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    Predefinito Oggi l'anniversario della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento

    Rapporti tra Massoneria, Fascismo ed mondo cattolico italiano tra il 1919 ed il 1929


    1. Incompatibilità


    Mussolini sostenne l'incompatibilità tra l'appartenenza massonica e quella al Partito Socialista Italiano (PSI) nel 1912. Nel 1923 il Gran Consiglio del Fascismo sulla spinta dei nazionalisti (ex Associazione Nazionalista) decretò l'icompatibilità tra l'iscrizione al Partito Nazionale Fascista e le logge massoniche.


    2. Legge “antimassonica”


    Nel 1925 venne varata la legge sulle associazioni che proibiva l'esistenza in Italia delle società segrete, la quale portò quale conseguenza più importante la dissoluzione del Grande Oriente d'Italia (GOI) e della Serenessima Gran Loggia d'Italia (S.G.L.d'I. o GLd'I), ma non dei cosiddetti “club service” (come il Lions Club), mai sciolti per tutta la durata del Ventennio, la Società Teosofica (sciolta soltanto nel 1939) e la Società Antroposofica di Steiner (nel 1941). Soprattutto in seguito all'evento del 1925 il GOI si rese protagonista nella riorganizzazione e nel coordinamento dell'antifascismo all'estero. La GLd'I dichiarò per bocca del suo venerabile gran maestro Raul Palermi (ebreo) che il fascismo realizzando i propri scopi aveva reso inutile la contemporanea esistenza dell'Obbedienza da lui presieduta, la quale dunque si scioglieva di propria iniziativa. Bisogna fare delle precisazioni che ancora una volta non mettono sotto una buona luce l'antimassonismo fascista. La dichiarazione di incompatibilità tra appartenenza massonica ed al partito fascista fu votata anche da un gran numero di massoni che poi, in parte, alla fine si rivelarono operanti per conto delle loro logge e non per il PNF. Pochi votarono contro l'incompatibilità, uno solo si astenne (Italo Balbo). Nel testo della legge contro le associazioni segrete del 1925 (firmata sia dal Capo del Governo Mussolini che dal Capo dello Stato, il massone Vittorio Emanuele III) la massoneria non viene mai menzionata. La legge si appoggiava non su una motivazione di principio che dichiarasse nemica la massoneria e la vietasse in quanto tale (come accaduto poi da subito nel Terzo Reich e nella Spagna di Franco, per fare due esempi celebri) ma il testo verteva sul fatto che in Italia non potevano esistere associazioni segrete (per quanto la massoneria ufficialmente si dichiari “riservata”) e/o che non fornissero alle autorità gli elenchi degli iscritti e gli statuti. Per tanto la massoneria in Italia doveva essere chiusa non per motivi di principio ma in virtù della sua segretezza. Tale legge era applicabile su qualsiasi tipo di associazione (criminale o meno). Se per ipotesi la massoneria italiana avesse fornito alle autorità i nomi dei suoi iscritti e gli statuti, a quel punto avrebbe messo fine alla sua segretezza diventando a tutti gli effetti un associazione in grado di operare legalmente. La legge, in ogni caso, fu inefficace poiché pochi giorni prima della sua entrata in vigore, che avrebbe obbligato i Venerabili a consegnare alle autorità i suddetti elenchi e gli statuti, le due Obbedienze si autosciolsero, pur continuando di fatto ad operare sia in Italia che all'estero, nel Partito e nello Stato. Per tanto al momento dell'entrata in vigore della legge non sarebbe stato possibile richiedere ad una associazione che ufficialmente non esisteva più di consegnare i documenti di cui sopra. Se ne potrebbe dedurre che con questa legge cosiddetta “antimassonica” si fornì alle Gran Logge la scappatoia legale ed ideale per rimanere nella loro segretezza e, considerando la massiccia presenza di “fratelli muratori” all'interno del parlamento italiano, del governo e del partito fascista, questa ipotesi sembra tutt'altro che campata in aria. Raul Palermi e l'Obbedienza di cui era a capo sperarono fino alla fine che la legge colpisse soltanto il GOI, come già nel 1923 lo ebbero a sperare rispetto all'incompatibilità con l'appartenenza al partito. Dichiarò Palermi: “La massoneria non ha più motivo di esistere perché tutti i suoi scopi e i suoi fini si realizzano nel fascismo”.


