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  1. #11
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    Citazione Originariamente Scritto da benfy Visualizza Messaggio
    per me resta un mistero cosa ci faccia Salvi con Ferrero e Ferrando
    Salvi e Patta servono per farli spostare verso il Pd,idem Diliberto che è governista per vocazione

    ricordiamoci la gloriosa scissione del PDCI nel 98,nato in sostegno alle forze democratiche di centrosinistra contro lo scellerato Bertinotti !
    ah bei tempi
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  2. #12
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    ma Patta non è un sindacalista???

  3. #13
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    si,tra l'altro Gianpaolo se non sbaglio non sta nemmeno con Landini ma con la maggioranza CGIL

    comunque ora mi sento Salvi,il video c'è

    ottima idea lui portavoce
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  4. #14
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    Citazione Originariamente Scritto da SteDiessino Visualizza Messaggio
    Salvi e Patta servono per farli spostare verso il Pd,idem Diliberto che è governista per vocazione

    ricordiamoci la gloriosa scissione del PDCI nel 98,nato in sostegno alle forze democratiche di centrosinistra contro lo scellerato Bertinotti !
    ah bei tempi
    Bei tempi? Dillo ai Serbi, falco!

  5. #15
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    Congresso/1 - Salvi: «Cambiare si deve, la storia non è finita»

    La Federazione della sinistra va. A zig zag, dice qualcuno, ma va. E non suoni strano che a dare la carica alla platea sia un signore settantenne, ancorché stimato costituzionalista, come Gianni Ferrara: «E’ una buona giornata, confortante e non dobbiamo essere timidi, incerti, esitanti. Il percorso lo stiamo facendo e dobbiamo ritenerlo irreversibile, sennò saremo spazzati via - prosegue Ferrara -. Il futuro è denso di molti pericoli e poche chance, ma la sfida di esserci è cruciale. I comunisti ci sono, nessun muro ci ha seppellito. Possiamo non combattere?».
    Ecco, se la federazione della sinistra nasce principalmente per ridare sostanza alla domanda di unità, allora il congresso che si è aperto ieri (anche se “anomalo” e criticato viste le modalità con cui si sta svolgendo) è il segno che si è sulla buona strada. Perché chi si riconosce nella nuova creatura politica (né partito, né semplice movimento) è proprio a questo che pensa: possiamo non combattere? E, soprattutto, dal dibattito del primo giorno emerge la comune analisi della situazione (politica, economica, sociale) e la comune affermazione che senza una sinistra comunista e anticapitalista non potrà arrivare alcuna risposta. Ciò che fa dire che la costruzione di un soggetto politico con una «massa minima di attrazione» (per dirla con Vittorio Agnoletto) è a portata di mano. No, proprio non «sembra di stare a Xfactor» (provoca Andrea Rivera, chiamato ad una pre-apertura sui generis dei lavori del congresso e che invita a non nominare più Berlusconi per non finire come il barone Lamberto «che visse due volte»). No, qui c’è la politica con la “p” maiuscola, quella che cerca di essere utile alle persone cambiando lo stato di cose presente.
    «Cambiare si deve, la storia non è finita» esordisce infatti Cesare Salvi, che svolge la relazione di apertura in quanto attuale portavoce della Fds (farà anche le conclusioni). Basta vedere il disastro provocato dal neoliberismo, che ci ha portato ad una crisi tale che rischia di scomparire persino l’Europa. Un liberismo il cui volto peggiore è proprio quello italiano: attacco ai diritti, al lavoro, a conquiste cinquantennali, alla Costituzione. Un liberismo che va sconfitto al più presto. E per farlo serve l’unità principalmente delle forze che hanno aderito alla manifestazione Fiom del 16 ottobre e di quelle che si riconoscono nella Costituzione repubblicana.
    Il messaggio è soprattutto a Vendola: dopo i «risentimenti» e i «sentimenti», avverte Salvi, è l’ora della politica. Se è vero che i sondaggi dicono che il centrosinistra unito ha più voti di Berlusconi e Bossi e se è vero che la vittoria di Pisapia alle primarie di Milano è principalmente il risultato dell’alleanza tra Fds e Sel, allora ecco la proposta a Vendola: un «impegno comune per un programma condiviso per le prossime amministrative. Perché uniti si vince» (mentre di «affabulatori» e di «fabbriche» non si sente alcun bisogno, diranno molti interventi).
    Quanto al Pd (in platea c’è il coordinatore Migliavacca), Salvi mette in guardia dal governo tecnico a tutti i costi: «No grazie, abbiamo già dato», dice tra gli applausi. Meglio, molto meglio un’alleanza democratica: «Il Pd assuma l’iniziativa, noi ci siamo».
    All’Ergife di Roma (proprio là dove dodici anni fa si consumò lo strappo tra Bertinotti e Cossutta) ora c’è, come recita lo slogan, la sinistra «del lavoro, della democrazia, dell’unità». Ed è attorno a queste tre parole d’ordine che si svolge il dibattito (del quale è impossibile dare conto qui interamente, anche per ragioni di chiusura in tipografia). Parole d’ordine che possono essere declinate in molti modi. Parla Landini, segretario Fiom, a conferma che l’obiettivo della Fds «è ridare al lavoro una grande forza della sinistra» che lo sappia rappresentare (Salvi), ma parlano anche studenti precari e soprattutto gli immigrati. Sonia e Ismail raccontano di razzismo e indifferenza, di sfruttamento e ipocrisia: «Gli immigrati di Brescia – ci ricorda Ismail – sono prima di tutto lavoratori». Non per caso Giovanni Russo Spena sottolinea come «l’autorganizzazione dei migranti va messa al centro» dell’azione della Fds. E che cos’è la democrazia se non sa assicurare un tetto come si deve sulla testa delle persone e lascia che gli sfratti per morosità si moltiplichino alla velocità della luce? Lo ribadisce Walter De Cesaris (Unione Inquilini) sottolineando che «nella crisi qualcuno ingrassa».
    E la democrazia per nulla si sposa con la criminalità organizzata, con le «mafie borghesi», come le chiama Russo Spena, che riciclano denaro «nei santuari della finanza», proprio lì dove si è formato il patrimonio di Berlusconi. E’ per questo che il congresso della Fds si scalda e si commuove quando viene proiettato un frammento del film “I cento passi” su Peppino Impastato e quando sul palco sale il fratello Giovanni, al quale Salvi consegna la tessera della Federazione.
    E’ il tema dell’unità, però, quello che, come ovvio, tiene banco. A partire dall’analisi della vittoria di Pisapia. Una vittoria, certo, ma che non deve far dimenticare le difficoltà, come quella di riuscire a rimandare all’esterno un’immagine positiva, non quella di un’«unione di comunisti sconfitti». «Radicamento nelle lotte e apertura all’esterno – dice Nello Patta, ma non solo lui - sono le basi indispensabili per l’autonomia del nostro progetto, affinché non appaia solo come una scialuppa di salvataggio». Anche per Bruno Casati, il successo di Pisapia è un «piccolo segno di vitalià», ma non si deve trascurare il «forte problema di identità, da ricostruire con pazienza».
    Oggi parleranno i quattro segretari e si svolgeranno le votazioni sullo statuto. Si sceglie anche il nuovo simbolo, che conterrà, anticipa Salvi, la falce e martello. Perché «quando si rompe con il proprio passato, tutto può succedere».

