Risultati da 1 a 6 di 6
  1. #1
    Sinistra atlantista
    Data Registrazione
    16 Nov 2022
    Località
    Pozzi Neri, Macroverso
    Messaggi
    1,824
     Likes dati
    441
     Like avuti
    161
    Mentioned
    37 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito L'invenzione della Liguria

    L’invenzione della Liguria, «Le pietre e il mare», luglio-settembre 1991

    Giovanni Assereto, docente di Storia moderna all'Università di Genova


    La Liguria è un’invenzione recente. Dal punto di vista amministrativo i suoi attuali confini sono stati delineati solo nel 1859-60, alla vigilia dell’unificazione nazionale, quando le due province di Porto Maurizio e di Genova giunsero ad abbracciare un territorio quasi identico a quello della regione odierna. Ancora di più tardò ad affermarsi il nome di quel territorio: Liguria era una parola del linguaggio erudito, usata per designare il paese che in età preromana si estendeva dalla Provenza al Veneto, e che anche in età romana era assai vasto, comprendendo ora il Piemonte, ora altre terre della Padania. Sino a tutto il XVIII secolo, e poi ancora per buona parte dell’Ottocento, si parlò semmai di Genovesato. Gli abitanti delle riviere, quando andavano in paesi forestieri, si autodefinivano genovesi; e la parola ligure, paradossalmente, nei dialetti di Liguria neppure esiste. Tutto questo è comprensibile se si considera che, almeno dal XII secolo, la storia della Liguria si identifica in certo senso con la lotta condotta da Genova per affermare la propria egemonia su quel territorio: egemonia apparentemente realizzata nel 1528 allorché, sottomesse le più agguerrite città rivali, fu proclamata la Repubblica di Genova. Essa durò sino al 1797, anno in cui - con il contributo determinante del generale Bonaparte e dellasua Armée d’Italie - il regime aristocratico cadde e fu sostituito da uno Stato democratico il quale, volendo esser nuovo anche nel nome, si chiamò Repubblica Ligure.

    Allora per la prima volta questo nome di Liguria venne di moda per designare il Genovesato. In parte dipese dal generale risveglio del lessico greco-romano che accompagnò la Rivoluzione francese e la sua espansione in Europa, ed ecco infatti un fiorire di repubbliche dai nomi classicheggianti: Elvetica, Batava, Cisalpina, Partenopea. In parte ancor maggiore rispose alla volontà di annunciare un’epoca in cui gli egoismi e i privilegi delle antiche «città dominanti» dovevano cedere il posto a una politica di eguaglianza. Era la stessa logica in base alla quale la Francia rivoluzionaria aveva riorganizzato le proprie circoscrizioni amministrative dando ai dipartimenti nomi tratti unicamente dalla geografica fisica (Seine, Alpes Maritimes, etc.) per distruggere il ricordo delle antiche province e per abolire ogni discriminazione fra città e campagne.

    Nella Repubblica genovese, che fino all’ultimo aveva mantenuto caratteristiche di Stato cittadino dove molte comunità sentivano come prevaricatrice la supremazia della capitale (o, come allora appunto si diceva, della Dominante), quelle parole Ligure e Liguria suonarono davvero rivoluzionarie e parvero a molti un presagio di progresso per l’intera regione. Le illusioni, tra guerre e ruberie dei francesi, durarono assai poco; ma le nuove denominazioni resistettero, e anche quando, nel 1805, l’Impero napoleonico incorporò i territori della vecchia Repubblica si continuò a parlare di «ci-devant Ligurie» e di «départements liguriens». Ma nel 1814 Vittorio Emanuele I di Savoia, che aveva ottenuto dal Congresso di Vienna le terre liguri, pensò bene di annetterle ai suoi Stati col nome di Ducato di Genova, come per significare che la vecchia supremazia andava ristabilita. D’altronde, piacesse o no, quella supremazia era un dato reale: Genova era una metropoli opulenta, di fronte alla quale le piccole città delle riviere - per non parlare dei paesi dell’entroterra - parevano poco più che dei borghi. Ma la grande città aveva saputo davvero organizzare il proprio territorio - quel che in antico regime si chiamava Dominio - o non si era piuttosto limitata ad affermarvi una generica superiorità politica, senza mai trasformarla in egemonia effettiva, senza fare di quei territori sparsi tra i monti e il mare una compatta regione economica?

