’individuo con le sue particolarità e necessità personali, intime. Ogni libertà che non leda all’unità ed alla stabilità dell’Imperium è quindi garantita nella sfera privata. A Thiriart sta molto a cuore il tema della religione e della sua influenza negli affari di Stato. Come già detto egli concepisce lo Stato laico e comunitario nell’usanza giacobina-bolscevica; la religione rappresenta un’attività privata che per nessun motivo deve influire nella sfera sociale, pubblica. “Nell’Imperium laico dell’Unione delle repubbliche europee la libertà di confessione religiosa sarà permessa (preferirei scrivere “ammessa”) nel quadro del Dominium e soppressa inesorabilmente al primo tentativo di interferire con l’area di competenza dell’Imperium“(8).

    La configurazione in linee generali dell’Impero dal Dublino a Vladivostok diviene quanto mai necessaria nel momento in cui la Russia perde ogni possibilità di essere una potenza a livello mondiale. Gli USA rappresentano l’unico nemico per la Russia, la loro azione di disgregazione della passata URSS e poi della odierna Russia furono previste da Thiriart; oggi noi individuiamo la minaccia nelle azioni di accerchiamento messe in atto dalla potenza talassocratica.

    L’Eurasia come Rivoluzione

    “Se la conservazione è il contrario della Tradizione che è rivoluzionaria, la Sovversione, come tutti i fenomeni di ribellismo del mondo moderno, è una rivoluzione di segno contrario, una Contro-rivoluzione, sempre nel senso tradizionale del termine. Essa infatti, nel momento stesso in cui pretende di distruggere le forme del presente (e questo è il suo aspetto più positivo) lo fa nel nome e nel segno della “modernità”, come categoria mentale e spirituale […]. La sovversione tende a ribaltare le forme del passato per conservare l’essenza del presente, cioè il modernismo antitradizionale, cercando così di arrestare il vero processo rivoluzionario che chiuda un ciclo e ne apra uno nuovo. E’ insomma un’altra forma della conservazione […]. Nel mondo moderno, alla fine di un ciclo, ogni distruzione del passato e del presente è propedeutica al compiersi del ciclo storico medesimo”(9).

    I pensieri di Jean Thiriart ci introducono alle prospettive future nel migliore dei modi. L’Eurasia in potenza, un continente nei fatti sotto assedio prima ancora della sua creazione, rappresenta quindi la distruzione di ogni passato e presente ancorato ai canoni temporali della modernità.

    Un superamento di ogni contrapposizione creata ad arte, il rifiuto dell’ottica distorta dello “scontro di civiltà”, ma soprattutto l’identificazione dell’unico Nemico: “Motivazioni e fini possono essere divergenti, ma il Nemico è unico e supera ogni barriera ideologica o politica; solo chi ragiona così è un vero rivoluzionario, a prescindere dalla rivoluzione che ha in mente. […]E’ la teorizzazione dei due fronti e molte trincee”(10).

    La Rivoluzione nel segno della Tradizione per l’Eurasia e, conseguentemente, per la Terra tutta, avverrà attraverso una unione continentale spirituale, politica, militare ed economica di tutte le genti da Reykjavik a Vladivostok, dall’Atlantico al Pacifico. Solo con la liberazione rivoluzionaria di tutte le genti sfruttate ed oppresse della Terra potrà avvenire la catarsi che ci condurrà alla nuova alba, al nuovo ciclo di prosperità e luce(11).

    Note

    1 – “In un tempo più lontano la frontiera dell’Europa passerà indubbiamente per Vladivostok, poiché pensiamo che l’istinto di conservazione finirà per vincere sulle ideologie e che in quel giorno la Russia avrà bisogno degli Europei per arginare la marea gialla.” Da J. Thiriart, La grande nazione – 65 tesi sull’Europa, SEB 1992. Il testo è stato pubblicato per la prima volta negli anni ’60.
    2 – Jean Thiriart, L’Europa come Stato e l’Europa come…, dal sito Progetto Eurasia.
    3 – Ibidem.
    4 – Tratto da J. Thiriart, USA: le declin d’une egemonie, in La Nation Européenne, nr. 18, luglio 1967, p. 4/8 , citato in Da Jeune Europe alle Brigate Rosse, SEB, pag. 33.
    5 – Jean Thiriart, L’Europa fino a Vladivostok 1992, dal sito Progetto Eurasia.
    6 – “Nello Stato politico non possono esservi “minoranze”, giacchè queste hanno a che fare soltanto con le individualità, mentre la collettività ha a che fare con l’Imperium“. J. Thiriart, Art. cit.
    7 – Ancora intorno al concetto di Imperium di cui sopra: lo Stato continentale così configurato postula che nessun territorio può distaccarsi da esso o rendersi in qualche modo autonomo, eppure questo Impero non si estenderà per conquiste ma per annessione volontaria.
    8 – J. Thiriart, Art. cit.
    9 – da Carlo Terracciano, Rivolta contro il mondialismo moderno, Noctua Edizioni, 2002, pag. 144.
    10 – C. Terracciano, op. cit., pag. 145.
    11 – Cfr. a questo proposito, seppure incompleto, il nostro articolo L’avanguardia di liberazione rivoluzionaria: le Tre Alleanze ovvero le Tre Unioni in www.terradegliavi.org.
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    Predefinito Re: Thiriart, l’Europa nazione e i rischi di un “cosmopolitismo di destra”

    L’EUROPA COME RIVOLUZIONE: JEAN THIRIART


    Le tesi di Jean Thiriart vengono oggi riscoperte, il concetto di Eurasia, che può apparire ai più come una novità assoluta, in realtà era già presente negli scritti di Jean Thiriart posteriori al crollo del Muro di Berlino, o ad esso appena precedenti, ma noi osiamo credere che fosse già una possibilità tenuta in considerazione anche negli anni della militanza politica di Jeune Europe. Unici ostacoli al tempo erano l’imperialismo sovietico ed il dogmatismo leninista-marxista, superati trent’anni dopo.

    Il concetto di Europa in Thiriart assume sin dall’inizio un’accezione rivoluzionaria. Era una presa di coscienza a cui tutti i veri rivoluzionari europei venivano chiamati: unico nemico oggettivo e globale venivano considerati gli Stati Uniti d’America.

