Cenacolo vinciano
Comincia la “Settimana Santa” e Venerdì ci sarà la “Celebratio passionis Domini”.
L’evento fa volare il mio pensiero a Milano e al “Cenacolo vinciano”.
Milano, Basilica di Santa Maria delle Grazie, prospetta sull’omonima piazza; sulla destra si vede un tratto di Corso Magenta.
Questa chiesa, dell’Ordine dei frati predicatori Domenicani, è adiacente al convento con l’ex refettorio (diventato proprietà del Comune di Milano), nel quale si può ammirare il dipinto leonardesco dedicato all’Ultima Cena (o Cenacolo).
Questo complesso religioso fu avviato nel 1460. In quell’anno il conte Gaspare Vimercati (uno dei più influenti personaggi dell’entourage di Francesco Sforza, come consigliere di guerra, comandante delle milizie e gestore “di fatto” delle finanze sforzesche) concesse l’area in precedenza usata dal Vimercati per l’alloggiamento dei suoi reparti militari. Su quel terreno c’era anche una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie.
Il Vimercati elargì ai Domenicani il denaro necessario per la costruzione del convento e la chiesa, che, come la cappella, fu dedicata a Santa Maria delle Grazie.
Il progetto fu redatto dall’architetto Guiniforte Solari. I lavori cominciarono nel 1463.
Il convento fu completato nel 1469, la chiesa nel 1482.
Nel 1492 la basilica fu ingrandita perché il duca di Milano, Ludovico Maria Sforza, detto “il Moro”, la scelse per farne il mausoleo della propria casata.
Nel progetto di ampliamento forse partecipò il noto architetto Donato Bramante.
Furono aggiunte absidi di forma circolare, la cupola, un chiostro, un refettorio più grande per il convento.
La chiesa è caratterizzata da sette cappelle di forma quadrata, le quali sono disposte su ciascun lato: esse sono state realizzate quasi tutte dal Solari, ad eccezione dell’ultima dedicata alla Vergine delle Grazie.
veduta parziale dell'interno basilicale
Nel convento ci sono tre chiostri: quello sul lato nord è adiacente alla chiesa. Invece il refettorio è nel lato sud: nel suo interno è possibile ammirare “La crocifissione” (dipinto realizzato dall’artista milanese Donato Montorfano) e la celebre “Ultima Cena”, realizzata da Leonardo da Vinci.
il “Cenacolo” com’era prima del restauro
“Ultima Cena” dopo i lavori per il restauro
L'ultimo intervento di restauro ha permesso di recuperare solo in parte il dipinto originale, rovinato sia a causa degli inadatti materiali utilizzati dall'artista sia per colpa dei vari restauratori che nei secoli XVII e XVIII eseguirono alcune ridipinture "estetiche". Ad esempio, quasi tutta la testa di Giuda è rifatta, dell'originale viso di Giovanni ne resta solo un decimo (le scaglie più chiare della parte alta del viso), e di Pietro solo la parte della fronte e dello zigomo.
Nel 1517, secondo la testimonianza di Antonio de Beatis, “è excellentissima, benché incomincia a guastarse non so se per la humidità che rende il muro o per altra inadvertentia”.
Nel 1568 Giorgio Vasari scrisse che il dipinto è “tanto male condotto che non si scorge più se non una macchia abbagliata”.
Per Francesco Scannelli, che descrisse il Cenacolo nel 1642, non erano rimaste dell’originale che alcune tracce delle figure, e anche quelle così confuse che solo a fatica se ne poteva ricavare una indicazione del soggetto. Proprio perché considerato ormai perduto, i Domenicani del convento nel 1652 non esitarono ad aprire una porta per dare accesso alle cucine, tagliando le gambe di Gesù e di due apostoli.
Tra il 1796 e il 1801 il refettorio venne adibito a scuderia per i cavalli dei soldati napoleonici, i quali alcuni di loro scagliarono pietre contro il dipinto che distrussero i corpi degli apostoli. Con punte metalliche sfregiarono anche gli occhi. Successivamente inesperti restauratori ridipinsero tutta l’opera.
Infine, il 16 agosto 1943, nel corso della seconda guerra mondiale, il convento di Santa Maria delle Grazie venne bombardato e il refettorio quasi completamente distrutto; il Cenacolo si salvò perché protetto da una impalcatura di tavole di legno e sacchetti di sabbia.
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