    La Genova medievale aveva costruito le proprie fortune e il proprio splendore urbano sul commercio internazionale con il Levante e poi anche con la Spagna e le Fiandre. Bisanzio, la Crimea, Siviglia e Bruges erano per lei ben più importanti delle povere terre liguri. Se l’altra grande repubblica marittima, Venezia, a un certo punto partì alla conquista della propria terraferma e ne trasse ricchezze e sicuri approvvigionamenti alimentari, questo non fu mai il caso di Genova. L’agricoltura ligure non era in grado di nutrire la città dominante, era piuttosto vero il contrario: il grande emporio genovese - capace di convogliare grani da ogni parte del Mediterraneo, dal mare del Nord e dal Baltico - rappresentò sempre un’assicurazione contro la fame per le riviere, dove il raccolto cerealicolo copriva solo per pochi mesi all’anno il fabbisogno alimentare.

    Quel dominio «dalla cresta dei monti al mare» che Genova cominciò presto a rivendicare aveva prevalenti motivi di sicurezza militare; e semmai, dal punto di vista economico, mirava solo a eliminare o a ridimensionare concorrenti commerciali ritenuti pericolosi. Tipico il caso di Savona, la cui sottomissione definitiva nella prima metà del Cinquecento fu segnata dalla distruzione del suo porto e dalla costruzione della grande fortezza del Priamar, cosicché la logica difensiva e quella della lotta mercantile coincisero perfettamente. Ma in altre occasioni Genova preferì una prudente strategia di «convenzioni» e patteggiamenti, mediante i quali terre e città riconoscevano la sua supremazia politica e si piegavano al pagamento di qualche modica imposta, conservando però nella sostanza larghe autonomie amministrative ed economiche.

    D’altronde, lo Stato genovese non raggiunse mai una compattezza e una dimensione paragonabili a quelle della regione attuale. Oltre allo scarso interesse di Genova, giocarono la vicinanza di principi troppo potenti (i Savoia, i marchesi del Monferrato, i duchi di Milano e poi la Spagna o l’Austria) e la presenza, su tutto l’arco della montagna ligure, di signorie feudali talora imponenti, come quella dei Fieschi. In un solo punto, di importanza strategica per il transito verso Milano, la Repubblica seppe spingere decisamente i propri confini verso nord con il possesso di comunità quali Ovada, Gavi e Novi: l’ultima delle quali ancor oggi - benché da oltre cent’anni sia amministrativamente piemontese - conserva l’appellativo di Ligure a ricordo del dominio genovese.

    Altrove, invece, il territorio della Repubblica si arrestava intorno allo spartiacque, magari proprio nei luoghi in cui sarebbe stato più conveniente oltrepassarlo: per esempio il primo paese oltre l’ottimo valico di Cadibona, Altare, era già soggetto alla sovranità prima monferrina e poi sabauda. Per buona misura quel territorio era profondamente spezzato in due punti: il principato di Oneglia, possedimento dei Savoia; e, sino al 1713, il marchesato di Finale, che spingeva le sue propaggini settentrionali sino alla val Bormida e rappresentava un pericoloso collegamento alternativo - in mano alla Spagna - tra il mare e la pianura Padana.

    Ai patrizi genovesi non dispiaceva acquistare terre in Liguria o nelle immediate vicinanze sotto forma di proprietà o di feudi, specie là dove c’erano colture redditizie come l’ulivo e gli agrumi, o dove il diritto feudale permetteva di fregiarsi di un titolo prestigioso e di godere dell’extraterritorialità. Ma per quei nobili la terra rappresentava comunque un investimento marginale, perché le loro ricchezze provenivano da altre fonti: il commercio, le manifatture e, soprattutto, l’attività finanziaria d’alto bordo, ramificata su mezza Europa. Così l’economia ligure rimase sempre abbastanza distinta da quella genovese: da un lato si manteneva aperta verso l’esterno, d’altro lato si ripiegava su aree delimitate che non toccavano la Dominante.

    Nell’età preindustriale le vie marittime erano infinitamente più facili e veloci di quelle terrestri. Come Genova era, per così dire, più vicina alla Sicilia che a Pieve di Teco o a Sassello, così le riviere avevano agevole comunicazione ben oltre i confini della Repubblica. Sulle loro piccole imbarcazioni di cabotaggio gli uomini di Savona, di Noli o di Porto Maurizio si spingevano verso la Provenza o la Catalogna; quelli di Chiavari o della Spezia verso la Toscana, lo Stato Pontificio o il Regno di Napoli. Sull’acqua i confini della Liguria si dilatavano enormemente, mentre per terra si restringevano. Vere strade non ne esistevano, gli spostamenti di uomini e merci avvenivano quasi soltanto a dorso di mulo. Perciò la regione si segmentava in tante zone verticali, che seguivano le vallate e i valichi. Basta osservare una carta topografica e riflettere sui mezzi di allora: andare per via di terra, ad esempio, da Stella a Sciarborasca, e soprattutto trasportarvi delle merci, era più complicato e faticoso che viaggiare per mare da Albisola a Nizza o a Livorno. D’altra parte, una volta intrapreso il difficile cammino in direzione sud-nord, la convenienza economica portava a collegare terre che si trovavano ben al di là dei confini ufficiali.