    3. Attentati


    Tra il 1925 ed il 1926 vi furono quattro attentati falliti alla vita del Duce in uno dei quali, il primo (quello del 1925 ad opera del massone Tito Zaniboni), fu coinvolto il generale Capello, massone e fascista della prima ora. Il secondo fu quello dell'irlandese Violet Gibson, frettolosamente definita ufficialmente “pazza” dagli investigatori e poi dalla sentenza del Tribunale Speciale che la rispedì in Inghilterra. Costei aderì dapprima alla Società Teosofica di madame Blavatsky, successivamente all'antroposofia steineriana ed infine si legò indissolubilmente alla setta detta “Thelema” dell'esoterista, occultista e massone inglese Aleister Crowley (espulso dall'Italia nell'aprile di quell'anno, 1923, quale soggetto indesiderato, in seguito ad una morte sospetta avvenuta all'interno dell'abbazia situata a Cefalù, in provincia di Palermo, ed alle voci dei residenti locali i quali riferivano di strani rituali e di sacrifici di sangue). Coinvolto fu anche il ministro Giovanni Colonna di Cesarò, anch'egli massone, teosofo e nipote di Sidney Sonnino (ebreo), in seguito tra i protagonisti dell'Aventino.


    4. Molti nomi tra "fascio e compasso"


    Abbondantissimi i liberi muratori anche tra i legionari fiumani e i sindacalisti rivoluzionari compresi Gabriele D'Annunzio e Alceste De Ambris (autore della massonica “Carta del Carnaro” alla quale in parte si ispira l'altrettanto massonica Costituzione del 1946). I sindacalisti rivoluzionari sono presenti in gran numero a piazza San Sepolcro il 23 marzo del 1919. C'era il già citato De Ambris, poi passato all'antifascismo durante il 1922. C'erano molti dei futuristi, anch'essi ad altissimo tasso massonico. Il locale a piazza San Sepolcro (a Milano) dove fu ospitata la riunione di fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento (23/3/1919) apparteneva all'ebreo e massone Cesare Goldmann, che lo affittò a Mussolini per l'occasione. Goldmann tra l'altro era socio della Società Cremazionista milanese la quale, come ben si intende dal nome, voleva introdurre la cremazione dei cadaveri in Italia, vecchia battaglia massonica. In totale a quella riunione, secondo Giovanni Vanoni (dal libro “Massoneria, Fascismo e Chiesa Cattolica, 1919-1929”) erano presenti ben sedici massoni, tra i quali:
    Ambrogio Binda (medico personale di Mussolini, aderente all'obbedienza Piazza del Gesù);
    Federico Cerasola (finanziatore dei Fasci e presidente del Collegio dei Venerabili delle logge milanesi del GOI);
    Roberto Farinacci (dal 1915 al GOI, poi passato alla SGLd'I, deputato, segretario del PNF dal '25 al '26, luogotenente generale della MVSN, aderì alla RSI morendo fucilato lo stesso giorno di Mussolini);
    Cesare Rossi (membro del Gran Consiglio, vicesegretario del PNF dal 1923, coinvolto nel sequestro Matteotti. Malgrado accusò direttamente Mussolini dell'omicidio venne comunque prosciolto da ogni accusa e liberato. Esule, venne arrestato per antifascismo a Campione d'Italia e condannato a trent'anni di carcere);
    Guido Podrecca (ex direttore de “L'Asino, rivista fortemente anticlericale, morto quattro anni dopo a New York);
    Decio Garibaldi (nipote di Giuseppe Garibaldi).
    Altri nomi dei personaggi d'alto rango che furono sia massoni che fascisti:
    Michele Bianchi (quadrumviro della Marcia su Roma);
    Giovanni Gentile (massimo filosofo del regime, coautore de “La dottrina del Fascismo”, ministro della Pubblica Istruzione per tutto il Ventennio, autore della riforma scolastica che rimase in vigore fino al 1960. Aderente alla RSI, fu assassinato in una imboscata dai comunisti nel 1944);
    Achille Starace (per otto anni segretario del PNF);
    Giovanni Marinelli (tra gli altri incarichi fu sottosegretario alle Comunicazioni tra il '39 ed il '43.
    Fucilato a Verona con Ciano);
    Emilio De Bono (generale dell'esercito, quadrumviro della Marcia su Roma, comandante della MVSN ('23-'24), ministro delle colonie ('29-'35), governatore della Tripolitania ('25-'29) poi dell'Eritrea e contemporanemente Commissario dall'A.O.I. (1935), capo della polizia durante il delitto Matteotti);
    Amerigo Dumini (sansepolcrista, passato alla storia per essere stato l'autore materiale dell'assassinio di Giacomo Matteotti);