    Congresso/1 - Salvi: «Cambiare si deve, la storia non è finita» - LIBERAZIONE.IT


    Congresso/2 Landini: «Una grande battaglia per la democrazia»

    Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha riscosso nel suo intervento al congresso applausi scroscianti. Una platea attenta ha seguito l’evolversi del suo discorso, scaldandosi soprattutto nei passaggi in cui egli richiamava la necessità di un’ampia battaglia per la democrazia dentro e fuori i luoghi di lavoro e chiedeva risposte chiare da parte delle forze politiche che intendono interloquire con i lavoratori e le lavoratrici, riproponendo l’esigenza di arrivare presto allo sciopero generale non solo contro le politiche governative ma anche per fermare le scelte di Confindustria.

    Che idea ti sei fatto di questo congresso e della Federazione?
    Non posso che salutare con piacere tutti i processi che mirano a superare le divisioni a sinistra. Si tratta di costruire una unità necessaria per sconfiggere Berlusconi e farlo a partire dal merito. E’ necessario per poter espandere gli spazi di democrazia, per riaffermare i diritti, per produrre reali cambiamenti sociali. Deve essere una unità nel rispetto delle diverse soggettività, mettendo in campo partecipazione diffusa nelle decisioni che si prendono

    Nel tuo intervento hai posto la questione della crisi delle forme della rappresentanza.
    Per poter rappresentare i lavoratori e le lavoratrici affinché essi si riconoscano nella politica, bisogna essere chiari: alternatività a Berlusconi significa essere contro il collegato lavoro, contro la precarietà e le leggi che la producono, per una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro che consenta di poter votare per decidere se firmare o meno un accordo. Significa pensare ad un sistema solidale che preveda anche il reddito di cittadinanza: E combattere l’evasione fiscale, partendo dal fatto che il 90% del gettito Irpef viene da pensionati e lavoratori dipendenti. Bisogna chiedere un intervento pubblico in economia per combattere la crisi

    Sull’intervento pubblico c’è una parte della sinistra molto riluttante
    A volte ci sono preconcetti. Guardiamo la realtà. Ad esempio oggi il prodotto non è l’auto ma la mobilità, questo significa pensare ad un nuovo modello di società in cui l’intervento pubblico è indispensabile. C’è chi crede che dalla crisi si possa uscire con l’aumento dei consumi individuali. Non è vero, occorre investire in beni comuni, il nuovo modello di sviluppo deve essere produzione sociale. La crisi va affrontata curando la malattia che l’ha generata (bassi salari e prodotti non innovativi) e non la febbre.

    Hai molto insistito sulla democrazia nei luoghi di lavoro.

