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    Predefinito Bunga bunga e tafazzismo nazionale

    Bunga bunga e tafazzismo nazionale



    Clamoroso scandalo del bunga bunga sull'isola di Melaponga, habitat della foca, in pieno mare della Gradisca vicino allo stretto dei Tarzanelli! Certo, il Cavalier B. è un habitué di tali ameni luoghi esotico-erotici ma, ormai, è sempre più evidente che il volerlo cogliere in fallo a tutti i costi, anche quando è alle prese con il suo titubante fallo chimicamente inturgidito, è diventato l'ennesimo pretesto per liberarsi della sua ingombrante presenza. Qualcuno sta cercando di completare quell'opera di screditamento pubblico che in 15 anni e passa di indagini a tappeto della magistratura, ostinatasi sulla sua persona senza praticargli alcuno sconto, non è mai perfettamente riuscita. Ed, infatti, B. non si schioda dal suo scranno governativo (non dimentichiamo che lì ce lo hanno messo gli italiani col loro voto, It's the democracy, baby!) anche se tutte queste beghe giudiziario-sessuali stanno irretendo l'iniziativa del suo gabinetto spingendolo ad un quotidiano logoramento. A rimetterci però, più di B., sarà l'intera nazione che in una fase di grave crisi economica, allorchè ogni minimo tentennamento può rivelarsi ferale, rischia di collassare su sé stessa. Diciamoci la verità, sarebbe saggio che B. mettesse a freno i suoi bollenti spiriti o che almeno imparasse ad essere più discreto (gli ribadiamo al proposito, caso mai l'avesse scordato, il vecchio detto siciliano Cumannare e megghiu cà fottere) ma tutto ciò non può essere metro di valutazione della sua azione politica che, semmai, dovrebbe venire criticata per quanto prodotto o non prodotto nella gestione della cosa pubblica. Del resto, come diceva Benedetto Croce, un politico deve essere giudicato non per le sue doti morali ma per le sue capacità professionali. Il filosofo Napoletano sosteneva anzi che una presunta dittatura degli onesti e dei morigerati sarebbe stata un vero ricettacolo di ipocriti e di incompetenti che avrebbe mandato lo Stato a scatafascio. Comunque, in questa squallida vicenda, dove i soliti tirapiedi della nazione, quasi tutti tesserati del partitume anticav, trasversale alla destra e alla sinistra ed in combutta con forze internazionali poco raccomandabili, hanno già manifestato il loro sdegno moralistico chiedendo le dimissioni del Premier, anche la Chiesa sta tenendo una posizione troppo debole e incoerente. Se Famiglia Cristiana ha subito colto la palla al balzo parlando di un B. malato che andrebbe aiutato o rinchiuso in un centro di disintossicazione per satiristi, l'Osservatore Romano e la radio vaticana hanno scelto la linea del silenzio o della critica sottotraccia, almeno per ora. Ma anche le alte gerarchie ecclesiastiche, dopo essere state crocifisse per i presunti scandali della pedofilia, si trovano in una posizione molto delicata. La Santa Sede sa benissimo che è in atto una macchinazione per disarcionare il Presidente del Consiglio, in quanto essa stessa, in questi ultimi mesi, è stata oggetto di attenzioni da parte di alcuni poteri esteri i quali, attraverso l'arma dello scandalo sessuale, hanno tentato di depotenziare le sue scelte strategiche in campo politico e finanziario. C'è qualcuno che guarda malevolmente al riavvicinamento tra Vaticano e Patriarcato di Mosca, così come non accetta che il Papa s'inserisca con le sue parole di resistenza identitaria del cattolicesimo nella lotta per l’egemonia culturale con l’ebraismo e le confessioni cristiane riformate, soprattutto anglosassoni. Ed è proprio da questi ambienti ostili, politici e religiosi, che partono le bordate contro le nostre istituzioni laiche e confessionali. Berlusconi è responsabile di non aver voluto porre un limite al suo affratellamento con Putin mentre la Chiesa è rea di aver costruito e facilitato cointeressenze con altre fedi invise ad Usa e Israele. Rammentiamo, solo per citare un altro episodio emblematico, che proprio qualche giorno fa il Sinodo vaticano sul Medio Oriente ha emesso un documento durissimo nel quale è stato chiesto all’Onu e alla comunità internazionale di “porre fine all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite", (quelle, per intenderci, che prevedono il ritiro di Israele dalle terre indebitamente invase nel 1967). A Tel Aviv e Washington la cosa non è stata presa bene. La ricostruzione di questi scenari dovrebbe bastare a delineare le ragioni di tanto accanimento contro l'Italia. Come mai il Pd e le altre compagini ad esso affini non lo capiscono? Delle due l'una, o sono stupidi oppure ci marciano. Personalmente propenderei per la seconda. Neanche a me piace Berlusconi ed il mio ateismo mi tiene lontano dai preti, tuttavia ritengo lungimirante accantonare determinate antipatie quando occorre proteggersi da nemici ancora più pericolosi e soverchianti. Infine, sul rapporto morale-politica mi permetto di pubblicare qui un intervento di Benedetto Croce (già proposto e riproposto su questo blog, ma evidentemente non basta mai) che costituisce un ottimo antidoto per non cadere nella trappola di chi oggi predica la morigeratezza privata quale caratteristica imprescindibile per esercitare bene il mestiere del politico. Questa concatenazione logico-causale tra vizi privati e involuzione della vita politica è assolutamente indimostrata, anzi alcuni esempi di uomini che hanno fatto la storia e la grandezza del nostro paese, pur non essendo campioni di decenza sessuale, dimostrerebbero esattamente il contrario. Buona lettura