    Attilio Teruzzi (militare, deputato, vicesegretario del PNF nel 1921, capo di Stato Maggiore della Milizia dal '29 al '35, governatore della Cirenaica dal 1926 al 1928, ministro dell'Africa Italiana dal 1939 al 1943, aderente alla RSI, il 28 aprile 1945 venne fucilato per errore un uomo che gli somigliava. Venne condannato a trent'anni nel dopoguerra a Procida, ivi morendovi nel 1950 venti giorni dopo la sua scarcerazione);
    Edmondo Rossoni (deputato, ministro dell'agricoltura dal '35 al '39);
    Dino Grandi (deputato, quadrumviro della Marcia su Roma, ministro degli Esteri dal '29 al '32, ministro di Grazia e Giustizia dal '39 al '43, membro del Gran Consiglio e autore dell'Ordine del Giorno che causò la caduta di Mussolini e del fascismo);
    Cesare Maria De Vecchi (sansepolcrista, quadrumviro della Marcia su Roma, senatore, governatore della Somalia dal '23 al '28, del Dodecaneso dal '36 al '40, ministro dell'Educazione Nazionale dal '35 al '36 e membro del Gran Consiglio. Latitante, fu condannato a morte in contumacia per il voto favorevole all'OdG Grandi);
    Giuseppe Bottai (sansepolcrista, deputato, presidente dell'INFPS dal '33 al '35, ministro delle Corporazioni tra il '29 ed il '32 e dell'Educazione Nazionale dal '36 al '43, membro del Gran Consiglio condannato a morte in contumacia per i fatti del 25 luglio 1943);
    Massimo Rocca (giornalista noto anche con lo pseudonimo di Massimo Tancredi, fu deputato, votò contro la legge sulle associazioni. Fu espulso dal partito nel 1925 per le sue posizioni morbide.
    Agente dell'OVRA ed infine aderente alla RSI);
    Guido Buffarini Guidi (sansepolcrista, sindaco e poi podestà di Pisa, deputato, ministro dell'Interno nella RSI. Fucilato il 10 luglio 1945);
    Italo Balbo (quadrumviro della Marcia su Roma, comandante della MVSN dal '23 al '24, fondatore dell'Aeronautica Militare, ministro dell'Aeronatica dal '29 al '33, governatore della Libia dal '34 al '40, deputato, artefice della più grande impresa aerea della storia fino a quel momento, la trasvolata atlantica del 1933, e per questo nominato Maresciallo dell'Aria;
    Luigi Capello (militare di carriera, abbandonò il PNF dopo la dichiarazione di incompatibilità tra fascismo e massoneria. Iscritto al GOI, arrivò al 33° grado ed ebbe un ruolo nella pianificazione dell'attentato Zaniboni alla vita del Duce, scontando soltanto nove anni di arresti domicliari a Formia);
    Alberto Beneduce (deputato, poi senatore, primo presidente dell'IRI e amministratore di vari enti statali. Ebbe stima reciproca con Mussolini ma prese la tessera del PNF soltanto nel 1939. Era il suocero di Enrico Cuccia).
    Di questi suddetti Gentile, Farinacci, Teruzzi, Buffarini e Starace (pur quest'ultimo non aderendo alla RSI) morirono uccisi o subirono pene perché rimasero fedeli al fascismo mostrando così che la loro appartenenza massonica è da cosiderare un errore del loro passato. Una menzione particolare merita Italo Balbo, il quale diede grande lustro all'Italia e non tradì partendo volontario il 10 giugno 1940 malgrado la sua contrarietà all'ingresso in guerra dell'Italia, morendo colpito per errore dalla nostra contraerea.
    In merito a Gabriele d'Annunzio: fu massone di piazza del Gesù (SGLd'I) e martinista ma mai fascista. L'ebreo Lenin (consultare Vannoni) sostenne che bisognava dare man forte all'impresa di Fiume.
    Su Giovanni Gentile Vannoni scrive che fu il massimo teorizzatore del Fascismo come democrazia e che ne sottolineò vigorosamente l'ascendenza mazziniana: “Lungi dall'essere quella negazione della democrazia e del liberalismo che si dice, e che per motivi pratici i suoi capi hanno ragione spesso di ripetere, il Fascismo è o aspira ad essere la più perfetta forma del liberalismo e della democrazia in conformità alla dottrina mazziniana al cui spirito esso è tornato”.
    Giovanni Preziosi, fanatico antimassone ed ex prete cattolico, malgrado ciò aveva tra i suoi collaboratori alla rivista “La vita italiana” gli esoteristi Julius Evola, René Guenon, Massimo Scaligero (antroposofo, appartenente alla stessa loggia teosofica di Giovanni Amendola e Giovanni Colonna di Cesarò), Guido Di Giorgio.


