La famiglia tradizionale è la famiglia naturale

L’autore dispone la propria riflessione a partire da un assunto preciso. A suo pensare, infatti, la famiglia tradizionale – ovvero quella composta da un padre, una madre e uno o più figli – corrisponderebbe esattamente alla famiglia naturale. A dimostrarlo il fatto che, sin dall’alba dei tempi, l’uomo ha optato per questo tipo di modello familiare, scegliendolo tra i possibili, reputandolo il più efficace, e poi riconfermandolo, nel corso dei secoli, come tale.

“La stessa tipologia di famiglia ha assicurato la sopravvivenza e la prosperità della specie umana per millenni” scrive il generale senza timore di essere smentito, ricordando che la natura non segue norme morali ma solo i canoni della necessità.


Attacco alla natura

Vannacci, dunque, spera nella sopravvivenza del modello della famiglia tradizionale e, di contro, stigmatizza chiunque (o qualunque cosa) si proponga di minarne le basi. Perciò riconosce come mali:

–il socialismo reale, che per primo ha provato a “comunizzare” la società, assegnando il compito educativo alle istituzioni statali, sottraendolo a quella familiare;

–il movimento femminista, che si batterebbe nel modo sbagliato per l’emancipazione della donna, promuovendo il divorzio e l’aborto e opponendosi alla figura femminile intesa come madre;

–i movimenti lgbtq+, che introducono il concetto di fluidità sessuale, di percezione del sesso e di transgender e che classificano come famiglia l’unione tra due persone di sesso uguale;

-gli animalisti, che equiparano l’amore per una bestiolina all’amore per un figlio, pretendendo esteso il concetto di famiglia a chi vive con un gatto o un cane.


Famiglia debole e indefinita

Quando la cellula sociale più importante diviene debole, destrutturata ed evanescente, ecco che, sostiene lo scrittore: incorrono varie e collegabili conseguenze negative. In assenza di un punto di riferimento notabile aumenterebbero i disagi per i giovani e gli anziani, ovvero per quelle parti sociali non autosufficienti, che nella famiglia tradizionale hanno la loro ancora di salvezza. Il padre e la madre, i pilastri di una famiglia, hanno competenze ben precise da far valere sia nell’educazione e nella protezione della prole, sia nella tutela, a trecentosessanta gradi, dei membri più anziani.

Pensare che l’amore o l’affetto siano elementi sufficienti al mantenimento di un’unione familiare sarebbe sbagliatissimo, poiché, invero, in una famiglia ognuno dovrebbe avere un ruolo, assegnato secondo le proprie caratteristiche fisiche, sociali, comportamentali e culturali. La madre fa la madre come un padre non potrebbe, e viceversa. E non ci sarebbero altre rivendicazioni sostenibili, dal momento che un bambino, per essere davvero educato al meglio, dovrebbe poter godere della diversità dei suoi educatori e della diversità dei loro insegnamenti.

In definitiva, una madre e un padre non dovrebbero poter essere sostituiti da due madri o da due padri, nemmeno alla voce di un idealizzabile “diritto alla genitorialità”: una rivendicazione illegittima di minoranze che, egocentriche, non si curano delle conseguenze sociali delle loro pretese.


La sfida: dare una spinta alla natalità

Ancora, l’autore scrive del problema della denatalità, legandolo all’instabilità dell’entità familiare, oltreché all’instabilità economica percepita dalle nuove generazioni e allo scorretto funzionamento del sistema “asili nido”. Lui stesso riporta che: “I costi mensili per mantenere al nido un bambino variano tra i 1200 e i 2000 euro” e “considerando le rette che vengono pagate, che variano dai 300 ai 600 euro mensili, il resto dei costi (dai 1400 ai 900 euro al mese a bambino) ricadono sulla collettività”. Di conseguenza: “Pensare che uno dei due coniugi di una famiglia con tre o più figli minorenni che si occupi esclusivamente del loro accudimento possa ricevere una remunerazione pari a un salario minimo previsto dal contratto collettivo dei metalmeccanici sarebbe così rivoluzionario?”.

In soldoni, l’idea proposta è quella di destinare parte dei fondi pubblici a un genitore che volesse dedicarsi solo all’attività da genitore anziché agli asili nido. Secondo il generale, da questo se ne guadagnerebbe in economicità, in educazione, in valori sociali e infine anche in natalità:dacché rifiorirebbero le buone prospettive per fare il padre o la madre a tempo pieno e verrebbero meno molte delle preoccupazioni delle aspiranti famiglie.

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