    Penso che si debba rompere con la tradizione delle decisioni delle organizzazioni sindacali che mettono in subordine le risposte dei lavoratori. Dobbiamo ristabilire il diritto dei lavoratori di votare sia i propri rappresentanti sia gli accordi proposti. E’ un passaggio necessario per stabilire una vera autonomia e costruire una unità di azione nel pluralismo sindacale. Questo serve anche ad uscire dalla logica degli accordi separati, per cui imprese e controparti si rivolgono al quel sindacato che è disposto a firmare senza fare troppe storie. Sappiamo bene che la frantumazione dei processi lavorativi si traduce anche nel fatto che in una stessa azienda non vale più la logica per cui allo stesso lavoro corrisponde lo stesso salario, ma quella degli appalti, e dei contratti diversificati. Democrazia significa anche riunificare i diritti, lottare per un unico contratto per l’industria, ragionare di diritti europei per costruire una proposta di stato sociale. Come vedi non sono solo temi di natura sindacale, ma politica. L’Europa oggi è unita solo dalla moneta e abbiamo da una parte la Germania e dall’altra la Grecia. Se la Fiat impone la Newco a Pomigliano o dove le fa comodo, non compie solo un attacco al sistema democratico ma cancella diritti e i lavoratori non vanno lasciati soli. Io mi auguro che cada Berlusconi ma non è detto che intanto Marchionne si fermi. La Fiat vuole trasferire la propria testa negli Usa e sta procedendo fabbrica per fabbrica. La politica deve intervenire per contrastare questo progetto, se si pensa che sia un problema che riguarda solo la Fiat io non ho più nulla da dire

    Hai accennato un’autocritica anche rispetto al sindacato.
    Quando ci siamo schierati con chi non voleva firmare l’accordo di Pomigliano, in molti ci hanno detto che sbagliavamo, che era un brutto accordo, ma da accettare perché al Sud non si possono perdere posti di lavoro. Se lo avessimo subìto come voleva la Fiat, anche il “no” della Fiom non avrebbe cambiato il risultato. Ora posso dire che lavoratori e Fiom avevano capito la logica della Fiat e dove avrebbe portato. C’è stata un’accelerazione dichiarata nelle scelte dell’azienda, hanno deciso di non avere neanche tavoli allargati di discussione, per cui bisogna cambiare pratiche e pensare a scelte strategiche. Per questo abbiamo scommesso sulla mobilitazione del 16 ottobre facendola diventare un momento centrale

    Il 16 ottobre, dal palco hai fatto un discorso che abbracciava diversi temi, dalla guerra al welfare alla cultura, quasi un programma politico
    L’autonomia del sindacato si fonda su un suo progetto di società da proporre in un rapporto paritario al governo, qualsiasi governo, e alle forze politiche. L’azione del sindacato deve essere coerente con un programma generale, le forze politiche debbono porsi il problema di rappresentare le lavoratrici e i lavoratori. Noi non intendiamo sostituirci alla politica, anzi, l’assenza e la frantumazione delle forze politiche con cui confrontarci ha già creato abbastanza problemi

    Oggi, hai riproposto il tema dello sciopero generale.
    Sì, e l’unico soggetto in grado di proporlo è la Cgil. La riuscita della mobilitazione del 27 novembre è condizione necessaria per rilanciare la proposta e cominciare a costruirla nelle difficoltà in cui ci troviamo. Le ultime scelte del governo rafforzano questo proposito, ma da qui al 14 dicembre vedremo

    Nel parlare di estensione dei diritti hai pensato anche alle iniziative portate avanti dai lavoratori migranti a Brescia e a Milano?

    Certo l’estensione dei diritti di cittadinanza è fondamentale. I lavoratori migranti non solo hanno un ruolo fondamentale nella produzione e nei servizi sociali ma debbono poter esigere diritti. Altrimenti prevale non solo lo scontro fra immigrati e autoctoni, ma anche quello che separa una regione dall’altra. Si tratta poi di una battaglia democratica, non è accettabile che una parte consistente della società non possa nemmeno scegliere chi la rappresenta politicamente

    Oggi hai citato anche la situazione estrema dei lavoratori dell’Ilva.
    Sì, una situazione molto dura. Dobbiamo ottenere per i lavoratori “somministrati” la stabilità occupazionale, per questo siamo disponibili ad un tavolo di trattativa con l’azienda o anche col governo

    Gli immigrati sulla torre, i lavoratori di Taranto sono solo gli ultimi esempi di forme molto radicalizzate di scontro. Cosa ne pensi?
    Sarò tradizionale ma credo che al di là della necessaria visibilità che debbono avere queste lotte, ragione per cui spesso si fanno scelte estreme, si debbono mettere in piedi iniziative in grado di resistere un giorno in più del padrone. Poi la nostra scelta, e lo stiamo dimostrando, è quella di esserci sempre, rispettando le scelte dei lavoratori ed evitando strumentalizzazioni delle loro iniziative dentro e fuori i luoghi di lavoro
    Landini: Una grande battaglia per la democrazia - LIBERAZIONE.IT