    5. Da Piazza San Sepolcro alla vigilia del Concordato


    Il programma di San Sepolcro proponeva una costituente per l'abolizione del senato e l'instaurazione della repubblica, l'espropriazione parziale di tutti i grossi patrimoni attraverso una forte imposta patrimoniale sul capitale, la partecipazione degli operai alla gestione delle aziende, il sequestro di tutti i profitti di guerra e dei beni delle congregazioni religiose, l'abolizione di tutte le mense vescovili. Dichiarava il movimento fascista “antidogmatico” (cioè relativista). I Fasci di Combattimento erano eredi, negli uomini e nelle idee, di un altro “fascio”, il Fascio Rivoluzionario di Azione Internazionalista, nato il 5 ottobre 1914. Vi aderivano, tra gli altri, il futuro “quadrumviro della Rivoluzione” Michele Bianchi, Filippo Corridoni, Alceste De Ambris, Massimo Rocca.
    Gruppo interventista, quando nel 1914 chiesero l'ingresso dell'Italia in guerra ebbero a scrivere, sul loro programma dello stesso ottobre che “i rivoluzionari non devono aver dubbi di scelta: la nostra causa è quella di Amilcare Cipriani* […], quella rivoluzione europea contro la barbarie, l'autoritarismo del feudalesimo germanico e della perfidia cattolica dell'Austria”. Il mese dopo, l'11 dicembre, Mussolini lo patrocinò pubblicandolo poi sul suo giornale, il Popolo d'Italia nel gennaio successivo (1915). Durante il II Congresso Nazionale dei Fasci Italiani di Combattimento (1920) venne eliminata la pregiudiziale repubblicana, accantonato l'anticlericalismo (causando l'uscita di parte dei futuristi dal movimento) e Mussolini si pronunciò in favore di posizioni economiche liberiste. Ebbe a dire in quell'occasione: “Lo Stato, con la sua enorme macchina burocratica, da il senso dell'asfissia. Lo Stato era sopportabile dagli individui fino a quando si limitava a fare soltanto il poliziotto. Ma oggi lo Stato fa tutto: fa il banchiere, l'usuraio, il biscazziere, il navigatore, il ruffiano, l'assicuratore, il postino, il ferroviere, l'impresario, l'industriale, il maestro, il professore, il tabaccaio e innumerevoli altre cose oltre a fare sempre il poliziotto, il giudice, il carceriere, l'agente delle imposte. Lo Stato, Moloch dalle sembianze spaventevoli, oggi vede tutto, fa tutto, controlla tutto e manda tutto alla malora. Ogni funzione dello Stato è un disastro. Un disastro è l'arte di Stato, la scuola di Stato, le poste di Stato, la navigazione di Stato, i rifornimenti ahimè di Stato, e la litania potrebbe continuare all'infinito.
    Ora le prospettive di domani sono raccapricianti: il socialismo non è che l'ammutinamento, il moltiplicamento e il rafforzamento dello Stato. Lo Stato borghese controlla i nove decimi della vostra attività, lo Stato socialista vi controllerà in ogni minuto, in ogni funzione, in ogni movimento. Oggi siete obbligati a denunciare il numero dei vostri figli, domani si costringerà a confessare il numero esatto dei vostri capricci amorosi”. Nei confronti della religione Mussolini a partire dal 1920 operò dei cambiamenti nel suo movimento, e poi partito, sempre più profondi ma senza compromettere i suoi rapporti con la massoneria. Nel 1921 i Fasci Italiani di Combattimento si trasformarono in Partito Nazionale Fascista e il presidente onorario fu il generale Luigi Capello, già citato. Mussolini scrisse sul Popolo d'Italia l'11 settembre 1921 a proposito delle violenze fasciste contro i cattolici: “Devo mettere subito le carte in tavola e impedire che il fascismo – anche il fascismo – sia sfruttato dalla massoneria, dalla democrazia e generi affini”. Poi di nuovo il 27 novembre: “Bisogna ricordare che le democrazie, specie quella italiana, sono massoniche e anticlericali”. Pare avesse già allora un abboccamento con il cardinale Gasparri, lo stesso che nel '29 firmò i Patti