    Se Genova era il vertice commerciale di un vasto retroterra che spaziava nella pianura Padana e oltre, anche gli altri centri rivieraschi erano al servizio di territori retrostanti più o meno ampi. Nella riviera di levante da Rapallo, da Chiavari, da Sestri e dalla Spezia si dipartivano strade - o meglio mulattiere - che, superando passi impervi, collegavano al mare i ducati di Parma e di Modena. A ponente era specialmente Savona - in particolare sino all’inizio del Cinquecento - a proporsi come scalo per il Piemonte sudoccidentale e parte del Monferrato. La sua posizione, il facile accesso al colle di Cadibona che è il valico più basso e più vicino al mare, la fitta rete di strade che da quel colle andavano verso nord, tutto ciò la metteva in collegamento con città come Acqui, Ceva, Alba, Mondovì, Fossano, Cuneo, Asti, Chieri.

    Dalle terre piemontesi e monferrine giungevano a Savona materie prime per l’artigianato urbano (pelli da concia, lana, canapa, prodotti tintorii) e manufatti destinati all’esportazione verso l’Italia meridionale, l’Africa del nord, la penisola iberica: fustagni di Chieri, tele di Carmagnola, pannilani di Pinerolo, vetri in lastre e lavorati di Altare. In direzione opposta viaggiava una gamma ancora più ampia di merci: anzitutto il sale, di Ibiza o di Hyères, per centinaia di tonnellate; poi i formaggi sardi, l’olio, i pesci salati, i cuoi, il cotone, l’allume, i minerali ferrosi, la soda per le vetrerie, la carta, le spezie. E non erano solo i flussi commerciali a legare l’area marittima a quelle oltremontane; esisteva pure un tessuto di interessi finanziari (per esempio la partecipazione di molti “capitalisti” piemontesi all’armamento marittimo), ed era frequente lo spostamento di uomini - mercanti e imprenditori, ma anche artisti e letterati - che dall’entroterra si portavano a Savona, vi si insediavano, vi acquistavano non di rado la cittadinanza.

    Via via che lo Stato genovese andò rafforzandosi e compattandosi, questi rapporti materiali e umani si ridussero, perché Genova mirava a monopolizzare sia il grande commercio marittimo, sia l’interscambio con il settentrione. Nel contempo si rinsaldava la monarchia sabauda, sempre in rivalità e talora in guerra aperta con la Repubblica, e anch’essa cercava di boicottare le tradizionali correnti di traffico rivolgendosi direttamente ai propri sbocchi al mare - Villafranca e Oneglia - benché fossero assai più sfavoriti dalla collocazione geografica. Come spesso accade, l’interesse dei governi non coincideva con quello dei popoli: Genova e Torino facevano a gara nello spezzare quella regione economica che si era formata, quasi naturalmente, tra il Ponente ligure e il Piemonte meridionale.

    La geografia, comunque, fu più forte della politica: nel XVII e nel XVIII secolo, a dispetto di tariffe doganali punitive e dell’abbandono in cui venivano lasciati i porti e le strade, i traffici fra il Savonese e la regione subalpina non cessarono. Verso il mare seguitavano a viaggiare le pelli, la canapa, gli stracci (per le cartiere, ma anche da utilizzare come fertilizzanti per gli ulivi), i risi, i tessuti: «telarie, dobletti e fustanei», come recita un documento del 1653. In direzione opposta andavano «salumi, drogherie, zuccari, amandole, pignoli, pepi, zebibi, cannelle, piombi, stagni, vachette, allumi». E accanto al regolare commercio fioriva il contrabbando del sale trasportato soprattutto nel Monregalese, dove per quasi vent’anni - dal 1680 al 1699 - divampò una furiosa guerriglia contro il governo di Torino, che a tale traffico si opponeva con ogni mezzo.