    Eurasia vs U$A

    Nell’articolo L’Europa come Stato e l’Europa come Nazione si faranno contro gli USA viene affrontato il tema per niente secondario, e pertinente con quanto si dirà in seguito, dell’indipendenza dell’Europa – e quindi dell’Eurasia di cui oggi dibattiamo – dal controllo statunitense sul suolo continentale. Leggiamo dal testo: “L’Europa ufficiale non perviene a costituirsi poiché essa è impastoiata nella contraddizione esplicita di fare una nazione che già in partenza si riconosce essere alla dipendenza di un’altra”. Tema quanto mai attuale, così come attuale risulta la configurazione politica dell’Impero europeo. Chi oggi dubita dell’asservimento delle cricche di Bruxelles agli interessi d’Oltreoceano e a quelli del portafoglio? Siamo nel 2004 e le cose non sono certo migliorate, pure con la formazione, a parole, della Comunità Europea. Oggi più che mai è necessario riscoprire, rivedere ed attualizzare l’opera di Jean Thiriart.

    Da quanto detto sopra la conclusione che sia un dovere dell’Europa farsi contro gli USA. Poiché chi ritiene che il modello americano debba essere importato sul nostro continente agisce contro i nostri interessi e a favore di chi dal ’45 non si trova sul nostro suolo per il nostro bene, ma per conseguire i propri scopi politici, economici e soprattutto geopolitici a lungo termine. E da qui la sentenza lapidaria: “Chi collabora con gli Americani è un traditore dell’Europa”. Eppure Thiriart aveva ben presenti i pericoli insiti in una opposizione radicale nei confronti degli USA, ebbe a dire: “Una nazione si forgia nella lotta e si tempra col sangue. I rischi sono grossi ma bisogna correrli”.

    Prendendo ispirazione dal Risorgimento italiano, ed in particolare dalle cosiddette “Soluzioni garibaldine”, Thiriart propone quindi un’azione di liberazione armata dall’occupante statunitense. “Un rivoluzionario europeo deve quindi fin d’ora contemplare come un’ipotesi di lavoro un’eventuale lotta armata insurrezionale contro l’occupante americano”. D’altra parte non rappresenta una novità, per chi abbia una qualche conoscenza della vicenda thiriartiana, il progetto di formare delle Brigate Europee, che per svariate contingenze non videro mai la luce. Già nel 1967 scrisse: “Nel quadro di un’azione planetaria contro le usurpazioni dell’imperialismo degli Stati Uniti, cioè nel quadro di un’azione quadricontinentale contro Washington, bisogna contemplare una presenza militare europea che per il momento, nella stessa Europa, è prematura. Ma questa presenza militare può e deve affermarsi su altri teatri d’operazioni, in America del Sud, nel Vicino Oriente. […] Bisogna potersi far la mano in Bolivia o in Colombia, prima di fare lo stesso in Europa”.

    Quindi un’Europa rivoluzionaria, intesa come continente unito in totale opposizione all’egemonia liberal-capitalista statunitense; ed è pure necessario specificare che nel protendersi verso Est, l’Europa Nazione altro non era che l’Eurasia in potenza di cui oggi tanto si parla. Non a caso nel 1992 fece la sua comparsa un articolo di Thiriart dal titolo, divenuto poi un celebre ed efficace motto, L’Europa fino a Vladivostok , in cui si configura in linee generali quale dovrebbe essere la forma della nuova Europa, quella che noi oggi chiamiamo Eurasia. A distanza di quasi trent’anni dall’auspicio del formarsi di un Europa da Brest a Bucarest ecco quindi ripresentarsi Thiriart con una proposta provocatoria, stimolante e quanto mai futuribile: l’Europa da Dublino a Vladivostok.

    Lo Stato a dimensione continentale

    La necessità della formazione di uno spazio continentale armato prende le mosse da un avvenimento storico ben preciso da cui Thiriart trae le sue conclusioni: il crollo dell’URSS, dovuto in particolare all’insufficienza teorica della concezione statale marxista. Inconcepibile ed inaccettabile per Thiriart è l’idea marxista-anarchica dell’estinzione dello Stato e l’accettazione formale da parte di Lenin delle repubbliche indipendenti. Insomma le fondamenta della costruzione sovietica erano già marce. Non può durare uno Stato continentale quale l’URSS se al suo interno vi sono divisioni regionali, federaliste o di altro tipo, pure se formali. I cosiddetti “satelliti” sovietici oggi sono per la maggior parte divenuti vassalli della potenza USA, nella minor parte Stati a sé stanti. Il crollo dell’URSS permette allora al geopolitico belga, ma forse avrebbe gradito di più europeo, di estendere le sue teorie alla vastissima massa orientale considerata quale naturale completamento dell’Europa fino a Bucarest di cui abbiamo detto. Nel concepire lo Stato continentale, la Grande Nazione, l’Imperium, Thiriart prende ispirazione da una frase dell’abate Sieyes: “Sovrana è soltanto la Nazione. La Nazione non ha ordini, né classi, né gruppi. La sovranità non si divide e non si trasmette.” Essendo la sua una visione giacobina dello Stato afferma che esso dovrà essere laico e nessun aspetto della sfera privata, del Dominium, dovrà interferire negli affari della società. La nazione continentale, l’Eurasia di domani, nella visione thiriartiana, dovrà essere uno Stato politico, un sistema aperto ed in espansione, così definito: “Lo Stato politico rappresenta l’espressione della volontà degli uomini liberi verso un futuro collettivo. Lo stato politico […] consente agli individui di conservare l’individualità personale nel quadro della società”. Thiriart tratta di uno Stato unitario delle nazioni europee, depurato delle teorie federative e autonomiste. Esso deve considerarsi INDIVISIBILE.

    Poco sopra abbiamo utilizzato i termini Imperium e Dominium; essi vengono utilizzati diffusamente da Thiriart per descrivere le due sfere del politico da prendere in considerazione nel momento in cui si vada a strutturare l’Europa-continente.

