La sensazione comune è che i miliardari del settore tech come Elon Musk non stiano lavorando per sviluppare prodotti e servizi che possano essere a nostra disposizione. Non sembra nemmeno che siano più interessati a questo mondo e a questo presente in cui si trovano a vivere insieme a noi. La loro attenzione sembra sempre rivolta verso un altrove ancora in costruzione: Marte, il sogno/incubo di un’intelligenza artificiale generale, un futuro dove la morte sarà obsoleta e un’economia perfettamente automatizzata e senza controlli né limiti. Stanno, insomma, cercando di scappare da questo problema che si chiama realtà.

Solo i più ricchi (Luiss University Press), il nuovo libro di Douglas Rushkoff, uno dei più apprezzati critici tecnologici e docente di teoria dei media e di economia digitale al Queens College di New York, parte proprio da questo punto: fosse per loro, Elon Musk e tutti gli altri appartenenti alla classe dello 0,1%, ci lascerebbero qui, in questo mondo fra poco inabitabile, funestato da crisi continue, e a un passo dalla catastrofe climatica. Se ne è accordo Rushkoff in prima persona quando si è trovato protagonista dell’aneddoto che apre il libro. Invitato a parlare a quella che pensava essere solo una delle tante conferenze business-to-business dedicate alle tendenze future della tecnologia, si trovò invece a fornire consulenze sull’efficacia dei piani di sopravvivenza di alcuni – e anonimi – tra i più ricchi ed evidentemente spaventati esseri umani a interessarsi di tecnologia. La fine di questo mondo è imminente, pensano i tech billionaire, meglio essere pronti. E costruire un bunker, o un’arca, ancor meglio se a guida autonoma.

Rushkoff chiama questa attitudine “mindset”, una forma ideologica di dominio sugli altri che sfocia nel desiderio di fuga dallo stesso mondo che si ha contribuito a distruggere: “come voler costruire un’auto tanto veloce da sfuggire ai fumi del proprio scappamento”, scrive un Rushkoff di ritorno dall’assurda conferenza lungoterminista cui era stato invitato. Ma oltre alle idee più escapiste e apocalittiche degli ultraricchi, il “mindset” è anche uno dei tratti identitari del settore tecnologico corrente e dei valori che inevitabilmente lo muovono: credere che la tecnica (o le macchine!) possano risolvere ogni problema, considerare i rapporti umani come mere transazioni di mercato e neutralizzare l’ignoto, l’imprevedibile, in favore di uno scientista, algoritmico e quantitativo controllo delle probabilità. Una tendenza che ha certamente fatto la fortuna della Silicon Valley, ma che ha reso chiunque altro parte di una massa da cui allontanarsi, sia la destinazione la Nuova Zelanda, Marte o il metaverso. Lo abbiamo intervistato.

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