    I legami, dunque, non si interruppero mai; ma la fioritura medievale sembrava, sul finire del Settecento, lontanissima e irripetibile. Ci volle, nel 1805, una felice intuizione di Napoleone e dei suoi ministri per avviare una stagione nuova. In quell’anno, come s’è detto, la Repubblica Ligure fu annessa all’Impero francese - fatto già in sé positivo perché abbatteva le barriere doganali sia con la Francia sia con il Piemonte divenuto anch’esso francese - e le sue circoscrizioni amministrative furono completamente ridisegnate tenendo conto proprio di quei rapporti economici “verticali” che per secoli erano sopravvissuti. Nel dipartimento di Montenotte, avente per capoluogo Savona, il ponente ligure si trovò unito ai circondari di Ceva e di Acqui formando un comprensorio omogeneo, suscettibile di molte iniziative comuni. La regione marittima e il suo retroterra erano ora sotto una medesima autorità che si sforzava di svilupparne le potenzialità economiche, di intensificare gli scambi, di elaborare un’efficace strategia dei trasporti migliorando le attrezzature portuali e la rete stradale.

    Fu un’esperienza breve, per di più segnata negativamente dalle guerre e dal blocco dei traffici marittimi; nondimeno quella zona ne uscì rivitalizzata e con un patrimonio di idee, speranze e progetti che avrebbero continuato a far da lievito durante i decenni successivi. Dopo il 1814 i Savoia, nuovi padroni della Liguria, vi seguirono solo in minima parte le direttive economiche dei francesi. Abile nel favorire l’espansione marittima e industriale di Genova, la monarchia sabauda finì per sposare un modello di sviluppo fin troppo centrato sul capoluogo ligure, lasciando in ombra le città delle riviere e rinnegando quell’organizzazione “verticale” del territorio che sembrava più adatta a favorire i centri minori.

    I porti di tali centri ricevettero scarsissime attenzioni, ma ancor più decisiva per la loro emarginazione fu la politica ferroviaria. Da Torino il treno raggiunse Genova nel 1853. In quegli anni anche Nizza, Sanremo, Oneglia, Albenga, Savona, Voltri e Sestri Levante chiesero con insistenza una linea che le collegasse con le province piemontesi. E nel 1858 Pietro Paleocapa, il maggior esperto di trasporti del Regno di Sardegna, aveva raccomandato quantomeno la costruzione della Torino-Savona, ferrovia che egli considerava «fra quelle che si deggiono riguardare come più utili nell’interesse generale dello Stato».

    Il parere rimase a lungo inascoltato: si dovette aspettare il 1874 perché fosse realizzato il collegamento Torino-Savona, scadentissima ferrovia ancora ai giorni nostri. Peggio andarono le cose per l’estremo ponente ligure, dove le aspettative furono totalmente deluse, ove si eccettui la tardiva e tormentata linea Ventimiglia-Cuneo. In compenso procedette con rapidità la ferrovia litoranea, che nel 1872 aveva completato il tratto Genova-Ventimiglia: con essa il capoluogo ligure poteva affermarsi quale unico nodo di collegamento, portuale e ferroviario, tra l’intera Liguria e l’entroterra. L’asse est-ovest, facente perno su Genova per i traffici verso il nord, tornava così a trionfare. La circoscrizione amministrativa - che, come si è detto, nel 1859 aveva modellato la Liguria nell’attuale “arcobaleno” tagliandone via molte propaggini al di là dell’Appennino - sembrava aderire perfettamente a questa nuova realtà economica.

    Il segno tracciato allora sarebbe durato a lungo, prova ne sia che fra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento la rete autostradale ha ricalcato con impressionante analogia il modello ferroviario ottocentesco: rapidi e precoci collegamenti tra Genova e la Padania, e poi tra Genova e le due riviere; tardivi e mediocri, o inesistenti, quelli tra le altre città liguri e l’interno. Eppure se si ricordasse quante speranze, tra il 1950 e il 1960, erano nate intorno all’autostrada Savona-Ceva e all’ente portuale Savona-Piemonte, o si riflettesse sulle molte richieste di migliori comunicazioni con le province subalpine che anche successivamente si sono levate da Albenga, da Imperia e dall’estremo ponente, ben si comprenderebbe come certi legami, anche nel mutare dei tempi, siano rimasti e chiedano solo di intensificarsi superando confini fittizi. È una lezione che la storia ripete da alcuni secoli, trovando però quasi sempre degli scolari disattenti o zucconi.

  2. #2
    email non funzionante
    Data Registrazione
    06 Apr 2009
    Località
    Monviso
    Messaggi
    59,899
     Likes dati
    17,704
     Like avuti
    23,118
    Mentioned
    821 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: L'invenzione della Liguria

    ah ah ah ah ah
    Possiamo concludere che tutto il peggio che succede in Italia e' dovuto alle elites PD ed al vaticano?
    Stupri, attentati, invasione, fallimenti, disoccupazione, emergenza sociale, denatalita',violenza verbale , suicidi, omicidi....