    Imperium, lo Stato-continente unitario

    Imperium rappresenta l’Europa unita, all’interno della quale non vi possono essere divisioni né minoranze. Esso rappresenta un’unità comunitaria di uomini. Solo un Imperium potente – poiché, dirà altrove, è la potenza a garantire la libertà -, dinamico e spietato nel conseguire i suoi scopi avrà un futuro. E quindi sarà necessario che uno Stato che voglia essere indipendente sia armato in maniera adeguata, e perché ciò sia possibile esso dovrà conseguire un grado di sviluppo demografico, economico ed industriale sufficiente e soprattutto essere autarchico per quanto concerne le materie prime. Sarà quindi necessaria un’unione tra l’Europa occidentale, altamente industrializzata, e la sconfinata Siberia, fornita di inesauribili risorse.

    “L’esercito è popolare e integrato […]. Questo esercito sarà completamente subordinato al potere politico”. Thiriart parlerà anche di libera mobilità dei lavoratori all’interno della Grande Nazione e di una valuta unica per tutto il territorio. Il comunitarismo thiriartiano stimola la libera impresa e la concorrenza tra piccoli produttori, tra aziende con un ridotto numero di lavoratori, mentre prevede un controllo statale per le imprese con un volume di occupazione piuttosto alto. E’ un sistema “a geometria variabile”, intermedio fra capitalismo industriale e socialismo classico. In sostanza si tratta del lavoro di tutti per il bene di tutti, pure con una certa autonomia concessa nel piano del privato e degli interessi personali. Altrove ammetterà l’importanza della proprietà privata perchè radica l’uomo.

    Dominium, la sfera del privato

    Il Dominium rappresenta invece la sfera del privato, l’individuo con le sue particolarità e necessità personali, intime. Ogni libertà che non leda all’unità ed alla stabilità dell’Imperium è quindi garantita nella sfera privata. A Thiriart sta molto a cuore il tema della religione e della sua influenza negli affari di Stato. Come già detto egli concepisce lo Stato laico e comunitario nell’usanza giacobina-bolscevica; la religione rappresenta un’attività privata che per nessun motivo deve influire nella sfera sociale, pubblica. “Nell’Imperium laico dell’Unione delle repubbliche europee la libertà di confessione religiosa sarà permessa (preferirei scrivere “ammessa”) nel quadro del Dominium e soppressa inesorabilmente al primo tentativo di interferire con l’area di competenza dell’Imperium“.

    La configurazione in linee generali dell’Impero dal Dublino a Vladivostok diviene quanto mai necessaria nel momento in cui la Russia perde ogni possibilità di essere una potenza a livello mondiale. Gli USA rappresentano l’unico nemico per la Russia, la loro azione di disgregazione della passata URSS e poi della odierna Russia furono previste da Thiriart; oggi noi individuiamo la minaccia nelle azioni di accerchiamento messe in atto dalla potenza talassocratica.

    L’Eurasia come Rivoluzione

    “Se la conservazione è il contrario della Tradizione che è rivoluzionaria, la Sovversione, come tutti i fenomeni di ribellismo del mondo moderno, è una rivoluzione di segno contrario, una Contro-rivoluzione, sempre nel senso tradizionale del termine. Essa infatti, nel momento stesso in cui pretende di distruggere le forme del presente (e questo è il suo aspetto più positivo) lo fa nel nome e nel segno della “modernità”, come categoria mentale e spirituale […]. La sovversione tende a ribaltare le forme del passato per conservare l’essenza del presente, cioè il modernismo antitradizionale, cercando così di arrestare il vero processo rivoluzionario che chiuda un ciclo e ne apra uno nuovo. E’ insomma un’altra forma della conservazione […]. Nel mondo moderno, alla fine di un ciclo, ogni distruzione del passato e del presente è propedeutica al compiersi del ciclo storico medesimo”.

    I pensieri di Jean Thiriart ci introducono alle prospettive future nel migliore dei modi. L’Eurasia in potenza, un continente nei fatti sotto assedio prima ancora della sua creazione, rappresenta quindi la distruzione di ogni passato e presente ancorato ai canoni temporali della modernità.

    Un superamento di ogni contrapposizione creata ad arte, il rifiuto dell’ottica distorta dello “scontro di civiltà”, ma soprattutto l’identificazione dell’unico Nemico: “Motivazioni e fini possono essere divergenti, ma il Nemico è unico e supera ogni barriera ideologica o politica; solo chi ragiona così è un vero rivoluzionario, a prescindere dalla rivoluzione che ha in mente. […]E’ la teorizzazione dei due fronti e molte trincee”.

    La Rivoluzione nel segno della Tradizione per l’Eurasia e, conseguentemente, per la Terra tutta, avverrà attraverso una unione continentale spirituale, politica, militare ed economica di tutte le genti da Reykjavik a Vladivostok, dall’Atlantico al Pacifico. Solo con la liberazione rivoluzionaria di tutte le genti sfruttate ed oppresse della Terra potrà avvenire la catarsi che ci condurrà alla nuova alba, al nuovo ciclo di prosperità e luce.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Predefinito Re: Thiriart, l’Europa nazione e i rischi di un “cosmopolitismo di destra”

    Thiriart e la Jeune Europe – Parte prima


    Jean-François Thiriart era nato a Bruxelles il 22 marzo 1922 da una famiglia di cultura liberale originaria di Liegi. In gioventù militò attivamente nella Jeune Garde Socialiste Unifiée e nell’Union Socialiste Anti-Fasciste. Per un certo periodo collaborò col professor Kessamier, presidente della società filosofica Fichte Bund, una filiazione del movimento nazionalbolscevico amburghese; poi, assieme ad altri elementi dell’estrema sinistra favorevoli ad un’alleanza del Belgio col Reich nazionalsocialista, aderì all’associazione degli Amis du Grand Reich Allemand. Per questa scelta, nel 1943 fu condannato a morte dai collaboratori belgi degli Angloamericani: la radio inglese inserì il suo nome nella lista di proscrizione che venne comunicata ai résistants con le istruzioni per l’uso. Dopo la “Liberazione”, nei suoi confronti fu applicato un articolo del Codice Penale belga opportunamente rielaborato a Londra nel 1942 dalle marionette belghe degli Atlantici. Trascorse alcuni anni in carcere e, quando uscì, il giudice lo privò del diritto di scrivere.

