La vittoria dei Repubblicani nelle elezioni statunitensi di mid-term, in cui determinante è stato il contributo del Tea Party, ha indotto l’ex senatore repubblicano, Mark Calabria, ora responsabile del centro studi libertario Cato Institute, ad affermare che l’indipendenza della Federal Reserve è a rischio.

Tale affermazione, a onor del vero, è alquanto fuorviante, poiché ciò che il Tea Party contesta alla FED è la mancanza di trasparenza ed una irrefrenabile politica inflazionistica, non chiedendo affatto che questa si sottometta alle volubilità delle maggioranze politiche, anzi, attribuendo proprio allo status attuale tale difetto: ovvero il fatto che varie componenti politiche e banca centrale concordino una linea comune, perseguendo fini che poco hanno a che vedere con una oculata politica monetaria condotta a favore dei cittadini.

Infatti, i neo-senatori eletti, Rand Paul (figlio del più volte congressman libertario Ron Paul) e Jim DeMint, entrambi leader del Tea Party, sono tra i più tenaci propugnatori di una politica di trasparenza della Federal Reserve, in particolare relativamente ai bilanci della stessa.

La preoccupazione maggiore dei due leader del Tea Party, in linea con quanto Ron Paul ha scritto nel suo saggio “End the Fed – Abolire la Banca Centrale”, è la continua politica inflazionistica messa in atto dalla Fed, col beneplacito del Tesoro, che riduce il potere di acquisto dei cittadini, conducendo nel tempo ad un livello di tassazione insostenibile, favorendo politiche indiscriminate di spesa nel settore pubblico e azzardi morali nel settore finanziario che espande le proprie attività in operazioni con rischi sempre maggiori, com’è accaduto nell’erogazione dei mutui sub-prime. Tutto ciò a danno del risparmio, della produzione e dell’investimento strettamente economico.

Insomma, sembra essersi aperto uno scontro tra i libertari americani, da un lato il Cato Institute, sostenitore della Federal Reserve e della politica monetaria da essa condotta, dall’altro il Tea Party, con i libertari Ron Paul, Rand Paul e Jim DeMint, che, invece, mettono in evidenza i disastri attuali e potenziali della politica inflazionistica, praticata dalla FED col beneplacito del Tesoro, come, ad esempio, la perdita del potere d’acquisto del dollaro (pari al 95% dal 1913 anno di istituzione della Federal Reserve) e il finanziamento di guerre inutili, come quella in Iraq, di cui solo un sistema monetario inflazionabile può consentire il finanziamento pressoché illimitato.

Lo scontro, quindi, è tra i sostenitori della moneta inflazionabile in regime di monopolio ed i sostenitori della moneta valore in regime di concorrenza. I primi sostengono una visione politico-economica che vede la moneta come strumento elastico, grazie al meccanismo della riserva frazionaria e all’assenza di copertura sottostante con beni reali, manipolabile al punto tale da poter svalutare il debito e il potere di acquisto dei cittadini, che probabilmente trova il consenso, benché tacito, di coloro che nelle istituzioni fanno della politica della spesa il proprio strumento di propaganda politica e di tornaconto personale, salvo poi, all’atto dell’ennesima crisi, mettere in atto quelle riforme e quei tagli inevitabili che colpiscono i cittadini proprio nel momento più difficile, dopo che questi hanno già dovuto subire il prelievo occulto di reddito generato dall’inflazione. Questa tesi, intendiamoci, ha poco di libertario.

Dall’altra parte la visione dei libertari del Tea Party che sostengono una visione politico-economica in cui la moneta è uno strumento ancorato a beni reali (in passato soprattutto oro e argento, mentre oggi può ben immaginarsi un paniere di beni come sottostante), difficilmente manipolabile così che tenda a conseguire l’obiettivo di preservare il potere di acquisto dei redditi dei cittadini, preservare il valore della ricchezza accumulata (ovvero dei redditi passati risparmiati), favorendo il risparmio e ponendo un grosso limite a indiscriminate e forsennate politiche di spesa, poiché i debiti contratti per effettuare tali spese non sarebbero più svalutabili e ciò costringerebbe chi governa a valutare di volta in volta la reale necessità della spesa, affinché non si trovi senza risparmi con cui fronteggiare ulteriori politiche e reali emergenze.

Da libertari e da radicali non possiamo che sentirci a nostro agio con quest’ultima visione, augurandoci un Tea Party per l’Europa che, prima ancora di divenire una reale Federazione di Stati Uniti Europei, come era nel sogno di Ernesto Rossi e di Altiero Spinelli, è divenuta un apparato burocratico, centro di una spesa pubblica abnorme finanziata con la moneta senza copertura della BCE, come tale candidandosi ad essere degna erede della peste partitocratica italiana.

Tea Party e trasparenza della Federal Reserve | Notizie Radicali