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Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
    Banda Müntzer-Epifanio
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    Predefinito Nepal: via armata o via democratica?

    Nepal: via armata o via democratica?

    Tutto dipende dalla riunione solenne di Gorkha
    dalla delegazione del Campo Antimperialista in Nepal
    Kathmandu - I media nepalesi hanno dato ieri, come prima notizia, quella della clamorosa interruzione dei lavori del Parlamento, da parte dei deputati maoisti dell'UCPN, in segno di protesta contro quella che noi chiameremmo Legge finanziaria o di Stabilità. La grande importanza data all'evento è in realtà il sintomo che la crisi politica nepalese è oramai giunta ad un decisivo punto di svolta.
    Per analogia potremmo dire che i partiti di governo hanno lasciato il cerino acceso in mano al gruppo dirigente maoista. Abbiamo infatti informato i nostri lettori che, con sorpresa di molti osservatori, i due partiti filo-indiani, quello del Congresso e l'UML, hanno dichiarato di accettare un governo di coalizione presieduto da un primo ministro maoista, alla condizione, in apparenza solo formale, che i maoisti dichiarino di rispettare le "regole democratiche" e smantellino per sempre l'Esercito popolare che si era fatto le ossa in dieci anni di guerra popolare.
    L'obbiettivo e' chiaro: mettere l'UCPN con la spalle al muro, o prendere o lasciare: omologarsi abbandonando ogni velleità rivoluzionaria, o accettare il rischio di uno scontro frontale (ovvero il ritorno alla lotta armata). La chiave per decidere il corso degli eventi è dunque nelle mani del potente partito maoista. E proprio perché una decisione non è procastinabile, il partito ha deciso di riunire la sua massima istanza: il Comitato centrale. I cui lavori iniziano oggi nel distretto di Gorkha, 200 chilometri ad est della capitale, in quello che è stato il cuore della guerra popolare, la roccaforte delle zone liberate.
    Che sia una riunione di eccezionale importanza lo si comprende tenendo in considerazione che essa rassomiglia, più che ad un ordinario Cc, ad un vero e proprio congresso. Alla riunione parteciperanno infatti tutti i dirigenti di ordine e grado, fino ai segretari di sezione. E' quindi prevista la partecipazione di circa 5-6 mila delegati.
    L'ampiezza dei partecipanti non è giustificata soltanto dall'ardua decisione da prendere (il che attesta il grado di democraticità di questo partito, dove le decisioni non sono prese da una ristretta élite dirigente). Il fatto è che la leadership è divisa. I media nepalesi, semplificando, parlano di falchi e colombe. I falchi, guidati dal vice-segretario Mohan Baidya vorrebbero una rottura definitiva dei defatiganti negoziati con gli altri partiti, il passaggio ad una fase nuova della rivoluzione democratica, ovvero alla sollevazione popolare. Le colombe, guidate da Baburam Bhattarai, considerano che questa sarebbe un'avventura e che non c'è altra soluzione che persistere nei negoziati e nella formazione di un governo di ampia alleanza con gli altri due principali partiti filo-indiani.
    Quello dell'India e delle sue pesanti interferenze nella vita politica nepalese è infatti il punto dirimente.
    Non è un segreto per nessuno in Nepal, che l'India è il vero demiurgo di questa lunga crisi, visto che Nuova Delhi considera il Nepal il suo orto di casa, un paese che a causa della sua posizione strategica nel contenzioso con la Cina e per le sue preziose riserve idriche e idroelettriche, deve restare sotto il proprio stretto controllo. Il problema per i rivoluzionari nepalesi è dunque come svincolarsi dalla presa indiana, come ottenere la piena sovranità nazionale. Visto che, come essi dicono, una rivoluzione di nuova democrazia non potrà mai esserci senza la piena indipendenza dall'India, e viceversa.
    Nel confronto tra queste due posizioni potrebbe avere la meglio quella mediana, rappresentata dal Segretario generale Pushpa Kamal Dahal (Prachanda). Egli punterebbe ad evitare un voto su risoluzioni contrapposte (anticamera di una scissione sventurata che sarebbe proprio negli interessi dell'India e dei suoi fantocci nepalesi). Prachanda potrebbe quindi presentare una sua risoluzione la quale, pur evitando ogni decisione clamorosa di ritorno alla lotta armata (opzione che pare avere il consenso della maggioranza della base del partito) proporrebbe l'avvio di una grande campagna di mobilitazione di massa per l'indipendenza nazionale contro ogni ingerenza indiana. I media nepalesi affermano che difficilmente l'ala sinistra confluirà in questa risoluzione mediana, che sarebbe invece perorata dalla destra di Bhattarai.
    In questo clima teso sono iniziati i lavori del Cc allargato, che si svolgerà grazie a grandi misure di sicurezza. Tutto attorno alla località della riunione, il servizio d'ordine del partito (che i nemici accusano di essere un braccio armato sotto mentite spoglie) ha allestito numerosi checkpoints che ispezioneranno ogni presente. Mentre circa 1500 militanti della Lega della Gioventù Comunista cureranno la distribuzione dei pasti e delle vettovaglie.
    Sapremo entro dieci giorni quali decisioni prenderanno i maoisti, quali delle tre risoluzioni (quella mediana di Prachanda, quella della sinistra di Baidya, o quella della destra di Bhattarai). Tutti sanno in Nepal che il futuro del paese e' appeso alla decisione della riunione di Gorkha.