    Nel 1960, all’epoca della decolonizzazione del Congo, Thiriart partecipa alla fondazione del Comité d’Action et de Défense des Belges d’Afrique, che di lì a poco diventa il Mouvement d’Action Civique. In veste di rappresentante di questo organismo, il 4 marzo 1962 Thiriart incontra a Venezia gli esponenti di altri gruppi politici europei; ne esce una dichiarazione comune, in cui i presenti si impegnano a dar vita a “un Partito Nazionale Europeo, centrato sull’idea dell’unità europea, che non accetti la satellizzazione dell’Europa occidentale da parte degli USA e non rinunci alla riunificazione dei territori dell’Est, dalla Polonia alla Bulgaria passando per l’Ungheria”. Ma il progetto del Partito europeo abortisce ben presto, a causa delle tendenze piccolo-nazionaliste dei firmatari italiani e tedeschi del Manifesto di Venezia.

    La lezione che Thiriart trae da questo fallimento è che il Partito europeo non può nascere da un’alleanza di gruppi e movimenti piccolo-nazionali, ma deve essere fin da principio un’organizzazione unitaria su scala europea. Nasce così, nel gennaio 1963, la Giovane Europa (Jeune Europe), un movimento fortemente strutturato che ben presto si impianta in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. Il programma della Giovane Europa si trova esposto nel Manifesto alla Nazione Europea, che esordisce così: “Tra il blocco sovietico e il blocco degli USA, il nostro compito è di edificare una grande Patria: l’Europa unita, potente, comunitaria (…) da Brest sino a Bucarest”. La scelta è a favore di un’Europa decisamente unitaria: “Europa federale o Europa delle Patrie sono delle concezioni che nascondono la mancanza di sincerità e la senilità di coloro che le difendono (…) Noi condanniamo i piccoli nazionalismi che mantengono le divisioni tra i cittadini della NAZIONE EUROPEA”. L’Europa deve optare per una neutralità forte e armata e disporre di una forza atomica propria; deve “ritirarsi dal circo dell’ONU” e sostenere l’America Latina, che “lotta per la sua unità e per la sua indipendenza”. Il Manifesto abbozza un’alternativa ai sistemi sociali vigenti nelle due Europe, proclamando la “superiorità del lavoratore sul capitalista” e la “superiorità dell’uomo sul formicaio”: “Noi vogliamo una comunità dinamica con la partecipazione nel lavoro di tutti gli uomini che la compongono”. Alla democrazia parlamentare e alla partitocrazia viene contrapposto una rappresentanza organica: “un Senato politico, il Senato della Nazione Europea basato sulle province europee e composto delle più alte personalità nel campo della scienza, del lavoro, delle arti e delle lettere; una Camera sindacale che rappresenti gli interessi di tutti i produttori dell’Europa liberata dalla tirannia finanziaria e politica straniera”. Il Manifesto conclude così: “Noi rifiutiamo l’Europa teorica. Noi rifiutiamo l’Europa legale. Noi condanniamo l’Europa di Strasburgo per crimine di tradimento. (…) O vi sarà una NAZIONE o non vi sarà indipendenza. A questa Europa legale che rifiutiamo, noi opponiamo l’Europa legittima, l’Europa dei popoli, la nostra Europa. NOI SIAMO LA NAZIONE EUROPEA”.

    Accanto a una scuola per la formazione politica dei militanti (che dal 1966 al 1968 pubblica mensilmente “L’Europe Communautaire”), la Giovane Europa cerca di dar vita a un Sindacato Comunitario Europeo e, nel 1967, a un’associazione universitaria, Università Europea, che sarà attiva particolarmente in Italia. Dal 1963 al 1966 viene pubblicato un organo di stampa in lingua francese, “Jeune Europe” (con frequenza prima settimanale, poi quindicinale); tra i giornali in altre lingue va citato l’italiano “Europa Combattente”, che nel medesimo periodo riesce a raggiungere una frequenza mensile. Dal 1966 al 1968 esce “La Nation Européenne”, mentre in Italia “La Nazione Europea” continuerà ad uscire, a cura dell’autore di queste righe, anche nel 1969 (un ultimo numero sarà pubblicato a Napoli nel 1970 da Pino Balzano).

    “La Nation Européenne”, mensile di grande formato che in certi numeri raggiunge la cinquantina di pagine, oltre ai redattori militanti annovera collaboratori di un certo rilievo culturale e politico: il politologo Christian Perroux, il saggista algerino Malek Bennabi, il deputato delle Alpi Marittime Francis Palmero, l’ambasciatore siriano Selim el-Yafi, l’ambasciatore iracheno Nather el-Omari, , i dirigenti del FLN algerino Chérif Belkacem, Si Larbi e Djamil Mendimred, il presidente dell’OLP Ahmed Choukeiri, il capo della missione vietcong ad Algeri Tran Hoai Nam, il capo delle Pantere Nere Stokeley Carmichael, , il fondatore dei Centri d’Azione Agraria principe Sforza Ruspali, i letterati Pierre Gripari e Anne-Marie Cabrini. Tra i corrispondenti permanenti, il professor Souad el-Charkawi (al Cairo) e Gilles Munier (ad Algeri).

    Sul numero di febbraio del 1969 appare una lunga intervista rilasciata a Jean Thiriart dal generale Peròn, il quale dichiara di leggere regolarmente “La Nation Européenne” e di condividerne totalmente le idee. Dal suo esilio madrileno, l’ex presidente argentino riconosce in Castro e in Guevara i continuatori della lotta per l’indipendenza latinoamericana intrapresa a suo tempo dal movimento giustizialista: “Castro – dice Peròn – è un promotore della liberazione. Egli si è dovuto appoggiare ad un imperialismo perché la vicinanza dell’altro imperialismo minacciava di schiacciarlo. Ma l’obiettivo dei Cubani è la liberazione dei popoli dell’America Latina. Essi non hanno altra intenzione se non quella di costituire una testa di ponte per la liberazione dei paesi continentali. Che Guevara è un simbolo di questa liberazione. Egli è stato grande perché ha servito una grande causa, finché ha finito per incarnarla. È l’uomo di un ideale”.

