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    Tradizional-Socialista
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    Predefinito Intervista del settimanale Aurora al Maurizio Murelli di Orion

    Intervista a Maurizio Murelli
    "Aurora"
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    Con questa intervista riprende il dibattito aperto nel n° 3 del 1992 di "Aurora". Le domande e le risposte di queste pagine non sono frutto della voglia di stupire che oggi è tanto di moda. Non rispondono nemmeno alla logica dell’improvvisazione essendo il risultato di un decennio di elaborazione progettuale, di contatti con diverse realtà antagoniste, di sofferta analisi culturale e storica. Ci auguriamo che i lettori di "Aurora" sappiano apprezzare questo contributo intervenendo in queste pagine anche per contestarne le tesi esposte. Nella lunga intervista, per motivi di spazio non viene trattata la questione europea. Questo argomento sarà affrontato nell’immediato futuro.--------------------------------------------------------------------------------
    D: "Orion" viene anche definito nazionalcomunista. Perché?
    R: Onestamente del termine nazionalcomunista non mi piace quel "nazional". In quanto al comunista -per quanto riduttivo- potrebbe pure starmi bene a patto di sgombrare il campo da ogni equivoco ...
    D: Vale a dire?
    R: Il termine comunismo in Italia porta alla mente prima il PCI e poi i regimi a socialismo reale dell’Est Europeo, per altro recepiti secondo l’interpretazione della propaganda occidentalistica. In realtà il comunismo a cui noi di Orion potremmo riferirci, non si è mai inverato in epoca moderna. Il concetto di comunismo come pensiero filosofico e prassi politica viene sempre collegato al marxismo, al leninismo, al maoismo etc. Si tratta di interpretazioni differenti di idee differenti. Del resto Sparta -tanto conclamata come esempio da molta destra anticomunista- non era forse fondamento e linfa di quel modello di Stato? E che cos’era l’Allod per le civiltà claniche del Nord Europa se non un’altra interpretazione di comunismo? Il problema dell’idea moderna di comunismo è che per tutta una serie di concause essa si trova impastata con la concezione illuminista lievitata a partire dalla Rivoluzione Francese. Ed è questa cultura illuminista che ha avvelenato e abbruttito l’idea comunista in questi due ultimi secoli. Ma non sempre. Per esempio, quelli che negli anni Venti e Trenta (soprattutto in Germania) sono stati spregiativamente definiti nazionalbolsevichi dal sorgente nazionalsocialismo avevano connaturato al concetto di comunismo ben altri valori che non quelli propri dell’Illuminismo.
    Il concetto Nazione invece è -a mio parere- un concetto illuminista tout court che a sproposito viene interscambiato con quello di Stato. Non credo sia il caso che mi soffermi qui sulle diverse idee che i due termini sono in grado di evocare, ma è forse interessante notare che, paradossalmente, morfologicamente la struttura dello Stato secondo le coordinate tradizionali è molto simile a quella bolscevica ...
    D: In che senso?
    R: Nel senso che lo Stato, secondo una concezione che appartiene alla Tradizione, l’Autorità che lo legittima è un’autorità che aggrega popoli, etnie, culture ben oltre i confini patrii (gli imperi: si pensi a Roma, a Federico II etc.), esattamente come quello bolscevico che pone alla base della propria concezione un’autorità extranazionale: il potere di classe.
    L’idea collegata al concetto di nazione è quella per cui dati dei confini (internazionalmente riconosciuti) tutti i conflitti e tutte le alchimie sociali, politiche ed economiche si risolvono al suo interno. L’unica possibilità di dilatazione (espansione) che ha la nazione è di carattere imperialista e colonialista. I popoli che risiedono nei territori così conquistati saranno sempre subordinati ad un altro popolo: non ci sarà mai pari dignità in riferimento all’Autorità. Questa è per esempio la condizione che ha sofferto l’Italia dal 1945 ai giorni nostri nei confronti degli USA ...
    D: Forse ci stiamo addentrando in argomenti troppo complessi e di difficile assimilazione per i nostri lettori se prima non diamo loro altri punti di riferimento per orientarsi sul terreno teorico e culturale specifico di "Orion".
    Tenendo presente che molti lettori di "Aurora" non conoscono "Orion", che alcuni di essi sono ancora vincolati dalla cosiddetta Area di Destra di origine rautiana, vuoi spiegare il percorso di "Orion", i fondamenti ideologici che vi consentono di occupare gli attuali orizzonti teorici, culturali e politici?
    R: Mi rendo perfettamente conto che chi legge questa intervista senza aver mai letto nulla delle nostre pubblicazioni si troverà comunque -all’inizio- smarrito, quali che siamo le sue prime domande e le prime risposte. Normalmente nelle pubblicazioni politiche come "Aurora" il lettore vuole leggere cose che diano ragione alle idee e opinioni che già ha. Non desidera essere turbato da idee di avanguardia che lo costringono a mettere in discussione le impalcature ideologiche che lo hanno sorretto fino a quel momento. Mi domando spesso quante di queste persone insofferenti verso ciò che non è classico e che hanno nel fascismo -comunque lo interpretino- un punto di riferimento, conoscono, per esempio, personaggi come Bombacci. Quanti di loro sanno che lui, compagno di battaglia nella rivolte sindacali e socialiste di Mussolini, fu uno dei fondatori del Partito Comunista Italiano (impose lui il simbolo della falce e martello racchiuso in spighe di grano, primo simbolo del PCI), fu compagno di Stalin e visse a lungo in Russia durante gli anni d’oro del fascismo. Si arruolo però nella R.S.I. e seguì Mussolini fino all’ultimo; fino ad essere fucilato a Dongo e appeso a Piazzale Loreto. I famosi 10 punti della Carta di Verona, tanto spesso sbandierati dai fascisti intelligenti, sono in gran parte farina del sacco di Bombacci. E Bombacci non è una mosca bianca. Passando al Nazionalsocialismo, tutti conoscono la figura di Goebbels; non tutti sanno però che Goebbels proveniva proprio dalle file dei nazionalbolscevichi (di cui dicevamo prima) il cui programma sociale ed economico fu in gran parte assorbito dal regime hitleriano.
    Tutto questo per dire che noi non siamo degli stravaganti per partito preso.
    Dico questo non per voler rivendicare una continuità logica tra il pensiero di Bombacci o dei nazionalbolscevichi e noi. Dico questo per ricordare a chi, leggendoci da posizioni estremamente ortodosse (secondo le formulazioni ideologiche postbelliche) dimentica o non conosce i giacimenti culturali, teorici, ideali e politici che stanno alle radici di questo tremendo e meraviglioso secolo.
    Di fronte al Mondialismo così come oggi si presenta davanti ai nostri occhi, i contenuti degli elaborati di Bombacci e dei nazionalbolscevichi (ma anche di Mussolini o di Lenin, di Stalin, di Mao o di Codreanu etc.) sono assolutamente inadeguati.
    Noi però abbiamo una particolare stima verso coloro che hanno saputo riconoscere il vero nemico e hanno sempre saputo schierarsi oltre i limiti degli steccati ideologici e ciò prescindendo dal loro complesso di idee ...
    D: Quindi, sulla scorta di queste precisazioni, quale è stato il vostro percorso?
    R: È una domanda alla quale è praticamente impossibile rispondere negli spazi di un’intervista. Ci sono 100 numeri di "Orion" che sono altrettante tappe di quello che tu chiami percorso. D’altra parte mi rendo conto che i lettori di "Aurora" non possono procurarsi tutte le annate e leggerle per capire e conoscere. Possiamo però dire loro che molti redattori di "Orion" hanno già iniziato a collaborare, e collaboreranno in futuro con i loro interventi, alla compilazione delle pagine di "Aurora" e quindi, piano piano, emergeranno non solo la nostra specificità, ma anche le fondamenta che la sorreggono. Credo che tra qualche mese saremo, per chi non ci conosce, un po’ meno misteriosi e forse un po’ meno bizzarri. Farei un cattivo servizio se qui, con poche parole, tentassi di volgarizzare, sintetizzandole, le nostre idee e i nostri retaggi.
    D: In Italia si deve sicuramente a voi se il termine Mondialismo ha cominciato diventare di uso corrente negli ambienti antagonisti. Voi di "Orion" però avete spesso rimarcato una vostra differente concezione del Mondialismo rispetto all’interpretazione classica che, a onor del vero, continua a caratterizzare la cultura della destra radicale. Vuoi parlarcene?
    R: Beh, diciamo che grosso modo noi non sottoscriviamo l’idea classica secondo la quale esiste una regia occulta planetaria in servizio permanente effettivo che tutto determina fin nei minimi particolari, che è presente con un proprio agente in ogni meandro dello scenario mondiale. Innanzi tutto è chiaro che le turbolenze planetarie che vedono coinvolti in chiave conflittuale popoli, nazioni e schieramenti religiosi sta a significare che non esiste un potere unico onnipotente. Se questo potere si fosse già inverato, non esisterebbero più conflittualità ma saremmo immersi in una particolare normalità fatta di una diabolica armonia.
    Secondariamente risulta sempre più evidente che il Mondialismo si compone di partiti vari in competizione tra di loro. Partiti spesso alleati per battere quello che oggettivamente può essere definito fronte antimondialista (per altro niente affatto omogeneo e organico), ma tra di loro spesso in feroce conflitto per l’egemonia di quello che dovrebbe essere il Governo Unico Mondiale.
    Intanto il libero mercato globale (planetario) è per noi il nuovo Palazzo d’Inverno. Un luogo che non è un luogo, un sistema dai confini indefiniti e per questo impossibile da assaltare. È in questo non-luogo comunque che l’ Alta finanza gioca la sua partita a livello planetario contro gli interessi e il benessere effettivo dei popoli. Il Nuovo Ordine Mondiale prevede un’unica superpotenza militare che svolge il ruolo di polizia planetaria: è l’esercito statunitense che oggi si serve ancora di istituzioni quali l’ONU per mascherare il proprio reale ruolo. Prevede poi l’eliminazione delle differenze etnico-culturali fondamentali, tollerante al massimo delle forme folkloristiche; e l’eliminazione dell’intermediazione dell’apparato politico classico. Quel che sta accadendo oggi in Italia -e che noi avevamo largamente previsto (come del resto la caduta dei regimi del socialismo reale e la sollevazione delle rivolte etniche)- è alquanto sintomatico. Si disintegrano i partiti e le loro infami cinghie di trasmissione per la mezzadria del potere, vale a dire i circuiti massonici e mafiosi. Il potere viene gestito sempre più direttamente dai gangli fiscali e dalle banche (con annessi tutti i centri finanziari di vario tipo).
    Questo potere non necessita più di una regia fatta da cervelli pensanti . Questo potere è una logica che distribuisce rendita a chi in tale logica si muove. Per cui i giornalisti non hanno più bisogno di veline per servire questo potere; lo servono perché tarati a farlo e meglio lo fanno più ricevono gratificazioni. Allo stesso modo agiscono banchieri e finanzieri ...
    Ovviamente non significa che non esistono organizzazioni mondialiste ben strutturate con eserciti di uomini ben piazzati negli apparati che tutti assieme alimentano strategie e tattiche. La Trilaterale è una di queste organizzazioni. Ciò significa che comunque si sta procedendo di gran carriera verso una strutturazione sempre più organica del Nuovo Ordine Mondiale retto direttamente dalla logica dell’Alta Finanza; si andrebbe in quella direzione automaticamente anche se le organizzazioni tipo la Trilaterale sparissero.
    La cultura classica della destra radicale ha mutato invece gli apporti storiografici di alcuni settori del cattolicesimo tradizionale. Questi settori non possono prescindere dalla teoria del complotto. E ciò a nostro giudizio è limitativo, perché sì, esiste il complotto, anzi, i complotti, ma ciò non è tutto e non è il peggio. Il peggio è l’atmosfera, l’ acqua in cui tutti noi siamo immersi e ci troviamo costretti a nuotare. Un’acqua torbida e tossica che condiziona la nostra esistenza.
    D: Se le cose stanno in questi termini, quali possibilità esistono di creare uno Stato che si fondi su valori autentici, non intossicati dalla ideologia mondialista?
    R: Le possibilità esistono. Che queste possibilità si concretizzino e difficile. Credo siano del tutto sfumate le possibilità di operare una rivoluzione che prescinda dalle condizioni del Sistema che ci domina. Perché una rivoluzione sia possibile occorre oggi che all’interno del Sistema un meccanismo di primaria importanza s’inceppi. Che dilaghi l’esasperazione tra la gente e che un’élite sappia proporsi come guida. Che un qualche cosa possa non andare per il verso giusto e si determinino condizioni di profondo fermento, di rivolta, di crisi profonda non è improbabile. Che allo stato attuale esistano uomini in grado di proporsi come avanguardia per la rifondazione mi pare un’illusione. Del resto, tanto a destra quanto a sinistra le spinte centrifughe, disgregatrici, frammentatrici continuano ancora. Gli avvitamenti ideologici, le fughe verso la conservazione delle proprie rovine e dei propri fallimenti continuano. La devastante opera dell’azione mondialista non è servita da lezione che a pochi. E questi pochi -scusa la presunzione, ma noi ci sentiamo tra questi pochi- altro non possono fare che organizzarsi per resistere, per non cedere senza reagire. Nuclei di resistenza ci sono un po’ dappertutto, e non solo in Italia, ma in tutta Europa fino a Mosca. La speranza di tutti è che a un certo punto i popoli non riescano più ad adattarsi alle condizioni disumane imposte dal Mondialismo, che i comunisti la piantino di fare i comunisti dopo averla piantata di fare gli antifascisti; che i fascisti la piantino di fare i fascisti dopo averla piantata di fare gli anticomunisti ...
    D: Cosa significa?
    R: Significa che le possibilità di creare un valido fronte politico di lotta al mondialismo risiedono prima di tutto nelle possibilità di superare i condizionamenti debilitanti delle vecchie formulazioni con tutte le rivendicazioni e discriminazioni annesse. Quando da destra qualcuno ha proposto di superare i confini ideologici per creare una terza posizione in realtà pensava di portare sul proprio terreno debitamente mascherato chi stava a sinistra. Seri tentativi di non essere più di sinistra e di destra per ritrovarsi su un terreno oltre senza più i condizionamenti ideologici delle vecchie visioni, tentativi del genere non sono mai stati posti in essere seriamente.
    D: Cosa pensi del problema dell’immigrazione?
    R: Lo stato come io lo concepisco è veramente multietnico. Io non sono contro l’immigrazione. Sono contro l’integrazione coatta. In uno Stato vero c’è posto per colonie di etnie differenti le une dalle altre, ognuna con il proprio bagaglio di tradizioni, usi e costumi. Il fatto è che l’immigrazione alla quale oggi assistiamo è un’immigrazione che ha alle origini una volontà di sradicamento e sconquassamento dei paesi di origine dell’emigrazione, e una integrazione occidentalista degli immigrati. Cioè una loro intossicazione, un loro avvelenamento. Siccome si deve anche essere pratici nella prassi politica, oltre che coerenti, noi di "Orion" fiancheggiamo le comunità di immigrati che rifiutano l’integrazione. Il rifiuto dell’integrazione e al mantenimento della propria identità è molto forte nelle comunità islamiche. Comunità che per altro non hanno persino netta la percezione di vero nemico. Secondo me è con loro che si può rifondare uno Stato: non certo con il biondo Spadolini ...
    D: Cosa pensi della questione dell’antisemitismo?
    R: Noi siamo contro l’antisemitismo. L’antisemitismo ha portato alla condanna del popolo palestinese. Il maggior forgiatore di antisemitismo è stata l’ideologia sionista. Gli ebrei che hanno concepito il sionismo e che proclamano di subire l’antisemitismo in realtà non sono semiti (lo dimostro in un lungo articolo apparso sul n° 99 di "Orion"). C’è del resto molta confusione sulla questione ebraica che andrebbe spazzata via una volta per tutte ...
    D: Capisco che l’ argomento è complesso e spinoso e andrebbe trattato a parte con ampia possibilità di approfondirlo in tutti i suoi aspetti, ma cosa puoi dire in questa sede tanto per dare ai nostri lettori un’indicazione della posizione di "Orion" in merito?
    R: Tanto per cominciare, gli Ebrei non sono una razza e quindi contro di loro i razzisti sprecano comunque le loro cartucce. E non sono più neppure più soltanto una religione, quella religione che li voleva popolo eletto. Quindi anche la polemica religiosa imbastita contro di loro da alcuni ha poco senso. Vero è che gli Ebrei atei rivendicano comunque una elezione attraverso il mito dell’Olocausto che rivendicano come unico e, nella sua unicità, da loro e soltanto da loro subito. Il che gli consente di proclamarsi comunque diversi e, in questi tempi contraddistinti dalla distorsione del concetto etnico, determinano, attraverso questa proclamazione, uno stato di superiorità che viene rivendicato (da loro) e riconosciuto (da tutti gli altri) implicitamente. Una condizione di superiorità ottenuta non già passando attraverso la proclamazione di principi religiosi o concezioni genetiche, ma attraverso lo straziante piagnisteo di un immaginario Olocausto unico e speciale. Attenzione, io non nego affatto che gli Ebrei abbiano subito immani persecuzioni per il fatto di essere ebrei. Sto parlando di Olocausto inteso come sterminio pianificato con tanto di camere a gas e forni crematori così come narrato dalla propaganda.
    Che noi non si abbia nulla contro gli ebrei in quanto tali è confermato persino dal fatto che su "Orion" si pubblicano articoli di un rabbino ... Un rabbino antisionista, ovviamente! Insomma, noi pensiamo che tra le altre cose, all’interno del mondo ebraico (tanto di quello religioso quanto in quello ateo anzi, sopra tutto in quello ateo) un particolare gruppo abbia avuto un potere devastante di condizionamento. È questo gruppo criminale che noi prendiamo di punta. Quando si dice mafiosi non si hanno in mente tutti i siciliani! Quando si attaccano i gesuiti non si attacca tutto il mondo cattolico. Allo stesso modo "Orion" ritiene di aver ben individuato all’interno del mondo ebraico quale sia lo schieramento nemico ... È appunto lo stesso ambiente che ha partorito l’ideologia sionista e che fa di Israele lo Stato più criminale sulla faccia della terra a pari merito con gli USA ...
    D: Sull’argomento appena affrontato so benissimo che la tua posizione e quella di "Orion" è molto più complessa e articolata. Ne fanno fede le decine e decine di articoli pubblicati. Non credo comunque che questa tua risposta, per quanto complessa, produca distorsioni nell’intendimento dei nostri lettori ...
    R: Speriamo ...
    D: Hai citato ad esempio la mafia ...
    R: Prima di passare a questo argomento vorrei chiudere sulla persecuzione degli ebrei. Oggi la chiese tende a circoscrivere la persecuzione degli ebrei ascrivendola ad una ideologia delirante e demoniaca: il nazismo. La stessa cosa viene fatta dal potere ideologico-politico. Ebbene, l’idea che il nazionalsocialismo aveva dell’ebraismo come elemento sovversivo ed eversivo sia sul piano etico-morale che su quello politico (inteso come ordinamento degli uomini voluto da Dio) era mutata proprio dalla cultura cattolica. Quando alle questioni più propriamente biologiche (inerenti alla superiorità o all’inferiorità razziale, dunque), si tratta di un bagaglio culturale che arriva al Nazismo dalla cultura illuminista. Paradossalmente, tutta la visione antiebraica presente nel nazionalsocialismo non ha nulla di tradizionale (nel senso guenoniano o evoliano del termine): è un complesso bastardo dovuto alla copula tra cristianesimo e illuminismo. E con ciò, sia chiaro, non intendo affatto dire che l’ebraicità non rappresenti un elemento eversivo dell’ordine in tutti i suoi aspetti secondo una visione diciamo indoeuropea. Dico che la prospettiva nazionalsocialista problema ebraico è una prospettiva originale soltanto perché miscela questioni di cultura razziale secondo gli apporti del pensiero illuminista ed elementi della cultura cristiana (non solo di natura religiosa ma anche storiografica).
    D: Veniamo alla Mafia. Cosa pensi di quanto sta avvenendo in questi ultimi tempi: le stragi, i pentiti, gli arresti eclatanti, le accuse e le contraccuse di grandi personaggi della politica ...
    R: Semplifico al massimo. Noi in Italia siamo stati governati dai mezzadri del potere. I nostri politici ci hanno amministrato per conto terzi. Questi mezzadri non hanno conquistato con la forza o attraverso la selezione della lotta il posto che hanno occupato. Ci sono stati messi da chi ha vinto il conflitto mondiale. Per controllare il territorio sul quale non aveva alcun ascendente, queste persone si sono servite di tutto: Massoneria, Mafia, criminalità organizzata, apparati anomali dei servizi etc. Ne è venuta fuori una sorta di girone infernale la cui descrizione è praticamente impossibile.
    Oggi però il mondialismo ha bisogno di nuovi assetti. Il mercato globale, i meccanismi dell’Alta finanza necessitano di un corpo organico, di una struttura funzionale. Le gerarchie funzionali collegate a figure carismatiche, i personaggi dall’atteggiamento patriarcale che si pongono come catalizzatori privilegiati di energie sono inutili, dannosi e pericolosi per questo nuovo assetto. Cadono quindi tutti: cadono i Calvi, i Sindona, persino gli Andreotti. Nella struttura mondialista gli individui devono essere interscambiabili, funzionali, anonimi come i direttori di banca. In questa fase di transizione la mafia non può essere eliminata. È ancora parte integrante del sistema nel quale viviamo. La sua funzione primaria era quella di fare da catene di trasmissione tra i vari gangli di potere a livello nazionale e internazionale. In ultima analisi, elemento stabilizzante del sistema. La mafia è alimentata da mentalità, cultura, usi, tradizioni di potere. Tutto questo deve essere assimilato dal nuovo modello di sistema. E quindi deve subire i necessari passaggi. Così come subiscono i vari passaggi il mondo della finanza e quello politico.
    La mafia cambia la pelle e alcuni moduli. Cascano come pere i vecchi boss e tutta la struttura verticale. La struttura si orizzontalizza e per forza di cose subirà spinte spontaneistiche. Poi, pian piano, verrà sempre più fissata ai supporti economico-finanziari rappresentati da banche o da finanziarie per essere in seguito del tutto assimilate.
    Piuttosto è da osservare come avvengono i passaggi. È di pochi istanti fa la notizia dell’arresto di Totò Riina. Da mesi e mesi quest’uomo, un contadino analfabeta, viene rappresentato dalla propaganda, con l’ausilio del pentitume nazionale e internazionale, come il capo dei capi. Il vertice dei vertici. La belva, l’animale mandante dell’omicidio di Falcone, Borsellino (personaggi carismatici anch’essi e che dovevano comunque abbandonare la scena). Dopo tanta propaganda viene arrestato, estirpato. Ma dietro la struttura mafiosa c’era veramente quest’uomo? Ed è stato deciso prima l’arresto di Riina o l’omicidio dei due magistrati? Il risultato è comunque, che da una parte e dall’altra ci sono sempre meno alfieri. Tutto si anonimizza.
    D: Da quello che capisco la tua è una visione al quanto pessimista. Sembra quasi che tu dia per scontata l’esistenza del progetto mondialista, la sua ineluttabilità e la sua irreversibilità. Non c’è nulla da fare?
    R: Io non sono né pessimista né ottimista. Sono realista. Leggo lo scenario mondiale, nazionale e locale non secondo i miei gusti o secondo i miei piaceri (altri direbbero ideologia), ma attenendomi il più possibile alla realtà dei fatti, con disincanto e senza romanticismo.
    Il progetto mondiale è facilmente leggibile. Più difficile e soggettivo leggere il senso dei processi di attuazione di questo progetto. Sono processi mascherati e che tengono in molto conto gli istinti della gente. La gente non è mai urtata, ma assecondata, blandita e viene indotta a collaborare alla propria stessa rovina. Il fuoco di sbarramento, le cortine fumogene allestite dai media contribuiscono ulteriormente a mascherare questi processi.
    Il modello mondialista che prevede un pianeta governato dall’Alta finanza ove il potere sia in grado di condizionare e controllare ogni singolo individuo senza più la mediazione del politico, della cultura specifica (etnica, per esempio), fa, giorno dopo giorno, passi da gigante. In tutti i campi, anche nelle cose che appaiono insignificanti e il cui processo di trasformazione sembra logico ...
    D: Un esempio?
    R: Ad esempio l’espansione dei supermarket e degli ipermercati a discapito dei negozi. L’ipermercato è un sistema di controllo dell’individuo e del suo fornitore eccezionale. Ogni supermercato è direttamente collegato con la banca diversamente dal singolo negozio. Già si comincia a pagare alla cassa con le tessere bancomat ... Insomma, l’occhio invisibile del potere è in grado di controllare direttamente chi vende e chi compra e, volendo, nel prossimo futuro, di far morire di fame un individuo che è andato a far la spesa al supermercato. Basta che attraverso la banca gli si invalidi la tessera con cui sta pagando alla cassa. Ci si soffermi su questo veloce esempio e ci si renderà conto quante implicazioni ha l’espansione della rete distributiva attraverso gli ipermercati, cosa significa la soppressione dei negozi e di tutto il tessuto di lavoratori e commercianti ad esso collegati ... o la loro trasformazione in dipendenti anonimi all’interno di un grande struttura ... Qui ritorna il concetto prima espresso a proposito della questione Mafia; la spersonalizzazione. Prima conoscevamo il nostro fruttivendolo, il nostro panettiere, il nostro lattaio ... e si aveva un rapporto umano. Ora con la commessa della STANDA o dell’UPIM ...
    Ma tornando alla tua domanda di prima: «non c’è più niente da fare?», vorrei risponderti in questi termini.
    Nulla è impossibile. Se una persona sta morendo di sete e si trova in un deserto, non è impossibile che si salvi, a patto che trovi l’acqua da bere. Le condizioni per rimettere in forse l’avanzata del fronte mondialista risiedono nella possibilità di creare un unico fronte organico antimondialista al di là delle specificità ideologiche. Un fronte che abbia come minimo comun denominatore tre fattori. Primo (anche per ordine di importanza): che si riesca ad avere, tra tutti, una percezione univoca del nemico e dei suoi aspetti essenziali; secondo, una assoluta non belligeranza fra le diverse componenti del fronte antimondialista; terzo, la possibilità di stabilire alleanze composite che comportino un’azione politica, culturale e storiografica comune ...
    D: Ma "Aurora" e la realtà che rappresenta, come il Movimento Antagonista, il circolo Adriano Romualdi etc., come dovrebbe comportarsi, secondo te?
    R: La cosiddetta Area è pregna di incongruenze e di sprechi. Ci sono gruppi umani capaci di collegarsi gli uni agli altri, gruppi che pensano che fare politica significhi svenarsi per raccogliere due milioni al mese per pagare l’affitto di una sede. Altri non possono prescindere dal giornalino e a quello si fermano. Mancano scuole quadri, c’è in giro tanto rancore e tanto narcisismo. Non si rinuncia ad essere i capetti di una combriccola piuttosto che subordinarsi ad uno schieramento complesso. Non si rinuncia alla fossilizzazione ideologica ...
    So che "Aurora" ha già fatto molto, assestando parecchie microrealtà umane e politiche su un circuito operativo notevole dal punto di vista organizzativo (tenendo conto degli standard abituali!). Quello che può fare quindi è di continuare sulla strada che pratica il tentativo unitario delle forze antagoniste. Magari per giungere ad una forma confederata del fronte antimondialista. Deve, a mio avviso, sforzarsi di spurgare tutte le incrostazioni estetiche della fossilizzazione ideologica. Essere presente più nei campi avversi che in quelli sedicenti affini. Comunque, ciò che è più importante è il progetto politico che si farà circolare nel circuito operativo. Questo progetto deve essere un progetto integrale e veramente ... antagonista.
    Importante è anche non voler crescere quantitativamente a tutti i costi. Spesso per voler crescere a tutti i costi si sono aggregate persone non solo discutibili ma che alla prova dei fatti si sono rivelate addirittura deleterie.
    Comunque, se non altro per una questione di coerenza, bisogna che ognuno continui ad occupare il proprio posto di combattimento. La situazione generale è pessima, ma qualche piccola possibilità di porsi in controtendenza esiste e bisogna crederci.
    "Aurora"
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    Maurizio Murelli è tra i fondatori di "Orion" che ha a lungo diretto prima di cedere l’incarico a Marco Battarra. Della rivista è oggi editorialista e si sta occupando dell’organizzazione del "Centro studi Orion", un propagatore di segnali culturali che tenterà -compatibilmente con i mezzi e i contributi a disposizione- di alimentare antenne di ricezione antagoniste. Si tenterà così di costituire margini minimi di sopravvivenza affrontando il processo di intossicazione mondialista con la contropropaganda in ambito nazionale e europeo.
    Nato a Milano nel 1954, ha trascorso 11 anni di detenzione (di cui tre in carceri speciali) e 5 tra semilibertà e libertà condizionata per reati politici.

    L'intervista
    Chiunque stia dalla parte di una giusta causa non può essere definito un terrorista.
    Yasser Arafat

    Una religione senza guerra è zoppa.
    Ruhollāh Mosavi Khomeyni

  2. #2
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    Predefinito Rif: Intervista del settimanale Aurora al Maurizio Murelli di Orion

    Sette risposte a sette domande pertinenti
    Maurizio Murelli
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    Parliamoci chiaro. La sinistra è in disfacimento organico. Credo possa preservare parte del suo potenziale organizzativo ancora per un paio di anni. La galassia di piccole e grandi realtà di cui si compone si divide in due partiti. Il primo -che può vantare riviste come "Micromega" quale luogo nobile di elaborazione teorica- sostiene che "la sinistra o è sinistra o non è" intendendo con ciò l’impossibilità di andare oltre, verso nuove sintesi politiche che non abbiano il marxismo e il marxismo-leninismo quale fulcro imprescindibile; il secondo invece, anche se frastagliato, con diverse intensità e intendimenti osserva con attenzione l’evoluzione di chi è proiettato verso nuove sintesi teoriche e politiche, verso chi legge gli scenari mondiali prescindendo dagli schematismi ideologici di sinistra o di destra fin qui conosciuti.
    Con questo secondo partito noi di "Orion" stiamo colloquiando e stiamo riuscendo ad ottenere anche dei risultati. Notiamo che esistono notevoli coincidenze di analisi e di prospettiva. Non ci facciamo soverchie illusioni e, come dicevamo, la sinistra che vuole essere rivoluzionaria o si rivoluziona al proprio interno mutando le prospettive sul presente e sul futuro, oppure scompare. Di questo sono coscienti alcuni personaggi che ricoprono ruoli di rilievo e che hanno con noi incontri informali. Tramite una di queste persone ci è pervenuto una sorta di questionario proposto da un gruppo appartenente a Rifondazione Comunista e al quale abbiamo risposto. Credo sia di un certo interesse per i lettori di "Aurora" poiché può dare l’idea di cosa sta accadendo e quindi di riflettere sulle prospettive che si aprono.
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    Premessa.
    Noto dalle domande che l’attenzione è posta su tutto ciò che può dividere piuttosto che su tutto ciò che già potrebbe accomunare.
    Comunque le domande mi paiono pertinenti in quanto testimoniano l’estrema difficoltà di non poca sinistra di considerare un nuovo aggregato politico prescindendo dagli stereotipi analistici forniti dalla cultura ideologica.
    Capisco, peraltro, che non è facile porsi davanti ad un avvento come il nostro senza appoggiarsi ai moduli interpretativi passatisti e quindi richiamare proiezioni interpretative classiche.
    Se si sono poste queste domande e in questa forma, ciò significa che l’ignoranza (la non conoscenza) della nostra attuale dimensione e specificità cultural-politica è totale.
    Non credo (purtroppo) che le risposte a queste sette domande saranno sufficienti a far compiere passi fondamentali verso una maggiore comprensione delle nostre posizioni, ma spero siano utili a far emergere curiosità (domande) più politiche, più attinenti alla necessità rivoluzionaria e sovversiva rispetto al Nuovo Ordine Mondiale che va instaurandosi e che vede noi come soggetti incompatibili.

    1) La redazione di "Orion" è composta da personaggi strettamente legati, per il proprio passato, o all’evolismo tradizionale (Carlo Terracciano) o al nazi-maoismo (Claudio Mutti). Che dialettica esiste con queste due posizioni?

    Fosse vero che la redazione di "Orion" è composta da personaggi "strettamente legati, per il proprio passato ecc. ecc." potremmo far notare che esistono altri redattori legati ad un passato del tutto differente (che hanno militato a sinistra) a testimonianza proprio del fatto che in "Orion" operano persone vincolate ad un minimo comun denominatore extraideologico piuttosto che a un massimo comun divisore, ognuna vincolata a peculiari visioni ideologiche.
    Il punto, però, è un altro.
    Cosa significa "legati per il proprio passato"?
    Mi sembra che a monte di una domanda del genere stia una sorta di razzismo ideologico nel senso che, come secondo le leggi del razzismo biologico non è consentito lo sviluppo di un soggetto fuori dalle coordinate di base date dal DNA, così un personaggio che si è affacciato sul palcoscenico della politica attraverso certe coordinate ideologiche (per altro viziate dalle contingenze epocali del momento) debba necessariamente restare vincolato a queste per tutta la sua esistenza.
    Quel che oggi sono Carlo Terracciano e Claudio Mutti lo testimoniano continuamente con i loro articoli che tutto sono fuorché evolisti o nazi-maoisti.
    Basta leggerli. Ma desidero comunque vestire questa risposta con contributi che forse aiuteranno a fare chiarezza.
    Mi pare che la conoscenza di Evola (evolismo) e del nazi-maoismo di chi mi porge la domanda è una conoscenza non diretta, ma filtrata attraverso le interpretazioni di studiosi come Furio Jesi, ricercatori come Franco Ferraresi, Marco Revelli ecc. o addirittura dalle sedimentazioni giornalistiche che questi hanno prodotto.
    Evola, tanto per cominciare, è un impolitico; nel senso che il suo peso specifico nell’ambito della cultura di destra è da attribuire più che altro alla sfera pre-politica dove entrano in gioco le grandi visioni del mondo dalle quali solo sporadicamente si è disgiunto per effettuare rapide, fugaci e involute incursioni nel politico.
    L’interpretazione che per altro hanno dato del pensiero di Evola tanto i suoi estimatori quanto i suoi detrattori è, per lo più, stravolto e condizionato da preconcetti o da scarse e poco approfondite analisi del suo pensiero.
    Penso, per esempio, all’uso distorto che a destra hanno fatto di opere come "Rivolta contro il mondo moderno" o "Cavalcare la tigre", e all’uso, altrettanto distorto che i suoi detrattori hanno fatto di alcuni stralci dei suoi interventi sulla questione razziale.
    Quanto al nazi-maoismo, è stata un’invenzione giornalistica funzionale alle necessità del regime.
    E questo a prescindere da quel che si potesse pensare e si può pensare dalla sintesi politico-culturale alla quale il gruppo di Freda era pervenuto alla fine degli anni ’60.
    Claudio Mutti da anni è entrato in Islam; da giovane fu uno degli animatori della "Jeune Europe", organizzazione con grossa aderenza nelle università di tutta Europa e nella quale militavano personaggi che poi sarebbero finiti in organizzazioni di estrema sinistra (un nome per tutti: Renato Curcio).
    La Jeune Europe operò ancor prima che il movimento studentesco fosse strumentalizzato dal PCI rispondendo a una necessità del sistema, e diede origine e sviluppo alla contrapposizione frontale di una generazione che, per altro, aveva in comune il sentimento ribelle.
    Claudio Mutti, quindi, è uno di quei personaggi che non è mai stato né a sinistra né a destra se non nell’immaginario giudiziario di alcuni avventurieri della toga, o nei bassi dogmatici e ideologicamente viziati orizzonti di certi ricercatori pseudo-marxisti e pseudo-antifascisti (in realtà, nella maggior parte dei casi, sensibili alla carriera e alla pecunia).
    In ogni caso (e quanto ora dico potrebbe di per sé costituire l’unica risposta alla domanda, essendo quanto sopra accessorio), la gran parte delle persone che compongono la redazione di "Orion" sono persone che hanno attraversato atmosfere e ring ideologici e che ora sono oltre, sono fuori e tendono verso una nuova sintesi politica.
    Coloro che ancora sono parzialmente tarati dai condizionamenti ideologici non costituiscono problema, dal momento che accettano lo scopo e gli obiettivi della nostra azione.
    Come ad un soldato della Legione Straniera non si chiede se ha nello zaino Marx o Nietzsche, la foto del nonno arruolato nelle SS piuttosto che nell’Armata Rossa, ma si valuta solo la sua precisa volontà di riconoscere il nemico che sarà comune a tutti i legionari (fossero anche i suoi stessi connazionali), così (per quel che può valere l’esempio) la cosa più importante in "Orion" è quella di riconoscere l’essenza e la dimensione del vero nemico.
    È fondamentale, come già detto, arrivare a nuove sintesi politiche, a nuove teorizzazioni, ma è anche ovvio e naturale che allo spoglio delle sovrastrutture ideologiche si arrivi gradualmente e come sempre, su questi piani, esistono avanguardie e chi (almeno all’inizio) segue, magari con qualche riottosità.

    2) Che cosa è il Movimento Politico Antagonista e perché "Orion" vi confluisce?
    Che significa indicare come riferimento un circolo intestato ad Adriano Romualdi, personaggio inequivocabilmente seguace di Evola?

    "Orion" non è confluito nel Movimento Antagonista. "Orion" gestiva anche un’espressione militante organizzata (Nuova Azione), fatta di giovani e meno giovani che comunque credono nella necessità dell’organizzazione politica classica così come se ne sono viste tante negli anni ’60-’70 (Ordine Nuovo, Lotta Continua, ecc.). Alcuni del gruppo "Orion", in primis il sottoscritto, da anni sostengono invece che quel tipo di struttura è inutile, superato e persino deleterio per chi vuole giungere a nuove sintesi politiche oltre la destra e la sinistra.
    Si tratta di persone che ancora non sono in grado di accettare (spesso perché ancora molto giovani) la necessità di soggetti politici strutturati mentalmente, psicologicamente e tatticamente in maniera nuova e del tutto diversa.
    E siccome il nostro progetto di elaborare nuovi gruppi primari e nuove figure di partigiani (in senso schmittiano) capaci di operare in sincrono attraverso il collegamento ad un circuito logistico (tipico di chi opera la resistenza avendo chiara la consapevolezza di operare in un terreno controllato e occupato dal nemico) è un progetto che pur facendo progressi non ottiene l’adesione di tutti coloro che comunque accettano le nostre analisi e le nostre indicazioni politiche, si presenta il problema e la necessità di posteggiare in adeguati bacini collettori chi comunque ha già fatto grossi passi avanti verso le nostre posizioni.
    E allora noi indichiamo a sinistra i centri sociali e Rifondazione Comunista, e a destra il Movimento Antagonista, che è un ambiente politico formatosi a seguito della centrifugazione dell’ala sinistra del neofascismo italiano che è da considerare oltre il neofascismo.
    Adriano Romualdi rappresenta quindi la prima grossa e qualificata rottura nei confronti della destra reazionaria e conservatrice degli Almirante & C., l’uomo giovane capace di fornire interessanti ed affascinanti coordinate culturali (fu lui, per esempio, a far conoscere alla destra Nietzsche): e non mi pare cosa grave e ignominiosa il fatto che esistano ancora circoli a lui dedicati.
    Per quel che mi è dato sapere, lo specifico culturale e politico del gruppo umano che ruota attorno al circolo è andato oltre il contributo che ha potuto dare Adriano Romualdi, scomparso oltre vent’anni fa. Adriano Romualdi rappresenta un punto di partenza, un punto attraversato e non un punto di arrivo.
    Bisogna ricordare che i vari Jesi, Revelli e Ferraresi si occuparono maggiormente di personaggi alla Romualdi e alla Evola in quanto il loro condizionamento ideologico non gli permetteva di accettare che a destra vi fossero realtà culturali rivendicate come sostanzialmente differenti da quella reazionaria e conservatrice ben rappresentata dal MSI.
    Si è così cercato di ricondurre addirittura al pensiero evoliano (e quindi di Romualdi) l’origine della destra radicale responsabili di stragi e nefandezze varie. Oggi Ferraresi -credo in preda al delirio- giunge a identificare in Evola persino il padre degli skin. E credo che questo tipo di lettura sia rimasto in eredità a non poca sinistra.
    Quindi, in definitiva, "Orion" non confluisce da nessuna parte, ma indica a chi ha la necessità di espletare militanza di tipo classico gli ambienti più sani e più idonei.
    E all’interno di questi ambienti "Orion" cerca di operare non secondo la tattica dell’infiltrazione sospettata da qualcuno, ma secondo la normale prassi politica che ha come obiettivo la conquista degli spazi, il far prendere coscienza, il convertire alla causa.
    Il circolo Adriano Romualdi, il circolo Rosa Luxemburg o il Leoncavallo non sono luoghi del potere e del sistema.
    Quanto meno, a nostro avviso, sono luoghi fuori, qualche volta contro in modo più o meno determinato, più o meno consapevole, più o meno efficace.
    Lì noi andiamo a lavorare non con l’intenzione di egemonizzare o infiltrare, ma con l’intenzione di concretizzare tra soggetti politici coscienti della propria specificità e, dove è possibile, operare assieme per allevare la nuova sintesi politica di cui ho già detto.
    A ciò va ascritto il motivo dello scioglimento di Nuova Azione. Nuova Azione era un contenitore che per quanto fuori dagli schemi ideologici classici era pur sempre un contenitore elaborato da uomini che hanno attraversato spazi politici di destra.
    Ci siamo resi conto che quella non poteva essere la casa comune di chi proveniva da altre esperienze e che, quanto meno psicologicamente, si sarebbe sempre sentito come ospite, secondo arrivato. Se casa comune deve esserci -il che è essenziale solo se si dovesse reputare ancora valida l’istanza leninista del partito organizzato- ebbene, questa casa comune deve essere edificata assieme con chi viene da percorsi opposti.
    Diversamente non sarà mai una casa oltre la destra e la sinistra, non sarà una casa effettivamente comune e rivoluzionaria ma un semplice museo nella migliore delle ipotesi, un malinconico sacrario colmo di detriti, reliquie e potenzialità inespresse nella peggiore.
    Luogo ideale per compiere suicidi politici, non per teorizzare l’affrancamento rivoluzionario dal Nuovo Ordine Mondiale.

    3) Che giudizio si dà della Nuova Destra di Marco Tarchi? Che tipo di rapporti intercorrono?
    Intercorrono rapporti di aperta e manifesta ostilità. La Nuova Destra di Marco Tarchi è, prima di tutto, destra revisionista. Poi è una setta che ha praticato la mistificazione e il contrabbando di sottaceti quale prassi intellettuale.
    Ovviamente non si può generalizzare, e indubbiamente la Nuova Destra ha anche prodotto qualcosa di buono. Ma si è trattato di situazioni individuali. Il complesso del fenomeno è stato ed è deleterio sul piano politico ed ha prodotto guasti eguali se non maggiori di quelli praticati dall’evolismo di basso rango.

    4) Qual’è la posizione di "Orion" nei confronti di esperienze come il Fronte Nazionale e l’Alleanza Nazionalsocialista?
    Non abbiamo alcun rapporto con il Fronte Nazionale e non sapevamo neppure dell’esistenza dell’Alleanza Nazionalsocialista (ci si riferisce ai nazi americani collegati con il KKK e quindi alla CIA?).
    Noi siamo per lo Stato multietnico ove, però, ogni etnia salvaguardi le proprie specificità culturali o decida autonomamente di assassinarle. Siamo per lo Stato politico.
    L’Italia è di per sé una nazione multietnica (altro che razza italica ...); l’Europa è multietnica; L’Eurasia è multietnica.
    Non siamo pregiudizialmente contro l’emigrazione, ma siamo contro l’occidentalizzazione e l’integrazione forzata degli immigrati verso i disvalori del Mondialismo (concezione usurocratica, di sfruttamento e consumismo, ecc.) (*).
    Crediamo nell’autodeterminazione dei popoli e siamo solidali con loro soprattutto quando debbono subire lo sradicamento dalla loro terra di origine.
    Crediamo nella possibilità di trasformare queste vittime in reagenti contro chi ha determinato la loro condizione di diseredati della terra.
    Tutto ciò è agli antipodi dell’impostazione data dal Fronte Nazionale.
    Essendo però noi agenti politici non rifiuteremmo confronti aperti con il Fronte Nazionale.
    Non abbiamo pregiudizi sui singoli aderenti, né riteniamo sia impossibile una conversione della posizione che attualmente esprimono.
    Si tratta di agenti politici contro, almeno nelle intenzioni. Si tratta di gente impegnata e che per questo rischia e paga di persona non certo per tornaconto personale.
    Quindi pur non avendo nessun rapporto con loro (neppure a titolo personale, per scelta loro) riteniamo che la posizione del FN sia dovuta soprattutto a un vizio di analisi dello scenario mondiale e ad un complesso di sensibilità romantiche verso mondi (che al di là del fatto che fossero giusti o sbagliati) sono improponibili e irripetibili.
    Come fenomeno politico lo consideriamo in via di estinzione al Nord nel giro di qualche mese, al Sud sopravviverà, forse, per qualche anno.
    Con ogni probabilità il suo destino sarà quello di diventare una comunità impolitica chiusa che praticherà al proprio interno una stretta ortodossia ideologica collegata ad una visione del mondo priva di sbocchi nella prassi politica nella società.
    Col tempo avrà sempre meno proiezioni esterne. Si tratta, ovviamente, di un parere personale.

    5) Quale è la prospettiva politica e il modello di società di "Orion"?

    Ovviamente la risposta a questa domanda non potrà essere esaustiva. Diciamo che noi vorremmo, sulla scorta del nostro bagaglio di esperienze e di accumulo di studio, proporre una prospettiva politica unitaria assieme a tutte le avanguardie delle forze antagoniste, una volta che queste si saranno affrancate dalle tare ideologiche e dalla prassi che queste tare suggeriscono ancora oggi.
    Possiamo dire di avere una concezione comunitaristica dello Stato. Quindi siamo per un contenimento della proprietà privata entro i limiti delle umane e legittime aspirazioni (per esempio la casa).
    Siamo per la statalizzazione dell’impresa e i poli industriali. Siamo per un sistema misto che preveda, a seconda delle opportunità, l’esistenza di consorzi e cooperative autogestite.
    Qualora si renda necessaria l’esistenza di strutture private, queste strutture non devono essere ereditabili, una volta che gli imprenditori che le possiedono, cessano la loro attività imprenditoriale.
    Siamo per la fuoriuscita dal sistema del libero mercato (ma al proposito si tenga conto della risposta alla settima domanda) dal momento che quel che oggi resta di uno Stato è funzionale al circuito (appetiti) del libero mercato e non viceversa.
    Siamo per una moneta rappresentativa di un valore effettivo e non per una moneta convenzionata secondo le esigenze dell’Alta Finanza. Crediamo che la società debba esprimersi attraverso comunità omogenee che eleggano e deleghino rappresentanze politiche secondo i metodi consoni alla propria specificità.
    Il che vuol dire che è la comunità di base che deve scegliere il modo di elezione e non una qualsiasi sovrastruttura politica o burocratica.
    Il che significa (per esempio) che non deve essere considerato un obbligo il suffragio universale come sistema di elezione alla rappresentanza. Ma significa anche che una comunità che non pratica quel metodo possa essere abbandonata a favore di un’altra da chi ne sente la necessità e viceversa.
    I preposti alla conduzione della vita pubblica non devono amministrare o aver partecipazioni in imprese private e preferibilmente non possedere nulla oltre lo stretto necessario ...
    Ovviamente l’elencazione potrebbe continuare. Di certo in noi non esiste alcuna propensione e concessione verso le caratteristiche del mondo demoliberale.

    6) Che posizione ha "Orion" a riguardo del "revisionismo storico" a proposito dell’Olocausto?

    A me piacerebbe chiedere a chi formula questa domanda cosa conosce del revisionismo storico a parte quel che ne dice in genere la stampa.
    Quali libri e quali studi sono stati letti per poter porgere una domanda la cui risposta, come dice Mao, è implicita (o vorrebbe esserlo) nella domanda.
    E ancora mi piacerebbe sapere in che modo la condivisione o la non condivisione di una tesi storica incide su una nuova sintesi politica che parte dal presente e viene proiettata nel futuro.
    Io posso essere dell’opinione che Napoleone era un pederasta e che i pellerossa erano dei selvaggi insensibili e il mio compagno di lotta più vicino può -sulla base di riscontri oggettivi o anche per semplice convinzione personale- credere l’esatto opposto.
    Tutto questo non inciderebbe minimamente sulle visioni politiche comuni, sul metodo più giusto di governare un popolo, di fare leggi e di intendere morale o etica.
    Ciò è vero per ogni argomento immaginabile possibile, da ultimo persino sul valore da attribuire alla Resistenza.
    Ciò che invece non può e non deve essere messo in discussione è non tanto il revisionismo storico (a cui tutta la sinistra è invece sensibile avendo subito e subendo soprattutto ora la mortificazione dell’interpretazione storica demoliberale) quanto la parte che concerne la questione dell’Olocausto.
    Si pensa che quella del revisionismo storico con riferimento all’Olocausto sia un vezzo nazista (o neonazista) per cui si tenta, attraverso il revisionismo, di rivalutare il nazismo.
    In altre parole non si riesce a scindere le due cose: analisi, critica, accettazione o rifiuto di quel che è stato il nazismo da una parte.
    Accertamento della veridicità della denuncia dell’Olocausto dall’altra.
    E siccome le argomentazioni a favore della tesi revisionista dell’Olocausto sono talmente forti e tante che persino gli studiosi di parte ebraica dell’università di Gerusalemme hanno dovuto prenderle in considerazione, la sinistra ha lasciato lo sfruttamento di questo argomento alle scimmie del nazismo, cioè ai neonazisti.
    In Francia (dove recentemente una legge proibisce -punendo con il carcere i trasgressori- di mettere in discussione la verità così come storicamente è stata accertata) la tradizione revisionista è in mano all’estrema sinistra.
    La casa editrice "La Vieille Taupe" che da sempre pubblica libri revisionisti e le librerie che ne ponevano in vendita i testi era in mano ad anarchici e comunisti radicali. Il primo revisionista in assoluto è il francese Paul Rassinier, partigiano comunista, invalido di guerra, decorato con medaglia per la sua partecipazione alla Resistenza ed internato a lungo nei lager nazisti.
    Fu corrispondente per uno dei maggiori giornali francesi durante il processo di Norimberga. Si devono a lui le prime opere che hanno contraddetto le verità storiche ufficiali. Lui ha dimostrato l’inesistenza delle camere a gas omicide e l’impossibilità che sei forni crematori a legna potessero bruciare milioni di cadaveri in quel di Auschwitz.
    Potrei citare qui una documentazione scientifica sterminata che la redazione di "Orion" ha esaminato al proposito, per cercare di convincere il mio interlocutore che il revisionismo storico muove da dati di fatto legittimi e concreti.
    E per contro avrei anche potuto rispondere a questa domanda che in fondo a noi del nazismo e dell’Olocausto non ce ne frega nulla poiché non sono una questione che ci riguarda (in quanto non siamo né nazisti né neonazisti) né le questioni storiche hanno alcuna incidenza sulle nuove sintesi politiche che noi auspichiamo.
    Per cui non ci interessa, da un punto di vista politico, sapere quanti partigiani sono stati uccisi dai militi della RSI o quanti ex-fascisti sono stati uccisi dalle bande partigiane nella Romagna rossa dopo il 25 aprile 1945, o, peggio, sapere se Garibaldi era o non era un ladro di cavalli a cui mozzicarono le orecchie.
    Insomma, se non si separano i campi storiografico, ideologico e politico e li si continua a frullare assieme per cui l’uno diventa condizionante dell’altro, tanto vale suicidarsi tutti subito perché non c’è domani.
    Di volta in volta ognuno di questi campi, che dovrebbero restare separati, trascina gli altri verso il basso, verso il rancore, verso la incomprensione.
    Quindi scontro e paralisi continua.
    Però proprio la questione dell’Olocausto ha dei risvolti sui quali forse la sinistra italiana (e sottolineo italiana perché non è così in Russia, in Francia, in Spagna e altrove) non ha mai riflettuto.
    Se noi volessimo avere solo una posizione tattica e di infiltrazione verso la sinistra eviteremmo questo argomento e potremmo persino dire: «Va bene, l’Olocausto c’è stato nella forma da voi sottoscritta e denunciata. Se volete lo denunciamo anche noi, tanto noi non siamo né nazisti né neonazisti».
    Accadrebbe qualcosa di particolare?
    Ma la questione della veridicità o non veridicità dell’Olocausto non riguarda affatto il nazismo, che è un cadavere che non può essere resuscitato. Né riguarda il neonazismo, che è puro e semplice folklore di dubbio gusto.
    Riguarda tutt’altre questioni. Per esempio la questione tedesca e la questione palestinese.
    Sulla questione tedesca ci ritorno nel corso della settima domanda.
    Per quel che riguarda la questione palestinese basti dire che Israele (uno stato fondato nel 1948 dai sionisti agitando l’orrore dell’Olocausto contro la volontà degli ebrei palestinesi oltre che dei palestinesi non ebrei) ha potuto pompare dalla Germania miliardi di dollari come risarcimento.
    Cioè, uno stato che durante la guerra non esisteva, denunciando l’Olocausto, ha ottenuto quei danni necessari (oltre a quelli provenienti direttamente dagli USA) ad edificare lo stato sionista e ad armare l’esercito autore delle nefandezze di cui tutti sappiamo.
    Con la riunificazione della Germania e la recente denuncia delle nefandezze del governo di Vichy, Israele è tornato a battere cassa.
    Per cui lo stato sionista riceverà altra linfa che trasmetterà al proprio esercito il quale continuerà a reprimere il popolo palestinese.
    E se l’Olocausto (l’Olocausto, non la persecuzione e la morte di migliaia di ebrei per stenti, fame e maltrattamenti) fosse veramente una montatura che la sinistra, preoccupata solo del falso pericolo del neonazismo e di una riabilitazione del nazismo, non ha voluto neppure prendere in considerazione (cioè studiare nella sostanza)?
    Come potrà un domani non considerarsi oggettivamente responsabile della persecuzione del popolo palestinese quando ha favorito l’armamento del suo oppressore?
    E c’è di più e di peggio.
    Per esempio il fatto che se prima l’ebraismo, in un mondo condizionato dalla dimensione religiosa, rivendicava l’elezione divina, quindi la superiorità di fatto rispetto agli altri popoli della terra, con l’avvento del mondo laico la specificità, la diversità di tutti gli ebrei viene rivendicata attraverso l’univocità dello sterminio, dell’Olocausto (come se, posto che fosse vero l’Olocausto, altri popoli non avessero subito di peggio, visto che sono stati totalmente sterminati).
    Ciò ha consentito, sugli alti piani politici a livello mondiale, interventi e condizionamenti bestiali la cui storia è ancora tutta da scrivere. E, attenzione, le vittime di questo condizionamento non sono stati i neonazisti o i revisionisti, ma guarda caso tutti i movimenti rivoluzionari marxisti o comunque di sinistra.
    Ma questo è un argomento troppo complesso per essere trattato nel breve spazio di una risposta.
    Si rischierebbe di essere confusi con i propugnatori della teoria complottistica giudaico-massonica e di muovere al sorriso coloro che per altro si rifiutano di leggere le liste dei nomi dei proprietari delle più grandi banche mondiali, di quel circuito di banche che da sole costituiscono il circuito dell’Alta Finanza la quale manovra multinazionali e mercati monetari e per conseguenza condiziona le alchimie geopolitiche e gli stessi governi nazionali.
    Si parla di capitale, di capitalismo e di multinazionali, ma non si riesce mai a scavare in profondità per metterne a nudo la vera essenza, il vero progetto che sta dietro e che li muove.
    Ebbene, che la cosa vi faccia sorridere, che lo capiate oppure no, il mito dell’Olocausto è forse il tappo più grosso sulla via della comprensione di alcune strutture fondamentali del potere che propugna il Nuovo Ordine Mondiale.
    Se non fosse per queste implicazioni, noi di "Orion" di revisionismo storico non ci saremmo occupati più da un bel pezzo, perché è ovvio che non possiamo competere con i mezzi di propaganda e i condizionamenti di ormai mezzo secolo perpetrati da complessi editoriali, complessi ideologici, giustificazioni a favore dei vincitori del conflitto, ecc.
    E del resto ormai ce ne occupiamo anche poco.
    E in effetti sarebbe stato utile che di questo argomento se ne fosse occupata la sinistra la quale, dopo aver riaffermato la propria condanna del nazismo fosse passata ad esaminare la documentazione scientifica in materia pronunciandosi su dati di fatto concreti.
    Invece si è preclusa una grossa possibilità lasciando in mano ai neonazisti l’unica arma di una certa qual dignità: il revisionismo storico.

    7) Il Fronte antimondialista è un alleanza tattica tra forze eterogenee?
    Che rapporto può sussistere in prospettiva tra una visione egualitaria ed una antiegualitaria?

    Quando parliamo di fronte antimondialista ci riferiamo ad un fronte potenziale a livello planetario che di fatto esiste e si compone di tutte quelle nazioni e popoli che si oppongono al Nuovo Ordine Mondiale, ossia ad un progetto che vede l’oligarchia dell’Alta Finanza gestire un potere senza più neppure la mediazione del livello politico.
    Quanto, per esempio, accade oggi in Italia (delegittimazione dei partiti quali intermediari del potere effettivo) altro non è che un dettaglio del progetto.
    A livello nazionale il fronte antimondialista può essere composto proprio da tutte le forze che si oppongono all’instaurazione del potere mondialista, ma che di esso, fino ad oggi, hanno preso in considerazione solo alcuni aspetti: chi sul fronte delle lotte sociali, chi sul fronte operaistico, chi su quello ecologico, chi su quello culturale.
    Forze antagoniste rispetto al progetto mondialista, ma che si sono disposte in modo conflittuale e competitivo tra di loro.
    Noi non crediamo necessario (anche se invece sarebbe opportuno e più vantaggioso) che conseguano una fusione fra loro oltre gli schemi ideologici fin qui conosciuti e praticati.
    Se non è possibile fare altrimenti, reputiamo necessario (avere), quanto meno, la consapevolezza del reale nemico e una disposizione frontale contro esso.
    Dovrebbero decadere -quanto meno- pregiudiziali e ostilità paralizzanti che ogni realtà potenzialmente antimondialista pratica contro tutte le altre.
    Per poter conseguire risultati efficaci sarebbe necessario avere una visione geopolitica unitaria che consentisse come prima cosa la rottura del circuito economico imposto dal libero mercato, il quale consente la fuoriuscita dal circuito medesimo ad una nazione sola per volta.
    Il pericolo che si è presentato davanti al fronte mondialista è stata la possibilità di fusione tra la nazione tedesca e l’ex-URSS, un blocco che da solo, per forza economica, riserve materiali ed energetiche, competenza tecnologica avrebbe (e potrebbe) costituire il fulcro di una diversa ricomposizione continentale sul quale graviterebbe fatalmente il resto d’Europa dando vita a quello che definiamo continente euroasiatico.
    Ciò consentirebbe al continente africano e a quello sudasiatico di affrancarsi dall’egemonia americanista.
    Un blocco del genere avrebbe la forza di instaurare un nuovo ordine economico non basato sull’usurocrazia.
    In Russia esiste una realtà politica molto forte e molto estesa che si compone di comunisti ed ex-zaristi (tradizionalisti ortodossi ed altro) che ha una rappresentanza in parlamento del quaranta per cento con cui "Orion" ha stabilito un collegamento.
    Questa realtà si muove nell’ottica di cui sopra per l’affrancamento dal condizionamento occidentalista.
    Quindi non si tratta per noi di una visione del tutto utopica quando operiamo in Italia per alimentare e lumeggiare questa idea-forza.
    Anche qui è possibile operare per la costituzione di un fronte del genere le cui caratteristiche non posso, ovviamente, spiegare nel dettaglio.
    Lì si tratta di qualcosa di più che di una alleanza tattica fra contadini, comunisti, stalinisti ed ex-zaristi.
    Tendenze analoghe esistono in Francia, Spagna, Belgio, Germania.
    La guerra del Golfo, la crisi balcanica e l’alimentazione della rivolta xenofoba da parte della CIA, attraverso il KKK, in Germania operano per impedire saldature in questo senso, per creare contrapposizioni policentriche opponendo etnie e visioni nazionalistiche.
    Da questa trappola è necessario uscire.
    E c’è un’unica via di uscita che qui ho delineato per sommi capi.
    Quanto al rapporto tra una visione egualitaria e antiegualitaria esso è, per noi, un non-problema.
    Il problema ci sarebbe se sulla base della concezione antiegualitaria si rivendicasse una qualsiasi supremazia di censo o di gestione del potere.
    La diseguaglianza è nei fatti anche in un ottica marxista, nel momento in cui si parla di avanguardia rivoluzionaria quando con ciò si intende una élite che ha preso coscienza rispetto alla condizione attuale e alla risposta che va data.
    Non esiste problema se a queste avanguardie si fa carico non del premio finale, ma del sacrificio e dell’onere di guidare alla lotta.
    Se io mi considero diverso da Pinco Pallo ma sulla base di questa mia conclamata diversità non reclamo nulla, neppure il riconoscimento della mia superiorità da parte di Pinco Pallo, dove sta il problema?
    Se poi la questione a cui si allude è di tipo razziale, allora io credo che tra un nero degenerato e un bianco degenerato non esiste alcuna differenza.
    Di tutti i popoli e di tutte le etnie quelli europei sono tra i più degenerati e la loro funzione negativa sta nel fatto che stanno trascinando per la medesima china i popoli africani, amerindi e asiatici che viceversa in qualche misura hanno preservato alcune caratteristiche sane della loro identità e cultura.
    Differenza e diseguaglianza, da noi, non significa rivendicazione di titoli.
    La diversità è ricchezza.
    La non omologazione nell’indifferenziato è l’esatto contrario da quanto auspicato dal progetto mondialista.
    In quel progetto l’indifferenziazione è funzionale all’interscambiabilità dei soggetti nella loro condizione di schiavitù.
    Per questo la cultura americana tende sempre di più non verso la società multirazziale, ma verso la monoetnia, la monolingua, la monomoneta, la monoreligione, la monocultura, la monomoda, il monogusto.
    Tutto ciò rende eguali verso il basso, verso la funzione minima dell’essere umano.
    Anzi, aliena dalla dimensione umana.
    Anche questo, ovviamente, è un discorso assai complesso e articolato che merita uno spazio che qui non è possibile accordare.
    Maurizio Murelli
    Murelli
    Chiunque stia dalla parte di una giusta causa non può essere definito un terrorista.
    Yasser Arafat

    Una religione senza guerra è zoppa.
    Ruhollāh Mosavi Khomeyni

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    Predefinito Rif: Intervista del settimanale Aurora al Maurizio Murelli di Orion

