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    Predefinito Teorema-Saviano: il Giornale come la mafia.

    Stefano Filippi
    pg.9 de ilgiornale.it 9 11 2010

    Fabio Fazio, l’intervista*tore più morbido di Gigi Mar*zullo, ha trovato un nuovo mestiere: il barman.
    Il suo Vieni via con me , program*ma costosissimo e strombaz*zato come la grande novità della tv italiana, è un gigante*sco e cos*tosissimo shaker do*ve viene frullato di tutto, dal*la suora- banchiera favorevo*le alla nuova moschea di To*rino al cantante che riesuma i pezzi di Giorgio Gaber, dal*le lettere dei telespettatori al nuovo guru della politica ita*liana, Roberto Saviano.
    Un cocktail agitato, non mesco**lato, e scodellato in prima se*rata con un solo obiettivo: screditare Berlusconi e il Giornale.

    Saviano è un Celentano meno sconclusionato e più ideologizzato, un telepredi*catore più lungo e infinita*mente più monotono, ma più feroce.
    Fazio vuol fare il brillante, con il solito sorrisi*no sfottente cita un vasto campionario di luoghi co*muni sull’Italia, definizioni di Churchill, Prezzolini, Mussolini.
    Ma subito dopo fa l’elenco delle prostitute che esercitavano a Pompei prima dell’eruzione, dalle «tope» di bettola fino a quel*le «colte, più raffinate, che si prostituivano per influenza*re la politica.
    Poi Pompei crollò e il crollo continua an*cora oggi».
    È l’aperitivo di benvenuto del più ricco bari*sta Rai.

    L’«elenco»dovrebbe essere uno degli elementi ca**ratterizzanti il programma, tra i cui autori ci sono Miche*le Serra (firma di Repubbli*ca ) e Francesco Piccolo (del*l’ Unità ).
    Ma è soltanto una noia.
    Compreso il catalogo delle definizioni di omoses*suale letto dal governatore pugliese Nichi Vendola, gay dichiarato ma non proprio un fine dicitore cui è stata re*galata la passerella.

    Il pezzo forte è lo show di Saviano.
    Lo scrittore di Go*morra entra sulla scena tri*colore, ma in realtà domina*ta dal rosso, alle 21.17 e parla per oltre mezz’ora.
    Come ha ampiamente spiegato su Re*pubblica , si dedica a smonta*re la «macchina del fango», la sua «ossessione».

    «Sento che la democrazia è letteral*mente in pericolo, se ti poni contro questo governo ti aspetta l’attacco della mac*china del fango», sentenzia come un oracolo.
    Riconosce che «non siamo né in Cina né in una dittatura fascista», bontà sua. Spiega che «una cosa è fare un errore, un’al*tra farsi corrompere»: viva la banalità.
    «La privacy è sacra, un pilastro della democra*zia: nessuno ha il diritto di fo*tografarti in bagno perché perdi credibilità»: sembra di sentire Berlusconi.

    Invece no: «Un conto è la riservatezza, un conto è sce*gliere le amiche da candida*re ».
    Ed ecco che nel frullato*re finisce anche il Giornale, le cui prime pagine su Mon*tecarlo e Boffo giganteggia*no sullo sfondo ( come aveva*mo rivelato giorni fa). Così il fango ha nome e cognome, senza possibilità di contrad*dittorio, senza difesa, senza appello.

    Per tenere fede alla sua fama di bastonatore del*la malavita organizzata, Sa*viano rispolvera farraginosa*mente la tragedia di Giovan*ni Falcone.
    Come dire: que*sto è il destino di chi è bersa*gliato dalle macchine del fango.
    E l’equazione del teo*rema-Saviano è facile da fa*re: il governo Berlusconi è co*me la mafia.
    Ecco dunque il program*ma partorito da Rai3 dopo il lungo braccio di ferro con i vertici aziendali che stenta*vano a firmare i contratti.
    Avevano ragione, non foss’altro che per la quantità di sbadigli.
    Trasmissione an*nunciata da Fazio, cancella*t*a da Masi perché troppo co*stosa, poi tornata in auge con partecipazioni gratis, in*fine riammessa perché *sembrava- i problemi di sol*di erano spariti.

    Alla fine l’unico ad appari*re senza gettone è stato Ro*berto Benigni, e nel suo mo*nologo l’ha ricordato a ogni pie’ sospinto.
    E anche lui si è occupato di prostitute, «fur*ti con spasso», martellando ossessivamente su Berlusco*ni.
    Da Ruby alla P3, da Ghedi*ni al figlio Pier Silvio, fine al*la prole di La Russa e ai diret*tori del Giornale , Feltri e Sal*lusti, «che hanno dossier e informazioni certe che la Co*stituzione è gay, frocia, omo*sessuale »: un guitto senza freni.