    Nepal: via armata o via democratica?

  2. #2
    Baron Samedi
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    Predefinito Rif: Nepal: via armata o via democratica?

    Ci sarebbe a sto punto anche da sottolineare il comportamento tenuto dai cinesi durante la visita di Prachanda. Un paese senza via d'uscita politica a tutti gli effetti.....

  3. #3
    Komunista Estetizzante
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    Predefinito Rif: Nepal: via armata o via democratica?

    Definire i comunisti dell'UML filoindiani la dice lunga
    Militia est vita nostra super terram.
    Siamo nati per soffrire e io ho soffritto molto.

  4. #4
    Banda Müntzer-Epifanio
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    Predefinito Rif: Nepal: via armata o via democratica?

    Citazione Originariamente Scritto da Red Shadow Visualizza Messaggio
    Definire i comunisti dell'UML filoindiani la dice lunga
    Lo sono.

  5. #5
    Banda Müntzer-Epifanio
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    Predefinito Rif: Nepal: via armata o via democratica?

    I maoisti dopo il sesto pleunum del Cc
    «I maoisti (così come i loro oppositori) hanno tre opzioni. La prima: tornare alla rivolta armata, che sarà dolorosa per gli altri, ma un suicidio per loro stessi. La seconda: auto-trasformarsi, eventualità che Baidya (Kyran) e i suoi seguaci lavatori di cervelli dell’ala dura non permetteranno succeda, almeno nel prossimo futuro. La terza: guadagnare tempo, sperando che il tempo da solo sia in grado di raffreddare i bollenti spiriti dei militanti, aprendo la strada al tanto anelato consenso politico e alla riconciliazione nazionale. Tuttavia, se sarà questa terza opzione ad avverarsi, avremo che l’instabilità politica continuerà. Questo è il prezzo che il popolo nepalese dovrà pagare come risarcimento per un processo di pace imperfetto».

    Così il notista politico nepalese Jainendra Jeevan su Republica del 9 dicembre scorso, tratteggia la situazione politica nepalese, dopo l’eccezionale Sesta sessione allargata del Comitato centrale dell’UCPN (maoista).

    Dopo mesi di crisi politica e istituzionale acutissima, segnata dall’emersione delle divisioni interne e dallo stallo in seno al partito maoista, l’opinione pubblica nepalese e quella internazionale, si aspettava che questa riunione sciogliesse i nodi e adottasse, una volta per tutte una posizione definitiva: ritorno alla lotta rivoluzionaria o piena accettazione della via parlamentare. Così non è stato. Il tanto atteso Plenum di Palungtar, nella regione di Ghorka, ha lasciato l’UCPN (maoista) in preda alle sue divisioni interne, sostanzialmente paralizzato. Divergenze le quali, anzi, si sono approfondite, con un fatto nuovo e forse cruciale: la leadership del leggendario Presidente Pushpa Kamal Dahal (Prachanda) è uscita dal Plenum, decisamente indebolita.

    «Il sesto plenum è andato diversamente da quelli del passato, dato che Bhattarai e Baidya hanno simultaneamente ritirato il loro sostegno a Prachanda, e il conflitto interno al partito fra due linee si è trasformato in un conflitto triangolare. Senza il sostegno di Baidya o di Bhattarai, il presidente maoista è apparso debole come mai prima. Risultato: il sesto plenum ha respinto il documento politico di sintesi proposto da Prachanda». (Republica del 30 novembre 2010)

    Nello scontro tra le due linee, quella della sinistra del partito guidata da Mohan Baidya (Kyran) e quella dell’ala destra guidata da Baburan Bhattarai, Prachanda è rimasto dunque come schiacciato nel mezzo. Il suo tentativo, quello di avanzare una terza mozione politica, giudicato maldestro da gran parte della base del partito perché compiuto fuori tempo massimo, non ha sortito l’effetto sperato. In realtà è emerso chiaramente, dal Plenum di Palungtar, che le linee sono due e due soltanto, e che il tentativo di Prachanda era solo un modo per evitare una frattura fatale e per guadagnare tempo al partito.