Lateranensi. Nell'autunno del 1922 i preparativi per la Marcia su Roma vengono fatti, oltre che da Mussolini, da De Vecchi, Balbo e De Bono, non a caso tutti massoni. Il 16 ottobre a Milano si tenne la riunione del direttorio del PNF. Presenti, oltre a Mussolini, cinque massoni attivi ed uno in sonno (consultare Vannoni). Balbo, De Vecchi, Bianchi e De Bono compongono il quadrumvirato alla guida delle camicie nere marcianti su Roma; come detto, i quattro erano affiliati a Piazza del Gesù. Al convegno di Napoli del 24 ottobre oltre a Mussolini la dirigenza è composta da altri sette uomini dei quali sei affiliati alle logge (Vannoni). La massoneria tentò di coinvolgere D'Annunzio quale capo di una operazione golpista-rivoluzionaria prevista per il 4 novembre successivo concorrente con quella che si presupponeva stesse organizzando Mussolini. I massoni Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Amendola (che era anche teosofo), Francesco Saverio Nitti, Luigi Capello ed Alceste De Ambris assunsero questo compito in prima persona, ma D'Annunzio tre mesi prima della data prestabilita precipitò misteriosamente da un balcone della sua residenza, impossibilitandolo a partecipare all'ipotesi di cui sopra. Ad ogni modo la Marcia su Roma avvenne il 28 ottobre anticipando di una settimana il 4 novembre. Secondo il già citato libro di Vannoni, la Serenissima Gran Loggia d'Italia (Piazza del Gesù) finanziò la Marcia su Roma. La stragrande maggioranza dei massoni fascisti aderiva a questa Obbedienza, che all'epoca era la più potente in Italia. Essa usò il suo potere in favore prima dei Fasci e poi del PNF, ma allo stesso tempo diffidò di Mussolini poiché quest'ultimo non era massone (l'unico tra i pezzi grossi del fascismo) e per tanto non totalmente controllabile. La massoneria italiana, come detto, sperava fosse D'Annunzio a prendere il centro della scena a scapito del futuro Duce. Malgrado il fastidio che quest'ultimo nutriva nei confronti della libera muratoria fin dai tempi del PSI, egli non esitò ad allearsi con la stessa , circondandosi di collaboratori ad essa aderenti fino alla fine del suo governo. Raul Palermi, ebreo e Gran Maestro Venerabile della Serenissima Gran Loggia d'Italia (Piazza del Gesù), si incontrò con Mussolini in treno, che tornava a Milano dal congresso di Napoli. Palermi assicurò l'appoggio della sua Obbedienza alla Marcia su Roma che si sarebbe tenuta quattro giorni dopo.
    Nella stessa occasione avrebbe conferito a Benito Mussolini il titolo di “Gran Maestro onorario” donandogli anche la fascia del 33° grado del Rito Scozzese. Domizio Torrigiani, Gran Maestro Venerabile del GOI, finanziò la suddetta marcia con la cifra di lire 350.000 (corrispondenti ad oltre 330.000 euro del 2022). Vannoni nel suo libro spiega che l'antimassonismo allora e suddiviso in tre tronconi: quello cattolico integrale, quello di alcuni liberisti come Alfredo Pareto, e quello intramassonico. Quest'ultimo si riferisce alla competizione esistente allora tra le due maggiori Obbedienze massoniche (quella di Piazza del Gesù e quella di Palazzo Giustiniani). Tra le due la SGLd'I si dichiarò favorevolmente rispetto al fascismo mentre il GOI non prese ufficialmente alcuna posizione pur però finanziandolo come scritto sopra. Piazza del Gesù addirittura si pronunciò favorevolmente per la conciliazione tra Chiesa e Stato (a questo proposito è da segnalare la presenza di almeno un massone della suddetta Obbedienza presente al Concordato del 1929).
    *Amilcare Cipriani, massone, fu un combattente di tutte le guerre risorgimentali, mazziniano e anticattolico. Conobbe in esilio a Londra Karl Marx, aderendo al marxismo. Successivamente va a Parigi (1870) e partecipa all'omonima “Comune” (1871) diventando poi anarchico. Morì nell'aprile del 1918.


