Ahmadinejad in Libano, i motivi di un successo

Quando, nel 2009, il partito sunnita capeggiato da Saad Hariri, figlio di quel Rafiq Hariri ucciso in un attentato nel febbraio 2005, vinse le elezioni, il blocco occidentale capeggiato da USA e Francia interpretò la vittoria (ottenuta, contro le previsioni della vigilia, ai danni dei raggruppamenti sciiti Amal e Hezbollah con l'appoggio della formazione maronita di Michel Aoun) come un ritorno completo del piccolo Paese dei cedri sotto l'egemonia israelo-americana.
Saad Hariri aveva infatti incentrato tutta la sua campagna elettorale contro Siria ed Iran, Paesi tra loro alleati e sponsor del "partito di Dio" Hezbollah.
Ma, malgrado la sconfitta, Hezbollah pose subito dei paletti: il primo riguardava l'imposizione al governo Hariri di avere anche l'approvazione dei ministri sciiti (minoritari) in tutte quelle decisioni che riguardassero scelte importanti di politica estera ed economica; il secondo paletto riguardava la rinuncia, di fatto, a disarmare le milizie di Hezbollah, cosa per la quale premevano fortemente, invece, USA Francia e Israele.
Era infatti ancora vivo nei libanesi il ricordo che tali milizie erano state le uniche ad opporsi con successo all'aggressione israeliana del luglio-agosto 2006 (aggressione che provocò più di 1000 morti tra i civili e distrusse la fragile economia del Paese), mentre l'esercito regolare stava a guardare e l'imbelle primo ministro di allora, Fouad Siniora, si limitava a lanciare disperati appelli internazionali affinché qualcuno fermasse lo scempio compiuto dall'esercito israeliano.
Fu a tutti i libanesi ben chiaro, amici o nemici del partito di Dio, che, senza la formidabile resistenza di Hezbollah, il Libano avrebbe avuto nel 2006 una sorte forse peggiore di quella avuta dopo la terribile invasione israeliana, capeggiata da Ariel Sharon nel 1982, l'anno dei massacri nei campi palestinesi di Sabra e Shatila e dell'inizio di una terribile guerra civile durata fino al 1989.
Da questa consapevolezza popolare è nato un comportamento moderato del governo di Saad Hariri in politica estera, il quale, pur restando filo occidentale, ha mantenuto ottimi rapporti con la Siria (che dopo l'omicidio di Rafiq Hariri aveva abbandonato la sua tutela armata in Libano) e con il suo potente alleato iraniano.
L'episodio della nave turca in rotta verso Gaza, aggredita da commandos israeliani il 31 maggio scorso, in cui furono uccisi 9 attivisti della pace turchi, la conseguente crisi tra Israele e Turchia, con il riavvicinamento all'Iran di quest'ultima, debbono aver infine convinto il governo Hariri che la politica del cordone sanitario attorno all'Iran, come preteso da Israele e USA, non era negli interessi del Libano.

In questo clima è maturata la visita ufficiale di Mahamoud Ahmadinejad in Libano, visita oggi impensabile per qualsiasi Paese nella sfera di influenza dell'impero americano; questo fa capire come Saad Hariri abbia "tradito" il suo principale sostenitore, gli USA appunto.
La visita di Ahmadinejad a Beirut è stata un trionfo, ma quella nel meridione del Paese, vicino al confine israeliano, è stata addirittura una apoteosi. Ahmadinejad è stato apostrofato con titoli quali "l'Illuminato", "l'Umile", "il Difensore della fede", quasi fosse la reincarnazione del Mahdi, ovvero il Messia della escatologia sciita.
I bagni di folla sono stati oceanici e i suoi discorsi, a favore dell'indipendenza della Palestina, infuocati e, per di più, tenuti a pochi chilometri dal confine con l'odiata "entità sionista", come egli è solito chiamare Israele.
Una vera débacle diplomatica per la coppia Obama-Sarkozy, che vedono sempre più Paesi sottrarsi al diktat di isolamento nei confronti dell'Iran.

Naturalmente le reazioni non si sono fatte attendere. Israele ha parlato di un nuovo "Anschluss tra Libano ed Iran", riferendosi ovviamente alla unificazione dell'Austria nel terzo Reich voluta da Hitler nel 1938 (un riferimento al nazismo, da parte dello Stato ebraico, è sempre un ottimo colpo ad effetto), mentre Obama ha rispolverato il dormiente tribunale speciale per il Libano, istituito (sotto egida ONU) nel 2005 per far luce sull'omicidio di Rafiq Hariri, tribunale che inizialmente doveva tenere sotto schiaffo il governo siriano e il suo presidente Bashar Al Assad, accusato di essere il mandante dell'omicidio, e che ora sembra aver cambiato orientamento per puntare il dito (guarda caso!) su Hezbollah quale nuovo mandante.
E' sperabile soltanto che il grandioso successo di Ahmadinejad in Libano non serva come pretesto, da parte di Israele, per tentare un nuovo regolamento di conti con Hezbollah, che tanto duramente lo ha impegnato nella campagna militare del 2006


Ahmadinejad in Libano, i motivi di un successo, Gian Carlo Caprino