    Vero è che gli avversari dei maoisti, e non lo hanno nascosto nei giorni che precedevano la riunione del Cc, si auguravano una scissione, tale che avrebbe minato in maniera irreversibile la forza e il grande consenso dei maoisti. Essi sono rimasti delusi, ma lo spettro della frattura incombe. La resa dei conti tra le due linee, prima o poi, arriverà. Nel frattempo la stampa di regime nepalese, che non nasconde la sua simpatia per Battharai, preme su Prachanda, perché esca dalla sua doppiezza, si schieri apertamente con la destra e isoli così la sinistra. Lo fa in maniera pelosa, presentandolo come un “furbacchione”, un “pragmatico”, ovvero un dirigente che dice una cosa, ma ne pensa un’altra e ne fa un’altra ancora. Uno che “tiene i piedi su due staffe”. Uno che tenta l’impossibile: conciliare il diavolo con l’acqua santa.
    Chi non abbia dimestichezza col maoismo, ovvero con la teoria delle contraddizioni (principale secondarie), troverà astrusa la diatriba in seno all’UCPN (m). L’ala sinistra che sostiene che il nemico principale è rappresentato dall’espansionismo indiano, l’ala destra che dice che il nemico principale è rappresentato dal feudalesimo interno.

    Se decodifichiamo questo linguaggio le cose appariranno più semplici. Dal punto di vista dottrinario dei maoisti, se fosse vero che il feudalesimo è il nemico principale, ciò renderebbe necessaria l’alleanza con la cosiddetta borghesia nazionale, anzitutto col Partito del Congresso filo-indiano, proseguendo quindi sul sentiero del processo democratico e di pace avviato nel 2006 con la cessazione della lotta armata.

    Al contrario, se il nemico principale fosse l’espansionismo indiano (va detto, che Nuova Delhi considera il Nepal un suo protettorato, o meglio il suo 29° stato federato), per proprietà transitiva, non solo nessun compromesso strategico con la borghesi nazionale nepalese sarebbe accettabile, è proprio questa classe il nemico principale, e dunque i suoi protettori esterni (l’India e i suoi amici imperialisti, americani e inglesi anzitutto). Di qui lo sguardo alla Cina come possibile garante e sponsor del riposizionamento geopolitico del Nepal.

    Si capisce dunque il senso e lo spessore della divergenza tra le due linee (pace o guerra) e, di converso, l’astrattezza e la debolezza della posizione mediana di Prachanda. Il partito ha solo guadagnato tempo, ma tempo prezioso. La crisi politica nepalese si trascinerà, almeno fino al maggio 2011, il termine inderogabile entro il quale l’Assemblea Costituente dovrà sfornare finalmente la nuova Costituzione, sul cui contenuto e profilo si gioca, almeno sul piano simbolico, la partita tra chi vorrebbe un Nepal capitalistico e sotto tutela indiana e chi vorrebbe incamminarsi sulla via del socialismo, quindi della piena sovranità nazionale.

    Come sostiene il noto editorialista Ameet Dhakal lo scontro decisivo, non solo nel partito maoista, ma in Nepal è solo posticipato:

    «La comunità internazionale e i principali partiti, soprattutto il Congresso Nazionale, hanno indurito la loro posizione. L'India è da sempre dura con i maoisti, ma ora anche gli americani e gli inglesi sembrano aver perso la pazienza. Entrambi hanno trasmesso il loro messaggio inequivocabile a Prachanda —deve dimostrare la sua sincerità, coi fatti, e non solo a parole. A suo tempo egli aveva assicurato gli americani che i maoisti avrebbero unilateralmente, prima del Plenum, restituito i beni sequestrati e sbaraccato la Gioventù Comunista, nonché promesso di risolvere subito dopo il problema del Pla (ovvero il disarmo dell’Esercito Popolare di Liberazione).
    Nulla è successo prima del plenum, e nulla è probabile che accada dopo. Prima di risolvere la questione del PLA, Prachanda vuole la garanzia che diventerà il prossimo primo ministro. Una volta ha chiesto a un diplomatico di un paese potente occidentale se il suo paese avrebbe potuto garantirglielo.
    Il tentativo di Prachanda di placare gli indiani non ha fino ad ora portato alcun frutto. Egli ha pubblicamente dichiarato che si recherà a Delhi dopo il plenum, ma gli indiani non hanno confermato alcuna riunione di alto livello con lui.

    Ora Prachanda sembra essere scisso tra due opzioni.
    La prima: negoziare il miglior accordo possibile sul PLA; concludendo così il processo di pace; scrivere la nuova Costituzione e nel frattempo continuare a premere per un governo sotto la sua guida.
    La seconda: non fare compromessi, ma al contempo non andare allo scontro con i partiti politici tradizionali e lo Stato. L'essenza di questa strategia è quella di trascinare la situazione di stallo fino al 28 maggio 2011, giorno in cui scadrà il mandato dell'Assemblea Costituente. Il 29 maggio, l’Assemblea Costituente sarà sciolta, e la validità dell’Accordo in 12 punti tra i maoisti e gli altri partiti sarà anch’esso defunto.
    I maoisti daranno la colpa ai partiti al potere per la mancanza di un accordo, per il fallimento di scrivere la nuova Costituzione, e per la il fallimento dell’Assemblea.
    I maoisti non torneranno nella giungla, rimarranno nelle città e nei villaggi, e chiederanno, con proteste e scioperi, un nuovo accordo, e una nuova spartizione del potere.

    La seconda opzione è piena di pericoli, e Prachanda lo capisce, ma non la esclude» (Repubblica, 23 novembre 2010)

    Il fattore tempo e lo spettro della frattura

 

 

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