L'ACQUA CALDA DI WIKILEAKS


Di ANDREA MANCIA - Doveva essere, secondo il ministro Frattini, l'11 settembre della diplomazia mondiale. In realtà, dopo settimane di trepidante attesa, la montagna mediatica del "caso Wikileaks" ha partorito il più classico dei topolini. Cosa c'è, negli oltre 250mila documenti (tra segreti, confidenziali e non classificati) che non si sapesse da tempo? I difficili rapporti tra Stati Uniti e Onu? Roba vecchia. Anche se è divertente scoprire che il Dipartimento di stato si comporta, sotto Hillary Clinton, esattamente come ai tempi dell'amministrazione Bush, con buona pace degli esegeti obamiani. La convinzione americana che ormai la Russia è "uno stato della mafia"? Il governo afghano è corrotto? I paesi arabi temono l'emergere dell'Iran come potenza regionale egemone? Il regime cinese non sopporta Google? La Siria riempie di armi Hezbollah? Karzai è paranoico? La Merkel non è un campione di creatività? Ahmadinejad è cattivo? Rivelazioni davvero sensazionali... E non ci convincono troppo neppure le disamine sul "crollo imminente dell'Impero americano". Non sarà certo l'assunzione del gossip globale a fonte primaria d'informazione a far crollare la più antica democrazia del pianeta. Più probabile che ci riesca l'economia cinese.

Forse, a subire il più evidente danno d'immagine da questa gigantesca "scoperta dell'acqua calda" è davvero il presidente del Consiglio italiano. Anche se la percezione del suo rapporto privilegiato con Putin e della sua innata predilezione per le "feste selvagge" è ormai radicata da tempo nell'immaginario collettivo del nostro paese, fa una certa impressione scoprire che questi giudizi non appartengono solo ai nemici politici e mediatici di Berlusconi ma anche agli analisti di Foggy Bottom. Il premier è descritto come "inetto, vanitoso e incapace". Sarebbe "fisicamente e politicamente debole", insomma, soprattutto a causa delle "frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party". Niente di nuovo, anche in questo caso. Ma si tratta della certificazione definitiva di uno scollamento tra la "narrazione berlusconiana" e la realtà percepita da chiunque altro. Dal premier, per ora, non è arrivata nessuna reazione ufficiale, soltanto quella che i giornali hanno definito "una risata ufficiosa". Ma c'è poco, davvero poco, da ridere.
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