    Congresso/3 Morandin: «Quella fabbrica produce malati»

    di Paola Morandin*

    Ho avuto l’onore di rappresentare in questa sede il circolo operaio dello stabilimento Zanussi Electrolux di Susegana in provincia di Treviso. [...]
    Mi chiamo Paola Morandin e ora vi parlo con la speranza di poter ricostruire, a partire dal luogo di lavoro da cui provengo, una nuova e più forte forza politica che rappresenti le lavoratrici, i lavoratori ed il lavoro. La nostra adesione all’associazione 23 marzo Lavoro Solidarietà e ora alla Federazione della Sinistra è la base per raggiungere questo obbiettivo. [...]
    Lavoro da più di 22 anni, in una fabbrica metalmeccanica che produce frigoriferi e fa parte di una multinazionale Svedese di elettrodomestici. Qualche giorno fa un compagno di lavoro rifletteva insieme a me sull’evoluzione negativa che sta avendo il Gruppo Electrolux. [...]
    Quando noi siamo stati assunti, vent’anni fa il gruppo in Italia conteneva circa 12mila dipendenti, ora non siamo neanche la metà. E una lenta agonia la nostra, che ancora non fa notizia perché viene gestita con ammortizzatori sociali che accompagnano “dolcemente” le lavoratrici e i lavoratori verso l’uscita. Da anni subiamo la cassa integrazione che riduce salari già modesti, quando si lavora il mese intero si fatica ad arrivare a 1200 euro. Con questa lunga crisi la perdita o la riduzione del reddito si somma alla perdita dei posti di lavoro, temi ai quali l’attuale politica si rifiuta di trovare soluzioni. Infatti vari stabilimenti di componenti che producevano motori, componenti in plastica, le stesse fonderie, sono stati venduti ad altre società che con il passare del tempo sono fallite o hanno fatto pesanti tagli di personale.
    Il materiale oggi viene acquistato quasi esclusivamente in Cina e nei paesi dell’est con conseguenti problemi di qualità dovuti alla produzione e al trasporto. [...]
    Lavoriamo in fabbrica con cinque linee di montaggio, catene a tapparella con ancora le tavole di legno, a ritmo vincolato, producendo 79 pezzi ora e una quantità spaventosa di malattie professionali. L’impianto di schiumatura più importante dello stabilimento è stato costruito negli anni ’70 e non sempre riesce ad adattarsi alle rare e nuove produzioni. Non c’è ricambio generazionale perché gli ultimi assunti siamo noi, le lavoratrici e i lavoratori nelle catene di montaggio fisicamente e mentalmente invecchiano velocemente, perché i ritmi per essere competitivi sono insopportabili e la ripetitività eccessiva. Le condizioni di lavoro sono inversamente proporzionali alla produttività dell’azienda, ossia il recupero della produttività si ottiene quasi esclusivamente con il peggioramento delle condizioni di lavoro. La nostra fabbrica produce malati non frigoriferi. Le lavoratrici e i lavoratori con ridotte capacità fisiche si trasformano automaticamente in esuberi perché sono di difficile collocazione, perché in una fabbrica metalmeccanica dove il lavoro è ripetitivo e veloce, non ci sono posti di lavoro per chi sta male, anche se la malattia è esattamente il risultato degli anni precedenti lavorati nelle stesse catene di montaggio. Allora ecco che si punta il dito sui soggetti più deboli, in perdita li definiscono i padroni e saranno i primi che subiranno la cassa integrazione o addirittura l’espulsione dal ciclo produttivo. [...]
    Sono passati nove anni, era il 12 novembre 2001, dal grave incendio che si sviluppò nella linea di montaggio numero 3 nel nostro stabilimento. I feriti furono sette. Due lavoratrici ferite gravemente, portano ancora i segni nel corpo e nell’anima delle gravi ustioni. Luis Ciampi morì dopo sei mesi di agonia. Aveva solo quarant’anni! Ogni anno nel giorno dell’incendio e nel giorno in cui Luisa ci ha lasciato, noi compagni di fabbrica teniamo vivo il suo ricordo e cerchiamo di sensibilizzare i nostri compagni di fabbrica sull’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro. Mai più morti sul lavoro è lo slogan con cui iniziamo i nostri volantini, parliamo di Electrolux ma potremmo citare anche la Thyssen, o l’ultimo grave episodio di Milano.
    Quest’anno per la prima volta l’azienda si è “dimenticata” di ricordare l’incidente e non ha dedicato il 12 novembre alla prevenzione degli infortuni come accadeva negli anni scorsi. E’ un grave segno dei tempi, un’adattarsi alla superficialità e all’indifferenza finora manifestata da alcuni sindacati presenti in stabilimento. Noi non possiamo delegare al nostro presidente della Repubblica il compito di indignarsi dopo ogni grave infortunio, tutti noi di sinistra dovremmo manifestare la nostra rabbia di fronte a morti e feriti che possono essere evitati con la prevenzione, con un po’ di attenzione e con il rispetto delle regole. Esiste una legge fatta da noi e definita “Testo unico” che ha il compito di tutelare lavoratrici e lavoratori, difendiamola gelosamente contro gli attacchi di un governo che considera merce di poco valore la vita dei lavoratori! Con la fotografia che vi ho fatto è evidente che siamo fuori gioco rispetto a stabilimenti più moderni, e lavoratori meno pagati e più giovani. Presto proveranno ad imporre anche a noi la legge Marchionne, secondo la quale in cambio di false promesse si deve rinunciare ai diritti conquistati con tanti anni di lotte. La cosa certa è che solo nel nostro stabilimento in vent’anni si sono persi circa un migliaio di posti di lavoro. Vivo e lavoro in Veneto, regione notoriamente leghista, dove ancora non ci si rende conto di quanto è profonda la crisi, dove l’apparenza è importante quindi si fa finta di essere ricchi anche a costo di essere calpestati, dove si parla molto dei programmi delle tv e mai di politica. Dove si pensa che i nostri concittadini Sacconi e Zaia risolveranno i nostri problemi. Bisogna scuotere le menti, dare un’informazione diversa da quella attualmente presente. Spiegare che quel Sacconi lì è lo stesso che vuole cambiare lo statuto dei lavoratori e delle lavoratrici modificando radicalmente l’obbiettivo della legge 300. [...]

    *operaia all’Electrolux di Susegana, stralci dell’intervento
    Congresso/2 - Morandin: «Quella fabbrica produce malati non frigoriferi» - LIBERAZIONE.IT



    Oggionni: INTERVENTO AL CONGRESSO: CHIAREZZA NELLA LINEA POLITICA, UNITA' DEI COMUNISTI E DELLA SINISTRA, RINNOVAMENTO

    (via facebook)

    Care compagne e cari compagni,



    oggi avrei voluto essere all’Aquila, insieme ai nostri compagni che in queste ore stanno manifestando contro l’arroganza infinita di un potere che ha utilizzato la tragedia del terremoto per favorire speculazioni e alimentare con i soldi dello Stato clientele mafiose e malavitose. Compagni che oggi iniziano la raccolta di firme per presentare una legge di iniziativa popolare per la ricostruzione sostenibile, trasparente e democratica del territorio aquilano.



    Oggi avrei voluto essere a Catanzaro, in mezzo ai nostro compagni calabresi, per fare sentire al compagno del collettivo Riscossa, accoltellato poche settimane fa da una squadraccia fascista di fronte all’Università, la solidarietà antifascista del nostro popolo, che mentre combatte tutti i giorni la ‘ndrangheta e i poteri politici ed economici del territorio ed è lasciata sola dalle istituzioni a lottare fisicamente contro i rigurgiti sempre più frequenti di fascismo e di razzismo, ipotizza forme di democrazia diverse e più avanzate, costruisce reti di solidarietà con i soggetti studenteschi, con i migranti.



    Perché dico queste cose? Perché o noi partiamo da qui – dalla lettura viva e quotidiana della realtà sociale e politica – oppure siamo già finiti, impantanati in un politicismo e in un tatticismo noiosi, logoranti, incomprensibili.



    Questo deve essere – al contrario – il congresso del coraggio e della chiarezza.



    Sento nell’animo di molti compagni dubbi, timori, titubanze che sono lo specchio di una linea politica dubbiosa, timorosa, titubante, come se avessimo in tutto quello che facciamo e diciamo il freno a mano tirato e una sorta di pudore e di insicurezza permanente.



    Pensiamo al tema delle alleanze.

    Lo abbiamo affrontato in questi mesi e lo stiamo affrontando tuttora in modo altalenante, contraddittorio, prima rifiutando qualsiasi ragionamento sui contenuti e sui programmi con il Pd, poi facendo alleanze nella stragrande maggioranza degli enti locali, salvo poi tornare a ripetere – più recentemente - che non ci sono le condizioni per alcun accordo programmatico con il centrosinistra.

    Ancora oggi, ieri, ci sono interviste e dichiarazioni di compagni che dicono cose molto diverse tra loro e tutti sembrano avere certezze granitiche e aggiungo una buona dose di pregiudizi.

    Vogliamo prima di affermare verità dogmatiche iniziare a discutere di programmi, di contenuti? Vogliamo avanzare con forza al Paese e quindi anche al centrosinistra alcuni punti di carattere programmatico che noi riteniamo essenziali, evocativi di un progetto di cambiamento?

    Vogliamo parlare di scuola, Università pubblica, precarietà, crisi, politiche economiche e fiscali e vedere su queste cose cosa dice il centro-sinistra? Vogliamo parlare di lotta vera e sociale alle mafie, vogliamo parlare della cricca, delle leggi speciali, delle speculazioni dell’Aquila?

    Oppure dobbiamo stare allo stadio, dividendoci tra chi tifa per un accordo di governo e chi tifa per la più beata solitudine?



    Stesso discorso vale per il rapporto con Sinistra Ecologia e Libertà. Noi diamo troppo spesso l’impressione di essere in balia degli eventi. Diamo talvolta l’impressione di rincorrere Vendola (dimenticandoci tra l’altro di analizzare quello che rappresenta il vendolismo in questa democrazia malata e sempre più presidenzialista) e talvolta, ancora più spesso, di concepirlo come il nostro principale nemico, con un atteggiamento di ostinata chiusura a qualsiasi forma di rapporto di collaborazione e di unità d'azione con quella formazione politica.

    Anche questo secondo atteggiamento è figlio di una sindrome di subalternità, di inferiorità, come se noi dovessimo tarare la nostra fisionomia politica, il nostro profilo politico, in base a quello che fa Sinistra Ecologia e Libertà.

    No, cari compagni, noi siamo un'altra cosa, siamo un soggetto politico che deve trovare in sé la propria ragione di esistere, il proprio progetto politico, e che per accorgersi che esiste non deve specchiarsi in casa d’altri.



    Per non parlare di quella sindrome della sconfitta che riguarda la nostra identità e che si manifesta nel fatto che ogni volta che diciamo che siamo comunisti dobbiamo fare penitenza pubblica sugli errori e sugli orrori del nostro passato.

    Vorrei che in questo congresso si potesse semplicemente dire che siamo comunisti e che vogliamo costruire un unico grande e forte partito comunista italiano!

    E che siamo fieri di essere piccoli uomini seduti sulle spalle di giganti che hanno fatto la Resistenza, sconfitto il fascismo, conquistato con il sangue e il sudore salario, diritti, tutele per milioni di lavoratori.

    Perché è proprio in ragione di quella storia – dovremmo ricordarcelo più spesso – noi oggi possiamo chiamare “comunismo” il nostro progetto di rivoluzione, di eguaglianza e di libertà.



    Ecco, il mio è un invito a scrollarci di dosso questa sindrome della sconfitta che ci condiziona così pesantemente, anche nei risvolti per così dire più intimi e soggettivi.



    Scegliendo bene i passaggi tattici ma soprattutto individuando con chiarezza la nostra linea strategica, quello che vogliamo essere non per noi ma per il Paese, per le lotte sociali, per il conflitto di classe e per i lavoratori.



    Io la dico così: noi dobbiamo fare due cose, semplici ma determinanti.

    La prima: costruire una soggettività comunista e d'alternativa che metta fine alla persistenza nel nostro Paese di due partiti comunisti divisi e distinti. È un dato di realtà totalmente irrazionale che va rimosso. Non ha senso, nessuno ne capisce il senso: rifondazione comunista e il partito dei comunisti italiani debbono unirsi in un unico soggetto politico, che sia la casa di tutti le comuniste e di tutti i comunisti del nostro paese.

    La seconda: guai a noi se ci accontentassimo di celebrare la nostra identità e rimanessimo chiusi nei nostri recinti. Questo è il tempo in cui i comunisti devono mettere a disposizione – è questa la seconda cosa che dobbiamo fare - la nostra forza per un progetto complessivo di rinascita e di ricostruzione di un campo ampio della sinistra italiana. E non siamo noi a decidere chi ne fa parte, cancellando per essere chiari dal nostro orizzonte quelle forze che a parte del nostro gruppo dirigente non piacciono.

    Aprire quindi un processo unitario e non fare l’errore di pensare che questo congresso chiude il percorso unitario.

    A chi replica che questo ragionamento pecchi di politicismo, rispondo che è esattamente il contrario.

    Politicista – e autolesionista – sarebbe chi continuasse a guardare al proprio ombelico e non capisse che la piazza del 16 ottobre, la grande battaglia per il lavoro contro l’arroganza di Confindustria e di Marchionne, ci impone di stare uniti.



    Unità, quindi. Unità tra i comunisti e unità della sinistra.

    Ma non è sufficiente, perché io ho l'impressione che l'altra parola chiave di cui il nostro congresso ha bisogno e dovrebbe discutere è questa: il rinnovamento.

    Su questo concludo.



    Abbiamo bisogno di un rinnovamento e di una innovazione a 360°.

    Rinnovamento delle pratiche: perché quello che facciamo non è più sufficiente, non è più adeguato. Ancora non abbiamo capito, collettivamente, che la politica si fa anche in rete, su Internet e che gli spazi di democrazia e di visibilità si riconquistano non soltanto rivendicando la presenza in televisione e sui giornali che ci manca ma anche costruendo un profilo di esposizione pubblica (nella realtà materiale e in quella virtuale) nuovo, accattivante, generazionale, interattivo che altre forze politiche invece, con grande profitto sono state già da diverso tempo in grado di costruire.



    Rinnovamento dei linguaggi, perché a volte le parole d'ordine che noi proponiamo, la vera e propria grammatica dei nostri interventi, non ha nulla a che vedere con la vita materiale quotidiana di milioni di lavoratori, di gente comune, che vede e respira nel nostro linguaggio pura ideologia perché sente che le cose che diciamo, il modo con cui le diciamo, è sconnesso con il proprio.



    E rinnovamento anche, me lo consentirete, nel partito e nella sua immagine, a tutti i livelli. Un partito che non manda avanti e che, in una certa misura, non si fa guidare dai giovani è un partito già morto. Attenzione: il nostro obiettivo non è rottamare i gruppi dirigenti. L’obiettivo è chiedere a tutti noi di tracciare un bilancio serio degli ultimi anni per riflettere criticamente su quel misto di indifferenza e insofferenza che determina tra di noi le relazioni tra adulti e giovani. Un atteggiamento che è bene una volta per tutte mettere da parte e abbandonare.



    Questo è un mondo che cambia troppo rapidamente per rimanere attardati nella difesa delle nostre antiche certezze e parallelamente delle rispettive, e altrettanto antiche, rendite di posizione.

    Dobbiamo osare con tutto il coraggio di cui siamo capaci.



    Ma prima di tutto il resto – e concludo – dobbiamo crederci. Perché la politica non si fa soltanto con la consapevolezza razionale e con il cinismo ragionieristico della correttezza dei propri obiettivi. La politica si fa anche con i sentimenti, con la nostra volontà, con il nostro entusiasmo, con la nostra passione e la nostra voglia di cambiare il mondo.

    La politica a sinistra si fa anche con il cuore. È anche per questo che mi sento di dire che è giunta l'ora di buttare il cuore oltre ogni ostacolo.



    Grazie
    -Ma dai, sarà la bora..
    -Ma non siamo a Trieste!

  6. #16
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    ma il congresso è finito ? lo streaming è offline

    non trovo l'intervento di Diliberto
    VOTA NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE
    UN NO COSTITUENTE PER LA DEMOCRAZIA CONTRO L'AUSTERITA'
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  7. #17
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    DAI GIOVANI LA RICHIESTA DI UNITA' DEI COMUNISTI E DELLA SINISTRA

    da fb di oggionni

    UNITA’, NELLE LOTTE, DEI COMUNISTI E DELLA SINISTRA, INNOVAZIONE E RINNOVAMENTO



    Guardiamo al congresso della Federazione della Sinistra con grande speranza. Per la prima volta dopo tanti anni intravediamo, infatti, la possibilità di invertire la tendenza che ha segnato l'intero arco storico della nostra esperienza politica: la tendenza alla scissione, al frazionamento, alla divisione e per questa via all'indebolimento dei comunisti e della sinistra italiana. In questo anelito finalmente unitario sta la ragione di fondo della nostra profonda condivisione del processo federativo.

    Come giovani compagne e compagni iscritti ai soggetti aderenti alla Federazione siamo impegnati in un processo parallelo di unificazione delle nostre rispettive esperienze organizzate. Esso ha uno sviluppo e un percorso autonomo, che vedrà entro febbraio lo svolgimento di un grande appuntamento fondativo.

    Dentro la crisi economica del capitalismo, dentro la crisi sociale e culturale del nostro Paese vogliamo ricostruire, un soggetto generazionale comunista e di sinistra che, con una prospettiva di autonomia dalle forze moderate, fronteggi gli attacchi violentissimi contro la nostra generazione che è sotto gli occhi di tutti e motiva il nostro impegno unitario.



    Stiamo costruendo l'unità non negli accordi verticistici o nei patti tra gruppi dirigenti, ma dentro la condivisione di esperienze di lotta, di campagne (a partire dalla grande iniziativa di massa contro la precarietà e il collegato lavoro), di partecipazione al movimento studentesco, di iniziative politiche che rappresentano la stella polare e al contempo il significato più profondo del nostro stare insieme.

    Abbiamo attraversato l’Onda e lottato insieme ai giovani operai di Pomigliano che non si sono voluti piegare al ricatto della Fiat, abbiamo occupato scuole e Università, dentro il percorso “Uniti contro la crisi”, contro i processi di privatizzazione e i tagli e abbiamo reclamato, assieme alle migliaia di giovani migranti che popolano le città italiane, diritti di cittadinanza e diritti sociali per tutti. Abbiamo fatto dell’antifascismo militante la cifra fondante della nostra identità insieme ad una nuova generazione di resistenti che contrasta ogni giorno quartiere per quartiere i rigurgiti di neofascismo, xenofobia, razzismo, antisemitismo. Abbiamo dato vita attivamente a tutti i Pride e agli appuntamenti del movimento GLBTQI consapevoli che il diritto ad un amore e ad una sessualità liberi e autodeterminati sono condizioni determinanti per una società democratica. Abbiamo riempito le piazze d’Italia l’8 ottobre, il 16 ottobre, il 17 novembre con le nostre parole d'ordine. Siamo pronti a farlo di nuovo in tutte le date che il movimento individuerà.

    Ma tutto ciò non è sufficiente. Per questo anche la Federazione della sinistra deve osare, con uno scatto di coraggio mai come oggi indispensabile.

    In questo percorso vogliamo dare il nostro contributo affermando con chiarezza tre cose molto semplici.