    6. Il Concordato


    Il Partito Popolare Italiano, per bocca del senatore conte Giovanni Grosoli, nel 1904 aveva dichiarato che la Questione Romana era da considerarsi “morta e sepolta”, aggiungendo “nella coscienza nazionale”. Per tanto il movimento cattolico non avrebbe più dovuto parlare di tale questione. Non era raro, tra gli esponenti politici cattolici negli anni del primo dopoguerra, pensare che l'Italia dal Risorgimento in avanti (specie dalla Breccia di Porta Pia) aveva visto contrapporsi Stato e Chiesa Cattolica dividendo la nazione in due schieramenti e che da Vittorio Veneto in poi vedeva uniti tutti quanti gli italiani. Secondo questa linea di pensiero non c'era più motivo di tirare ancora in ballo le “anticaglie risorgimentali”. Mussolini invece, che era un politico di tutt'altro livello, ebbe a capire che la Questione Romana aveva una importanza fondamentale. Per tanto aprì quelle trattative con la Santa Sede, il cui incaricato era il Cardinal Gasparri (anche per tramite del conte Santucci, probabilmente organico alla massoneria ed ex esponente del disciolto PPI). Già nel 1923 monsignor Benigni, che si trovava in Inghilterra per conto del Ministero degli Interni e che era un informatore dell'OVRA pur non essendo fascista (scrisse a Mussolini “non sono fascista”) considerava la risoluzione della Questione Romana di primaria importanza. Antisemita e cattolico integrale, scriveva nel programma della sua “Intesa Romana di Difesa Sociale”:
    “Quanto alla Patria: aderiamo al programma e allo sforzo del Duce del Fascismo che consiste nel farla materialmente e spiritualmente una forte e grande nazione con un popolo cattolico e patriottico, disciplinato ed efficiente. Ogni consorzio politico anche mascherato con altri aggettivi che vuole rovesciare l'attuale regime è considerato da noi pernicioso per la Patria e quindi anche nocivo alla religione. A questo scopo ogni errore o autentica colpa, lungi da noi le immonde campagne di denigrazione e disfattismo, che si potrà constatare nelle opere del regime deve essere ai nostri occhi non un motivo di svalutazione o di demolizionema di onesto e coraggioso sforzo di purificazione e rafforzamento. E' uno dei punti fermi del nostro pensiero”. Secondo la rivista “Fede e Ragione” la Questione Romana doveva essere risolta in un solo senso, cioè in favore della Chiesa.
    Egilberto Martire ed altri deputati del PPI non ostili al governo fascista, disputarono con Fede e Ragione anche sulla questione della territorialità, cioè del potere temporale del Papa. Martire, che poi passò al PNF, proponeva insiema ad altri la soluzione che poi si verificò nei fatti: la creazione di uno Stato minuscolo, la futura Città del Vaticano. Fede e Ragione, che si muoveva su una linea di pensiero cattolico intransigente, voleva il ritorno di tutti i territori che erano appartenuti allo Stato Pontificio, poi da federare con il resto del territorio italiano, o per lo meno della città di Roma. Allo stesso tempo don Paolo de Toth ebbe diversi colloqui con il cattolico Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, spingendo affinché le trattative non fossero svolte solo con Gasparri ma anche con altri elementi del Sacro Collegio Cardinalizio che auspicavano una soluzione territoriale sulla stessa linea di Fede e Ragione. Ad ogni modo anche Arnaldo Mussolini vedeva la questione squisitamente da un punto di vista politico e per tanto, come il fratello, era interessato a trattare con la Chiesa chiunque fosse il suo rappresentante. Presentò comunque la richiesta al Duce, il quale se ne infischiò. Risultava chiaro ai suoi occhi che Gasparri, essendo il Segretario di Stato del Papa, fosse l'uomo più indicato a questo incarico. L'11 febbraio del 1929 arrivò la firma del Concordato tra il Regno d'Italia e la Santa Sede passato alla storia con il nome di “Patti Lateranensi”. I cattolici integrali, comunque, espressero contentezza per l'avvenuta Conciliazione, e così anche Fede e Ragione, anche perché il cattolicesimo veniva riconosciuto religione di Stato e nella speranza che il governo italiano potesse riportare l'Italia ad essere una nazione che procedeva sulla base dei principi cattolici, dunque in contrasto con quelli massonici che l'avevano guidata per tutta la sua storia unitaria. Un ruolo importante ebbe il cosiddetto “Centro Nazionale”, cioè quella aggregazione di cattolici del PPI, che insieme ad altri si fusero nel suddetto, il quale di fatto aderiva al fascismo. Di tendenza modernista (come del resto lo stesso PPI), esso fu agli antipodi del cattolicesimo integrale. Romolo Murri, massone, ne era il leader. Egli fu dapprima cattolico integrale ed in seguito modernista aderendo alle idee del cristianesimo democratico. Fu uno dei fondatori del PPI. Iscrittosi in seguito al Partito Radicale (da non confondersi con quello pannelliano) che era il partito espressione diretta delle idee massoniche (come quello pannelliano).
    Tornò poi al PPI , venne scomunicato ed in seguito aderì al fascismo. Collaborò con “Critica Fascista” rivista diretta da Giuseppe Bottai. Nel 1924 scrisse anche “Fede e Fascismo” e nel 1937 “L'idea universale di Roma”. Dino Grandi lo indica quale precursore del fascismo e su di lui scrive all'interno dei “Quaderni Imperio”: Abbiamo volutamente scelto come primo della serie un libro di Romolo Murri. E' un omaggio devoto a lui, che fu uno dei maestri della nostra generazione, un precursore della Rivoluzione. Il Fascismo creato da Benito Mussolini per una disperata difesa di un'idea eterna” proseguendo con l'indicazione dell'idea cristiano-democratica quale uno dei tre pilastri che portarono al fascismo.