  3. #3
    duca di rivoli
    Data Registrazione
    27 May 2009
    Località
    LOMBARDIA - Alpi
    Messaggi
    31,367
     Likes dati
    2,918
     Like avuti
    8,839
    Mentioned
    431 Post(s)
    Tagged
    5 Thread(s)

    Predefinito Re: L'invenzione della Liguria

    ma porca zozza. leggo questa roba e mi viene il dubbio.
    prendo la mia copia dell'Atlas Maior" di Joan Blaeu del 1665 (edizione Taschen, mica quello vera, se non non sarei qui a scrivere minchiate) e la tavola dedicata dice "LIGURIA o Stato della Repubblica di GENOVA".
    prendo la mia copia delle riproduzione della sala delle mappe in vaticano (ed. Cosimo Panini), anno 1580 (o giù di lì) e la Liguria si chiama solo Liguria.

    ora, non vorrei mettere in dubbio la sapienza di un docente universitario, ma ha delle fonti per supportare questa sua teoria che i liguri si autodefinissero "genovesi"?
    il definitiva scrive che la liguria come entità unitaria e identitaria dei suoi abitanti sia di derivazione napoleonica e sabauda. sarà...

  4. #4
    Sinistra atlantista
    Data Registrazione
    16 Nov 2022
    Località
    Pozzi Neri, Macroverso
    Messaggi
    1,824
     Likes dati
    441
     Like avuti
    161
    Mentioned
    37 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: L'invenzione della Liguria

    Citazione Originariamente Scritto da massena Visualizza Messaggio
    ma porca zozza. leggo questa roba e mi viene il dubbio.
    prendo la mia copia dell'Atlas Maior" di Joan Blaeu del 1665 (edizione Taschen, mica quello vera, se non non sarei qui a scrivere minchiate) e la tavola dedicata dice "LIGURIA o Stato della Repubblica di GENOVA".
    prendo la mia copia delle riproduzione della sala delle mappe in vaticano (ed. Cosimo Panini), anno 1580 (o giù di lì) e la Liguria si chiama solo Liguria.

    ora, non vorrei mettere in dubbio la sapienza di un docente universitario, ma ha delle fonti per supportare questa sua teoria che i liguri si autodefinissero "genovesi"?
    il definitiva scrive che la liguria come entità unitaria e identitaria dei suoi abitanti sia di derivazione napoleonica e sabauda. sarà...
    Forse i termini Liguria che tu leggi su questi tomi sono stati aggiunti nell'epoca in cui sono stati ripubblicati, cioè quella contemporanea...

  5. #5
    duca di rivoli
    Data Registrazione
    27 May 2009
    Località
    LOMBARDIA - Alpi
    Messaggi
    31,367
     Likes dati
    2,918
     Like avuti
    8,839
    Mentioned
    431 Post(s)
    Tagged
    5 Thread(s)

    Predefinito Re: L'invenzione della Liguria

    Citazione Originariamente Scritto da Gastida Visualizza Messaggio
    Forse i termini Liguria che tu leggi su questi tomi sono stati aggiunti nell'epoca in cui sono stati ripubblicati, cioè quella contemporanea...
    ma per favore.
    sono fotografie, una di un atlante stampato in più edizioni nel '600, l'altro di un affresco del '500 che è in vaticano.

  6. #6
    duca di rivoli
    Data Registrazione
    27 May 2009
    Località
    LOMBARDIA - Alpi
    Messaggi
    31,367
     Likes dati
    2,918
     Like avuti
    8,839
    Mentioned
    431 Post(s)
    Tagged
    5 Thread(s)

    Predefinito Re: L'invenzione della Liguria


 

 

Discussioni Simili

  1. L'invenzione della cultura eterosessuale
    Di Cattivo nel forum Laici e Laicità
    Risposte: 8
    Ultimo Messaggio: 28-10-12, 13:00
  2. L'invenzione della Madonna
    Di Cattivo nel forum Laici e Laicità
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 23-03-12, 17:55
  3. L'invenzione della chiesa
    Di McFly nel forum Laici e Laicità
    Risposte: 3
    Ultimo Messaggio: 15-11-09, 01:51
  4. L'invenzione della tradizione
    Di Druuna nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 230
    Ultimo Messaggio: 05-09-08, 09:05
  5. L'invenzione della Padania
    Di Der Wehrwolf nel forum Etnonazionalismo
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 17-01-07, 12:56

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito