Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord
Anno VI, Numero 3. Novembre 2002
In

Mafia, le due tolleranze
Di qua il 41 bis. Di là la Cirami e il corteo di future leggi al seguito.
C'è una logica in tutto questo? C'è una logica nella stabilizzazione del
carcere duro per i mafiosi da un lato, e nel sabotaggio del processo dall'altro?
È obiettivamente difficile dare una risposta. Sappiamo però
con certezza due cose. La prima è che il carcere duro è la bestia nera
dei mafiosi. Essi sono abituati a mettere in conto qualche anno di
detenzione. Ma non hanno mai incluso nel loro orizzonte la possibilità
di rimanere in carcere tutta la vita, e di restarci, anziché da padroni
“ad aragoste e champagne”, da segregati; di subire cioè dure privazioni
anziché godere di privilegi inimmaginabili per gli altri carcerati.
Aggiungiamo che non avrebbero mai nemmeno pensato un giorno di
potere subire questa condizione insieme con i loro figli, come è oggi il
caso dell’ex capo supremo Totò Riina. Per questo a ondate i mafiosi si
rivoltano verso il potere a loro più vicino e lo minacciano o lo colpiscono
direttamente. Lo fecero nel ’92 con Salvo Lima, colpevole di non avergli
evitato il carcere attraverso le dovute (e promesse) influenze sulla
Cassazione. Lo fanno oggi che Leoluca Bagarella lancia proclami contro
chi prima ha preso i loro voti assicurando una revisione del 41 bis e
oggi accampa difficoltà politiche per giustificare la propria inerzia.
La seconda cosa certa è che il processo in generale, così come è stato
conciato, oggi non serve più, è uno strumento a efficacia zero come
regolatore di legalità. Ci hanno messo le mani in tanti e per varie
ragioni, in un parlamento dove gli avvocati degli imputati fanno il
bello e cattivo tempo pensando a se stessi più nella veste (e negli interessi
contingenti) di legali che nella veste di parlamentari amanti
dello Stato di diritto. Forse la Cirami, concepita per un singolo e solo
processo, non produrrà effetti devastanti sul sistema. Ma le premesse
ci sono tutte. Saranno possibili richieste di rimessione a raffica, ripetute
all’infinito con motivazioni diverse e con conseguenze assolutamente
paralizzanti nei processi per associazione a delinquere, dove la
pluralità degli imputati consentirà di operare una sapiente rotazione
delle istanze. E verosimilmente non saranno mai istanze “manifestamente
infondate”, visto il calibro dei legali che vi verranno impegnati;
e dunque passeranno il previsto filtro-burla della Cassazione con la
stessa facilità con cui si beve un bicchier d'acqua. Ma non basta ancora;
perché, come è noto, dopo la Cirami è pronta la corsa verso la
legge Pittelli, summa di tutte le astruserie ostruzionistiche immaginabili
dal più spregiudicato azzeccagarbugli del Duemila.
La morale è che in futuro i clan sapranno difendersi molto meglio
di prima (ed è quanto dire...) dai rigori della legge. Forse la Bossi-Fini,
tra le molte contraddizioni che contiene, renderà un po’ più difficile la
vita ai clan stranieri, anche se pure questo sarà tutto da vedere (fino
a che punto, infatti, funzionerà su scala preventiva e repressiva il
sistema delle rilevazioni fotodattiloscopiche? e in che misura le espulsioni
colpiranno davvero i più violenti, visto che oggi in carcere finiscono,
anche tra gli immigrati, i più deboli?). Sta di fatto che i gruppi
criminali storici godranno di un superiore livello di impunità; paragonabile,
nonostante i progressi culturali e civili della nostra magistratura,
a quello degli anni settanta. Mentre sul fronte opposto le forze
dell’ordine, per comprensibili ragioni, subiranno quel tipico processo
di demotivazione che sopravviene quando si è presi dal “legittimo
sospetto” che i propri sforzi (e i propri rischi) abbiano un'alta probabilità
di risultare inutili.
Schizofrenia istituzionale, dunque? Mano dura (41 bis) verso chi è
dentro, anche a costo di ritorsioni clamorose, e mano carezzevole –
invece (legislazione di favore) – verso chi è fuori e fa gli affari nel
segno di una nuova pax mafiosa? È presto per teorizzare che ci si
trovi davanti a una strategia intenzionalmente ambigua, frutto di
una sottile trama di accordi e ricompense. Ma non è presto, visto che i
guasti ormai sono quasi fatti, per denunciare la contraddizione intrinseca
tra le due opzioni, quella a tolleranza zero e quella a tolleranza
cento. Tanto più che i fatti ci suggeriranno – c’è da giurarlo – qualche
intima coerenza fra le due strategie, più di quanto oggi appaia. Ma a
quel punto non ci sarà da rallegrarsene, questo è certo.
Nando dalla Chiesa

http://www.omicronweb.it/wp-content/.../omicron38.pdf