    Per quanto riguarda la liberazione dell’Europa, Thiriart pensa a costituire delle Brigate Rivoluzionarie Europee che intraprendano la lotta armata contro l’occupante statunitense. Già nel 1966 egli ha avuto un colloquio col ministro degli Esteri cinese Chu En-lai, a Bucarest, e gli ha chiesto di appoggiare la costituzione di un apparato politico-militare europeo che combatta contro il nemico comune (1). Nel 1967 l’attenzione di Thiriart si dirige sull’Algeria: “Si può, si deve prendere in considerazione un’azione parallela e auspicare la formazione militare, in Algeria, fin da ora, di una sorta di Reichswehr rivoluzionaria europea. Gli attuali governi di Belgio, Paesi Bassi, Inghilterra, Germania, Italia sono in diversa misura i satelliti, i valletti di Washington; perciò noi nazionaleuropei, noi rivoluzionari europei, dobbiamo andare a formare in Africa i quadri di una futura forza politico-militare che, dopo aver servito nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, un giorno potrà battersi in Europa per farla finita coi Kollabos di Washington. Delenda est Carthago” (2). Nell’autunno del 1967 Gérard Bordes, direttore de “La Nation Européenne”, si reca in Algeria, dove entra in contatto con la Segreteria Esecutiva del FLN e col Consiglio della Rivoluzione. Nell’aprile del 1968 Bordes ritorna ad Algeri con un Mémorandum à l’intention du gouvernement de la République Algérienne firmato da lui stesso e da Thiriart, nel quale sono contenute le proposte seguenti: “Contributo europeo alla formazione di specialisti in vista della lotta contro Israele; preparazione tecnica della futura azione diretta contro gli Americani in Europa; creazione di un servizio d’informazioni antiamericano e antisionista in vista di un’utilizzazione simultanea nei paesi arabi e in Europa”.

    Siccome i contatti con l’Algeria non hanno nessun seguito, Thiriart si rivolge ai paesi arabi del Vicino Oriente. D’altronde, il 3 giugno 1968 un militante di Jeune Europe, Roger Coudroy, è caduto con le armi in pugno sotto il fuoco sionista, mentre con un gruppo di al-Fatah cercava di penetrare nella Palestina occupata.

    Nell’autunno del 1968 Thiriart viene invitato dai governi di Bagdad e del Cairo, nonché dal Partito Ba’ath, a recarsi nel Vicino Oriente. In Egitto assiste ai lavori d’apertura del congresso dell’Unione Socialista Araba, il partito egiziano di governo; viene ricevuto da alcuni ministri e ha modo di incontrare lo stesso Presidente Nasser. In Iraq incontra diverse personalità politiche, tra cui alcuni dirigenti dell’OLP, e rilascia interviste a organi di stampa e radiotelevisivi. Ma lo scopo principale del viaggio di Thiriart consiste nell’instaurare una collaborazione che dia luogo alla creazione delle Brigate Europee, le quali dovrebbero partecipare alla lotta per la liberazione della Palestina e diventare così il nucleo di un’Armata di Liberazione Europea. Davanti al rifiuto del governo iracheno, determinato da pressioni sovietiche, questo scopo fallisce. Scoraggiato da questo fallimento e ormai privo di mezzi economici sufficienti a sostenere una lotta politica di un certo livello, Thiriart decide di ritirarsi dalla politica militante.

    Dal 1969 al 1981, Thiriart si dedica esclusivamente all’attività professionale e sindacale nel settore dell’optometria, nel quale ricopre importanti funzioni: è presidente della Société d’Optométrie d’Europe, dell’Union Nationale des Optométristes et Opticiens de Belgique, del Centre d’Études des Sciences Optiques Appliquées ed è consigliere di varie commissioni della CEE. Ciononostante, nel 1975 rilascia una lunga intervista a Michel Schneider per “Les Cahiers du Centre de Documentation Politique Universitaire” di Aix-en-Provence ed assiste Yannick Sauveur nella compilazione di una tesi universitaria intitolata Jean Thiriart et le national-communautarisme européen (Università di Parigi, 1978). Quella di Sauveur è la seconda ricerca universitaria dedicata all’attività politica di Thiriart, poiché sei anni prima era stata presentata all’Università Libera di Bruxelles una tesi di Jean Beelen su Le Mouvement d’Action Civique.

    Nel 1981, un attentato di teppisti sionisti contro il suo ufficio di Bruxelles induce Thiriart a riprendere l’attività politica. Riallaccia i contatti con un ex redattore della “Nation Européenne”, lo storico spagnolo Bernardo Gil Mugarza (3), il quale, nel corso di una lunga intervista (centootto domande), gli dà modo di aggiornare e di approfondire il suo pensiero politico. Prende forma in tal modo un libro che Thiriart conta di pubblicare in spagnolo e in tedesco, ma che è rimasto finora inedito.

    Nel 1982 incontra Luc Michel, che due anni più tardi fonda in Belgio un Parti Communautaire National-Européen. Thiriart diventa una sorta di consigliere politico di questo partito e collabora a “Conscience Européenne”, il periodico diretto da Luc Michel.

    All’inizio degli anni Ottanta, Thiriart lavora a un libro che non ha mai visto la luce: L’Empire euro-soviétique de Vladivostok à Dublin. Il piano dell’opera prevede quindici capitoli, ciascuno dei quali si articola in numerosi paragrafi. Come appare evidente dal titolo di quest’opera, la posizione di Thiriart nei confronti dell’Unione Sovietica è notevolmente cambiata. Abbandonata la vecchia parola d’ordine “Né Mosca né Washington”, Thiriart assume ora una posizione che potrebbe essere riassunta così: “Con Mosca contro Washington”. Già tredici anni prima, d’altronde, in un articolo intitolato Prague, l’URSS et l’Europe (“La Nation Européenne”, n. 29, novembre 1968), denunciando gli intrighi sionisti nella cosiddetta “primavera di Praga”, Thiriart aveva espresso una certa soddisfazione per l’intervento sovietico e aveva cominciato a delineare una “strategia dell’attenzione” nei confronti dell’URSS. “Un’Europa occidentale NON AMERICANA – aveva scritto – permetterebbe all’Unione Sovietica di svolgere un ruolo quasi antagonista degli USA. Un’Europa occidentale alleata, o un’Europa occidentale AGGREGATA all’URSS sarebbe la fine dell’imperialismo americano (…) Se i Russi vogliono staccare gli Europei dall’America – e a lungo termine essi devono necessariamente lavorare per questo scopo – bisogna che ci offrano, in cambio della SCHIAVITU’ DORATA americana, la possibilità di costruire un’entità politica europea. Se la temono, il modo migliore di scongiurarla consiste nell’integrarvisi”.

