Sei domande a Beppe Grillo



Fuori i secondi. Il comico genovese decide di battersi, con il “suo” MoVimento 5 Stelle per dei seggi in Parlamento. Noi rispettiamo la scelta e da oggi lo “trattiamo” come politico.
A iniziare dal porgli qualche quesito.

Con la “Woodstock” musicale del 25 settembre scorso a Cesena, Beppe Grillo ha saltato il fosso: è ufficialmente in politica con il suo Movimento 5 Stelle per correre alle elezioni parlamentari. Non più solo le comunali e le regionali, dunque. Ora Grillo punta a mandare a Roma una pattuglia di suoi ragazzi. Pur disprezzandola, accetta di mettere piede nella “cloaca” di Montecitorio e Palazzo Madama. Il programma ce l’ha, una schiera di intellettuali e giornalisti simpatizzanti pure, l’esercito di “grillini” sul territorio è pronto. Manca, come vedremo, l’idea di fondo che fornisca uno scopo ultimo chiaro e veramente “rivoluzionario”.



Anti-partito?

Beppe giura: il mio non è e non diventerà un partito. Questo è vero in parte. Con buona pace della retorica anti-leaderistica, Grillo è un leader a tutti gli effetti. Non solo ci mette la faccia, senza la quale i suoi giovani entusiasti ma acerbi non prenderebbero un voto. Basterebbe dare un’occhiata al “Non-statuto”1 del movimento per leggere ad ogni riga il suo nome, legato indiscindibilmente al blog, unico e autentico centro propulsore da cui s’irradia ogni attività organizzativa e di propaganda. Ma più semplicemente, il suo “non-partito” è lui: il suo carisma, la sua oratoria efficace perché sintonizzata sulla “pancia” dell’opinione pubblica, il fatto che sia lui – coi suoi collaboratori – a dettare l’agenda della protesta dal blog, il contatto che solo lui ha con le folle che gremiscono i suoi spettacoli. È vero che il suo movimento non è strutturato secondo l’organizzazione classica di un partito (tessere, sezioni, gerarchia, riunioni ecc) in quanto basato sul concetto e la pratica di rete mutuate da internet (i “meetup”). Tuttavia lo schema verticistico c’è, eccome. Di più: a parte il lavoro, ammirevole per tenacia sul campo, dei gruppi sparsi nella penisola, il rapporto è messianico, fra Grillo e i grillini, fra lui e la base.

Tutto bello ma...

Dice: il programma è stato elaborato coi contributi via web dei tanti militanti. Ma i temi di fondo li decide Beppe coi suoi post quotidiani su internet. E il collante emotivo e identificativo (fattore essenziale in qualsiasi aggregazione collettiva) è fornito dalla sua persona, dalla sua irruenza, dai suoi slogan. Attenzione: non vogliamo minimizzare. Scorrendo i contenuti della piattaforma del movimento2, sintetica e vivaddio scritta in un italiano comprensibile a tutti, le proposte per dare un volto più umano a quest’Italia depredata dai partiti e dai potentati economici e sfigurata da uno sviluppismo senza freni ci sono e la maggior parte di esse sono condivisibili, mentre altre sono francamente ingenue o strampalate.

Stato e cittadini: via il lodo Alfano, basta Province, fine dei privilegi per la Casta, referendum abrogativi e propositivi senza quorum. Partecipazione via web dei cittadini ad ogni incontro pubblico: in che senso? Ci si limiterà a guardare le sedute dei consigli comunali come già avviene da qualche parte, o i cittadini potranno dire la loro in qualche modo, cosa realisticamente impraticabile? E soprattutto: una volta fatto il repulisti da pregiudicati e collezionisti di poltrone, in cosa sarà migliore l’attuale sistema parlamentarista, se non si cambia la forma-Stato, ufficialmente una democrazia rappresentativa su scala nazionale, di fatto una partitocrazia al servizio degli interessi economico-finanziari sovranazionali?

Energia: bene l’adeguamento degli edifici, a partire dalle case private, a standard di consumo sul modello ecologista della Provincia di Bolzano e della Germania, bene gli impianti di auto-generazione, bene le fonti rinnovabili, bene che venga espressamente citato l’autoconsumo. Su questo punto, decisivo, Grillo propone idee convincenti. Eppure, senza che questa voglia essere una critica ma semmai uno stimolo, bisognerebbe chiarire una questione fondamentale: si è disposti o no alla rinuncia di certe comodità, di alcuni comfort dati per scontati, pur di ridurre il volume di energia prodotta?

Capitolo informazione: ok l’abolizione dell’abominevole legge Gasparri, dell’inutile Ordine dei giornalisti, degli oligopoli editoriali (televisioni e stampa) con lo stop a quote proprietarie superiori del 10% e l’obbligo di azionariato diffuso (public company), tetto del 5% alla raccolta di pubblicità nazionale, divieto di partecipazione in giornali, radio e tv a banche ed enti pubblici. Naturalmente c’è una forte sensibilità alla promozione dello strumento internet (cittadinanza digitale, accesso mobile generalizzato, tariffe più basse). Domanda: visto che l’orizzonte tracciato da Grillo è quello di un mercato puro, seppur mitigato dalla public company, dove a farla da padrone sarebbe il web e dove in ogni caso il Grande Fratello televisivo resterebbe intatto a far danni, come sostenere l’insostituibile valore della carta stampata ultimo baluardo di riflessione nell’overdose della comunicazione moderna?

Limitatezza

Economia. Qui emergono chiari i limiti del grillismo. Perché va benissimo la class action, ottima l’eliminazione della legge Biagi, perfetto l’appoggio a industria agroalimentare e manifatturiera «con un prevalente mercato interno», d’accordissimo sul favorire le produzioni locali. Ma come le si favoriscono? E poi: aboliti i monopoli di fatto (ferrovie, Eni, Enel, Telecom, ecc), che facciamo, diamo in pasto servizi essenziali al solito mercato? Con quali regole?

Sussidio di disoccupazione: e sia, ma non viene spesa una parola che sia una sul modo in cui superare l’economia capitalistica globale che abbisogna di una riserva permanente di disoccupati infelici per prosperare e inseguire la mitica “crescita”. Sul potere ricattatorio della finanza bancaria sulle imprese e sui singoli cittadini, strozzati a vita dalle rate del mutuo e del prestito, non c’è assolutamente nulla. Per non parlare della costruzione a misura di banche che è stata fatta dell’Unione Europea, di cui gli italiani sono sudditi stupidamente europeisti: su questo, nada de nada.

Su trasporti, salute e istruzione ci sono luci (incentivazioni dei mercati locali, blocco di grandi opere come il Tav, promozione dei farmaci al di fuori del circuito delle multinazionali, liste di attesa pubbliche e online, obbligo di insegnamento dell’italiano agli stranieri per la cittadinanza) e ombre (il telelavoro che ci relegherebbe a casa, auto-internati, il sostegno a stili di vita salutari: salutari per chi?, l’integrazione della scuola con le aziende, l’inglese fin da poppanti, internet al posto dei libri: praticamente le “tre I” berlusconiane).

Volare alto

Dove vuole andare a parare, il movimento grillino? Beppe insiste col dire che loro “volano alto”, a differenza dei partiti che mestano e rimestano nel vuoto. Mi spiace, ma non è così. I partiti sono finiti, nel senso che non solo non garantiscono la democrazia, ma ne sono l’antitesi. Però le 5 Stelle sono assolutamente insufficienti. Dopo aver reso l’Italia un’oasi ecosostenibile, un’angosciante Svizzera linda e ordinata moltiplicata per dieci dove le caprette ti fanno ciao, la nostra vita migliorerebbe di sicuro, ma noi non staremmo meglio. Perché non sarebbe modificato di una virgola il principio cardine del modello di sviluppo che ci schiavizza: il dominio dell’Economia sull’Uomo. Grillo ammette che, dopo il comunismo, anche il capitalismo ha fallito. Ma lo si supera forse evitando maniacalmente di buttare le cartacce per terra? O non si deve forse ripensare l’intero edificio sociale e culturale in cui siamo rimasti prigionieri? Beppe ci accuserà, come ha fatto in un articolo sul suo blog, di essere degli “invecisti”3, perché denunciamo che invece di parlare di certi temi si limita ad affrontarne altri. Ma insistiamo col rivolgergli le domande che gli abbiamo già posto di recente4, senza ricevere risposta.


1) è contrario oppure no al sistema di vita che facciamo?

2) è deciso o no a combattere le strutture che lo reggono (piovra bancaria internazionale, grandi industrie multinazionali, burocrazie mondiali)?

3) Il problema principale del nostro tempo, la globalizzazione che mercifica gli uomini e livella le culture, è o non è per lui il grande tema che racchiude tutte le nostre disgrazie?

4)Abbraccia o no, senza se e senza ma, la prospettiva della decrescita?

5) E l’autonomismo locale delle piccole patrie – non il federalismo pataccaro della Lega – può essere la bussola per una gestione del potere pubblico liberata dal parassitismo degli Stati-nazione?

6) E l’Europa, dobbiamo lasciarla in mano alle lobby santificate dal Trattato di Lisbona, o dobbiamo infonderle un’anima tentando una via europea diversa dall’iper-liberismo che da Washingon a Pechino stritola il pianeta?


Questi interrogativi, secondo noi, possono essere una bozza di partenza per discutere con quanti – i Giulietto Chiesa, i Maurizio Pallante, i valsusini e le popolazioni in rivolta, i cattolici critici della modernità, gli ambientalisti radicali, gli stessi grillini – sono convinti che non ci sia più nulla da salvare e tutto da ripensare. Grillo, invece, rischia di farsi fagocitare e neutralizzare dal blob parlamentare. Se vuole evitare il pericolo di essere digerito e risputato fuori, dovrebbe darsi un insieme coerente di obbiettivi finali per abbattere il sistema, non per riformarlo. Ma cosa vuole, veramente, Beppe Grillo?

Alessio Mannino


Sei domande a Beppe Grillo, Alessio Mannino