    Nel segno di Orione

    Francesco Moricca

    I chiarimenti ideologici che troviamo nella intervista a Maurizio Murelli pubblicata nel numero di gennaio di "Aurora" giungono particolarmente graditi.
    "Aurora", da quando la conosciamo, ci è sembrata muoversi sempre nella direzione giusta, ma è stata forse un po’ carente sul piano della discussione specificamente teorica. Ora si rimedia, e questo significa un salto di qualità indiscutibile.
    Quando non si teme più di essere difficili, si mostra di aver acquisito quell’autonomia dal livello medio di comprensione e di consenso che è indispensabile ad un giornale politico per elevare la consapevolezza del lettore, e quindi per orientarne le scelte verso obiettivi sì circoscritti ma al contempo inquadrati in un disegno di ampia tessitura.
    Ed è giustissimo il suggerimento di Murelli di privilegiare in ogni caso la qualità piuttosto che la quantità dei nostri sostenitori.
    Peraltro l’approfondimento teorico è essenziale in vista di qualsiasi tipo di azione, e massimamente in quella politica in cui tutte le altre sono presupposte.
    Al fine di ampliare le conoscenze sulla teoria del superamento della classica contrapposizione di Destra e Sinistra, su cui Murelli si diffonde trovandone le origini più vicine nel primo Goebbels e nell’ultimo Bombacci -passato al fascismo all’epoca di Salò dopo essere stato fra i fondatori del Partito comunista-, può essere utile venendo a tempi più recenti, ricordare il nome di Freda.
    Nella sua "Disintegrazione del Sistema", che risale all’ormai remoto Sessantotto, riprendendo la platonica dottrina dello Stato, si sostiene che il sistema tende a disintegrarsi per cause endogene e dunque indipendentemente dall’agire di forze esterne rivoluzionarie. Ciò parrebbe verificare ogni azione antagonista.
    Ma a prescindere dai motivi di ordine etico che obbligano all’azione chi si professi di destra, resta il fatto -e qui Freda concorda con Marx- che l’opera dei rivoluzionari serve in ogni caso ad abbreviare la durata dei tempi ultimi.
    Da ciò non solo la possibilità ma la necessità del convergere di Destra e Sinistra, nella fase terminale del Ciclo, in funzione antisistema, dopo aver abbattuto le vecchie contrapposizioni ora rivelatesi illusorie perché oggettivamente inconsistenti.
    Questo annientamento delle differenze ideologiche è la scoperta del nichilismo attivo, un concetto teoretico-pratico che Evola aveva esemplificato in opere come "Cavalcare la tigre" e "Gli Uomini e le rovine".
    Esso è in pari tempo scetticismo e sperimentalismo integrale. Non è però un pragmatismo vitalistico estetizzante perché presuppone una metafisica, quella dei Valori Tradizionali che si prefigge di restaurare. Le difficoltà e i rischi del nichilismo attivo sono enormi, ma non possono essere elusi ove realmente si aspiri a un recupero del trascendente. Ciò potrebbe valere persino per un cristiano, dato che al materialismo imperante è corrisposto il processo di secolarizzazione della Chiesa con tutto quanto ne segue in termini di perdita delle sue prerogative soteriche.
    Su questo punto noi di "Aurora" non abbiamo dubbi, come conferma Pallavidini, nel suo articolo sulle Grandi Manovre.
    Anche Murelli mostra di non averne quando afferma, mettendosi nell’ottica del nichilismo attivo, che il pessimismo che nasce dall’analisi realistica, è un fatto che deve restare circoscritto alla regione, non deve toccare la volontà.
    La dottrina tradizionale su cui il nichilismo attivo poggia, sostiene d’altra parte che nella fase terminale del Ciclo v’è una potenza positiva che tende a sprigionarsi dal negativo come una forza ad esso interna.
    Per tale motivo rimane validissimo, nonostante la sua inattualità, il parere di Freda secondo cui un regime di socialismo reale sarebbe il miglior rimedio per disintossicare la società dai veleni morali della modernità e post-modernità, ma anche per sanare le disfunzioni costituzionali di un capitalismo strutturalmente anomalo come quello italiano, ormai da sopprimersi semplicemente non potendo essere più riformato in senso corporativistico se non dopo un periodo di rigido capitalismo di stato.
    Dei propri limiti e di quelli del sistema industriale nazionale (superprotetto fino alla caduta del comunismo perfino dalla concorrenza straniera) si sono talmente resi conto i nostri capitalisti da sacrificare la loro libertà di iniziativa, oltre che l’interesse e l’indipendenza del popolo italiano, davanti agli usurai di Maastricht.
    Ma se le privatizzazioni e le riforma istituzionali da essi richieste dovessero passare, saranno anche loro, i nostri capitalisti, a pagare duramente le conseguenze. E toccheranno con mano che è più conveniente dipendere da uno stato nazionale, in regime di economia autarchica e per quanti sacrifici ciò possa comportare per un periodo anche relativamente lungo, che non dal potere anonimo, disanimato e irrazionale della usurocrazia.
    Circa le affinità esistenti fra comunismo bolscevico e comunismo tradizionale (o primitivo, come ebbe a definirlo l’illuminista Marx), Murelli segnala la sovranazionalità delle rispettive concezioni dello Stato.
    Certamente la moderna nazione fu un potente fattore disgregatore della visione del mondo e degli organismi politici che derivavano la propria legittimità dal retaggio di Roma imperiale.
    Ma la critica della nazione non deve spingersi fino al punto di una sua assoluta negazione, come si potrebbe concludere dal modo in cui Murelli imposta il proprio discorso. La nazione come identità linguistico-culturale non solo pre-esiste alla nazione-stato, ma in determinate circostanze storiche ne è la contraddizione più stridente.
    Valga a riguardo la posizione di Dante per il quale nazione e Impero non solo possono ma devono coesistere.
    Sovranazionale indica d’altra parte alcunché di sovraordinato rispetto a nazione, non per annientarla ma per esaltarne la specificità senza che però questa degeneri in particolarismo o in sopraffazione imperialistica a danno di altre nazioni. Senza contare che mai come oggi la rivendicazione dell’identità nazionale ha una valenza politica potentissima al fine di contrastare l’offensiva mondialista.
    Inoltre è insostenibile l’origine tout court illuministica della nazione, perché l’illuminismo era cosmopolita e non nazionalista come sarà invece il romanticismo.
    Le borghesie di Inghilterra e Francia, nell’Ottocento già tendenzialmente mondialiste, sono una cosa. Altra cosa invece le borghesie di Italia e Germania. Per il semplice motivo di essere in concorrenza con le prime, si possono definire nazionali più che nazionaliste.
    La borghesia -va detto a onor del vero- non necessariamente e sempre ha avuto una funzione anti-tradizionale. La ha avuta ad Atene ma non a Sparta. La ha avuta a partire dalla scoperta del continente americano, ma non la ha avuta durane il medioevo. Non la ha avuta nella Germania nazionalsocialista, e non la ha avuta -semplificando un po’ il discorso- nell'Italia fascista.
    Siamo d’accordo con Murelli sull’opportunità di una revisione della teoria classica del complotto che oggi non si può più ritenere diretto, come in passato, esclusivamente dalla volontà della centrale massonico-giudaica. Il potere della finanza si è talmente tecnicizzato e per così dire spiritualizzate che spesso sfugge al controllo dei potenti gruppi internazionali che continuano ad essere quelli di sempre.
    È nostra opinione che è proprio in presenza di questa mutata situazione che si è potuto sviluppare l’altro grande potere dei tempi più recenti, quello della Mafia. Essa è riuscita ad affiancarsi a Sionismo e Massoneria inserendosi nei meccanismi incontrollati perché quasi incontrollabili della mostruosa macchina finanziaria.
    L’assoluta inconsistenza umana e intellettuale dei mafiosi non contraddice ma conferma questa analisi, perché l’irrazionalità di questo sistema esige che un potere enorme venga a cadere nelle mani di sub-normali analfabeti la cui sanguinaria crudeltà è più simile a quella di un bambino che si diverta sadicamente a strappare ali e zampe alle mosche, che non a quella del grande criminale vecchio stampo la cui efferatezza era sempre attentamente calibrata.
    Non vediamo però la necessità di mettere sotto accusa la teoria classica del complotto per aver mutuato dal cattolicesimo tradizionale i suoi strumenti ermeneutici.
    Non basta soffermarsi sulla ricognizione fenomenologia dell’atmosfera di corruzione generale che è l’effetto dell’agire ormai del tutto impersonale del complotto.
    Bisogna anche individuare l’agente di questa fenomenologia o patologia. Quando un Donoso Cortès definisce l’ideologia liberalsocialista degli inizi del XIX secolo teologia invertita e religione satanica, non dice forse che già da allora vi era nel complotto qualcosa che sfuggiva agli uomini e si identificava con un’entità metafisica di segno negativo, appunto Satana?
    E ancora, che l’inconcepibilità di certi fenomeni propri ai regimi democratici come la concentrazione di grandissimi poteri nelle mani dei più indegni e incapaci, ha la sua naturale spiegazione nell’antica definizione del diavolo come scimmia di Dio?
    Bisogna individuare il nemico per poterlo combattere. Satana può essere combattuto. Anche senza l’aiuto della Chiesa, se essa non fornisce l’aiuto come dovrebbe.
    Evola -che non era cristiano- ebbe a dire in uno dei suoi scritti che noi non dobbiamo combattere solo contro gli uomini, ma anche contro gli dei, cioè contro corpi immateriali.
    In sostanza vogliamo dire a Murelli che un eccesso di realismo è altrettanto negativo di un eccesso di idealismo. La lotta va condotta sul duplice fronte delle cose visibili e di quelle invisibili.
    Pertinente è quanto egli sostiene sull’origine dell’antisemitismo nazionalsocialista i cui caratteri peculiari vanno ricercati nell’aberrante copula tra cristianesimo e illuminismo.
    L’affermazione merita però di essere approfondita con qualche considerazione.
    Anzitutto, anche i Romani furono antisemiti, e lo furono perché costretti dell’intransigenza con cui gli Ebrei rivendicavano a sé il dominio sul mondo in termini di imposizione della propria fede religiosa e della propria supremazione economica e politica.
    La loro concezione del popolo eletto è la prima e pressoché unica espressione di nazionalismo razzistico a base religiosa che la storia conosca; e contro di essa, con l’Epistola ai Romani, San Paolo assumerà una posizione ferma quanto teologicamente motivata.
    Tenendo presente che la nazione germanica nasce con la Riforma protestante e che questa ultima enfatizza la componente giudaica del cristianesimo in funzione anticattolica e antiromana e a scapito della sua componente platonica (si veda l’orientamento dell’umanesimo tedesco, dopo Erasmo da Rotterdam, verso lo studio dell’ebraico ai fini dell’esegesi biblica e della teologia del libero esame), è possibile sostenere che all’origine della dottrina razziale del nazionalsocialismo, accanto all’illuminismo, non vi sia proprio il cristianesimo ma, paradossalmente, il giudaismo
    Se si accetta la nostra ipotesi, la copula di giudaismo e illuminismo si spiega molto facilmente con la teoria del complotto: per esempio con l’influenza che sull’illuminismo esercitò l’ebreo apostata Baruch Spinoza, e su una certa Massoneria settecentesca l’esoterismo cabalistico. Esso può essere penetrante per vie sotterranee nel nazionalsocialismo come elemento di contraddizione interna.
    Ma si potrebbe ipotizzare che questa contraddizione sia stata voluta. Non è affatto improbabile che Hitler (che aveva grande considerazione degli Ebrei) abbia inteso ritorcere contro di loro la dottrina del popolo eletto opponendovi quella della razza eletta; che per lui non è costituita solo dai Tedeschi, ma da tutti gli Indoeuropei, rispetto ad essi i Tedeschi avendo come titolo di superiorità l’unica caratteristica di una presunta minore contaminazione da parte dell’elemento giudaico. Non è da sottovalutare che nelle SS si accogliessero anche ariani non tedeschi.
    E se il razzismo nazionalsocialista fu esclusivamente a base biologistica come pure diede a vedere di essere, perché assunse a suo simbolo la svastica e non invece il martello di Thor?
    E perché non rinnegò mai l’idea che il Reich traesse la propria legittimità direttamente dall’Impero romano e non da altro?
    Il nostro personale parere è che sia giunto il momento di revocare in dubbio la certezza consolidata che il razzismo hitleriano sia di matrice illuministico-darwinista.
    Il darwinismo è come una maschera che nasconde una verità molto complessa e assai meno rozza di quanto non appaia.
    Il Mosse, che pure è un ebreo, ha notato che per Hitler la razza è un fenomeno talmente originario da non poter essere modificato dalla selezione naturale. La razza è come la radice dell’albero che resta immutabile nonostante tutte le trasformazioni che la pianta subisce nella sua parte aerea ("Intervista sul Nazismo", Mondadori - 1992, p. 105).
    In conclusione, siamo d’accordo con Murelli per l’apertura a tutte le culture e a tutte le razze.
    Vediamo con particolare favore l’incontro coi semiti Arabi perché l’islamismo come il cattolicesimo ha ereditato dalla tradizione greco-romana molto più di quanto non abbia ereditato dall’ebraismo.
    Ma per quanto riguarda i semiti Ebrei, confessiamo apertamente le nostre riserve, che non derivano da preclusioni di carattere dogmatico o di altro genere, ma dalla constatazione dell’intransigenza dottrinaria del giudaismo sull’aberrante mito del popolo eletto.
    Solo fino a un certo punto si può distinguere giudaismo da sionismo, perché il sionismo si è sviluppato sulla base teologica del giudaismo ed è da verificare fino a che punto, ieri come oggi, ne sia stato nei fatti contrastato.
    Ci provò Gesù di Nazareth quando i sionisti si chiamavano zeloti, e fu tradito da uno di loro (Giuda Iscariota) e fatto morire al posto di uno di loro (Barabba). Ci provò Saul di Tarso, e dovette con grave pericolo uscire dal giudaismo.
    Sarebbe molto interessante conoscere quel che pensa al riguardo il Rabbino antisionista che scrive su "Orion".
    Francesco Moricca
    Moricca
    Chiunque stia dalla parte di una giusta causa non può essere definito un terrorista.
    Yasser Arafat

    Una religione senza guerra è zoppa.
    Ruhollāh Mosavi Khomeyni

 

 

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