    A Mosca, Thiriart ci va nell’agosto 1992 assieme a Michel Schneider, direttore della rivista “Nationalisme et République”. A fare gli onori di casa è Aleksandr Dugin, il quale nel marzo dello stesso anno ha accolto Alain de Benoist e Robert Steuckers e in giugno ha intervistato alla TV di Mosca l’autore di queste righe, dopo averlo presentato agli esponenti dell’opposizione “rosso-bruna”. L’attività di Thiriart a Mosca, dove si trovano anche Carlo Terracciano e Marco Battarra, è intensissima. Tiene conferenze stampa; rilascia interviste; partecipa a una tavola rotonda con Prokhanov, Ligacev, Dugin e Sultanov nella redazione del giornale “Den’”, che pubblicherà sul n. 34 (62) un testo di Thiriart intitolato L’Europa fino a Vladivostok; ha un incontro con Gennadij Zjuganov; si intrattiene con altri esponenti dell’opposizione “rosso-bruna”, tra cui Nikolaj Pavlov e Sergej Baburin; discute con il filosofo e dirigente del Partito della Rinascita Islamica Gejdar Dzemal; partecipa a una manifestazione di studenti arabi per le vie di Mosca.

    Il 23 novembre, tre mesi dopo il suo rientro in Belgio, Thiriart è stroncato da una crisi cardiaca.

    Apparso nel 1964 in lingua francese, nel giro di due anni Un Empire de 400 millions d’hommes: l’Europe vide la luce in altre sei lingue europee. La traduzione italiana venne eseguita da Massimo Costanzo, (all’epoca redattore di “Europa Combattente”, organo italofono della Giovane Europa), il quale presentò l’opera con queste parole: “Il libro di Jean Thiriart è destinato a suscitare, per la sua profondità e per la sua chiarezza, un forte interesse. Ma da dove deriva questa chiarezza? Da un fatto molto semplice: l’autore ha usato un linguaggio essenzialmente politico, lontano dai fumi dell’ideologia e dalle costruzioni astratte o pseudometafisiche. Dopo una lettura attenta, nel libro si possono anche trovare impostazioni ideologiche, ma queste traspaiono dalle tesi politiche e non il contrario, come fino ad oggi è avvenuto nel campo nazionaleuropeo”. Nonostante le riserve che alcune “impostazioni ideologiche” dell’Autore (eurocentrismo, razionalismo, giacobinismo ecc.) potranno suscitare, il lettore di questa seconda edizione italiana probabilmente concorderà con quanto scriveva Massimo Costanzo quarant’anni or sono; anzi, si renderà conto che questo libro, senza dubbio il più famoso dei testi redatti da Thiriart (4), è un libro preveggente ed attuale, per quanto inevitabilmente risenta della situazione storica in cui venne concepito. Preveggente, perché anticipa il crollo del sistema sovietico, e questo una decina d’anni prima dell’”eurocomunismo”; attuale, perché la descrizione dell’egemonia statunitense in Europa è ancor oggi un dato reale; anzi, l’analisi thiriartiana dell’imperialismo si avvale della lettura di un autore come James Burnham, che già negli anni Sessanta candidava gli USA al dominio mondiale assoluto.

    Nella mia biblioteca conservo un esemplare della prima edizione di questo libro (“édité à Bruxelles, par Jean Thiriart, en Mai 1964”). La dedica che l’Autore vi scrisse di suo pugno contiene un’esortazione di cui vorrei si appropriassero i lettori delle nuove generazioni, questa: “Votre jeunesse est belle. Elle a devant elle un Empire à bâtir“. Diversamente da Luttwak e da Toni Negri, Thiriart sapeva bene che l’Impero è l’esatto contrario dell’imperialismo e che gli Stati Uniti non sono Roma, bensì Cartagine.

    tratto da: Introduzione al libro di Jean Thiriart
    Un impero di 400 milioni di uomini: l’Europa
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Predefinito Re: Thiriart, l’Europa nazione e i rischi di un “cosmopolitismo di destra”

    Thiriart e la Jeune Europe – Parte seconda


    Il profeta dell’Europa unita da Dublino a Vladivostok: autocratica, armata, anti-imperialista, comunitaria. Il destino rivoluzionario di una Grande Nazione: l’Eurasia.

    Le tesi di Jean Thiriart vengono oggi riscoperte, il concetto di Eurasia, che può apparire ai più come una novità assoluta, in realtà era già presente negli scritti di Jean Thiriart posteriori al crollo del Muro di Berlino, o ad esso appena precedenti, ma noi osiamo credere che fosse già una possibilità tenuta in considerazione anche negli anni della militanza politica di Jeune Europe (1). Unici ostacoli al tempo erano l’imperialismo sovietico ed il dogmatismo leninista-marxista, superati trent’anni dopo.

    Il concetto di Europa in Thiriart assume sin dall’inizio un’accezione rivoluzionaria. Era una presa di coscienza a cui tutti i veri rivoluzionari europei venivano chiamati: unico nemico oggettivo e globale venivano considerati gli Stati Uniti d’America.

    Eurasia vs U$A

    Nell’articolo L’Europa come Stato e l’Europa come Nazione si faranno contro gli USA viene affrontato il tema per niente secondario, e pertinente con quanto si dirà in seguito, dell’indipendenza dell’Europa – e quindi dell’Eurasia di cui oggi dibattiamo – dal controllo statunitense sul suolo continentale. Leggiamo dal testo: “L’Europa ufficiale non perviene a costituirsi poiché essa è impastoiata nella contraddizione esplicita di fare una nazione che già in partenza si riconosce essere alla dipendenza di un’altra”. Tema quanto mai attuale, così come attuale risulta la configurazione politica dell’Impero europeo. Chi oggi dubita dell’asservimento delle cricche di Bruxelles agli interessi d’Oltreoceano e a quelli del portafoglio? Siamo nel 2004 e le cose non sono certo migliorate, pure con la formazione, a parole, della Comunità Europea. Oggi più che mai è necessario riscoprire, rivedere ed attualizzare l’opera di Jean Thiriart.