    7. Il sequestro e l'omicidio Matteotti


    L'omicidio di Giacomo Matteotti (anch'egli affiliato alla libera muratoria), che diede il via alla “dittatura”, vede tutte le persone coinvolte quali appartenenti alla massoneria di piazza del Gesù (tranne uno che era del GOI). Vannoni ipotizza che il rapimento fosse stata un'idea proveniente da piazza del Gesù, allo scopo di impadronirsi di taluni documenti in possesso di Matteotti, mentre l'ordine di ucciderlo venne da palazzo Giustiniani e la pugnalata venne inflitta da Giuseppe Viola, per l'appunto affiliato al GOI. Il delitto fu l'ultimo tentativo della massoneria di mettere fuori gioco Mussolini e riprendere il totale controllo dello Stato, cosa che avverrà soltanto il 25 luglio del 1943, durante la famigerata ultima riunione del Gran Consiglio del Fascismo, quando venne votato a maggioranza l'Ordine del Giorno a firma di Dino Grandi che impose le dimissioni a Mussolini causando la caduta del suo regime. La grande maggioranza dei componenti del G.C. erano affiliati alle logge massoniche.
    INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO.

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    Predefinito Re: Oggi l'anniversario della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento

    Fascismo e massoneria...strano rapporto.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia dell'Europa del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 

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