    E per fortuna non vole*va parlare di gossip ma sol*tanto di politica.
    In realtà, quanto ai soldi, i curatori avevano proposto alla Rai un budget di 2.816.000 euro per quattro puntate, di cui 2.400.000 per i conduttori. Settecentomila euro a settimana.
    «Un’invenzione» si scan*dalizzò Saviano ad Annoze*ro e l’ha ripetuto ieri su Re*pubblica .
    Le prenotazioni pubblicitarie però non sono state all’altezza: 810mila eu*ro.
    Con una perdita prevista di due milioncini.
    Il numero di Tv sorrisi e canzoni in edi*cola rivela che soltanto la scenografia di Vieni via con me negli studi milanesi di via Mecenate è costata 500mila euro mentre i micro*foni, telecomandati e di ulti*ma generazione, sono costa*ti 50mila euro ciascuno.

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Rif: Teorema-Saviano: il Giornale come la mafia.

    Rivoluzionari snob (e senza popolo).

    È rivoluzione di casta, non di popolo.
    I fatti concreti smentiscono il luogo comune che il berlusconismo sia in balia del vento che nasce dalla pancia del Paese quando le classi sociali più deboli si sentono minacciate e si adoperano quindi per cambiare il proprio futuro.
    Si tratta piuttosto di un refolo che si è formato, non da ieri, nei salotti mondani, intellettuali, televisivi, e che viene amplificato da un sistema di comunicazione politicamente schierato.
    L'analisi dei flussi elettorali non lascia dubbi. Elezione dopo elezione i ceti medi e bassi si sono spostati costantemente verso il centrodestra.
    Nel 2008 (Berlusconi contro Veltroni), è avvenuto il sorpasso del Pdl sul Pd nelle preferenze dei lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati (la sinistra mantiene un vantaggio, sempre minore, solo tra gli insegnanti).

    L'elettorato operaio è sempre più con Berlusconi e Bossi (58 per cento). Lavoratori autonomi e liberi professionisti restano saldamente a maggioranza centrodestra. Se a questo aggiungiamo che i giovani neo elettori ingrossano più le file del Pdl che quelle del Pd, risulta misterioso tanto allarme sulla imminente caduta della seconda Repubblica per volere popolare.
    E cresce il sospetto che tanta tensione sia provocata ad arte da una manovra di palazzo, e quindi di potere, che poco ha a che fare con la situazione reale. Del resto, tutti i sondaggi lo confermano: le ondate di fango che periodicamente vengono rovesciate sul premier non spostano le intenzioni di voto degli italiani.

    Chi vuole fare una rivoluzione si affida a leader a sé simili.
    Quando Umberto Bossi iniziò la sua cavalcata destinata a cambiare la faccia della politica italiana non aveva una lira in tasca ed era inseguito dai creditori. Più o meno nelle stesse condizioni erano i leghisti della prima ora.
    Per questo risultarono credibili quando promisero alla loro gente, quella padana, il riscatto dal giogo economico di Roma ladrona.
    Poi venne la rivoluzione di Berlusconi, e la borghesia liberale si affidò volentieri all'uomo più ricco d'Italia.
    Del suo patrimonio il Cavaliere non ha mai fatto mistero, anzi lo ha sempre esibito con vanto, biglietto da visita e garanzia delle sue capacità.

    Che la presunta rivolta antiberlusconiana non sia invece cosa seria lo si è capito anche ieri sera guardando «Vieni via con me», ennesimo contenitore Rai di pattume vario ma, ovviamente, d'autore.
    Come possono interpretare i bisogni della gente uno scrittore miliardario (Saviano), due conduttori televisivi strapagati (Fazio e Littizzetto, due milioni all'anno di reddito a testa), un direttore d'orchestra con la puzza sotto il naso (Abbado), il solito Benigni più furbo che bravo (4 milioni di reddito per sparare battute) e l'immancabile Vendola, comunista da 16mila euro mese?
    Cosa c'entra gente così con i cassaintegrati, gli alluvionati, i terremotati? I cittadini cercano leader politici credibili e soluzioni concrete.

    La sinistra (e Fini) si consegnano, e pure a pagamento, a un gruppetto di miliardari snob, maestri d'arte quanto faziosi.
    Anche Papa Sisto chiamò alla sua corte Michelangelo ma gli affidò gli affreschi della Cappella, non certo i destini del cristianesimo.
    Con uno scrittore, comici e ballerini si farà anche ridere ma non si soddisfa nessuna esigenza reale.
    La sinistra ci aveva già provato con Biagi, Benigni, Luttazzi e Guzzanti, buttati nella mischia elettorale su tutte le reti Rai nelle politiche del 2001.
    Vinse Berlusconi:
    prometteva di non alzare le tasse e costruire nuove strade.

    Alessandro Sallusti sulla pg.1 e pg.9 de ilgiornale.it 9 11 2010

    saluti

 

 

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