    La prima: non ha più senso che esistano due partiti comunisti, Rifondazione Comunista e Partito dei Comunisti italiani, divisi e distinti. Il processo unitario nel quale siamo impegnati deve prevedere al suo interno anche la riunificazione dei due partiti comunisti, come elemento di semplificazione di un panorama politico dentro il quale la compresenza di due partiti comunisti è totalmente irrazionale e priva di ragione politica. Auspichiamo quindi una riunificazione non ideologica, non nominalistica, non basata cioè semplicemente sulla comune denominazione, ma una riunificazione politica, che poggi cioè sulla oggettiva convergenza di programmi, idee, prospettive, sia tattiche sia strategiche, che oggi esiste tra i due partiti comunisti, consapevoli che nel dibattito tra noi le differenze, che pur esistono e vanno vissute come un valore, non coincidono più esattamente con l'appartenenza ai diversi partiti. Affinché questo percorso sia utile e proficuo è necessario inoltre compiere uno scatto sul metodo di discussione interna: uscire dalle cristallizzazioni su posizioni di parte, privilegiando invece la sintesi dalle divisioni su scelte passate che in larga parte non abbiamo vissuto, e ricostruire, in una dimensione moderna, partecipata e plurale, quell'intellettuale collettivo di cui oggi sentiamo tremendamente la mancanza.

    La seconda: non è più il tempo, se mai c'è stato, in cui i comunisti potevano rimanere chiusi nel recinto autocelebrativo della propria identità. Oggi è il tempo di mettere la forza dei comunisti a disposizione di un progetto complessivo di rinascita e di ricostruzione di un campo ampio della sinistra italiana. Va quindi avviato, a partire da questo congresso, un progetto che sappia parlare a tutte le forze della sinistra italiana e che unisca, su di un piano di reciproca parità, riconoscendone e rispettandone i rispettivi profili identitari e strategici, tutte le esperienze politiche e sociali che si riconoscono nella sinistra. Da questo punto di vista è del tutto evidente che il perimetro della Federazione della sinistra è ampiamente insufficiente. Un processo realmente unitario diventa irrinunciabile perché il Paese, i suoi conflitti, stanno esprimendo con le lotte e le mobilitazioni un grado di insubordinazione rispetto all’assuefazione bipolarista imposto dalle forze maggiori (a partire dal Pd) che necessita di una sponda politica che sappia rappresentare la parte migliore del Paese e, nello specifico, i lavoratori. Poniamo il tema dell’unità della sinistra quindi sul terreno contestuale della politica e della società, proprio perché l’obiettivo a cui guardiamo è la rottura della separazione tra i due livelli, consapevoli di come gli approcci politicisti abbiano al contrario portato a tragiche sconfitte nel recente passato.

    Il terzo contributo che noi diamo riguarda l'innovazione e il rinnovamento. Riteniamo quanto mai urgente il rinnovamento delle pratiche e degli strumenti di lotta politica (a partire dalla rete, territorio oggi centrale ma ancora inesplorato a causa di nostri enormi limiti soggettivi); l’innovazione della teoria , perché ad oggi il nostro linguaggio e le nostre modalità comunicative sono oggettivamente distanti dalla vita materiale quotidiana di milioni di lavoratori; il rinnovamento anagrafico, infine, del partito e della sua immagine a tutti i livelli, perché un soggetto politico che non sappia investire nelle giovani generazioni (quelle stesse che stanno dimostrando, da Genova all’Onda alle lotte operaie e studentesche di questi mesi, di sapere mettere in campo capacità e passioni) non ha futuro.



    Danilo Borrelli

    Gianpiero Cesario

    Francesco D’Agresta

    Manuela Grano

    Giordano Lorefice

    Simone Oggionni

    Emanuele Pagano

    Daniele Quatrano

    Angela Sinisi

    Alessandro Squizzato

    



    L'ordine del giorno, pur raccogliendo il consenso di circa il 90% dei delegati giovani e verosimilmente la larga parte della platea, non è stato posto in votazione perché la commisione politica ha deciso di rinviare la discussione su tutti gli odg alla prossima riunione del Consiglio nazionale della Federazione della Sinistra.
    -Ma dai, sarà la bora..
    -Ma non siamo a Trieste!

  8. #18
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    Citazione Originariamente Scritto da SteDiessino Visualizza Messaggio
    ma il congresso è finito ? lo streaming è offline

    non trovo l'intervento di Diliberto

    Il congresso è finito, Diliberto è il nuovo portavoce della FdS(dopo che per un anno lo è stato Cesare Salvi)

    Qua ci sono i video, piano piano verranno caricati(per ora ci son quelli di Salvi e Landini): YouTube - Chaîne de FedericaPezzoli


    Inoltre, questo sarà il prossimo simbolo(anche se si va a votare a marzo , si usa quello attuale, mi sa):
    -Ma dai, sarà la bora..
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  9. #19
    email non funzionante
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    ammazza che schifo sto simbolo....bastava mantenere il vecchio e cambiare le parole Rifondazione e comunisti italiani con federazione e sinistra..

  10. #20
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    Predefinito Rif: 1^ Congresso nazionale della Federazione della Sinistra

    a me piace,voterò FDS in uno dei due rami del parlamento per dare una mano a questo progetto e per votare finalmente almeno una volta falce e martello,anche se sono tesserato PD,perchè mi riconosco in tante cose dette,ho visto l'intervento di Salvi ed è stato molto convincente

    spero che caricano quello di Diliberto
    Ultima modifica di SteCompagno; 21-11-10 alle 20:07
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