    di Benedetto Croce

    Un’altra manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica è la petulante richiesta che si fa della «onestà» nella vita politica. L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma nelle non cantate prose delle loro invettive e declamazioni e utopie, è quello di una sorta di areopago, composto di onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del proprio paese. Entrerebbero in quel consesso chimici, fisici, poeti, matematici, medici, padri di famiglia, e via dicendo, che avrebbero tutti per fondamentali requisiti la bontà delle intenzioni e il personale disinteresse, e, insieme con ciò, la conoscenza e l’abilità in qualche ramo dell’attività umana, che non sia peraltro la politica propriamente detta: questa invece dovrebbe, nel suo senso buono, essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e la competenza, come si dice, tecnica. Quale sorta di politica farebbe codesta accolta di onesti uomini tecnici, per fortuna non ci è dato sperimentare, perché non mai la storia ha attuato quell’ideale e nessuna voglia mostra di attuarlo. Tutt’al più, qualche volta, episodicamente, ha per breve tempo fatto salire al potere in quissimile di quelle elette compagnie, o ha messo a capo degli Stati uomini e da tutti amati e venerati per la loro probità e candidezza e ingegno scientifico e dottrina; ma subito poi li ha rovesciati, aggiungendo alle loro alte qualifiche quella, non so se del pari alta, d’inettitudine. E' strano (cioè, non è strano, quando si tengano presenti le spiegazioni psicologiche offerte di sopra) che laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest’uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurgi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatorie, nelle cose della politica si chiedano, invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini d’altra natura. «Ma che cosa è, dunque, l’onestà politica» - si domanderà. L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze. «È questo soltanto? E non dovrà essere egli uomo, per ogni rispetto, incensurabile e stimabile? E la politica potrà essere esercitata da uomini in altri riguardi poco pregevoli?». Obiezione volgare, di quel tale volgo, descritto di sopra. Perché è evidente che le pecche che possa eventualmente avere un uomo fornito di capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo tenderanno in proprio in quelle sfere, ma non già nella politica. Colà lo condanneremo scienziato ignorante, uomo vizioso, cattivo marito, cattivo padre, e simili; a modo stesso che censuriamo, in un poeta giocatore e dissoluto e adultero, il giocatore, il dissoluto e l’adultero, ma non la sua poesia, che è la parte pura della sua anima, e quella in cui di volta in volta si redime. Si narra del Fox dedito alla crapula e alle dissolutezze, che, poi che fu venuto in fama e grandezza di oratore parlamentare e di capopartito, tentò di mettere regola nella sua vita privata, di diventar morigerato, di astenersi dal frequentare cattivi luoghi; ed ecco che sentì illanguidirsi la vena, infiacchirsi l’energia lottatrice, e non ritrovò quelle forze se non quando tornò alle sue consuetudini. Che cosa farci? Deplorare, tutt’al più, una così infelice costituzione fisiologica e psicologica, che per operare aveva bisogno di quegli eccitanti o di quegli sfoghi; ma con questo non si è detto nulla contro l’opera politica che il Fox compiè, e, se egli giovò al suo paese, l’Inghilterra ben gli fece largo nella politica, quantunque i padri di famiglia con pari prudenza gli avrebbero dovuto negare le loro figliuole in ispose. «Ma no (si continuerà obiettando), noi non ci diamo pensiero solo di ciò, ossia della vita privata; ma di quella disonestà privata che corrompe la stessa opera politica, e fa che un uomo politicamente abile tradisca il suo partito o la sua patria; e per questo richiediamo che egli sia anche privatamente ossia integralmente onesto» - Senonché non si riflette che un uomo dotato di genio o capacità politica si lascia corrompere in ogni altra cosa, ma non in quella, perché in quella è la sua passione, il suo amore, la sua gloria, il fine sostanziale della sua vita. Allo stesso modo che il poeta, per vizioso e dissoluto che sia, se è poeta, transigerà su tutto ma non sulla poesia, e non si acconcerà a scrivere brutti versi. Il Mirabeau prendeva bensì danaro dalla corte, ma, servendosi del danaro per i suoi bisogni particolari, si serviva della corte, e insieme dell’Assemblea nazionale, per cercare di attuare in Francia la sua idea di una monarchia costituzionale di tipo inglese, di uno Stato non assolutistico e non demagogico. Vero è che questa disarmonia tra vita propriamente politica e la restante vita pratica non può spingersi tropp’oltre, perché, se non altro, la cattiva reputazione, prodotta dalla seconda, rioperando sulla prima, le frappone poi ostacoli, come il Mirabeau, sospirando, confessava, o l’ipocrisia morale degli avversari può valersene da un’arma avvelenata, come nel caso del Parnell. Ma questo è un altro discorso. «E se, nonostante l’impulso del suo genio, nonostante l’amore per la propria arte, soggiacerà ai suoi cattivi istinti e farà cattiva politica?». Allora, il presente discorso è finito, perché siamo rientrati nel caso in cui la disonestà coincide con la cattiva politica, con l’incapacità politica, da qualunque lontano motivo sia prodotta, virtuoso o vizioso, e in qualunque forma si presenti, cioè come incapacità abitudinaria e connaturata, o incapacità intermittente e accidentale. Può, altresì, il poeta geniale, talvolta, per compiacenza o a prezzo, comporre versi senza ispirazione e adulatori; senonché, in quel caso non è più poeta”.


    Bunga bunga e tafazzismo nazionale, Gianni Petrosillo
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    Gli umori corrodono il marmo

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    Predefinito Rif: Bunga bunga e tafazzismo nazionale

    Profetico di quanto sarebbe emerso nei mesi seguenti e particolarmente adeguato questo articolo a descrivere la situazione di degrado in cui versa l'Italia.

 

 

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