    Da quanto detto sopra la conclusione che sia un dovere dell’Europa farsi contro gli USA. Poiché chi ritiene che il modello americano debba essere importato sul nostro continente agisce contro i nostri interessi e a favore di chi dal ‘45 non si trova sul nostro suolo per il nostro bene, ma per conseguire i propri scopi politici, economici e soprattutto geopolitici a lungo termine. E da qui la sentenza lapidaria: “Chi collabora con gli Americani è un traditore dell’Europa”. Eppure Thiriart aveva ben presenti i pericoli insiti in una opposizione radicale nei confronti degli USA, ebbe a dire: “Una nazione si forgia nella lotta e si tempra col sangue. I rischi sono grossi ma bisogna correrli”(2).

    Francis Parker Jockey, Imperium Prendendo ispirazione dal Risorgimento italiano, ed in particolare dalle cosiddette “Soluzioni garibaldine”, Thiriart propone quindi un’azione di liberazione armata dall’occupante statunitense. “Un rivoluzionario europeo deve quindi fin d’ora contemplare come un’ipotesi di lavoro un’eventuale lotta armata insurrezionale contro l’occupante americano”(3). D’altra parte non rappresenta una novità, per chi abbia una qualche conoscenza della vicenda thiriartiana, il progetto di formare delle Brigate Europee, che per svariate contingenze non videro mai la luce. Già nel 1967 scrisse: “Nel quadro di un’azione planetaria contro le usurpazioni dell’imperialismo degli Stati Uniti, cioè nel quadro di un’azione quadricontinentale contro Washington, bisogna contemplare una presenza militare europea che per il momento, nella stessa Europa, è prematura. Ma questa presenza militare può e deve affermarsi su altri teatri d’operazioni, in America del Sud, nel Vicino Oriente. […] Bisogna potersi far la mano in Bolivia o in Colombia, prima di fare lo stesso in Europa”(4).

    Quindi un’Europa rivoluzionaria, intesa come continente unito in totale opposizione all’egemonia liberal-capitalista statunitense; ed è pure necessario specificare che nel protendersi verso Est, l’Europa Nazione altro non era che l’Eurasia in potenza di cui oggi tanto si parla. Non a caso nel 1992 fece la sua comparsa un articolo di Thiriart dal titolo, divenuto poi un celebre ed efficace motto, L’Europa fino a Vladivostok , in cui si configura in linee generali quale dovrebbe essere la forma della nuova Europa, quella che noi oggi chiamiamo Eurasia. A distanza di quasi trent’anni dall’auspicio del formarsi di un Europa da Brest a Bucarest ecco quindi ripresentarsi Thiriart con una proposta provocatoria, stimolante e quanto mai futuribile: l’Europa da Dublino a Vladivostok.

    Lo Stato a dimensione continentale

    La necessità della formazione di uno spazio continentale armato prende le mosse da un avvenimento storico ben preciso da cui Thiriart trae le sue conclusioni: il crollo dell’URSS, dovuto in particolare all’insufficienza teorica della concezione statale marxista. Inconcepibile ed inaccettabile per Thiriart è l’idea marxista-anarchica dell’estinzione dello Stato e l’accettazione formale da parte di Lenin delle repubbliche indipendenti. Insomma le fondamenta della costruzione sovietica erano già marce. Non può durare uno Stato continentale quale l’URSS se al suo interno vi sono divisioni regionali, federaliste o di altro tipo, pure se formali. I cosiddetti “satelliti” sovietici oggi sono per la maggior parte divenuti vassalli della potenza USA, nella minor parte Stati a sé stanti. Il crollo dell’URSS permette allora al geopolitico belga, ma forse avrebbe gradito di più europeo, di estendere le sue teorie alla vastissima massa orientale considerata quale naturale completamento dell’Europa fino a Bucarest di cui abbiamo detto. Nel concepire lo Stato continentale, la Grande Nazione, l’Imperium, Thiriart prende ispirazione da una frase dell’abate Sieyes: “Sovrana è soltanto la Nazione. La Nazione non ha ordini, né classi, né gruppi. La sovranità non si divide e non si trasmette.” Essendo la sua una visione giacobina dello Stato afferma che esso dovrà essere laico e nessun aspetto della sfera privata, del Dominium, dovrà interferire negli affari della società. La nazione continentale, l’Eurasia di domani, nella visione thiriartiana, dovrà essere uno Stato politico, un sistema aperto ed in espansione, così definito: “Lo Stato politico rappresenta l’espressione della volontà degli uomini liberi verso un futuro collettivo. Lo stato politico […] consente agli individui di conservare l’individualità personale nel quadro della società”(5). Thiriart tratta di uno Stato unitario delle nazioni europee, depurato delle teorie federative e autonomiste. Esso deve considerarsi INDIVISIBILE.

    Poco sopra abbiamo utilizzato i termini Imperium e Dominium; essi vengono utilizzati diffusamente da Thiriart per descrivere le due sfere del politico da prendere in considerazione nel momento in cui si vada a strutturare l’Europa-continente.

    Imperium, lo Stato-continente unitario

    Imperium rappresenta l’Europa unita, all’interno della quale non vi possono essere divisioni né minoranze. Esso rappresenta un’unità comunitaria di uomini(6). Solo un Imperium potente – poiché, dirà altrove, è la potenza a garantire la libertà -, dinamico e spietato nel conseguire i suoi scopi avrà un futuro. E quindi sarà necessario che uno Stato che voglia essere indipendente sia armato in maniera adeguata, e perché ciò sia possibile esso dovrà conseguire un grado di sviluppo demografico, economico ed industriale sufficiente e soprattutto essere autarchico per quanto concerne le materie prime. Sarà quindi necessaria un’unione tra l’Europa occidentale, altamente industrializzata, e la sconfinata Siberia, fornita di inesauribili risorse(7).

    “L’esercito è popolare e integrato […]. Questo esercito sarà completamente subordinato al potere politico”. Thiriart parlerà anche di libera mobilità dei lavoratori all’interno della Grande Nazione e di una valuta unica per tutto il territorio. Il comunitarismo thiriartiano stimola la libera impresa e la concorrenza tra piccoli produttori, tra aziende con un ridotto numero di lavoratori, mentre prevede un controllo statale per le imprese con un volume di occupazione piuttosto alto. E’ un sistema “a geometria variabile”, intermedio fra capitalismo industriale e socialismo classico. In sostanza si tratta del lavoro di tutti per il bene di tutti, pure con una certa autonomia concessa nel piano del privato e degli interessi personali. Altrove ammetterà l’importanza della proprietà privata perchè radica l’uomo.

    Dominium, la sfera del privato

    Il Dominium rappresenta invece la sfera del privato, l’individuo con le sue particolarità e necessità personali, intime. Ogni libertà che non leda all’unità ed alla stabilità dell’Imperium è quindi garantita nella sfera privata. A Thiriart sta molto a cuore il tema della religione e della sua influenza negli affari di Stato. Come già detto egli concepisce lo Stato laico e comunitario nell’usanza giacobina-bolscevica; la religione rappresenta un’attività privata che per nessun motivo deve influire nella sfera sociale, pubblica. “Nell’Imperium laico dell’Unione delle repubbliche europee la libertà di confessione religiosa sarà permessa (preferirei scrivere “ammessa”) nel quadro del Dominium e soppressa inesorabilmente al primo tentativo di interferire con l’area di competenza dell’Imperium“(8).

    La configurazione in linee generali dell’Impero dal Dublino a Vladivostok diviene quanto mai necessaria nel momento in cui la Russia perde ogni possibilità di essere una potenza a livello mondiale. Gli USA rappresentano l’unico nemico per la Russia, la loro azione di disgregazione della passata URSS e poi della odierna Russia furono previste da Thiriart; oggi noi individuiamo la minaccia nelle azioni di accerchiamento messe in atto dalla potenza talassocratica.

    L’Eurasia come Rivoluzione

    “Se la conservazione è il contrario della Tradizione che è rivoluzionaria, la Sovversione, come tutti i fenomeni di ribellismo del mondo moderno, è una rivoluzione di segno contrario, una Contro-rivoluzione, sempre nel senso tradizionale del termine. Essa infatti, nel momento stesso in cui pretende di distruggere le forme del presente (e questo è il suo aspetto più positivo) lo fa nel nome e nel segno della “modernità”, come categoria mentale e spirituale […]. La sovversione tende a ribaltare le forme del passato per conservare l’essenza del presente, cioè il modernismo antitradizionale, cercando così di arrestare il vero processo rivoluzionario che chiuda un ciclo e ne apra uno nuovo. E’ insomma un’altra forma della conservazione […]. Nel mondo moderno, alla fine di un ciclo, ogni distruzione del passato e del presente è propedeutica al compiersi del ciclo storico medesimo”(9).

    I pensieri di Jean Thiriart ci introducono alle prospettive future nel migliore dei modi. L’Eurasia in potenza, un continente nei fatti sotto assedio prima ancora della sua creazione, rappresenta quindi la distruzione di ogni passato e presente ancorato ai canoni temporali della modernità.

    Un superamento di ogni contrapposizione creata ad arte, il rifiuto dell’ottica distorta dello “scontro di civiltà”, ma soprattutto l’identificazione dell’unico Nemico: “Motivazioni e fini possono essere divergenti, ma il Nemico è unico e supera ogni barriera ideologica o politica; solo chi ragiona così è un vero rivoluzionario, a prescindere dalla rivoluzione che ha in mente. […]E’ la teorizzazione dei due fronti e molte trincee”(10).

    La Rivoluzione nel segno della Tradizione per l’Eurasia e, conseguentemente, per la Terra tutta, avverrà attraverso una unione continentale spirituale, politica, militare ed economica di tutte le genti da Reykjavik a Vladivostok, dall’Atlantico al Pacifico. Solo con la liberazione rivoluzionaria di tutte le genti sfruttate ed oppresse della Terra potrà avvenire la catarsi che ci condurrà alla nuova alba, al nuovo ciclo di prosperità e luce(11).

    Note

    1 – “In un tempo più lontano la frontiera dell’Europa passerà indubbiamente per Vladivostok, poiché pensiamo che l’istinto di conservazione finirà per vincere sulle ideologie e che in quel giorno la Russia avrà bisogno degli Europei per arginare la marea gialla.” Da J. Thiriart, La grande nazione – 65 tesi sull’Europa, SEB 1992. Il testo è stato pubblicato per la prima volta negli anni ‘60.
    2 – Jean Thiriart, L’Europa come Stato e l’Europa come…, dal sito Progetto Eurasia.
    3 – Ibidem.
    4 – Tratto da J. Thiriart, USA: le declin d’une egemonie, in La Nation Européenne, nr. 18, luglio 1967, p. 4/8 , citato in Da Jeune Europe alle Brigate Rosse, SEB, pag. 33.
    5 – Jean Thiriart, L’Europa fino a Vladivostok 1992, dal sito Progetto Eurasia.
    6 – “Nello Stato politico non possono esservi “minoranze”, giacchè queste hanno a che fare soltanto con le individualità, mentre la collettività ha a che fare con l’Imperium“. J. Thiriart, Art. cit.
    7 – Ancora intorno al concetto di Imperium di cui sopra: lo Stato continentale così configurato postula che nessun territorio può distaccarsi da esso o rendersi in qualche modo autonomo, eppure questo Impero non si estenderà per conquiste ma per annessione volontaria.
    8 – J. Thiriart, Art. cit.
    9 – da Carlo Terracciano, Rivolta contro il mondialismo moderno, Noctua Edizioni, 2002, pag. 144.
    10 – C. Terracciano, op. cit., pag. 145.
    11 – Cfr. a questo proposito, seppure incompleto, il nostro articolo L’avanguardia di liberazione rivoluzionaria: le Tre Alleanze ovvero le Tre Unioni in http://www.terradegliavi.org.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 

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